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Giorgetti al Corriere della Sera: «Privatizzazioni, ecco il piano. Puntiamo su investitori pazienti»

 20/01/2024

A cura di Federico Fubini

Giancarlo Giorgetti al World Economic Forum si è mosso all’opposto di alcuni suoi colleghi. A Davos certi ministri dell’Economia sembrano non riuscire mai a placare la loro sete di esposizione pubblica. Giorgetti invece è rimasto in salette dalle porte chiuse, magari con alcuni dei grandi investitori che potrebbero comprare qualche titolo di Stato in più nel 2024.

«A Davos è utile avere contatti diretti con i responsabili principali di alcune grandi istituzioni finanziarie o aziende — dice Giorgetti —. Fra gli altri, ho avuto un incontro con Ruth Porat, la Chief Financial Officer di Google-Alphabet. Il gruppo ha investito in un centro di formazione a Napoli, fatto non banale, e sta lavorando con Tim sulla capacità di cloud del Paese».

Gli incontri a Davos
Uno degli incontri più lunghi è stato con Ray Dalio che, con il fondo Bridgewater, gestisce 235 miliardi di dollari. Negli ultimi 15 anni è stato spesso negativo sull’Italia, ma l’incontro non sembra affatto essere andato male. Dalio lo ha definito «wonderful». Il ministro osserva: «Al netto del fatto di quello che stiamo facendo, la discussione è stata molto interessante da un punto di vista intellettuale. Dalio non è solo un uomo di finanza, gli piace riflettere in modo più profondo». Giorgetti poi ha avuto colloqui con due dei grandi padroni di fondi sovrani: il ministro delle Finanze saudita Mohammed Al-Jardaan e quello del Qatar Ali bin Ahmed Al Kuwari. «Il saudita è uno dei personaggi chiave negli equilibri del G20, e noi quest’anno abbiamo la presidenza del G7 — dice Giorgetti —. Il Qatar è un soggetto che lavora tantissimo con noi. Sono Paesi che ci interessavano e abbiamo in qualche modo coltivato».

Le privatizzazioni
Resta da capire quanto l’agenda di Davos del ministro sia ispirata dalla prospettiva di 20 miliardi che il governo deve incassare dalle privatizzazioni in tre anni, solo per mantenere stabile il debito. Giorgetti dosa bene le parole: «È più corretto parlare di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate: è necessario fare ordine in un mondo che non sempre è ben organizzato, quindi il pubblico decide di entrare di più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale e al passo con i tempi. Non è semplicemente fare cassa, è fare ordine», insiste. E fa un esempio: «In NetCo (la società della rete di Tim, ndr) stiamo rinazionalizzando e, a parte il fondo di private equity Kkr, c’è l’auspicio che entrino investitori pazienti. Sulle infrastrutture o sulle società critiche, al netto del golden power — precisa Giorgetti — è bene avere soggetti nazionali e internazionali fuori da ottiche meramente speculative».

La strategia di crescita
Di certo per convincere gli investitori è utile avere una strategia di crescita. Quella dell’Italia per Giorgetti è chiara, ma soggetta all’alea della geopolitica. «Siamo la seconda manifattura europea, vinciamo sul prodotto di qualità, il prodotto che piace, che tutti vogliono — dice il ministro —. Se il commercio mondiale andasse in crisi a causa delle guerre e delle tensioni geopolitiche, per noi sarebbe un disastro. In tutto il mondo il made in Italy è sinonimo di buono o bello. In Europa tutti hanno fatto stime a caso sui contraccolpi delle crisi attuali. Con profili di incertezza in ogni dove, non so come si possa essere così sicuri». Un’ondata di protezionismo, magari dopo un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, esporrebbe il Paese a rischi seri.

La transizione
«Noi abbiamo bisogno di mercati globali aperti, ma anche di capire come intende muoversi l’Europa sugli investimenti, per esempio quelli della transizione verde. Come si finanzia la transizione in settori strategici come l’acciaio? Con le tasse tradizionali, con il concordato preventivo? — si chiede Giorgetti —. Forse sarebbe il caso di pensare a forme europee di prelievo alla frontiera, oltre alla Cbam (la tassa sulle emissioni in Paesi terzi), invece di andare in ordine sparso». Certo il momento per l’Europa non è splendido e a Davos si è avvertito.
«È ovvio l’area euro che sta entrando in recessione. Per adesso l’inflazione è scesa grazie ai costi dell’energia, ma se si pensa di arrivare al più presto al 2% alzando i tassi — dice Giorgetti pensando alla Banca centrale europea — allora l’obiettivo è farlo attraverso una recessione. Sta accadendo. Sempre che funzioni, perché altrimenti saremo in stagflazione». Ma a sua volta, il calo della crescita per il ministro italiano rivela le sfide delle nuove regole di bilancio. «Sul patto di stabilità servirà un approccio flessibile: se il tasso di crescita si abbassa — nota — i requisiti sui saldi da mantenere rischiano di essere davvero molto stringenti».

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