Audizione del ministro Giorgetti sulle linee programmatiche
07/12/2022Signori Presidenti, Onorevoli Senatori e Onorevoli Deputati, vi ringrazio per l’odierno invito, che ha la finalità di presentarvi le linee programmatiche del Ministero che ho l’onore di guidare.
Coerentemente con le vostre richieste, il mio intervento sarà diviso in due parti: nella prima mi soffermerò, partendo dal contenuto della manovra, sulle questioni di natura fiscale e tributaria, nella seconda mi concentrerò, invece, sulle tematiche connesse al settore del credito e della finanza.
Consentitemi, però, prima di entrare nel dettaglio di spendere qualche breve riflessione da un lato sulle condizioni di salute dell’economia e della finanza pubblica italiana.
Come ho già sottolineato, nella recente audizione sul disegno di legge di bilancio, dopo la fase di rimbalzo post-pandemico del prodotto interno lordo (PIL), ci troviamo attualmente in una fase di rallentamento della crescita della nostra economia e di forte rialzo dell’inflazione.
Non condividiamo, tuttavia, il pessimismo oggi prevalente sulle prospettive per l’economia internazionale e, in particolare, per l’economia italiana, pessimismo che traspare anche dalle previsioni economiche di organizzazioni quali il Fondo Monetario Internazionale (quest’ultimo prevede una contrazione del PIL italiano dello 0,2 per cento nel 2023).
Nettamente positivo è anche l’andamento dell’occupazione, che secondo l’indagine mensile sulle forze di lavoro dell’Istat nei primi dieci mesi dell’anno è risultata superiore del 2,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021.
Inoltre, come segnalato sia dall’indagine Istat sia dagli indici PMI, dopo i cali registrati durante i mesi estivi e all’inizio dell’autunno, la fiducia dei consumatori e delle imprese ha recuperato a novembre.
In generale, poiché i prezzi dell’energia, seppure più bassi rispetto ai mesi estivi, restano molto elevati, abbiamo deciso di rafforzare gli aiuti a imprese e famiglie, rendendoli ancor più mirati, incisivi e differenziati.
In tale contesto, l’impianto della manovra di bilancio predisposta dall’Esecutivo ha inteso proseguire la politica di contrasto al caro energia e ha previsto, altresì, misure finalizzate a sostenere famiglie, lavoratori e imprese, ponendo le basi per gli interventi di carattere strutturale che il Governo intende realizzare per contrastare fenomeni di svantaggio competitivo a danno delle imprese italiane e per rimuovere le diseguaglianze a livello sociale.
Per quanto attiene alla riduzione della pressione fiscale, la manovra di bilancio per il 2023 conserva un’intonazione espansiva, con l’obiettivo di assicurare il sostegno a famiglie e imprese e contenere l’impatto dell’elevata inflazione sull’attività economica.
Nella Nota di aggiornamento al DEF la pressione fiscale (il rapporto tra le entrate fiscali e il PIL) si colloca al 43,4 per cento, ma sulla base di stime preliminari, l’impatto delle misure di sgravio contenute nel disegno di legge di consentirebbero di ridurre la pressione fiscale di oltre 0,2 punti percentuali nel 2023, portandola al 43,2 per cento del PIL.
Nel corso della Presidenza italiana del G20, è stato raggiunto un accordo - che non è azzardato definire di portata storica - sottoscritto da 137 giurisdizioni, per una riforma della tassazione internazionale articolata su due pilastri.
In estrema sintesi, il primo pilastro prevede la riallocazione dei profitti delle imprese multinazionali più grandi e profittevoli, mentre il secondo mira a introdurre una tassazione minima effettiva del 15% delle grandi imprese multinazionali in ognuno dei Paesi in cui esse operano.
