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Garofoli: “Italia in ritardo nella difesa del risparmio. Con il bail-in non si scherza”

 03/04/2017

Eugenio Occorsio per Affari e Finanza – la Repubblica intervista Roberto Garofoli

Con l'introduzione del bail-in e il rinnovato interesse per la tutela del risparmio, diventa ancora più cruciale il ruolo delle autorità di regolazione finanziaria: devono spingere ulteriormente sui controlli, come del resto anche il governo, rendendoli sempre più efficaci e puntuali, e inoltre valorizzare l'educazione finanziaria a ogni livello, che è diventata assolutamente necessaria e invece in Italia presenta preoccupanti gap rispetto all'Europa". Roberto Garofoli, 50 anni, presidente di sezione del Consiglio di Stato (dopo essersi occupato da magistrato ordinario di processi delicati anche di mafia), oggi Capo di Gabinetto del ministero dell'Economia, misura con comprensibile attenzione le parole però parla chiarissimo ugualmente. "Il bail-in ha cambiato tutto: ormai il risparmio a rischio zero non esiste più, così come le nuove regole ripropongono con forza il problema della salvaguardia dell'integrità del patrimonio dell'azienda bancaria, condizione per la stabilità dell'intero sistema finanziario".

Il governatore Visco è tornato a dire giovedì scorso che l'azione della vigilanza è "la forma principale di tutela del risparmio e però minimizza ma non annulla la probabilità che una banca entri in crisi anche per effetto di comportamenti illeciti oltre che imprudenti". Qual è la posizione del governo?
"Il governatore dice il vero, e anche la Consob è sembrata muoversi nella direzione giusta quando, dopo la risoluzione delle quattro banche a fine 2015, ha avvertito il sistema bancario che è urgente informare tutti i depositanti, gli obbligazionisti e i creditori senior e junior, dei rischi collegati alla direttiva che l'Italia ha approvato. A questo aggiungerei che si impone una verifica sull'adeguatezza preventiva e repressiva delle norme vigenti sulla tutela penale del risparmio. Il dubbio di alcuni giuristi riguarda le diverse fattispecie penali che - introdotte a presidio delle ragioni dell'azienda - sono dal legislatore costruite come "illeciti di danno": non ancora addebitabili quindi sulla base del solo accertamento processuale di condotte (pure gravi, reiterate e sistematiche) di abuso di gestione o violazione di regole di fedeltà, ma solo quando è stato riscontrato un danno patrimoniale. Fattispecie penali come la gestione infedele, l'infedeltà patrimoniale, l'omessa comunicazione del conflitto d'interessi, rappresentano così un presidio talvolta spuntato, perché spesso contestabili solo al cospetto di macerie finanziarie già prodotte. Va valutata l'opportunità di un cambio di passo con interventi sul versante sanzionatorio, penale o amministrativo".

Quindi trattare da reati veri e propri i comportamenti anche solo potenzialmente dannosi: ma qual è il nesso con il bail-in?
"Il bail-in sancisce la fine dei salvataggi interamente pubblici. Ora i salvataggi vanno preceduti da meccanismi che pongono i costi della crisi anche a carico dei creditori della banca (obbligazionisti e depositari sopra i 100mila euro), in parte equiparati ai proprietari dell'azienda (gli azionisti): tutto ciò assegna una più intensa portata negativa a condotte illecite nella gestione del risparmio. Bisogna attivare tutti gli strumenti disponibili per evitare crisi bancarie visto che poi è più complicato e oneroso per tutti risolverle".

Lo stesso Visco però ripete in ogni possibile sede che la direttiva fu approvata dall'Italia per motivi di opportunità politica ma è fatta male, e non bisogna farsi sfuggire l'occasione, che arriverà nel 2018 stando al testo, per rivederla.
"Però la direttiva risponde a una comunicazione della commissione del 2013 che instaura il principio del burden sharing, la condivisione degli oneri, e da questa impostazione non è semplice pensare che si possa tornare indietro. Quanto al governo, per i casi che si sono presentati in questi mesi, è intervenuto in ogni possibile modo, a costo di strenue negoziazioni con Bruxelles, per temperare gli effetti sui cittadini italiani delle nuove norme, con interventi di indennizzo automatico e di tutela risarcitoria, arbitrale o transattiva. Per le quattro banche liquidate, ad esempio, per gli obbligazionisti subordinati è stato previsto un ristoro purché abbiano redditi inferiori a 30mila euro o patrimonio sotto i 100mila. E per Montepaschi è prevista una parziale conversione delle obbligazioni in azioni con soluzioni di tipo transattivo per il recupero di eventuali danni, nell'ambito di un intervento pubblico assolutamente straordinario vista la rilevanza sistemica della banca".

A che punto è l'iter della ricapitalizzazione?
"È in stato avanzato la verifica della commissione Ue sul piano industriale, con il negoziato connesso, dopodiché si potrà intervenire nella misura necessaria".

I 6,6 miliardi di cui si parla?
"Non posso essere preciso sulle cifre per il semplice motivo che ancora non sono definite. Poi ci sarà forse anche l'intervento sulle due banche venete, per il quale la Bce e Bruxelles stanno verificando".

Basteranno i 20 miliardi sul tavolo?
"Direi che c'è abbastanza margine sia per gli interventi precauzionali sia per misure minori quale la garanzia sulla liquidità".

Tornando al bail-in, ci sono casi di applicazione in Europa?
"L'Italia sta sperimentando per prima le regole, e la nostra sarà una casistica destinata a fare giurisprudenza. Tutto questo avviene come sapete in un momento non semplice per il sistema italiano in cui la principale vulnerabilità è il problema degli Npl, principalmente frutto di una crisi devastante che ha sottratto al Paese il 25% di produzione industriale e il 9% di Pil. Studi controfattuali della Banca d'Italia dimostrano che in condizioni macroeconomiche più favorevoli gli Npl sarebbero il 5 e non il 10,4% dei prestiti complessivi, un livello fisiologico. Per questo bisogna mettere in campo tutti gli strumenti possibili".