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Audizione del ministro Giorgetti sulla privatizzazione di Poste italiane Spa [Commissioni riunite bilancio e trasporti Camera e programmazione economica, finanze e ambiente Senato]

 27/03/2024

Audizione del Ministro
On. Giancarlo Giorgetti

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente l'alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero e delle finanze nel capitale di Poste italiane Spa

27 marzo 2024

Gentili Presidenti, onorevoli senatori e deputati,

l’atto di Governo sul quale sono stato chiamato a fornire elementi di approfondimento va inquadrato nell’ambito dello scenario programmatico della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2023 (NADEF), presentata al Parlamento lo scorso settembre, con la quale il Governo ha manifestato l’intenzione di adottare una gestione più dinamica delle partecipazioni pubbliche, al fine di migliorare la dinamica del fabbisogno e del debito pubblico.

La gestione più dinamica può concretizzarsi sia mediante operazioni sulle quote relative alle partecipazioni societarie attualmente detenute dal Ministero dell’economia e delle finanze, che portino alla dismissione delle quote in eccesso rispetto a quanto necessario a mantenere un’opportuna coerenza e unitarietà di indirizzo strategico, sia sfruttando i proventi di eventuali distribuzioni di dividendi straordinari per ulteriori finalità, quali l’acquisizione di partecipazioni strategiche in settori di particolare interesse pubblico o strategici, come ad esempio le reti di telecomunicazione.

L’intervento pubblico in tali ambiti e nelle catene del valore, supportato anche dalle risorse del Fondo strategico nazionale per il made in Italy, consentirà la promozione di interventi a sostegno della modernizzazione e della digitalizzazione della nostra economia, nonché di adottare politiche innovative per lo sviluppo delle infrastrutture che concorreranno a migliorare il potenziale di crescita dell’economia.

Le stime programmatiche della NADEF 2023 prevedono che la dismissione di asset attualmente detenuti possa assicurare risorse – prudenzialmente stimate nell’ordine dell’1% del PIL, circa 20 miliardi, nell’arco del triennio – tali da assicurare che il rapporto debito/PIL possa portarsi al di sotto del 140 per cento nell’arco di un triennio.

Tengo a sottolineare che le operazioni di dismissione cui accennavo poc’anzi non prevedono, in nessun caso, la cessione del controllo da parte del MEF sulle società interessate, ma solo di quote di minoranza, in linea con le più recenti esperienze realizzate nel nostro paese.

Il perseguimento di un approccio secondo questa linea di indirizzo consentirà, da un lato, il mantenimento di un presidio pubblico a tutela di settori e interessi pubblici strategici e, dall’altro, il rafforzamento, la valorizzazione e lo sviluppo delle società interessate, che sarà favorito dall’apertura del capitale ad azionisti terzi o dall’ampliamento del flottante nel caso delle società quotate. In questo quadro non rientra la gestione di Monte dei Paschi di Siena, rispetto alla quale esiste uno specifico impegno nei confronti della Commissione Europea alla dismissione del controllo da parte dello Stato.

Il capitale sociale di Poste Italiane in mano pubblica è detenuto nella misura complessiva del 64%, e più precisamente la quota detenuta, in via diretta, dal Ministero dell’economia e delle finanze è pari al 29 cento circa del capitale sociale e quella, in via indiretta, per il tramite di Cassa Depositi e Prestiti, al 35 per cento.

In coerenza con l’approccio precedentemente delineato, l’operazione di dismissione rappresentata nel DPCM attualmente all’esame del Parlamento deve essere considerata una cornice che individua un valore minimo della partecipazione dello Stato, che potrà essere raggiunto progressivamente e in più fasi, in modo da salvaguardare il controllo strategico pubblico su questo asset.

Sotto il profilo finanziario, le risorse che potranno essere ottenute dalla realizzazione dell’operazione dipenderanno dall’ammontare della quota che sarà collocata sul mercato. Laddove si procedesse alla cessione dell’intera partecipazione direttamente detenuta dal MEF, ferme rimanendo le valutazioni che potranno essere effettuate in merito al mantenimento della partecipazione pubblica maggioritaria nel capitale, il controvalore desunto sulla base dei più recenti dati di mercato disponibili potrebbe ammontare a circa 4,4 miliardi. Valore, tuttavia, che non può prescindere dalla tempistica di realizzazione dell’operazione, che va inquadrata nell’orizzonte triennale 2024-2026 cui ho accennato in precedenza.