Il progetto di riforma nasce dall’esigenza di adeguare il sistema fiscale internazionale alle sfide poste dalla digitalizzazione e dalla globalizzazione dell’economia e prende le mosse dalla consapevolezza che le attuali regole di allocazione dei diritti di tassazione dei profitti delle imprese multinazionali, non possano più basarsi sulla presenza fisica nelle giurisdizioni in cui le stesse operano, così come deve essere posto un limite alla concorrenza tra i Paesi che ha generato una corsa al ribasso delle aliquote di tassazione societaria.
Al di fuori dell’Unione europea alcuni Paesi (Giappone, Regno Unito, Svizzera) stanno già legiferando per dare applicazione alle nuove regole a partire dal 2024; mentre la Commissione europea, nel dicembre 2021, ha presentato una proposta di direttiva per dare attuazione alla tassazione minima globale a livello europeo.
La proposta di direttiva è stata discussa più volte dal Consiglio Ecofin, senza tuttavia ancora arrivare a un accordo. L’Italia procederà già nella prossima manovra a adottare misure legislative per assicurare l’attuazione della global minimum tax.
Passo a trattare gli aspetti creditizio-finanziari e, in particolare, lo stato di salute del sistema bancario con le relative condizioni di accesso al credito. Vorrei evidenziare, da subito, che nonostante la crisi pandemica, il sistema bancario italiano ha proseguito il percorso di miglioramento intrapreso dopo la crisi del decennio scorso e si presenta, ad oggi, in condizioni di maggiore solidità: patrimonializzazione, liquidità e reddittività sono soddisfacenti e, per i gruppi significativi, in linea con la media europea; il tasso di deterioramento dei prestiti è a livelli storicamente contenuti (lo stock netto di crediti deteriorati è in continua riduzione).
Nel terzo trimestre dell’anno è continuata la crescita dei prestiti, anche se il costo medio del credito, vicino ai minimi storici a fine del 2021, ha fatto registrare un progressivo aumento, in ragione del rientro dall’accomodamento monetario. La dinamica è stata simile, sebbene più marcata, nell’area dell’euro. Le autorità di settore hanno evidenziato una restrizione nelle politiche di offerta, confermata dal peggioramento delle condizioni di accesso al credito riportato dalle aziende.
Il Ministero continuerà a monitorare l’andamento del credito e l’ulteriore eventuale inasprimento delle sue condizioni di offerta, in stretto coordinamento con l’autorità di settore e l’industria finanziaria.
Nonostante la situazione complessivamente positiva in cui versa il comparto bancario, l’attuale contesto congiunturale pesa sulla situazione finanziaria delle famiglie e delle imprese, con possibili ricadute anche sulla qualità degli attivi bancari. Se è vero che fondamentali saranno gli interventi pubblici per far fronte all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, la messa in opera delle misure del PNRR, è altrettanto indispensabile che le banche, nell’applicare solide politiche di erogazione e nel monitoraggio delle proprie esposizioni, sostengano la ripresa economica e l’allocazione efficiente del risparmio.
Sempre l’attuale contesto pone in maggior risalto anche ulteriori profili di rischio. In primo luogo, la guerra e il processo di normalizzazione della politica monetaria hanno aumentato la volatilità dei mercati finanziari, incrementando di conseguenza l’esposizione delle banche ai rischi di mercato; in secondo luogo, persiste la necessità per il settore di recuperare efficienza e produttività, specialmente con riferimento alle banche medio-piccole; inoltre, anche gli effetti positivi sulla redditività potrebbero essere parzialmente controbilanciati da un incremento delle svalutazioni su crediti e – per alcuni intermediari – dalla diminuzione dei ricavi da negoziazione; permane infine il rischio di possibili attacchi cibernetici connessi con il conflitto in Ucraina.
Vorrei in questa sede accennare a due ulteriori sfide che stanno assumendo carattere sempre più strategico per il nostro sistema bancario: la transizione digitale e la transizione verso un’economia sostenibile sotto il profilo ambientale (c.d. twin transition). Entrambe richiederanno ingenti risorse per i necessari investimenti tecnologici.
