Audizione del ministro Giorgetti dinanzi alle commissioni bilancio di camera e senato sulla riforma della governance economica UE
03/04/2024Indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle procedure di programmazione economica e finanziaria e di bilancio, in relazione alla riforma della governance economica europea
Audizione del Ministro dell’economia e delle finanze
On. Giancarlo Giorgetti
3 aprile 2024
Gentili Presidenti, onorevoli deputati e senatori,
la riforma delle regole di bilancio europee, attualmente in corso di adozione, richiede una attenta riflessione sugli strumenti e le procedure che abbiamo finora utilizzato nella programmazione e nella gestione degli aggregati di finanza pubblica. Le attività di analisi e approfondimento, condotte anche nell’ambito dell’indagine conoscitiva promossa dal Parlamento, sono quanto mai opportune per valutare, anche grazie alle diverse competenze e sensibilità degli attori coinvolti, gli ambiti sui quali è opportuno intervenire per adeguare la disciplina interna alle nuove regole che entreranno in vigore a breve.
Credo, tuttavia, che l’indagine conoscitiva possa anche essere l’occasione per valutare, come d’altronde suggerito anche dal Parlamento, la necessità di eventuali e ulteriori aggiustamenti utili a superare le criticità dell’assetto contabile interno, non direttamente connesse al processo di riforma delle regole europee, che l’esperienza degli ultimi anni ha fatto emergere.
Auspico pertanto che in questa sede si possa instaurare un dialogo proficuo finalizzato ad aggiornare l’assetto normativo, tenendo conto delle riflessioni delle diverse istituzioni coinvolte e dei dati rinvenibili dalle prassi affermatesi negli ultimi anni. Gli elementi che saranno tratti da tali analisi dovranno essere poi raccolti al fine di individuare gli strumenti più adeguati a garantire un utilizzo attento, efficace e sostenibile delle risorse pubbliche, nonché il rispetto delle prerogative delle istituzioni che contribuiscono alla loro definizione e gestione.
A seguito dell’accordo raggiunto nel Consiglio Ecofin dello scorso 20 dicembre, è stata avviata la c.d. procedura di “trilogo” – che coinvolge rappresentanti di Commissione, Consiglio e Parlamento europeo – sulla proposta di regolamento che modifica il “braccio preventivo” del Patto di Stabilità e Crescita.
La procedura si è conclusa lo scorso 10 febbraio, con un accordo politico che ha introdotto alcune modifiche alla originaria proposta di regolamento, finalizzate alla creazione di un assetto favorevole alla realizzazione della spesa per investimenti pubblici, a inserire la valutazione della dimensione sociale nell’ambito dei parametri considerati dalla Commissione nell’attività di monitoraggio, nonché a prevedere la possibilità di instaurare un dialogo con la Commissione propedeutico alla definizione della “traiettoria di riferimento” alla base dei nuovi strumenti di programmazione europea.
Ad oggi si prevede che la procedura di approvazione da parte delle istituzioni europee possa chiudersi entro la metà di maggio, cui seguirà la pubblicazione dei testi definitivi nella Gazzetta Ufficiale europea entro l’inizio dell’estate.
Contestualmente a questa procedura è in corso un intenso lavoro da parte dei comitati tecnici sulla definizione dei dettagli attuativi delle nuove regole. In questo contesto, l’Italia sta partecipando attivamente nell’ambito dei diversi gruppi di lavoro all’individuazione delle possibili criticità applicative e delle soluzioni più adeguate a favorire una sistematica considerazione dei diversi aspetti coinvolti.
Va anche menzionato che, essendo terminata a fine 2023 la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita introdotta a seguito della pandemia e prorogata per via della crisi energetica, in base all’indebitamento netto registrato dall’Italia lo scorso anno (7,2 per cento del PIL secondo le prime stime Istat) è scontato che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura per disavanzo eccessivo nei confronti del nostro come di diversi altri Paesi.
a. Equilibrio di bilancio e nuove regole europee
Il Ministero dell’economia e delle finanze ha avviato, sin dall’inizio dell’anno, un’attività di approfondimento finalizzata a verificare le compatibilità dell’ordinamento contabile interno con le nuove regole di bilancio europee.
