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Audizione del ministro Giorgetti sul DEF 2023

 20/04/2023

Attività conoscitiva preliminare all'esame del DEF 2023
Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giancarlo Giorgetti

20 aprile 2023

Signori Presidenti, onorevoli Senatori e Deputati,
in apertura del mio intervento colgo l’occasione per richiamare le finalità e il perimetro del Documento di Economia e Finanza (DEF) che, a prescindere dal nome, dall’ampiezza del suo contenuto o dalla tempistica di presentazione che sono mutati nel corso del tempo, rappresenta sin dalla sua introduzione il punto di partenza del ciclo annuale di programmazione degli aggregati macroeconomici e di finanza pubblica.

Il DEF è un documento dalla natura mista, che assolve funzioni descrittive e previsive finalizzate a dare attuazione al principio della programmazione di bilancio, presente nell’ordinamento contabile sin dal 1988 e contenuto oggi negli articoli 7 e 10 della legge di contabilità.

Le previsioni contenute nel documento, partendo dai risultati di consuntivo dell’anno precedente e tenendo conto dei più recenti sviluppi per l’anno in corso, aggiornano l’andamento delle principali variabili macroeconomiche e di finanza pubblica a legislazione vigente. Questa costituisce la base per valutare l’opportunità di adottare interventi nel periodo di previsione che si aggiungono alle politiche in essere formando l’andamento programmatico.

La definizione del quadro programmatico aggiunge un elemento di carattere giuridico, poiché la legge di contabilità e le procedure parlamentari prevedono la loro approvazione da parte del Parlamento con risoluzione.

L’attuale quadro normativo, recependo un dato di prassi consolidato, ha previsto che le previsioni del DEF siano aggiornate dalla Nota di aggiornamento, che viene presentata a fine settembre - a ridosso della presentazione nella manovra di bilancio - per tenere conto sia delle modifiche intervenute nell’andamento delle principali grandezze di finanza pubblica, sia delle valutazioni del Governo in ordine agli obiettivi programmatici precedentemente fissati.

L’aggiornamento appare particolarmente importante in un contesto molto dinamico come quello attuale nel quale, accanto ad alcuni segnali positivi, continua a permanere un elevato grado di incertezza.

Stiamo affrontando un passaggio molto delicato. Alla consistente ripresa, che favorita da politiche fiscali e monetarie accomodanti ha consentito di superare rapidamente la profonda recessione innescata dalla pandemia, si sta sostituendo un nuovo scenario. Gli elevati livelli di inflazione, registrati in particolare nell’ultimo anno, hanno infatti indotto le banche centrali a adottare politiche restrittive che, in un contesto caratterizzato anche dall’incertezza causata dalle tensioni geopolitiche che continuano a caratterizzare il quadro internazionale, potrebbero ripercuotersi sulle prospettive di crescita reali.

In considerazione di questa evoluzione, pur non sottovalutando gli elementi positivi che emergono dai più recenti dati per l’anno in corso, le stime presentate nel documento sono improntate alla prudenza e alla responsabilità, in linea con l’approccio seguito finora dal Governo.

Attenzione però – come ho sottolineato nella premessa al documento – a non confondere la responsabilità e la prudenza con la mancanza di ambizione.

L’approccio adottato finora ha infatti consentito di proseguire, anche nell’anno in corso, l’attività di sostegno a famiglie e imprese più esposte alle conseguenze del caro energia. A questo si aggiungerà, nei prossimi giorni, un ulteriore intervento a vantaggio dei contribuenti-lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Il Governo è in ogni caso consapevole dell’importanza di adottare misure di più ampio respiro che oltre a sostenere la domanda interna diano nuovo slancio alla crescita dell’economia reale.

L’economia italiana nel 2022 e le prospettive per l’anno in corso

Nel 2022 il PIL è cresciuto del 3,7 per cento, in linea con le previsioni indicate nella NADEF dello scorso novembre. È un risultato molto importante, soprattutto alla luce delle forti difficoltà che abbiamo dovuto e continuiamo ad affrontare, che consente di completare il recupero dei livelli pre-pandemici avviato l’anno precedente.

Alla positiva evoluzione dell’attività economica hanno contribuito soprattutto i consumi delle famiglie (+4,6 per cento), favoriti sia dal precedente accumulo di risparmi che dalle politiche governative di sostegno ai redditi.

Con il venir meno delle restrizioni imposte dal contenimento della pandemia, le famiglie hanno ripreso a muoversi e richiedere servizi (+8,8 per cento), in particolare alberghieri e ricreativi. È cresciuta anche la domanda di beni (+2,4 per cento), sebbene su livelli più contenuti a causa del prolungato e elevato livello di inflazione.