La progressiva diffusione dell’information technology e delle tecnologie digitali, favorita anche dallo scoppio della pandemia, è un processo già in atto nell’ambito dell’industria bancaria. Esso permette di allargare l’offerta di prodotti e servizi finanziari che gli intermediari possono rendere disponibili alla propria clientela e, al contempo, ha dato avvio a un virtuoso processo di efficientamento dell’attività, con riduzioni di costo per intermediari e i clienti, cui però conseguono fortissime pressioni competitive. Un uso virtuoso e diffuso delle tecnologie digitali consentirà anche di cogliere l’ulteriore sfida della transizione verso un’economia e una finanza sostenibile. Sarà fondamentale per il sistema bancario, e per i singoli intermediari, cogliere e accompagnare questi cambiamenti, per sfruttarne appieno le opportunità, per far fronte alla pressione competitiva e per presidiare adeguatamente i rischi che da essi promanano.
Il nostro panorama bancario nazionale vede tradizionalmente la coesistenza di operatori di diverse dimensioni.
Il processo di consolidamento che negli ultimi ha interessato il settore ha condotto – in linea con quanto osservato negli altri principali paesi dell’area euro – a una riduzione del numero degli intermediari, alla ricerca di una maggiore efficienza e di economie di scala e scopo. In questo contesto di concentrazione si iscrive anche la vicenda del Monte Paschi di Siena: dopo l’approvazione, lo scorso agosto, dei nuovi impegni con la Commissione europea, si è conclusa con successo, in ottobre, l’operazione di aumento di capitale e si è dato avvio all’esecuzione del nuovo piano di ristrutturazione. Confermiamo il nostro impegno a gestire in maniera ordinata l’uscita dello Stato dalla Banca preservandone il valore e il ruolo di sostegno ai territori e alle imprese.
La competitività del sistema bancario passa, infatti, anche per l’operatività di banche di minori dimensioni, in particolare quelle appartenenti al movimento cooperativo, che possono valutare meglio le condizioni e gli assetti delle comunità locali di riferimento e di determinate fasce di mercato che le banche maggiori hanno lasciato scoperte, perseguendo così finalità di inclusione finanziaria. Ma affinché tale salvaguardia sia possibile nel medio-lungo periodo, è fondamentale assicurare la robustezza economico-patrimoniale degli intermediari. In questo contesto la costituzione dei gruppi bancari cooperativi ha contribuito in maniera rilevante a rafforzare il sistema delle banche di credito cooperativo (BCC), gettando le basi affinché esse possano continuare a svolgere, in modo prudente ed efficace, la propria mission storica all’interno delle economie territoriali di riferimento, preservandone al contempo la natura mutualistica.
L’attuale situazione congiunturale e geopolitica aumenta le pressioni in particolare su quegli intermediari, per la maggior parte di piccole dimensioni e con un’operatività tradizionale, che continuano a presentare debolezze strutturali, legate sia a fragilità del governo societario e dei controlli interni, ma anche alla ridotta capacità di accedere ai mercati dei capitali, di innovare e di sfruttare economie di scala e di diversificazione. È importante quindi che continui l’opera di rafforzamento che ha interessato il comparto bancario, rivedendo i modelli di attività, irrobustendo il sistema di governance, sfruttando le opportunità per la creazione di nuove partnership commerciali, costituendo consorzi e, ove possibile, procedendo ad ulteriori operazioni di aggregazione al fine di sostenere la redditività e lo sviluppo delle banche.
Solo la costituzione di banche – grandi o piccole che siano – sufficientemente robuste, sotto il profilo economico-finanziario, patrimoniale e regolamentare, garantirà che sia mantenuta viva la capacità competitiva del settore bancario italiano, permetterà di intercettare e rispondere ai bisogni delle comunità di riferimento, assicurerà l’allocazione efficiente del risparmio e consentirà, in ultima, di raccogliere appieno la sfida posta della citata twin transition.