In particolare, questa attività è svolta nell’ambito di gruppi di lavoro, sia interdipartimentali sia interni al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, che stanno lavorando all’identificazione delle possibili criticità per poi, successivamente, proporre interventi anche di carattere normativo utili a superare le stesse.
Come messo ben in evidenza nel programma dell’indagine conoscitiva che avete redatto, il primo interrogativo da porsi è se sia necessario intervenire nuovamente sul dettato costituzionale. Tale dettato ha infatti mostrato, nel corso del tempo, la sua duttilità anche rispetto alle numerose modifiche della disciplina europea, al punto che solo nel 2012 si è convenuto di modificare la nostra Carta.
In attesa dei contributi che potranno essere resi anche dagli altri auditi, ritengo, tuttavia, che i principi costituzionali dell’equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio, o della sostenibilità del debito pubblico, continuino ad essere ancora attuali nel nuovo quadro di governance economica europea. Sono, altresì, convinto che ogni eventuale intervento di riforma costituzionale debba essere valutato con estrema attenzione, per evitare di introdurre nell’assetto ordinamentale disposizioni troppo legate a contingenze di breve periodo, con il rischio di perdere rapidamente di attualità e di visione di sistema.
Indubbio, invece, che la legge rinforzata (n. 243 del 2012), in particolare nei primi Capi in cui ricalca il dettato dei regolamenti europei in corso di revisione, e la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) necessiteranno di importanti interventi di modifica e aggiornamento. L’aggiornamento è reso necessario anche alla luce delle importanti sfide che devono affrontare i conti pubblici. In particolare, occorrerà potenziare gli strumenti esistenti al fine di migliorare il livello e la tempestività delle informazioni sui conti dei soggetti che fanno parte del perimetro delle amministrazioni pubbliche, il rafforzamento delle tecniche di quantificazione degli effetti finanziari delle misure alla luce della sempre maggiore complessità delle norme introdotte nell’ordinamento. Diviene quindi fondamentale la capacità di impiegare al meglio le risorse pubbliche disponibili, dato il nuovo vincolo europeo definito al livello di spesa primaria netta.
Ferme restando le considerazioni di carattere costituzionale, le riflessioni che si stanno portando avanti all’interno del Ministero sono indirizzate a individuare modalità tali da conciliare la nozione di “equilibrio di bilancio” dello Stato, punto di riferimento di un sistema che allarga il principio all’intera Amministrazione pubblica (primo comma degli articoli 81, 97 e 119 Cost.), con il rispetto del nuovo indicatore univoco, espresso in termini di spesa primaria netta.
Tale nuovo indicatore, che sarà definito in termini di tasso di crescita annuale della spesa, non tiene conto di alcune voci, alcune delle quali influenzate dal ciclo e quindi fuori del controllo del Governo, quali la componente ciclica della spesa per disoccupazione e la spesa per interessi; sono altresì escluse la spesa per programmi dell'Unione interamente finanziati da fondi europei, la spesa nazionale per il cofinanziamento di programmi europei e le misure temporanee e una tantum.
L’indicatore prenderà il posto degli aggiustamenti del saldo strutturale nel processo di convergenza verso l’obiettivo di medio termine, più volte declinato nella legge rinforzata e che, invece, non esisterà più nelle nuove regole[1].
Le misure discrezionali dal lato delle entrate potranno a loro volta essere utilizzate per compensare un tasso di crescita della spesa primaria superiore all’obiettivo prestabilito.
Profonde riflessioni dovranno poi essere fatte sulle modalità e sulle procedure con le quali assicurare il concorso di regioni, enti locali e degli altri enti e soggetti inclusi nel perimetro delle Amministrazioni pubbliche, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, così come occorrerà tenere conto delle operazioni effettuate fuori bilancio, che sempre più spesso vengono poi riclassificate dagli organismi statistici internazionali come on balance (si pensi, a titolo esemplificativo, ai partenariati pubblici e privati).
b. La programmazione economica e di bilancio
Le regole di governance in via di approvazione introducono un nuovo strumento di programmazione, il Piano fiscale-strutturale di medio termine.