Il rafforzamento dell’economia è visibile anche nei dati relativi agli investimenti e all’occupazione.

Gli investimenti fissi lordi nel 2022 hanno nettamente superato i livelli pre-pandemici in termini reali, salendo al 21,5 per cento del PIL (contro il 18,2 per cento del 2019) e, sulla base delle indagini qualitative più recenti di fonte Banca d’Italia, sono attesi crescere anche nel 2023.

Segnali positivi provengono anche dal mercato del lavoro, che con un tasso di occupazione al 60,1 per cento ha fatto registrare il valore massimo della serie storica dal 2004.

I dati congiunturali relativi ai primi mesi dell’anno prefigurano un quadro di moderata ripresa della crescita economica.

A marzo l’indice PMI (Purchasing Manager Index) ha mostrato un deciso incremento rispetto al mese precedente (55,2 contro 52,2). Prosegue inoltre la tendenza positiva dell’occupazione, che con la creazione di 100 mila posti di lavoro nei primi mesi due mesi dell’anno rappresenta un ulteriore segnale di miglioramento per le prospettive della nostra economia.

L’indice della produzione industriale è risultato in contrazione nei primi due mesi dell’anno, ma ciò in quanto si raffronta con un mese di dicembre molto elevato anche per via della destagionalizzazione. La media dell’indice della produzione industriale per il primo bimestre è, infatti, lievemente superiore a quella del quarto trimestre 2022.

Segnali di miglioramento provengono anche dall’andamento dell’inflazione, con il rallentamento dell’indice nazionale relativo al mese di marzo registrato qualche giorno fa da Istat. È un risultato coerente con le indagini qualitative sulle aspettative di inflazione delle imprese, dalle quali emerge un diffuso miglioramento delle condizioni previste per i prossimi mesi. Il Governo monitora comunque con attenzione l’andamento di questa variabile, anche nella scelta degli interventi di politica economica da adottare.

Quadro macroeconomico tendenziale

La previsione tendenziale a legislazione vigente per il 2023 tiene conto di questi segnali positivi e rivede al rialzo la stima di crescita, che passa dallo 0,6 dello scorso novembre allo 0,9 per cento attuale. 

La stima sconta un moderato aumento del PIL nel primo e nel secondo trimestre, cui seguirà una lieve accelerazione nella seconda parte dell’anno, favorita dall’attenuazione delle recenti tensioni sui mercati finanziari, dal rallentamento della dinamica dell’inflazione e dal rafforzamento del reddito disponibile reale.

Per quanto riguarda gli anni successivi, l’espansione economica è attesa poi essere più sostenuta nel 2024, quando si prevede un incremento dell’1,4 per cento, seguito da un aumento dell’1,3 e dell’1,1 per cento, rispettivamente, nel 2025 e 2026.

Guardando alle componenti, l’accumulazione di capitale dovrebbe risultare particolarmente intensa per tutto l’orizzonte previsivo, beneficiando non solo delle risorse a sostegno degli investimenti previste nel PNRR ma anche dei nuovi investimenti nelle reti di trasmissione dell’energia e nelle filiere produttive legate alle fonti energetiche rinnovabili che saranno implementati nell’ambito del programma REPowerEU in fase di elaborazione.

Ulteriori effetti positivi potranno derivare anche dagli interventi, anche di carattere normativo, che il Governo intende adottare per consentire un efficace utilizzo dei circa 34 miliardi di cui all’articolo 20 della legge 67 del 1988 per dare nuovo slancio agli investimenti nell’edilizia sanitaria e per l’ammodernamento tecnologico.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, nel quadriennio 2023-2026 proseguirà la crescita dell’occupazione, prevista a fine periodo a 23,9 milioni (da 23,1 milioni del 2022). Il tasso di disoccupazione scenderebbe dall’8,1 per cento nella media del 2022, al 7,7 nell’anno in corso per poi attestarsi al 7,2 per cento a fine periodo.

La dinamica più contenuta dell’occupazione rispetto al PIL prefigura inoltre un moderato aumento della produttività nel triennio 2024-2026, pari allo 0,4 per cento in media d’anno.

L’importanza di un monitoraggio serrato dell’andamento delle variabili appena ricordate e dell’analisi di tutte quelle grandezze in grado di anticipare le variazioni dalla crescita appare necessario in un contesto nel quale il recente aggiornamento delle stime, rilasciato la scorsa settimana dal Fondo Monetario Internazionale, mostra un rallentamento della crescita globale, che risente degli effetti cumulativi degli shock avversi che si sono manifestati negli ultimi tre anni.