Negli ultimi decenni, si è registrata un’accresciuta presenza sia di investitori tradizionali, come fondi pensione e assicurazioni, sia di investitori alternativi, come fondi di private equity e di venture capital. Gran parte delle risorse finanziarie, non solo nei mercati dei capitali privati ma anche nei mercati pubblici, è oggi allocata attraverso detti investitori istituzionali.
È quindi prioritario che l’agenda di riforme incentivi questo processo di investimento, anche attraverso un quadro giuridico e amministrativo sufficientemente coerente e chiaro da permettere a investitori, aziende e imprenditori di impegnarsi in investimenti a lungo termine. Grazie alla finanza di mercato possiamo attivare meccanismi di leva strategica, in cui le risorse pubbliche possano attirare e facilitare l’afflusso di quelle private per aumentare il volume complessivo degli investimenti nell’economia reale.
In tale ambito si collocano gli interventi di semplificazione e razionalizzazione dell’ordinamento promossi dal Ministero con il supporto delle autorità nel corso del 2022, con cui si sono attivate una serie di iniziative, su livelli diversi normativi e di autoregolamentazione, volte a rinforzare la competitività dei mercati finanziari italiani. Proseguiremo lungo tale solco, anche se necessari con specifici interventi legislativi.
A fronte della perdurante complessità dello scenario economico presente e futuro, l’attenzione del Ministero è volta contestualmente al mantenimento della stabilità finanziaria con supporto alla crescita.
Proprio a tal fine, nell’ambito delle norme per il recepimento dello standard internazionale di Basilea III plus, il Ministero si è fatto parte attiva per garantire un approccio equilibrato tra solidità e resilienza del sistema, da un lato, e sostegno delle banche alla crescita, dall’altro, promuovendo l’opera di armonizzazione e sollecitando interventi correttivi dell’originaria proposta della Commissione, al fine di attenuare l'impatto della riforma e preservare le specificità nazionali.
È stato, per esempio, dato rilievo ai numerosi fattori di sostegno all’erogazione del credito, alla revisione delle nozioni di ristrutturazione del debito e di default, agli affinamenti nella disciplina bancaria volti a preservare l’operatività delle agenzie di supporto all’export quali SACE, nonché alle disposizioni transitorie volte a gradare nel tempo l’introduzione dei requisiti più stringenti. Nel medio periodo ciò consentirà di contenere gli impatti sull’operatività delle banche affinché possano continuare ad erogare credito all’economia reale.
Con riferimento, invece, alla revisione della normativa europea in materia di gestione delle crisi bancarie e tutela dei depositanti, l’obiettivo perseguito è quello di mantenere un approccio equilibrato tra il rigore necessario per assicurare che il mercato resti disciplinato e, allo stesso tempo, la flessibilità necessaria per proteggere i risparmiatori e la stabilità finanziaria.
Anche a seguito della crisi finanziaria globale iniziata nel 2008 e della successiva crisi del debito sovrano, a livello europeo è stato messo in piedi un ambizioso progetto volto a realizzare un’autentica Unione bancaria, come completamento dell’Unione economica e monetaria. L’Unione bancaria si articola sostanzialmente in tre pilastri: il Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism); il Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism) e il Sistema europeo di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme).
L’ultimo di questi pilastri, tuttavia, a differenza dei primi due già attivi da anni all’interno dell’area euro, non è stato ancora realizzato, soprattutto a causa della posizione rappresentata da alcune delegazioni (quali quella tedesca). Tuttavia, la sua realizzazione è fondamentale al fine assicurare un livello uniforme di protezione a tutti i depositanti con importanti ripercussioni in termini di stabilità finanziaria e di condivisione dei rischi, concorrendo all’irrobustimento e al consolidamento del mercato unico dei servizi finanziari.