La definizione di questo nuovo documento di programmazione sarà incentrata su un percorso prestabilito per l’aggregato di spesa netta. Sebbene i testi normativi euro-unitari prevedano un momento dialogico tra i governi e le autorità europee, l’esecutivo ritiene fondamentale anche il coinvolgimento del Parlamento.
Il nuovo regolamento del “braccio preventivo” stabilisce che il Piano fiscale-strutturale di medio termine dovrà essere presentato alle autorità europee entro il 30 aprile, con una cadenza allineata alla durata della legislatura nazionale, che nel nostro ordinamento è fissata in cinque anni.
Per l’anno in corso sarà applicato un regime transitorio, che prevede la presentazione del Piano entro il 20 settembre.
La stessa normativa prevede delle eccezioni, che consentono la presentazione di un nuovo Piano al verificarsi di circostanze oggettive che determinino l’impossibilità di attuare quello già presentato e approvato oppure in occasione di un cambio di governo.
Nel periodo di vigenza del Piano, la normativa europea richiede la presentazione di un Rapporto di monitoraggio annuale, sottoposto allo stesso termine previsto per il Piano (30 aprile).
La fisionomia dei due documenti appena descritta comporterà la necessità di rivedere le disposizioni che disciplinano la tempistica e i contenuti del Documento di Economia e Finanza (articolo 7, comma 1, lett. a e articolo 10 della legge 196 del 2009).
Se si considerano le finalità e l’orizzonte di riferimento dei due nuovi documenti – la programmazione ex-ante e l’orizzonte di medio periodo per il Piano; il controllo ex-post, nonché un’ottica di breve periodo, finalizzata alla rendicontazione dei target per il Rapporto di Monitoraggio – sembrerebbe opportuno disciplinare i due atti in maniera distinta.
Quanto ai contenuti da inserire nella normativa nazionale, nel tentativo di conciliare la trasparenza e la chiarezza che devono connotare una disciplina legislativa con i principi di economia procedurale, si potrebbe valutare l’inserimento di un rinvio mobile alla normativa euro-unitaria che, prevista da una fonte di tipo regolamentare, è direttamente applicabile nel nostro ordinamento.
Tale opzione lascerà in ogni caso la possibilità di introdurre nella legislazione nazionale i necessari elementi addizionali, utili a soddisfare sia le previsioni del capo V della Direttiva 85 del 2011, sia eventuali altre finalità di ordine interno.
A livello europeo, la definizione delle informazioni di dettaglio dei due nuovi documenti è ancora in via di elaborazione. In particolare, dai programmi di lavoro dei comitati tecnici emerge che un nuovo Codice di condotta sarà divulgato non prima della fine dell’anno in corso. Una tempistica simile è inoltre prevista per la guidance definitiva sul Rapporto di monitoraggio e, infine, per gli adeguamenti che si renderanno necessari alle linee guida per il Documento programmatico di bilancio.
Il Documento di Economia e Finanza che sarà a breve presentato sarà, quindi, l’ultimo sottoposto al vostro esame, dal momento che la prima e la terza sezione – rispettivamente, Programma di Stabilità e Programma nazionale di riforma – saranno rispettivamente assorbiti dal Piano fiscale-strutturale di medio termine e dal Rapporto di monitoraggio. Quanto alla seconda sezione e agli allegati al DEF attualmente previsti, abbiamo avviato una riflessione sui contenuti ancora necessari e sui documenti nei quali declinarli.
In disparte le valutazioni che saranno fatte per il regime transitorio da adottare per l’anno in corso, l’introduzione di una programmazione quinquennale richiede una riflessione anche sugli strumenti, le tempistiche e le procedure interne da utilizzare nell’ambito della fase autunnale del ciclo della programmazione e di bilancio. Tale riflessione deve essere condotta considerando sia le esigenze di carattere procedurale legate all’individuazione degli obiettivi programmatici rilevanti ai fini della predisposizione del disegno di legge di bilancio e alla successiva gestione dei suoi aggregati, sia gli adempimenti già previsti dalla normativa europea che, al momento, non sono stati interessati dalla riforma della governance attualmente in corso.