Le prospettive future, inoltre, sono influenzate dalle politiche restrittive adottate dalle banche centrali per far scendere l'inflazione, dai recenti episodi di crisi in ambito bancario, dalla guerra in corso in Ucraina e dalla crescente frammentazione dei mercati.

La crescita globale rallenterà dal 3,4% del 2022 al 2,8% nel 2023, per poi risalire al 3% nel 2024, con un abbassamento della stima di 0,1 punti percentuali per ciascun anno.

Per l’Area euro si prevede una crescita dello 0,8% nel 2023 (a fronte del 3,5% del 2022), mentre si stima una crescita dell'1,4% nel 2024 (più contenuta rispetto alla stima di +1,6% dello scorso gennaio).

Le previsioni tendenziali di finanza pubblica

Il quadro economico appena descritto si traduce in un preciso andamento delle grandezze di finanza pubblica, che tengono conto degli effetti dei recenti interventi adottati per affrontare la crisi energetica.

Nello scenario tendenziale, l’indebitamento netto per l’anno in corso è previsto a poco meno del 4,4 per cento del PIL, inferiore di oltre 0,1 punti percentuali rispetto a quanto indicato nel DPB e in netta riduzione rispetto all’8,0 per cento registrato nel 2022.

Guardando alle componenti sottostanti il saldo, il rialzo delle previsioni per l’anno relative al tasso di inflazione e al PIL determina un aumento del gettito atteso sia dalle imposte indirette sia da quelle dirette. Quanto alla spesa, la riduzione dei prezzi energetici, che si sono stabilizzati su livelli molto più contenuti rispetto al picco dello scorso anno, ha consentito di prorogare al secondo trimestre e, in precisi casi, di rafforzare gli interventi straordinari disposti nel primo trimestre dalla legge di bilancio a sostegno di famiglie e imprese (decreto-legge n. 34 del 2023).

Per gli anni successivi, la previsione aggiornata dell’indebitamento netto mostra un profilo moderatamente migliore rispetto a quanto prefigurato nel Documento programmatico di bilancio (DPB), scendendo al 3,5 per cento nel 2024, al 3,0 per cento nel 2025 e al 2,5 per cento nel 2026, un livello che si colloca sotto la soglia del 3 per cento indicata dal Patto di Stabilità e Crescita. È opportuno ricordare che nel 2024 non sarà più attiva la General Escape Clause. La prossima manovra di bilancio dovrà pertanto essere compatibile con le regole attualmente vigenti del Patto di Stabilità e Crescita.

L’evoluzione dell’indebitamento netto è coerente, inoltre, con un percorso di normalizzazione delle finanze pubbliche, nel quale si affievoliscono gli impatti delle misure eccezionali adottate per far fronte agli effetti delle crisi pandemica ed energetica.

La spesa per interessi per il 2023 è prevista al 3,7 per cento del PIL, in calo rispetto al 2022 per effetto di una minore rivalutazione dei titoli indicizzati ai prezzi al consumo. Nel successivo triennio, al contrario, il rialzo della curva dei rendimenti determina un aggravio di spesa, prevista in aumento al 4,1 per cento del PIL nel 2024, al 4,2 per cento nel 2025 e al 4,5 per cento nel 2026.

L’incremento della spesa per interessi passivi è ancora più evidente se guardiamo alle previsioni a legislazione vigente in termini nominali, che passano dai 75,6 miliardi nel 2023 ai 100,6 miliardi nel 2026. È un incremento molto elevato, che risente di dinamiche di breve e lungo periodo. Questi dati devono farci riflettere sulla tendenza al ricorso al debito che, specialmente in presenza di cambiamenti di contesto come quelli che stiamo vivendo, irrigidisce i margini di bilancio.

A tale proposito, segnalo che nel DEF è stato previsto uno specifico paragrafo nel quale si richiama l’attenzione sulle modalità di copertura degli interventi legislativi, con particolare riferimento agli effetti sul fabbisogno della PA settore pubblico. Sebbene la legge di contabilità già preveda la quantificazione degli effetti sui tre saldi (saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato, fabbisogno e indebitamento della PA), occorrerà porre la massima attenzione nella quantificazione dei relativi effetti finanziari e nella definizione delle relative coperture non solo con riferimento al saldo netto del bilancio dello Stato e all’indebitamento netto, ma anche al fabbisogno della PA (e quindi alle previsioni di cassa). In questa direzione sono allo studio nuove direttive da indirizzare alle Amministrazioni interessate.

