Intervento del ministro Giorgetti al Salone del Risparmio 2024
09/04/2024Salone del Risparmio 2024
Alla ricerca di nuovi equilibri. Investire negli scenari globali
Intervento del Sig. Ministro
9 aprile 2024
Vorrei ringraziare Assogestioni e il suo Presidente Carlo Trabattoni per avermi invitato ad aprire i lavori di questa edizione del Salone del Risparmio. Quest’anno ricorre il 40° anniversario della nascita di Assogestioni, un traguardo molto importante che viene celebrato in un momento dove la persistente instabilità e i cambiamenti strutturali in atto richiedono una rinnovata capacità di adattamento all’incertezza e gestione della complessità.
Attraverso le attività istituzionali svolte in questi decenni, Assogestioni ha sostenuto la crescita in Italia dell’industria del risparmio gestito, avvicinandola sempre di più ai bisogni dell’economia reale, rendendola partecipe del processo di sviluppo dei mercati del nostro Paese. Essa ha anche promosso iniziative di educazione finanziaria rivolte in particolare alle generazioni più giovani ossia agli investitori del futuro, tema a me molto caro.
L’importanza del percorso svolto è testimoniata anche dalla dimensione complessiva e dal ruolo strategico che l’industria del risparmio gestito ha assunto nel tempo. Facendo riferimento a dati ed analisi che avete recentemente reso disponibili, a fine febbraio del 2024 il patrimonio complessivo gestito si attesta a oltre 2.300 miliardi di euro, un valore ben al di sopra del PIL prodotto in Italia nel 2023; vi sono oggi oltre 11 milioni di risparmiatori, a cui si affiancano anche numerosi investitori non al dettaglio, che si affidano a gestori professionali per soddisfare le esigenze di allocazione delle proprie risorse finanziarie.
L’esperienza maturata sinora risulterà preziosa per fronteggiare con successo le sfide che il comparto del risparmio gestito dovrà affrontare nei prossimi anni. Per trasformare queste sfide in opportunità sarà necessario saper gestire l’incertezza di un contesto operativo caratterizzato da livelli di instabilità senza precedenti, in cui gli equilibri mutano velocemente e in maniera imprevedibile e richiedono quindi la capacità di affrontare e reagire a situazioni di elevata complessità in tempi ristretti, individuando soluzioni che permettano di trarre vantaggio dai cambiamenti in atto, anziché subirli. Nei prossimi anni potranno presentarsi importanti opportunità per l’industria del risparmio gestito, anche in relazione all’evoluzione delle iniziative di policy a livello europeo e alle recenti iniziative assunte a livello nazionale, alcune concluse e altre in pieno sviluppo.
Nel corso del mio breve intervento vorrei condividere con voi alcune riflessioni sulle sfide che l’industria del risparmio gestito sarà chiamata ad affrontare. Mi soffermerò sui progressi che i mercati di capitali saranno chiamati a compiere alla luce delle iniziative in corso a livello europeo e nazionale.
Per quanto attiene alla dimensione europea vi è ormai piena consapevolezza che non è più possibile rinviare le iniziative volte a colmare il crescente gap di competitività dell’Unione rispetto alle altre economie mondiali e a realizzare la doppia transizione. Raggiungere questi obiettivi richiederà ingenti risorse finanziarie che secondo stime preliminari rese note a febbraio da Mario Draghi alla riunione informale dell’Ecofin di Gent si attestano a 500 miliardi l’anno. A questa cifra, già di per sé considerevole, vanno anche aggiunti ulteriori fabbisogni necessari a rinforzare la difesa comune, un aspetto purtroppo sempre più pressante anche alla luce delle tensioni geopolitiche che non accennano a diminuire, e a finanziare gli investimenti produttivi. I limitati margini di capacità fiscale sia dei singoli stati membri che dell’Unione nel suo complesso e le molteplici priorità di spesa rendono evidente che non sarà possibile perseguire le priorità strategiche dell’Unione facendo affidamento solo sulle risorse pubbliche.
Sarà dunque necessario creare le condizioni per facilitare la mobilizzazione del capitale privato in chiave complementare al ruolo delle risorse pubbliche. In altre parole, si rende necessario completare il progetto di Capital Markets Union (CMU) giungendo quindi ad una piena ed effettiva integrazione dei mercati dei capitali europei. È un progetto che l’Italia sostiene con forza e convinzione, consapevoli del fatto che dal suo completamento potrebbero aprirsi opportunità, vantaggiose per i mercati, le imprese e i risparmiatori, finora solo marginalmente sfruttate. Ne potrebbe beneficiare anche e soprattutto un Paese come il nostro, caratterizzato da una propensione strutturalmente elevata al risparmio dove l’industria del risparmio gestito potrà anzi dovrà giocare un ruolo chiave nel canalizzare le risorse delle famiglie verso l’economia reale, specialmente verso le imprese di piccole e medie dimensioni che costituiscono l’elemento fondante dell’economia dell’Unione.