Ogni eventuale decisione relativa alla revisione delle tempistiche e al contenuto dei documenti di programmazione autunnale terrà in debita considerazione la necessità di assicurare adeguati spazi per il pieno svolgimento delle attività parlamentari durante la sessione di bilancio.
c. Impatto della nuova disciplina sul coordinamento della finanza pubblica
Le nuove regole di bilancio europee implicano anche un ripensamento della disciplina vigente sul coordinamento della finanza pubblica degli enti territoriali, la cui disciplina è attualmente incentrata sul dettato dell’articolo 9 della legge n. 243 del 2012.
Le modalità di partecipazione degli enti territoriali al conseguimento degli obiettivi stabiliti dalle nuove regole di bilancio europee dovrà essere declinato con il pieno coinvolgimento del Sistema delle Conferenze.
Sempre maggiore attenzione dovrà essere rivolta, anche alla luce dell’esperienza degli ultimi anni, ai moniti che vengono dalla giurisprudenza costituzionale e al monitoraggio, in corso d’anno, degli andamenti di spesa dei diversi comparti.
Il compito è complesso e sarà opportuno supportare i piccoli enti, generalmente privi di adeguate strutture amministrative in grado di fronteggiare gli ulteriori adempimenti in termini di programmazione, gestione, monitoraggio e certificazione che conseguiranno al rispetto dei vincoli che saranno individuati.
Una sfida particolarmente importante connessa alle nuove regole della governance europea, che interessa sia lo Stato sia le sue articolazioni territoriali, è quella della definizione delle entrate discrezionali. In particolare, per gli enti territoriali occorrerà individuare adeguati strumenti per il loro monitoraggio puntuale, data la difficoltà spesso riscontrata di reperire gli atti amministrativi adottati a tal fine o lo iato temporale con il quale sono raccolti i dati necessari alla valutazione delle singole misure, spesso connesso ai diversi termini di presentazione delle dichiarazioni e di versamento previsti per ciascuna tipologia di entrata.
Sebbene la Commissione europea non abbia fornito una definizione puntuale di tali entrate, è stato però già chiarito che tali misure debbano conseguire da un atto legislativo o amministrativo. Tale orientamento lascia quindi ritenere che le entrate discrezionali possano sicuramente comprendere anche le variazioni di aliquote e tariffe relative alle entrate tributarie ed extratributarie, nonché l’introduzione di specifiche agevolazioni, nella forma di riduzioni o esenzioni, adottate dagli enti.
d. Gestione del bilancio e decisioni di spesa di carattere legislativo
La legge n.196 del 2009 ha apportato significativi cambiamenti alla struttura del bilancio dello Stato, anche al fine di migliorarne l’intelligibilità. Basti pensare all’introduzione delle missioni e dei programmi con finalità dapprima conoscitive (nel 2008) e poi autorizzatorie (dal 2011); tali rappresentazioni contabili avevano la finalità di aggregare i capitoli di bilancio per aree omogenee, e hanno consentito – attraverso specifiche tabelle riepilogative allegate al disegno di legge di bilancio – di poter individuare, in tempi rapidi, le risorse destinate complessivamente negli stati di previsione alle diverse finalità delle politiche pubbliche (ad esempio alla ricerca, alla difesa o all’istruzione).
Se è innegabile che tale riforma abbia migliorato la capacità descrittiva della struttura del bilancio occorre, tuttavia, sottolineare come le nuove regole europee impongono un’attenzione sempre maggiore ai profili allocativi e gestionali degli aggregati della spesa, considerato che l’indicatore rilevante ai fini della sorveglianza fiscale è il tasso di crescita della spesa netta.
A tale riguardo, merita ricordarsi che gli strumenti attualmente previsti dall’ordinamento contabile per l'esercizio della flessibilità – soprattutto in fase di gestione – hanno mostrato, dopo un lento abbrivio iniziale, un impiego sempre più significativo, ferma rimanendo la rigidità dell’attuale struttura del bilancio.
Occorrerà, però, interrogarsi sull’opportunità di un ulteriore potenziamento della flessibilità di bilancio, che consenta alle amministrazioni di rispondere prontamente al reperimento delle risorse utili a adeguare il bilancio alle necessità che emergono in corso di esercizio, nel rispetto degli obblighi di trasparenza e di informazione nei confronti del Parlamento e degli organi di controllo. Sono molti i fattori che incidono sulla flessibilità con cui le amministrazioni possono operare nel corso della gestione. Su questo aspetto andrà condotto quindi uno specifico approfondimento anche con riguardo alla classificazione delle spese in fattori legislativi, adeguamento al fabbisogno e oneri inderogabili.