Il MEF realizzerà, pertanto, l’operazione nel momento più adeguato alla massimizzazione dell’introito realizzabile, cercando di conciliare le condizioni del mercato con le esigenze di finanza pubblica.

Alla luce dell’aggiornamento delle previsioni che sarà operato a breve con la pubblicazione del DEF, valuteremo l’opportunità di modificare la tempistica prevista per conseguire un profilo del rapporto debito/PIL coerente con gli impegni programmatici già prestabiliti.

Anche sulla base dei rilievi formulati nei dossier dei servizi parlamentari, tale operazione viene spesso analizzata sotto profili strettamente contabili, che mettono in relazione i ricavi derivanti dalla cessione con i minori introiti dovuti alla mancata percezione dei dividendi connessi alle quote dismesse. Sebbene questa analisi degli aspetti squisitamente contabili possa teoricamente essere utilizzata per la valutazione del risultato complessivo dell’operazione, la stessa non tiene conto di un quadro più articolato nel quale non si può non considerare che le risorse provenienti dai dividendi dipendono dalle politiche adottate dalle società; politiche che dipendono da una serie di fattori, alcuni dei quali possono risentire di un certo grado di incertezza se valutate ex ante.

Infatti, rispetto alla quota potenzialmente oggetto di cessione, i dividendi realizzati negli ultimi anni hanno mostrato un profilo crescente, che nel 2023 ha raggiunto i 259 milioni. Tale importo, sulla base dell’analisi del piano industriale presentato qualche giorno fa dalla società, è atteso incrementarsi nell’anno in corso, in considerazione dell’aumento complessivo dell’importo unitario (da 0,65 euro del 2023 a 0,8 del 2024).

Occorre, comunque, ricordare che le risorse derivanti dai dividendi relativi a partecipazioni societarie concorrono al miglioramento dell’indebitamento netto soltanto per la parte di distribuzione del risultato operativo annuale, mentre eventuali dividendi straordinari o distribuzioni di riserve rilevano soltanto in termini di fabbisogno.

Uscendo dalla logica contabile della differenza tra i proventi derivanti dalla alienazione e gli eventuali introiti derivanti dai dividendi percepiti, la valutazione complessiva dell’operazione deve, inoltre, tenere conto sia del fatto che le risorse ottenibili dalla dismissione si concretizzeranno in una riduzione del debito pubblico che, a sua volta, consentirà di ottenere un risparmio in termini di spesa per interessi passivi pari a circa 200 milioni annui; ma anche degli effetti positivi sulle performance aziendali connesse a tali operazioni.

A tale specifico riguardo, si rappresenta che alle correnti quotazioni di mercato, il titolo Poste registra un incremento di valore di oltre il 75% rispetto al prezzo di Offerta Pubblica iniziale – IPO (11,50 euro per azione verso 6,75 euro per azione). Conseguentemente, il valore della Società è cresciuto in termini di capitalizzazione di mercato, sostenuto dalle positive performance registrate dalla stessa Poste in termini di fatturato e margini economici. La Società, a fronte dei positivi risultati di esercizio, ha potuto altresì migliorare la sua politica dei dividendi, garantendo un maggior ritorno sull’investimento ai propri azionisti. Appare altresì opportuno evidenziare che la performance del titolo nelle settimane immediatamente successive l’operazione di quotazione è stata positiva. Analogo discorso vale anche se si osservano le performance dei titoli Enel e MPS.

Se valutata alle attuali condizioni di mercato, il confronto tra mancati dividendi e minori interessi passivi configurerebbe un trade off negativo, valutabile in poco meno di 100 milioni annui. Tuttavia, come già ho avuto modo di argomentare in precedenza, il semplice confronto di valori registrati contabilmente al momento attuale non riesce però a tenere conto delle ricadute positive che l’operazione potrebbe determinare in termini di incremento del valore di mercato della società e, di conseguenza, sulle utilità della residua partecipazione in mano pubblica.

L’operazione consentirà, infatti, di accrescere ulteriormente il flottante, ampliando la compagine azionaria anche a nuovi investitori qualificati così da realizzare un prevedibile rafforzamento del titolo e un conseguente beneficio per lo Stato.

In un quadro più generale, è opportuno considerare anche gli effetti dell’operazione sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali ed esteri verso l’Italia, che potrebbero risultare in un miglioramento dell’appetibilità del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito.

Stime elaborate tenendo conto di questi fattori mostrano che l’attuazione del programma di dismissioni ipotizzato nella NADEF 2023 consentirà, nel complesso, di conseguire un risparmio di interessi passivi sul debito superiore alla perdita di dividendi percepiti relativamente alle quote di cessione previste.

