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La parità di genere per contrastare la violenza sulle donne e far ripartire l’economia

Le politiche del Governo a sostegno dell’occupazione femminile

Al via dal 25 novembre la campagna “16 Giorni di attivismo contro la violenza di genere”, sostenuta a partire dal 1991 da cittadini, istituzioni e organizzazioni in tutto il mondo per promuovere la prevenzione e l’eliminazione della violenza contro le donne. Anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze aderisce quest’anno all’iniziativa promuovendo con la campagna #orangetheMEF una serie di attività volte a testimoniare il coinvolgimento della propria comunità professionale agli obiettivi di sensibilizzazione e informazione su questo tema.

Nell'impegno contro la violenza sulle donne riveste un ruolo di primo piano l’investimento sul lavoro e sulla valorizzazione dell’esperienza femminile. Il sostegno all’indipendenza economica, quindi, come leva per contrastare la violenza di genere e tutelare le vittime di questa piaga sociale resa possibilmente ancora più grave dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19.

Divario di genere nel tasso di occupazione, per paese, 2014 e 2019 (in punti percentuali).
[Dati Eurostat – cfr. Figure 5.6: Gender employment gap, by country, 2014 and 2019, pag. 114]
 

Sebbene nel confronto internazionale la posizione del nostro Paese sia per alcuni aspetti migliorata nell’ultimo decennio, rimaniamo tra i paesi Ue con il più ampio gender gap occupazionale. Nel 2019, il tasso di occupazione nella fascia di età (20-64) è pari al 54 percento per le donne rispetto al 73 percento per gli uomini. Tenendo conto del numero di ore lavorate, il tasso di occupazione delle donne è pari al 31 percento rispetto al 51 percento degli uomini (dati 2018). Il 33 percento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto al 8 percento degli uomini (2019). Le donne occupate lavorano in media meno ore, guadagnano meno, accumulano minore anzianità.

Una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro limita anche la crescita economica di una nazione. Ridurre tale divario aiuta a diminuire i costi economici e sociali del Paese ed è un fattore rilevante per la crescita del Pil, con un impatto positivo che secondo la Banca d'Italia, arriva fino a 7 punti percentuali.

Per questo motivo, la riduzione del divario di genere - nel mercato del lavoro, nelle retribuzioni, ai vertici delle imprese - è un obiettivo che il Governo persegue attivamente dall’inizio del suo mandato attraverso politiche di incentivazione all’imprenditoria femminile, di decontribuzione per incoraggiare l’assunzione di lavoratrici, e di conciliazione tra lavoro e famiglia.

La Legge di bilancio per il 2020 ha adottato numerose misure per le pari opportunità introducendo norme per incrementare le risorse per il contrasto alla violenza di genere, rafforzare la tutela del genere meno rappresentato nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate; sostenere con mutui a tasso zero l’imprenditoria agricola femminile; promuovere il professionismo nello sport femminile; ridurre il costo degli asili nidi pubblici e privati, finanziarne la costruzione e manutenzione di nuovi; estendere il congedo obbligatorio di paternità da 5 a 7 giorni (nel 2016 erano 4 di cui 2 obbligatori); finanziare l’acquisto dei sostituti del latte materno; rinnovare diverse misure già esistenti come l’assegno di natalità ("Bonus Bebè"), l’Ape sociale donna, l’”opzione donna”.

Durante l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia, il governo ha cercato di alleviare l'onere del lavoro di cura delle donne con la concessione di congedi parentali straordinari al 50% o in alternativa con i bonus baby sitter.