Quanto alle unità di voto, è la legge rinforzata a fissarle al livello dei programmi. Troppo spesso – anche in passato – il livello di voto delle unità di bilancio è stato legato a dati meramente quantitativi, vale a dire il numero di voti da effettuare; dovrebbe, invece, porsi l’accento sulla significatività del voto, utilizzando per tale finalità aggregati qualitativamente significativi.
Tra le modifiche da apportare alla legge di contabilità, occorrerà riflettere anche su un altro aggregato del bilancio: le azioni. Tali aggregati, più ampi dei singoli capitoli, sono stati introdotti, in via sperimentale, dal 2017 sempre al fine di migliorare la comprensione dei contenuti dei programmi e potenziare l’utilizzo della flessibilità.
Le azioni – che sono 722 e sono collocate nella struttura del bilancio al di sotto dei 180 programmi – aggregano infatti spese, di natura economica differente, finalizzate alla realizzazione di una determinata politica pubblica.
Laddove si ritenesse opportuno procedere ad una revisione della disciplina, occorrerà valutare se portare a termine la riforma, facendole diventare l’unità di base del bilancio in sostituzione dei capitoli.
Negli ultimi anni molti interventi sono stati riaggregati in capitoli costruiti sotto forma di fondi da destinare a interventi omogenei, al fine di poter meglio riallocare le risorse tra le diverse finalità in fase gestionale. Dal momento che sarà determinante monitorare attentamente i livelli della spesa e limitare la formazione di residui, sarà molto importante avere una struttura del bilancio che consenta, non solo in fase previsiva ma anche gestionale, una maggiore flessibilità che consenta di spostare le risorse da dove possano risultare eccedenti verso quegli utilizzi che ne richiedano di ulteriori; flessibilità che, tuttavia, non dovrà portare le amministrazioni a facilitare, in particolare, la formazione di debiti fuori bilancio. Per valutare il perimetro di tali modifiche alla legislazione vigente saranno determinanti le riflessioni del Parlamento in proposito.
Anche le modalità di copertura, ancora attuali alla luce del nuovo quadro delle regole europee così come enucleate nella legge di contabilità, dovranno essere coerenti con l’aggregato della spesa primaria. Il dettato normativo, inoltre, dovrà essere integrato meglio chiarendo il dato – oramai consolidatosi nella prassi – della necessità che la copertura sussista non solo sul saldo netto da finanziare ma anche sugli altri due saldi di finanza pubblica.
La complessità delle coperture è oramai evidente nei prospetti riepilogativi degli effetti finanziari allegati alla relazione tecnica. A tale proposito, ricordo che un’attenzione sempre maggiore dovrà essere data al saldo di cassa (il fabbisogno), che è una proxy della variazione del debito.
Tra i mezzi di copertura, una specifica riflessione è richiesta per quelli definiti come “esterni”, vale a dire l’utilizzo delle entrate e, in particolare alla luce della nuova disciplina euro-unitaria, quelle discrezionali, per le quali come ho già anticipato, non è stata data ancora una definizione compiuta dalla Commissione, salvo il riferimento al fatto che le stesse devono trarre origine da un atto legislativo o amministrativo.
Sarà poi importante che sia migliorato il contenuto e la tempestività delle relazioni tecniche, che troppo spesso le amministrazioni redigono con clausole di stile. La loro scrupolosa compilazione, anche mettendo a fattore comune le migliori pratiche esistenti, potrà essere funzionale a una più attenta programmazione della spesa da parte delle amministrazioni.
Le nuove regole europee, infatti, richiedono sempre più il potenziamento delle capacità delle amministrazioni di programmare la spesa e di definire le autorizzazioni sulla base di una attenta redazione di cronoprogrammi. Questi sono già previsti dall’ordinamento – si pensi alla disciplina del Piano dei pagamenti e all’obbligo di fornirli in sede di formazione del bilancio di previsione per ciascun capitolo di spesa – ma troppo spesso, come mostra ancora l’elevato livello dei residui nel bilancio dello Stato e l’entità degli avanzi di alcuni soggetti pubblici, non sono elaborati con la dovuta precisione.
