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- Statistiche sulle dichiarazioni IRES ed IRAP dell’anno di imposta 2019

Comunicato Stampa N° 38 del 28/02/2022

Il Dipartimento delle Finanze diffonde le statistiche sulle dichiarazioni IRES (Imposta sul Reddito delle Società) e IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) relative all'anno d'imposta 2019 e presentate nel corso degli anni 2020 e 2021. Occorre considerare che i dati fiscali tengono conto anche delle società di capitali il cui anno d’imposta non coincide con l’anno solare e, conseguentemente, la conclusione del periodo d’imposta 2019 si verifica nel corso del 2020. Questa pubblicazione, comprendendo anche le statistiche sulle dichiarazioni Ires presentate dai soggetti che utilizzano il modello Redditi - Enti non commerciali, completa i dati statistici relativi alle dichiarazioni fiscali per l’anno d’imposta 2019.

IRES
Il contesto macroeconomico nel 2019, anno precedente alla pandemia Covid-19, è stato caratterizzato da una moderata crescita del Pil (+1,3% in termini nominali e +0,4% in termini reali)[1]. Nell’anno d’imposta 2019 le dichiarazioni delle società di capitali sono state 1.263.405, in crescita rispetto all’anno precedente (+2,8%). Il 90,2% delle società di capitali è una società a responsabilità limitata. Il 64% dei soggetti ha dichiarato un reddito d’impresa rilevante ai fini fiscali mentre il 29% ha dichiarato una perdita e il 7% ha chiuso l’esercizio in pareggio, confermando la ripartizione percentuale del 2018. Il reddito fiscale dichiarato, pari a 184,1 miliardi di euro, mostra un incremento (+5,5%). Tra i settori in cui si riscontra un incremento del reddito vi sono: “attività finanziarie” (+28,6%), “noleggio e agenzie di viaggio” (+11,4%), “trasporto e magazzinaggio” (+11,3%) e “costruzioni” (+9,9%). L’ammontare della perdita fiscale, pari a 57,7 miliardi di euro, mostra un incremento del 7,3%. L’incremento delle perdite è concentrato nel settore manifatturiero, al quale si riferisce il 32,3% delle perdite complessive.

Nel 2019 le società di capitali hanno dichiarato un imponibile[2] di 148,8 miliardi di euro (+5,8% rispetto al 2018). Se si analizza distintamente l’imponibile dichiarato nel modello Redditi e quello dichiarato nel modello Consolidato, emerge che le società che liquidano in regime ordinario hanno registrato un incremento dell’imponibile dell’1,1% rispetto al 2018, prevalentemente concentrato nei settori “attività finanziarie” (+16,1%) e “noleggio e agenzie viaggio” (circa +16%). Per quanto riguarda l’imponibile del consolidato si assiste ad un incremento del 15,0% rispetto al 2018, passando da 47,9 a 55,1 miliardi di euro. L’incremento del reddito da consolidato ha interessato prevalentemente il settore ‘finanziario e creditizio’ (+76,5%). 

Nel 2019 la percentuale delle società di capitali che ha dichiarato un’imposta è pari al 59,4%, in lieve diminuzione rispetto l’anno precedente; il rimanente 40,4%[3] non ha dichiarato un’imposta o ha un credito. Le società che sono assoggettate a tassazione ordinaria dichiarano un’imposta netta pari a circa 22,3 miliardi di euro (+1,1% rispetto al 2018), mentre i gruppi societari che hanno optato per il regime fiscale del consolidato dichiarano un’imposta netta di circa 13,2 miliardi di euro (+15,1% rispetto al 2018).

I contribuenti che hanno presentato il modello “Redditi ENC – Enti non commerciali” per l’anno d’imposta 2019 sono stati 147.311 (-1,5% rispetto all’anno precedente). Classificando i soggetti in base alla natura giuridica, si rileva che le Associazioni non riconosciute e comitati rappresentano il 63,8% del totale degli Enti non commerciali, seguite dalle “Altri enti ed istituti con personalità giuridica” (che include gli enti religiosi e le parrocchie) che rappresentano il 10% del totale. L’imposta netta totale dichiarata risulta pari a 823 milioni di euro.