Per innescare un'occasione di maggiore produttività e competitività per il sistema economico del Paese, il disegno di legge di bilancio per il 2021 prevede un pacchetto di misure a favore dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile e dei servizi alla famiglia.
Queste le principali misure previste nel ddl:

  • Sgravi contributivi per chi assume donne
    Novità importanti arrivano per l’occupazione femminile: previsti nella manovra sgravi per chi assume lavoratrici e più fondi per sostenere l’imprenditoria “rosa”.
    In particolare, chi nel biennio 2021-22 deciderà di assumere a tempo indeterminato una donna disoccupata potrà godere della decontribuzione al 100%, per un massimo di 6000 euro l'anno (la norma riguarda le assunzioni di donne disoccupate da almeno 6 mesi nelle regioni del Mezzogiorno e da almeno 24 mesi in tutta Italia). L'esonero contributivo integrale per chi assume donne non prevede limiti di età, vale per tutte le lavoratrici, anche al di sopra dei 35 anni. La misura, sperimentale per due anni, va ad aggiungersi alla decontribuzione al 100% per le assunzioni degli under 35, destinata sia agli uomini che alle donne.
  • Sostegno all’impresa femminile
    I dati – a livello nazionale ed internazionale – mostrano che sono ancora troppo poche le donne che scelgono di creare un’impresa o di avviare una start up. Per affrontare questo tema, la manovra istituisce il "Fondo a sostegno dell'impresa femminile", con una dotazione di 40 milioni di euro (20 per il 2021 e altrettanti per il 2022). Il fondo, che ha specifica attenzione ai settori dell'alta tecnologia, intende promuovere e sostenere l'avvio e il rafforzamento dell'imprenditoria femminile, la diffusione dei valori di imprenditorialità e lavoro tra la popolazione femminile e massimizzare il contributo, quantitativo e qualitativo, delle donne allo sviluppo economico e sociale del Paese. La misura può prevedere contributi a fondo perduto, finanziamenti agevolati o a tasso zero, assistenza all’attività imprenditoriale, investimenti nel capitale, azioni di comunicazione e promozione. Viene inoltre incrementato di 15 milioni il fondo rotativo per il sostegno all’imprenditoria femminile in agricoltura, previsto nella Legge di bilancio per il 2020 e che prevede la concessione di mutui a tasso zero in favore di aziende agricole condotte da imprenditrici donne.
  • Assegno unico universale
    Con l’obiettivo di riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli a carico e favorire la fruizione di servizi a sostegno della genitorialità promuovendo in particolare l’occupazione femminile, il Fondo per l’assegno unico viene incrementato di 3 miliardi per il 2021 e fra i 5 e i 6 miliardi dal 2022. Le famiglie riceveranno così un assegno per ogni figlio da 7 mesi a 21 anni di età. Rimane confermato per tutti i bambini nati o adottati da 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 l’assegno di natalità (il cosiddetto bonus Bebè).
  • Potenziamento asili nido
    Più posti negli asili nido per consentire a più donne di partecipare al mondo del lavoro. È l’intento della norma del disegno di legge di bilancio che incrementa, partendo da 100 milioni per il 2022 fino a 300 milioni annui a regime dal 2026, le risorse del Fondo di solidarietà comunale per il potenziamento dei posti disponibili negli asili nido. Con lo stesso obiettivo, vengono prorogati per il 2021 il “bonus asili nido” e il congedo di paternità di 7 giorni. Viene inoltre previsto un fondo di 20 milioni destinato ai “caregiver” familiari”.

Le spese di genere nel bilancio dello Stato

Uno degli strumenti più efficaci per integrare la dimensione di genere e garantire una presenza equilibrata di entrambi i sessi nei servizi pubblici, è il bilancio di genere, introdotto in Italia in via sperimentale con una legge del 2009 e condotto per la prima volta sul Rendiconto generale dello Stato 2016. L’analisi del bilancio secondo una prospettiva di genere si configura come uno strumento volto, da un lato, a una individuazione delle risorse stanziate ed erogate in favore delle pari opportunità di genere (dentro e fuori dell’amministrazione) e, dall’altro, alla verifica degli impatti degli interventi su uomini e donne.

Il bilancio di genere relativo al Rendiconto 2019 ricorre a un’ampia batteria di indicatori per evidenziare le diverse caratteristiche e i differenti comportamenti di uomini e donne rispetto a molteplici fenomeni dell’economia e della società.