Nell’impossibilità di completare l’Unione bancaria si è, tuttavia, concordato di riformare il quadro normativo sulla gestione delle crisi bancarie e la tutela dei depositanti attraverso la review of the crisis management and deposit insurance framework (CMDI review), sulla quale la Commissione ha predisposto una specifica proposta normativa.
Per tornare al profilo nazionale, teniamo molto alla partecipazione dei risparmiatori italiani all’acquisto del debito pubblico del Paese. Infatti, la partecipazione che è stata condizionata negli anni sia dalla dinamica dei rendimenti sia dall’evoluzione del mercato finanziario che ha aumentato l’offerta di prodotti di risparmio e investimento per i cittadini. Fino alla fine degli anni ’80, inizio degli anni ’90, gli alti tassi di inflazione e i conseguenti elevati rendimenti offerti dai titoli di Stato, uniti all’ancora poco sviluppato mercato finanziario domestico, facevano sì che la percentuale di debito pubblico detenuto dai risparmiatori domestici era superiore al 20% del totale. Tuttavia, la discesa dei rendimenti (e del costo per il servizio del debito per l’emittente) conseguente al controllo della dinamica dei prezzi e alla convergenza nell’area della moneta unica, accompagnata alla continua crescita del debito pubblico nel suo complesso, ha prodotto una continua e marcata discesa di tale percentuale di partecipazione, fino a scendere al 6,4% nel 2021.
L’introduzione, nel 2012, del primo titolo di Stato pensato per i risparmiatori retail, seppure non esclusivamente per loro, il BTP Italia, e l’innovazione nel 2020 con il BTP Futura, invece esclusivamente riservato ai risparmiatori al dettaglio, ha dapprima rallentato il ritmo di decrescita per poi portare, nell’anno in corso, a un primo segnale di inversione di tendenza. Negli ultimi mesi, inoltre, accanto ai successi nei collocamenti degli strumenti espressamente realizzati per loro, si è notata una rinnovata partecipazione dei risparmiatori individuali anche nel collocamento dei tradizionali titoli di Stato nelle aste periodiche di BOT, BTP e CCT, in massima parte grazie all’aumento dei rendimenti nominali delle emissioni.
In questo contesto, sarà importante proseguire l’impegno per aumentare il coinvolgimento diretto dei risparmiatori italiani, attraverso nuovi strumenti finanziari appositamente disegnati, che uniscano la semplicità e solidità rappresentata dai titoli di Stato a una remunerazione che sia in grado di preservare il valore reale dei risparmi.
Dal punto di vista della gestione del debito pubblico, l’incremento della quota di debito detenuta direttamente dai risparmiatori italiani costituirebbe un importante fattore di riduzione della volatilità dei rendimenti, agendo da stabilizzatore delle fluttuazioni tipiche nei momenti di maggiore stress finanziario. Per questo, il design di prodotti specifici per il retail che abbiano anche forme di premialità e fidelizzazione per i risparmiatori che hanno già acquistato in emissione titoli di Stato e che detengano gli stessi fino a scadenza, è un elemento centrale nella complessiva strategia di gestione del debito pubblico.
Passando dai risparmiatori alle imprese, la manovra di bilancio predisposta dal Governo continua a riservare grande attenzione alle esigenze di liquidità delle imprese, in un momento, quale quello attuale, in cui tutte le categorie produttive sono chiamate a fronteggiare gli effetti dei rincari energetici sulle proprie strutture di costo.
Tra gli strumenti principali attraverso i quali il Governo è intervenuto a sostegno delle imprese merita di essere richiamato l’impegno finanziario sotteso al programma di garanzie pubbliche, predisposto per sostenere l’accesso al credito bancario, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea e dei Quadri temporanei in materia di aiuti di Stato. Si tratta di una tipologia di intervento già positivamente sperimentata durante l’emergenza pandemica, confermata nel quadro degli aiuti in favore delle imprese declinati nei decreti emergenziali varati contro il caro bollette e rivelatasi particolarmente efficace nel combinare la componente di supporto pubblico all’economia con il contributo delle istituzioni finanziarie private, per l’accesso a finanziamenti destinati a supportare il fabbisogno di capitale circolante delle imprese.