A compensare parzialmente tali incrementi concorre l’andamento del saldo primario, che è previsto in progressivo miglioramento dal -3,6 per cento del 2022 al -0,6 per cento del 2023, per poi tornare in avanzo a partire dal 2024 (+0,5%) e assestarsi al +2,0 per cento a fine periodo.

La Relazione al Parlamento e gli andamenti programmatici di finanza pubblica

Come previsto dall’ordinamento nazionale, il Governo, sentita la Commissione europea, ha presentato al Parlamento una Relazione con la quale richiede, ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento.

La Relazione prevede di ricorrere all’indebitamento senza modificare il profilo degli obiettivi programmatici nominali già previsti nel precedente quadro, nei limiti, quindi, del margine che emerge dalla differenza tra l’andamento del deficit tendenziale e quello programmatico per gli anni 2023 e 2024.

Tali risorse saranno destinate a finanziare nell’anno in corso un ulteriore taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori dipendenti (per oltre 3 miliardi). È una misura in linea con il sostegno fornito finora dal Governo alla domanda privata, finalizzato a limitare il calo del potere di acquisto delle retribuzioni più basse causato dai persistenti ed elevati livelli di inflazione. L’intervento di riduzione del cuneo fiscale può risultare inoltre positivo per il mercato del lavoro, aiutando a preservare e consolidare i progressi registrati nel recente periodo.

Le risorse disponibili per il 2024 (oltre 4 miliardi) saranno invece destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

Le misure di politica di bilancio programmate dal Governo sono, in ogni caso, più ambiziose dei citati interventi di riduzione del cuneo e della pressione fiscale relativi al 2023 e 2024. Tuttavia, occorrerà attendere l’evoluzione del quadro macroeconomico per comprendere il reale perimetro della prossima manovra di bilancio. In questo documento abbiamo voluto tracciare una rotta ben precisa, e tuttavia solo nei prossimi mesi sarà possibile delineare l’ossatura e il perimetro esatto della prossima manovra e, nell’ambito dei saldi obiettivo, saranno individuate le opportune coperture.

La politica di bilancio sarà improntata al graduale superamento delle misure straordinarie adottate negli ultimi tre anni, per riorientare l’intervento pubblico in modo da incentivare lo sviluppo dell’economia fermo rimanendo il sostegno ai soggetti più vulnerabili e, in particolare, alle famiglie, cui si darà particolare attenzione anche in sede di attuazione della delega fiscale. La riforma sarà comunque introdotta in maniera graduale e compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica.

Il quadro macroeconomico programmatico

Per effetto dell’intervento normativo di prossima approvazione, la stima del PIL programmatico è prevista all’1 per cento nel 2023 e all’1,5 per cento nel 2024.

Quanto al biennio successivo, le previsioni di crescita programmatica del PIL sono fissate pari a quelle tendenziali poiché le attuali proiezioni di deficit indicano la necessità di un approccio marcatamente realista verso la politica di bilancio nel biennio 2025-2026. Questa impostazione sarà ovviamente riconsiderata se dovessero emergere aggiornamenti che evidenzino margini tali da non pregiudicare gli obiettivi di indebitamento netto.

Il debito pubblico

Nel 2022 il rapporto debito pubblico/PIL si è ridotto di circa 5,5 punti percentuali rispetto al consuntivo del 2021, attestandosi al 144,4 per cento. Tale risultato è inferiore di circa 1,3 punti percentuali rispetto alla stima dello scorso novembre.

Se si considera l’equazione che spiega la dinamica del debito, nel 2021 e 2022 l’andamento della crescita economica nominale ha più che compensato l’aumento della spesa per interessi, con il risultato che la componente snow-ball, che quantifica l’impatto automatico della differenza tra gli interessi passivi e la crescita nominale del PIL sulla dinamica del rapporto debito/PIL, si è mantenuta fortemente negativa (7,4 punti percentuali nel 2021 e 5,2 punti percentuali nel 2022), contribuendo alla riduzione del rapporto debito/PIL nei due anni.

Lo scenario programmatico prevede che la riduzione del rapporto debito/PIL continui anche nell’anno corrente e nei tre successivi. Nell’anno in corso si attende un’ulteriore discesa del rapporto che, stimato al 142,1 per cento, dovrebbe collocarsi su un livello inferiore di circa 2,3 punti percentuali rispetto al consuntivo del 2022.

Nel 2024, il rapporto scenderà di ulteriori 0,7 punti percentuali, fino al 141,4 per cento, mentre nel 2025 è previsto attestarsi al 140,9 per cento per poi chiudere, nel 2026, al 140,4 per cento.

Parlando di debito non può non farsi riferimento alle tendenze di lungo periodo, sul quale gioca un ruolo rilevante la questione demografica.