Ad oggi sono stati compiuti diversi progressi ma rispetto alle ambizioni iniziali i risultati rimangono ancora insoddisfacenti e ben al di sotto delle aspettative. I mercati dei capitali europei sono tuttora frammentati lungo i confini nazionali e risultano meno attraenti anche a causa di un quadro regolamentare disomogeneo; ne consegue che una parte non trascurabile del risparmio viene impiegato al di fuori dei confini europei dove sono disponibili condizioni più favorevoli. Il tessuto produttivo europeo è largamente dipendente dal credito bancario; non sono adeguatamente disponibili strumenti finanziari innovativi adeguati a sostenere lo ‘start-up’ e lo ‘scale-up’ delle imprese ossia il finanziamento ‘dell’innovazione’ e ‘della crescita’, per loro natura più rischiosi del finanziamento di imprese già affermate. Complessivamente i mercati europei sono meno sviluppati rispetto a quelli di altre economie avanzate; i mercati obbligazionari - in rapporto al PIL - sono molto più piccoli che negli Stati Uniti; analogamente, sono poco sviluppati i mercati azionari dato che in Europa, a differenza degli Stati Uniti, la maggior parte delle imprese non sono quotate e non possono quindi beneficiare di un bacino più ampio di potenziali investitori che potrebbero fornire risorse utili a finanziarne la crescita. Ne deriva quindi una minore dimensione media delle imprese UE rispetto a quella dei loro competitors internazionali.
Ad oggi diverse iniziative sono state portate a compimento e auspicabilmente dispiegheranno i loro effetti positivi nei prossimi anni; mi riferisco ad esempio agli interventi volti a rafforzare la capacità degli intermediari bancari ed assicurativi a sostenere l’economia reale incoraggiando finanziamenti azionari più a lungo termine e a sostenere le PMI. Altre iniziative piuttosto che sugli intermediari rivolgono la loro attenzione agli investitori al dettaglio, intervenendo su un ampio ventaglio di norme, per assicurare che essi possano prendere decisioni di investimento in linea con le loro esigenze e preferenze. Mi riferisco ad esempio alla EU Retail Investment Strategy (EU-RIS) che propone modifiche alla disciplina sulla governance dei prodotti con l’obiettivo di garantire il value for money per i sottoscrittori, la revisione delle norme su conflitti di interesse e sugli incentivi, la modernizzazione delle regole di informativa pre-contrattuale e sulle comunicazioni di marketing per aumentarne la trasparenza e adattare il quadro normativo all'era digitale.
È evidente quindi che il tema dell’integrazione dei mercati è sempre al centro del dibattito di policy a livello europeo, sebbene le posizioni non sempre sono pienamente allineate. All’ultimo Eurogruppo di marzo il compromesso raggiunto sulla CMU ha lasciato molti paesi, tra cui il nostro, insoddisfatti.
Siamo alla vigilia del voto europeo e quindi ritengo che il percorso possa e debba riprendere con maggiore ‘ambizione’ ed occorrerà dare un rinnovato impulso alle azioni necessarie affinché l’Unione torni ad essere attrattiva come polo finanziario internazionale per imprese ed investitori e affinché le sue imprese riescano a trovare all’interno della UE le risorse di cui hanno bisogno per sviluppare il loro potenziale.
A fronte della dimensione sovranazionale, dove i margini di intervento possibili scontano la necessità di dover trovare compromessi tra diverse posizioni, risulteranno altrettanto importanti le misure attuate a livello nazionale, dove gli interventi possono svilupparsi più rapidamente e con margini di ambizione maggiori. Negli ultimi mesi il Governo ha attuato diverse iniziative per rivitalizzare e fornire nuovi stimoli al mercato nazionale dei capitali eliminando gli ostacoli che hanno ritardato il suo ulteriore sviluppo.
Vorrei ricordare in particolare la ‘Legge a sostegno della competitività dei capitali’ (legge n. 21 del 2024) che mira ad accrescere la competitività dell’industria finanziaria italiana, promuovendo interventi di ammodernamento del quadro normativo per rendere più attraente il nostro mercato finanziario per gli investitori italiani e stranieri, anche alla luce delle dinamiche evolutive e della crescente competizione tra piazze finanziarie. Si tratta di un intervento normativo che trae origine anche dalle conclusioni del Libro Verde su “La competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita” presentato nel 2022 e su cui Assogestioni non aveva mancato di fornire il suo contributo.