Aiuto alla Crescita Economica – ACE
Nel 2019 il rendimento figurativo[4] che dà diritto alla deduzione dal reddito d’impresa del capitale proprio (cosiddetta ACE “Aiuto alla Crescita economica”) passa dall’1,5% all’1,3%. Le società di capitali con diritto alla deduzione ACE sono oltre 326.000 (+4,5% rispetto al 2018), per un ammontare di deduzione spettante di 18,4 miliardi di euro (+0,4% rispetto al 2018) con un andamento pressoché stabile. L’eccedenza pregressa relativa all’anno precedente, pari a 10,9 miliardi di euro (+4,5% rispetto al 2018) ha riguardato oltre 77.200 società, mentre l’ammontare di deduzione non utilizzata nell’anno e riportabile agli anni successivi è pari a oltre 11,3 miliardi di euro (+0,9% rispetto al 2018).

La quota di ACE detenuta dai soggetti con ricavi superiori a 50 milioni di euro è pari al 46,4% dell’ammontare complessivo, mentre l’analisi per sezione di attività evidenzia che circa il 60% dell’ACE spettante proviene complessivamente da due settori: “attività finanziarie ed assicurative” (37,8%, pari a 6,8 miliardi di euro) ed “attività manifatturiere” (23%, pari a 4,3 miliardi di euro).

Analisi della deducibilità degli interessi passivi
Le regole sulla deducibilità degli interessi passivi[5] influiscono sostanzialmente sulla determinazione del reddito imponibile ai fini Ires. In estrema sintesi, sono interamente deducibili gli interessi passivi fino all’ammontare corrispondente a quello degli interessi attivi, mentre gli interessi passivi che eccedono quelli attivi sono deducibili nei limiti del 30% del Reddito Operativo Lordo (ROL). Gli interessi passivi di periodo iscritti in bilancio ammontano a 29,8 miliardi di euro (-0,5% rispetto al 2018), mentre quelli afferenti a periodi precedenti, e riportabili in quanto non dedotti precedentemente, ammontano a 38,4 miliardi di euro (-2,6% rispetto al 2018). La quota di interessi deducibili (comprensiva di quelli dei periodi precedenti) è pari a circa 42,8 miliardi di euro (37,3% del totale). Classificando le società per classi di volume d’affari, si rileva che la percentuale degli interessi deducibili raggiunge il 49,31% nelle società con volume d’affari oltre 25 milioni di euro mentre scende al 12,18% nella classe da 0 a 200.000 euro. Si rammenta che una regola che lega la deducibilità degli interessi a una percentuale del ROL, sul modello di quella vigente in Italia, è stata prevista nel progetto OCSE/G20 “Base Erosion and Profit Shifting”, quale utile strumento per limitare l’evasione e l’elusione fiscale in ambito internazionale[6].

Patent Box
A partire dall’anno d’imposta 2015 è stata introdotta la possibilità di optare per un trattamento di favore dei redditi derivanti dall’utilizzo di brevetti industriali, marchi, opere di ingegno, processi e disegni industriali. Nel 2017 i marchi d’impresa sono stati esclusi dal regime patent-box; tuttavia sono state previste delle disposizioni di salvaguardia per le opzioni esercitate precedentemente, per le quali rimane aperta una finestra temporale (cd. grandfathering) per continuare a sfruttare tale agevolazione entro il 30 giugno 2021. L’opzione ha una durata di 5 esercizi ed è irrevocabile.

Dalle dichiarazioni per il 2019 risultano 2.509 società che hanno utilizzato l’agevolazione per un ammontare di reddito detassato e plusvalenze esenti pari a 6,2 miliardi di euro (1,3 volte il valore del 2018). L’incremento maggiore si riscontra nel settore “servizi di informazione e comunicazione” (da 246 a 533 milioni di euro). Il 64,3% del totale dell’agevolazione è utilizzato nel settore manifatturiero. Il regime patent box per le annualità successive al 2021 è stato profondamente modificato dal decreto legge n. 146/2021 e dalla Legge di Bilancio per il 2022.