In questa prospettiva, si è potenziata l’operatività del Fondo di Garanzia per le PMI, prevedendo che esso possa concedere, per tutto il 2023, garanzie, fino alla misura massima dell’80% a copertura di finanziamenti di importo non superiore a 5 milioni di euro, concessi alle imprese per sopperire ad esigenze di liquidità, aggravate dal perdurare della crisi energetica. La garanzia arriva a coprire il 90% dell’importo finanziato per i prestiti finalizzati alla realizzazione di obiettivi di efficientamento o diversificazione della produzione o dei consumi energetici.
È stata poi incrementata la dotazione finanziaria del Fondo per le PMI, prevedendo uno stanziamento aggiuntivo di 800 milioni di euro per l’anno 2023 e un innalzamento, rispetto al 2022, del limite massimo di impegni assumibili dal Fondo e coperti dalla garanzia di ultima istanza dello Stato, che passa da complessivi 210 miliardi di euro di esposizione stimata alla fine di quest’anno a 225 miliardi di euro, di cui 45 miliardi riservati a nuove potenziali garanzie concedibili nel corso del prossimo esercizio finanziario.
Tali cifre sono importanti e forniscono una evidenza della capacità dell’intervento pubblico in economia, tramite il sistema delle garanzie, il quale genera una leva finanziaria e risponde in modo flessibile a eccezionali situazioni di shock, come quelle subite dal sistema economico nel corso degli ultimi anni.
D’altro canto l’esposizione complessiva dello Stato, per effetto delle misure eccezionali dovute prima all’emergenza Covid-19 e poi alla crisi geopolitica, è cresciuta significativamente negli ultimi due anni. Si impone, quindi, la necessità di assicurare la sostenibilità finanziaria degli schemi di garanzia dello Stato, in particolare quella del Fondo per le PMI, per la sua continuità operativa in una prospettiva di medio-lungo periodo. Tale obiettivo può essere raggiunto solo attraverso un processo di progressiva stabilizzazione e di ripristino delle ordinarie condizioni di fruibilità dello strumento, centrato sulla selezione e valutazione dei beneficiari, secondo criteri di economicità ed efficienza e sulla calibrata compartecipazione delle istituzioni finanziarie al rischio di credito assunto dallo Stato garante.
Altrettanto importante è l’impegno finanziario assunto dal Governo con riferimento alle politiche di sostegno alle esportazioni e all’internazionalizzazione delle imprese italiane che, grazie anche al meccanismo di coassicurazione del credito all’esportazione da parte dello Stato e di SACE, si riconfermano una componente fondamentale del nostro sistema economico.
Per l’anno 2023 il limite massimo di esposizione cumulata (stock + flusso 2023) assumibile dallo Stato e da SACE, viene alzato a 150 miliardi di euro rispetto ai 120 miliardi di euro previsti per il 2022.
Passando infine agli interventi in favore delle famiglie, viene prorogato di ulteriori tre mesi (fino a marzo 2023) lo speciale regime di garanzia all’80% (introdotto in piena emergenza pandemica) a valere sul Fondo Prima Casa (gestito da Consap) per favorire l’acquisto della prima casa da parte dei giovani under 36 e delle altre categorie svantaggiate (il cui ISEE non sia superiore ai 40.000 euro). Tale estensione temporale ha richiesto un rifinanziamento di 430 milioni di euro. Inoltre, per venire incontro alle esigenze di individui e famiglie in condizioni di particolare difficoltà economica, è stato prorogato per tutto il 2023 anche il regime di speciale favore per l’accesso al Fondo sospensione rate mutui prima casa (c.d. Fondo Gasparrini).