Le nuove norme prevedono alcuni interventi che in linea con gli obbiettivi della CMU. Senza dilungarmi in una puntuale disamina di tutte le previsioni della Legge Capitali vorrei ricordare le misure volte a favorire la raccolta di capitali sul mercato da parte delle imprese, sia incentivando la quotazione di nuove realtà sia semplificando le regole applicabili alle società già quotate; le novità previste per le PMI per le quali viene modificata la definizione rilevante ai fini della disciplina finanziaria elevando da 500 milioni a 1 miliardo di euro la soglia che qualifica come PMI una impresa emittente azioni. L’obiettivo di questo intervento, rivolto a realtà particolarmente importanti per il tessuto economico italiano, è ampliare la platea di società che potranno avvalersi della disciplina di maggior semplicità prevista per le PMI con riferimento ad altri aspetti, tra cui le disposizioni in materia di trasparenza degli assetti proprietari e di offerte pubbliche d'acquisto. È riformata la disciplina degli emittenti di strumenti finanziari diffusi, al fine di rimuovere una disciplina nazionale più stringente rispetto a quella europea. Sono altresì introdotte numerose modifiche alla disciplina sulla corporate governance delle società quotate. Sono previste novità sulla disciplina applicabile alla presentazione delle liste da parte del CdA uscente in modo da rendere le modalità di applicazione di tale strumento di matrice anglosassone maggiormente compatibile con la specificità del nostro Paese, caratterizzata da una diversificata tipologia di investitori industriali e finanziari. Viene introdotta la possibilità dello svolgimento delle assemblee tramite il rappresentante designato, in modo da agevolare la partecipazione di alcune tipologie di investitori riducendo al contempo i costi connessi allo svolgimento delle assemblee. Viene infine rivista la disciplina applicabile alle azioni a voto plurimo e a voto maggiorato, al fine di potenziare la flessibilità del nostro ordinamento societario anche per arginare forme di svantaggio competitivo del previgente sistema che avevano incentivato la migrazione di realtà industriali domestiche in mercati esteri al fine di usufruire dei maggiori margini di autonomia statutaria prevista. Last but not least, vorrei ricordare l’introduzione di una disposizione che riconosce un vero e proprio diritto al risparmio, all’investimento, all’educazione finanziaria, assicurativa e alla pianificazione previdenziale, temi su cui la vostra Associazione si è sempre dimostrata particolarmente attenta e sensibile. È ampiamente dimostrato che un elevato livello di educazione finanziaria facilita l’assunzione di decisioni di investimento consapevoli accrescendo il benessere economico e finanziario, riduce le diseguaglianze con riflessi positivi sulla crescita aggregata, contribuisce al corretto funzionamento dei mercati favorendo gli operatori migliori chiamati ad elaborare soluzioni sempre più efficaci ai bisogni di investimento di una clientela sempre più sofisticata.
Mi avvio a concludere ricordando un’ultima previsione che agisce da ponte ideale verso quanto rimane da fare; mi riferisco alla delega al Governo per la riforma organica del TUF, una previsione che a mio avviso rende la Legge sui capitali non un mero intervento legislativo di aggiornamento puntuale di alcuni aspetti, ma il primo tassello di una riforma complessiva dell’ordinamento finanziario nazionale per renderlo sempre più competitivo e attraente e per sviluppare appieno le potenzialità di una infrastruttura chiave per sostenere la crescita e lo sviluppo economico. I lavori si sono avviati diverse settimane fa e seguiranno un calendario molto serrato. L’ambizione che il Governo si pone si riflette nella ampiezza dei principi e dei criteri direttivi. Le nuove regole dovranno infatti sostenere la crescita del Paese, favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio nei mercati regolamentati, con particolare attenzione alle PMI rendendo le imprese maggiormente attrattive per gli investitori, aumentare la competitività e la attrattività del mercato nazionale, semplificandone e razionalizzandone la disciplina applicabile, facilitando la quotazione delle imprese sui mercati regolamentati, stimolare la diffusione dell’investimento privato, semplificare e razionalizzare le fonti normative applicabili al settore finanziario al fine di assicurare una maggiore coerenza complessiva.
Si tratterà di un’occasione unica e preziosa per ammodernare e semplificare ulteriormente un riferimento fondamentale per il nostro mercato dei capitali e per aiutare il mercato a rafforzare il ruolo di cinghia di trasmissione tra risparmio e crescita del Paese. Perché solo creando le condizioni per una piena collaborazione tra capitali pubblici e privati si potranno vincere le sfide che abbiamo avanti.
Concludo quindi il mio intervento rilevando che le sfide future richiedono sempre di più l'arte di navigare la complessità, tema anch’esso vicino alla mia sensibilità ed esperienza personale.