Super-ammortamento
Nel 2019 continua ad applicarsi il “super-ammortamento”[7], che prevede la possibilità di dedurre una maggiore percentuale della quota di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria sugli investimenti in beni materiali strumentali nuovi. Nel 2019 tale agevolazione è stata fruita da 317.000 soggetti per un ammontare di 7,2 miliardi di euro[8] Circa il 64% dei fruitori si concentra nelle classi di ricavo comprese tra 100.000 euro e 2.500.000 euro. La maggiore incidenza nell’utilizzo dell’agevolazione si registra nelle seguenti regioni: Lombardia (32%), Lazio (12%) e Piemonte (11%).

In termini di ammontare, la maggiore deduzione è concentrata (76%) nei seguenti settori: “manifatturiero” (38%), “noleggio, agenzie viaggio e servizi di supporto alle imprese” (17,2%), “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (10,9%) e “servizi di informazione e comunicazione” (8,7%).

Iper-ammortamento
Per quanto riguarda l’agevolazione Iper-ammortamento, volta a favorire i processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0», nel 2019 è stata rivista la disciplina prevedendo aliquote di maggiorazione differenziate in base all’ammontare dell’investimento. In particolare la maggiorazione è del 170% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro; 100% per investimenti da 2,5 milioni a 10 milioni di euro, 50% per investimenti oltre 10 milioni di euro e fino a 20 milioni di euro. Per investimenti di importo superiore a 20 milioni di euro l’agevolazione non trova applicazione.

Nel 2019 la maggiorazione per gli investimenti in beni materiali strumentali è stata utilizzata da oltre 28.200 soggetti, per un ammontare di circa 4,8 miliardi di euro, di cui 569 milioni di euro relativi agli investimenti effettuati nel 2019[9]. L’utilizzo è concentrato prevalentemente nel settore manifatturiero (80% dell’ammontare dell’agevolazione). Nell’ambito del modello “Industria 4.0” è stata prevista anche una maggiorazione del 30% (fino al 2017 era del 40%) sugli investimenti in beni strumentali immateriali che è stata utilizzata da oltre 23.200 soggetti per un ammontare di 388 milioni di euro.

Un’analisi dell’Iper-ammortamento, effettuata dal Dipartimento delle Finanze insieme al Centro Studi Confindustria, è disponibile nel rapporto di previsione dell’autunno 2020 del Centro Studi Confindustria, capitolo 3. L’effetto dell’incentivo sull’occupazione è stato inoltre analizzato nel working paper Bratta, Romano, Acciari, Mazzolari (DF Working Papers, N.6, 2020).

Crediti d’imposta R&S e Sud
Per quanto riguarda i principali crediti d’imposta usufruibili dalle società, si segnala il credito d’imposta per ricerca e sviluppo dichiarato da 26.700 soggetti per un ammontare di credito spettante nel periodo di 3,0 miliardi di euro (-11,2% rispetto al 2018). I principali settori in cui si concentra l’ammontare del credito sono: il “manifatturiero” (50,3%), i “servizi di informazione e comunicazione” (14,2%), il “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (8,2%) e le “attività professionali, scientifiche e tecniche” (8,3%).

Inoltre, per quanto riguarda il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi nel Mezzogiorno[10] introdotto con la Legge di Stabilità 2016, dalle dichiarazioni per il 2019 risultano oltre 17.400 soggetti (+46% rispetto al 2018) per un ammontare di circa 1,3 miliardi di euro.

IRAP
Il numero dei soggetti che hanno presentato la dichiarazione Irap[11] per l’anno d’imposta 2019 è pari a 3.425.931 (-7,7% rispetto al 2018). La contrazione ha interessato in misura prevalente le persone fisiche (-17,4% rispetto al 2018), a causa della crescente adesione al regime forfetario per effetto dell’innalzamento della soglia di ricavi/compensi a 65.000 euro, a prescindere dal settore di attività, e le società di persone (-3,9% rispetto al 2018).

I soggetti che dichiarano un valore della produzione diverso da zero (al netto delle deduzioni del costo del lavoro) sono 3.001.173 (-6,8% rispetto al 2018), per un ammontare complessivo di circa 419,1 miliardi di euro (+2,5% rispetto al 2018). L’incremento del valore della produzione dichiarato riguarda in misura rilevante le società di capitali (+5,2%) e gli enti non commerciali (+1,5%). Tale incremento ha interessato in particolare il settore: ‘Attività finanziarie ed assicurative’ (con un valore che raddoppia rispetto al 2018); di converso si assiste ad una contrazione nel settore “manifatturiero” (-7,3%).