Tavola A.1: Numero di indicatori per area tematica esaminati nel Bilancio di genere 2016, 2017, 2018 e 2019
Ambiti 2016 2017 2018 2019
Mercato del lavoro 7 10 12 12
Conciliazione tra vita privata e vita professionale 4 9 12 14
Tutela del lavoro, previdenza e assistenza 3 15 13 15
Istruzione e interventi contro gli stereotipi di genere 5 23 24 24
Partecipazione ai processi economici, decisionali, politici e amministrativi 6 14 17 17
Contrasto alla violenza di genere 3 21 25 25
Salute, lo stile di vita e la sicurezza 11 15 20 21
Totale 39 107 123 128
 

Il Bilancio di genere per l’esercizio finanziario 2019 redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato mostra che la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro è in miglioramento in Italia e l’occupazione femminile ha superato nel 2019 la soglia del 50 per cento. Rimane tuttavia ancora lontana dai livelli di altri paesi europei (la media dell’UE-28 è al 64,1 per cento) e il divario rispetto agli uomini è ancora rilevante, sia in termini di occupazione che di retribuzione.

Persiste inoltre una marcata differenza territoriale tra tasso di occupazione delle donne settentrionali e meridionali (pari rispettivamente al 60,4 e al 33,2 per cento). Sono le donne tra i 45 e i 54 anni ad aver maggiormente beneficiato dell’aumento occupazionale negli ultimi anni, mentre rimangono indietro le più giovani e le donne residenti al Sud.

Diminuiscono le donne che non ricercano attivamente un lavoro (22,6 per cento nel 2019), pur essendo questo un fenomeno ancora rilevante tra le giovani (sono il 33 per cento tra i 15-34 anni). Rispetto alle donne occupate senza figli, le lavoratrici con figli sotto i 5 anni sono solo tre su quattro. Le lavoratrici in part-time sono in aumento, costituiscono un terzo delle donne occupate (rispetto all’8 per cento degli uomini) e nel 60,8 per cento dei casi non per scelta (rispetto ad una media europea del 20,5 per cento).

Cresce invece il numero di donne nei CdA delle società per azioni italiane. Nel 2019 le donne già rappresentano il 3 per cento del totale, anche se sono arrivate a ricoprire la carica di amministratore delegato nell’ambito delle maggiori società quotate solo nel 2018.

Spesa del bilancio dello Stato con caratterizzazione di genere (2019)

Nel bilancio dello Stato, le spese con una caratterizzazione di genere sono fortemente concentrate in tre Missioni: “Diritti sociali, politiche sociali e famiglia” (1,42 miliardi in termini di impegni); “L’Italia in Europa e nel mondo” (0,12 miliardi); “Politiche previdenziali” (0,6 miliardi).

La spesa totale del bilancio dello Stato a consuntivo dell’esercizio 2019 è pari a 823,2 miliardi in termini di impegni (830,3 miliardi in termini di pagamenti). Al netto delle spese del personale trattate separatamente, il totale della spesa impegnata nel 2019 ammonta a 720,2 miliardi di euro.

Lo 0,3 per cento circa (2,17 miliardi) è stato individuato come impegnato a ridurre le disuguaglianze di genere, mentre circa il 16,5 per cento (118,4 miliardi) è riconosciuta come spesa sensibile al genere e il restante 83 per cento (599,4 miliardi) considerata neutrale. Dal punto di vista finanziario, le spese dirette a ridurre le diseguaglianze di genere sono soprattutto nel campo assistenziale.

Gli assegni di maternità e le spese per la paternità hanno impegnato il 65 per cento delle spese dirette a ridurre le diseguaglianze, mentre un altro 24 per cento comprende le spese per garantire l’assistenza dei familiari con handicap e per i congedi parentali.

Sono presenti anche alcune spese rivolte al personale delle amministrazioni centrali, come le iniziative per asili nido aziendali e centri estivi o per il doposcuola dei figli dei dipendenti e, in qualche caso, alla formazione per una cultura di genere o a interventi di adattamento infrastrutturale dei locali per meglio rispondere alle diverse esigenze di uomini e donne.

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