Per ciò che attiene al controllo strategico, lo stesso non può essere valutato solo in termini quantitativi connessi alla quota della partecipazione statale, ma non può prescindere dall’analisi dei poteri di indirizzo e controllo detenuti dai soggetti pubblici.

Infatti, ricordo che la cessione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF in Poste Italiane non determinerà la perdita del controllo sulla società, che continuerà a essere esercitato dallo Stato.

Peraltro, lo Statuto di Poste prevede che nessun soggetto diverso dal MEF, da enti pubblici o da soggetti da questi controllati, può detenere una quota superiore al 5 per cento del capitale della società.

A Poste Italiane si applica, inoltre, la disciplina di cui al D.M. 18 giugno 2004, secondo la quale Cassa Depositi e Prestiti è tenuta a consultare preventivamente il Ministero in relazione ad operazioni di gestione - tra le quali rientra l’esercizio del diritto di voto - attenendosi alle indicazioni ricevute. Inoltre, un’ulteriore tutela è rappresentata dal fatto che Cassa Depositi e Prestiti è tenuta a concordare preventivamente con il MEF qualsiasi atto di disposizione o di trasferimento di tali partecipazioni.

Ulteriore presidio al controllo dello Stato è rappresentato dalla disciplina dei poteri speciali, che consente al Governo di porre il veto su eventuali operazioni di “scalata” di Poste e degli asset strategici gestiti dalla società, come la rete postale diffusa sul territorio nazionale in maniera capillare che consente la massima distribuzione dei prodotti postali e la raccolta del risparmio postale garantita dallo Stato, che finanzia anche parte del debito pubblico.

Altri profili meritano di essere sottolineati.

Il primo è che Poste Italiane raccoglie una quota rilevante del debito pubblico, mediante l’emissione di buoni fruttiferi e di libretti che Cassa Depositi e Prestiti riversa in parte in un conto di tesoreria dello Stato.

Il risparmio postale costituisce peraltro una delle principali forme di finanziamento degli investimenti realizzati da amministrazioni pubbliche - in particolare dagli enti territoriali - o promossi, a determinate condizioni, da parte della Cassa Depositi e Prestiti.

Nell’ottica della tutela degli interessi pubblici il Governo si impegnerà a porre in essere tutte le azioni necessarie a garantire la continuità dell’attività di Poste, sotto il profilo della dimensione della raccolta, anche nel nuovo assetto che si andrà a configurare successivamente alla realizzazione dell’operazione di dismissione.

Il MEF remunera la liquidità, derivante dall’attività di raccolta del risparmio postale e depositata su un conto di tesoreria statale, mediante la corresponsione di interessi a Cassa Depositi e Prestiti, che costituiscono una quota rilevante del conto economico di quest’ultima. Parte di tale remunerazione torna al MEF sotto forma di dividendi. Tale meccanismo, dunque, come evidente dalla descrizione risulta profittevole per entrambi i soggetti ed è essenziale, pertanto, che rimanga invariato.

Il secondo aspetto attiene al fatto che l’attività di Poste Italiane contribuisce anche al livello delle disponibilità giacenti presso la tesoreria dello Stato. La liquidità relativa ai conti correnti postali intestati sia alle pubbliche amministrazioni sia alla clientela privata è depositata in appositi conti aperti presso la tesoreria dello Stato, che sono utilizzabili a copertura del fabbisogno del settore pubblico. Anche in questo caso saranno poste in essere tutte le azioni necessarie a evitare che possano configurarsi effetti negativi sulle disponibilità di tesoreria.

Con riferimento, infine, agli effetti sui livelli occupazionali non mi dilungo dal momento che in audizione avete raccolto le valutazioni di diversi auditi, e ricordo che il Piano industriale presentato lo scorso 20 marzo dalla Società non contempla alcun impatto negativo sugli stessi, ma sarà cura del Governo monitorare le decisioni aziendali, al fine di garantirne la salvaguardia.

Ritengo pertanto che l’operazione di dismissione della partecipazione in Poste Italiane, se analizzata in maniera compiuta e da diversi angoli di visione, non possa non risultare conveniente e utile nella realizzazione del programma di dismissioni presentato dal Governo.

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Audizione del ministro Giorgetti sulla privatizzazione di Poste italiane Spa [Commissioni riunite bilancio e trasporti Camera e programmazione economica, finanze e ambiente Senato]

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