La base imponibile totale è risultata pari a circa 468 miliardi di euro (+2,3% rispetto al 2018); se si considera invece la base imponibile dell’attività istituzionale della P.A., costituita dall’ammontare delle retribuzioni corrisposte (pari a 113,5 miliardi di euro), si registra un valore pressoché stabile rispetto all’anno precedente.

L’imposta dichiarata per l’anno 2019 è stata pari a 24,8 miliardi di euro (+2,7% rispetto al 2018), con un valore medio pari a 11.980 euro. La distribuzione territoriale sulla base del luogo in cui è svolta l’attività produttiva ha evidenziato che il 52% dell’imposta è prodotta al Nord e il 16% al Sud, in linea con l’andamento dell’anno precedente. Occorre tener presente che a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, l’art. 24 del D.L. 34/2020 ha stabilito che le imprese con un volume di ricavi non superiore a 250 milioni e i lavoratori autonomi con un corrispondente volume di compensi non sono tenuti al versamento del saldo Irap 2019[12].

Per quanto riguarda l’anno d’imposta 2019, le deduzioni per lavoro dipendente[13] sono pari a circa 424 miliardi di euro (+4,0% rispetto al 2018) e sono utilizzate per l’89% dalle società di capitali.

LE IMPRESE
Con la pubblicazione dei dati delle Società di Capitali è ora possibile consultare sul sito internet del Dipartimento delle Finanze tutte le statistiche relative all’anno d’imposta 2019 delle 3.132.450 imprese italiane: 1.234.942 ditte individuali, 634.103 Società di persone e 1.263.405 Società di capitali.

Tutti i dati statistici e le analisi sono disponibili sul sito www.finanze.gov.it seguendo il percorso “dati e statistiche fiscali / dichiarazioni / 2019”.


[1] La variazione del Pil è riferita a dati aggiornati a settembre 2020 e provenienti dal DataWarehouse delle statistiche prodotte dall’Istat e disponibili sul sito http://www.istat.it/. Il Pil in termini reali è riferito a valori concatenati con anno di riferimento 2015.
[2] Comprende l’imponibile delle società che liquidano in regime ordinario e quello dichiarato dalle società consolidanti.
[3] Tale percentuale tiene conto anche delle società consolidate e di quelle che liquidano l’imposta in regime di trasparenza fiscale.
[4] Precedentemente abrogata con la Legge di Bilancio 2019, l’ACE è stata reintrodotta con la Legge di Bilancio 2020 retroattivamente al 1.1.2019.
[5] Le informazioni sono estratte dal quadro RS e riguardano la normativa ex art. 96 Tuir.
[6] Per approfondimenti: OECD (2015), Limiting Base Erosion Involving Interest Deductions and Other Financial Payments, Action 4 - 2015 Final Report, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, OECD Publishing, Paris.
[7] Il Super-ammortamento e l’Iper-ammortamento sono stati successivamente trasformati in crediti d’imposta a partire dall’anno d’imposta 2020.
[8] Il valore 2019 è del 9% circa più elevato rispetto al valore del 2018.
[9] Si ricorda che l’agevolazione decorre dall’anno in cui il bene viene interconnesso nel processo produttivo aziendale e che la quota di ammortamento ordinario è dimezzata nel primo anno.
[10] Beneficiano del credito d’imposta i soggetti che hanno presentato all’Agenzia delle Entrate apposita comunicazione ed hanno ottenuto dall’Agenzia l’autorizzazione alla fruizione.
[11] Si ricorda che dall’anno d’imposta 2008 la dichiarazione Irap viene separata da quella relativa alle imposte sui redditi e presentata, disgiuntamente dal modello Redditi, direttamente alla Regione o alla Provincia autonoma di domicilio fiscale del soggetto passivo.
[12] Nelle dichiarazioni tale informazione trova riscontro nella sezione del quadro IS relativo agli aiuti di Stato; risultano oltre 1,2 milioni di soggetti con un ammontare di imposta pari a 2,5 miliardi di euro.
[13] Sono state considerate le deduzioni riportate nel quadro IS (che non deve essere compilato dalle Amministrazioni Pubbliche) e quelle utilizzate dalla Pubblica Amministrazione.
Roma 28/02/2022
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