Non scopriamo certamente oggi che l’inversione della curva demografica sia una delle maggiori sfide che il nostro Paese – non l’unico in Europa – dovrà affrontare nel medio-lungo periodo. Da diversi anni le previsioni della popolazione residente pubblicate da Istat forniscono un quadro preoccupante, nel quale si rileva un calo graduale e continuo della popolazione.

Tali tendenze possono essere contrastate con politiche di sostegno alla natalità e alla genitorialità, come pure con politiche volte a incentivare il tasso di partecipazione al lavoro, ovvero l’offerta di lavoro individuale e l’imprenditorialità, in particolare femminile, costanti nel tempo al fine di stimolare cambiamenti nelle abitudini e nei progetti di vita delle persone. Si tratta di un processo lungo e graduale, che per poter dare frutti richiede anche un notevole grado di condivisione politica.

Quanto al clamore suscitato dallo scenario di sensitività del rapporto debito pubblico/PIL rispetto all’aumento del flusso netto di migranti, ci tengo a precisare che questa simulazione è abitualmente contenuta nel Programma di Stabilità unitamente ad altre variabili che possono influire sull’andamento di medio e lungo termine del debito pubblico in rapporto al PIL. L’ipotesi in questione prende in considerazione un miglioramento del saldo migratorio, ovvero dei flussi migratori netti (la differenza tra immigrazioni ed emigrazioni), del 33 per cento. Se guardiamo questo valore percentuale in termini assoluti vedremo che lo stesso corrisponde ad un miglioramento del saldo migratorio netto di circa 75 mila unità annue. Per avere un parametro di riferimento rispetto al quale valutare questa ipotesi basta ricordare che lo stesso è analogo a quello che questo Governo ha preso in considerazione con l’adozione del Decreto flussi dello scorso dicembre (D.P.C.M adottato il 29 dicembre 2022), con il quale si è stabilito che nel 2023 potranno entrare legalmente in Italia 82.705 lavoratori non comunitari.

Ulteriori osservazioni sugli andamenti di finanza pubblica

L’andamento della spesa sanitaria presenta una dinamica di crescita più sostenuta rispetto a quanto previsto dalla NADEF dello scorso novembre. Per il 2023, la stima di spesa sanitaria risulta pari a 136.043 milioni, con una crescita del 3,8 per cento rispetto all’anno precedente su cui incide sia l’incremento della spesa relativa ai prodotti farmaceutici, sia l’aumento delle retribuzioni del personale dirigente del SSN connesso al rinnovo del contratto. Nel successivo triennio, a meno della contrazione osservabile nel 2024 connessa al venir meno di componenti “straordinarie” come gli arretrati relativi ai rinnovi contrattuale, la spesa sanitaria presenta comunque un profilo crescente.

Lo scenario di finanza pubblica a legislazione vigente non comprende le cosiddette politiche invariate, ovvero spese a carattere ricorrente legate ad esempio a impegni internazionali, ai rinnovi contrattuali o relative ad altre occorrenze che di norma vengono finanziate annualmente con la legge di bilancio.

Un contributo al finanziamento di tali esigenze e dei nuovi interventi che il Governo deciderà di adottare con la manovra autunnale sarà fornito dalle Amministrazioni Centrali dello Stato che, continuando nel percorso di una rinnovata attività di valutazione e revisione della spesa già avviato dallo scorso anno, assicureranno ulteriori risparmi di spesa in termini di indebitamento netto pari a 300 milioni nel 2024, 500 milioni nel 2025 e 700 milioni dal 2026.

Tali riduzioni di spesa si aggiungono a quanto già previsto con la precedente legge di bilancio, portando la riduzione complessiva a 1,5 miliardi nel 2024, 2 miliardi nel 2025 e 2,2 miliardi a partire dal 2026.

Conclusioni

Il DEF 2023 che vi ho illustrato espone un quadro realistico degli andamenti di finanza pubblica. Il Governo intende dare stabilità alla ripresa realizzata negli ultimi due anni, per evitare il ritorno ai ritmi di crescita asfittica che hanno caratterizzato lunghi periodi del passato. Uno sviluppo economico robusto e una politica di bilancio attenta ed equilibrata sono infatti elementi fondamentali per rendere sostenibile il percorso di consolidamento avviato per ridurre l’elevato debito pubblico accumulato anche in anni recenti.

Il sostegno pubblico all’attività economica continuerà ad essere assicurato, ma la selezione degli interventi da adottare dovrà essere rigorosa, per ottenere la massima efficacia dell’impiego delle risorse utilizzate e ridurre i divari che a vario livello continuano a caratterizzare il nostro Paese.

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