Infine, nonostante le clausole di salvaguardia e le procedure di monitoraggio siano state riviste più volte dalla loro introduzione con il decreto-legge n.194 del 2002 (cosiddetto taglia-spese), per renderle effettive e automatiche, tale disciplina deve essere oggetto di un riesame che faccia tesoro della esperienza maturata in tal senso e delle evidenze empiriche.
Se da un lato, infatti, appare oramai necessario sostituire alcuni istituti ampiamente utilizzati, quali i crediti di imposta, con tipologie di intervento effettivamente controllabili, come ad esempio contributi, le amministrazioni dovranno strutturare sistemi capaci di fornire tempestivi monitoraggi della spesa e strumenti di verifica dell’efficacia delle politiche pubbliche finanziate. Solo in tal modo si potrà garantire il pieno rispetto del percorso di spesa netta previsto dal Piano fiscale-strutturale ed evitare interventi di correzione ex post.
e. Criticità e aspetti problematici non legati alla riforma delle regole europee
La revisione dell’ordinamento contabile nazionale che si sta per avviare potrebbe fornire l’occasione per affrontare ulteriori questioni non direttamente riconducibili alle nuove regole di bilancio europee.
È il caso di una sistematizzazione, in uno o più testi unici, delle numerose norme adottate nel corso del tempo in materia di contabilità di Stato che, sebbene già immaginata attraverso la previsione di una esplicita delega prevista dall’articolo 50 della legge n. 196 del 2009, non è poi stata esercitata.
Un altro ambito da tenere in considerazione riguarda la definizione del perimetro delle Amministrazioni pubbliche. L’attuale legge di contabilità ha previsto una fotografia istantanea basata sulla classificazione compiuta da Istat e un suo aggiornamento annuale sempre ad opera della stessa autorità statistica (articolo 1, commi 2 e 3).
L’inclusione dei diversi soggetti in tale elenco determina l'applicazione di diverse misure di contenimento della spesa e ha dato luogo anche a un elevato livello di contenzioso. Ogni valutazione relativa alla revisione di tale perimetro e agli effetti solo contabili o di altra natura connessi all’inclusione in tale elenco non potrà, però, prescindere dall'introduzione di meccanismi di incentivazione all’invio dei dati finanziari da parte degli enti pubblici.
Sono state molte, infatti, le difficoltà che hanno in alcuni casi caratterizzato l’attività di raccolta delle informazioni sugli enti che progressivamente sono stati esclusi da tale aggregato, ma che rimangono necessari per il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.
Passerei ora a un altro capitolo sul quale occorre riflettere, che è quello relativo alle garanzie pubbliche, su cui ricordo siamo già intervenuti nell’ambito della legge di bilancio per l’anno in corso.
Al 31 dicembre 2023, l'esposizione dello Stato si è attestata intorno ai 300 miliardi di euro, pari a circa il 14,4 per cento del PIL, in calo rispetto al 15,9 per cento del 2022 e ai picchi raggiunti durante il Covid – che ricordo hanno toccato il 16,1 per cento del PIL – ma ancora lontana dal 4,9 per cento del 2019.
Quelli che vi ho fornito sono numeri significativi. Le garanzie disegnate durante la fase più acuta della crisi indotta dal Covid hanno svolto una loro funzione di immissione di liquidità per il sistema imprenditoriale italiano, sostenendo le categorie più fragili nell'acquisto della prima casa e supportando le nostre esportazioni.
Questo massiccio intervento da parte dello Stato, concepito in un contesto macroeconomico e geopolitico incerto e complesso, ha comportato un significativo impegno di risorse pubbliche stanziate a copertura delle potenziali escussioni. Si tratta di esborsi fisiologici, che ci attendiamo si manifesteranno nei prossimi anni ma le cui coperture risultano, ad oggi, adeguate.
I vincoli della nuova governance europea richiedono però un cambio di prospettiva che, dalla fase emergenziale, ci riporti progressivamente verso un percorso ordinario.
Anche in questo caso, infatti, è opportuno intervenire per rafforzare ulteriormente, a livello normativo, i processi di governance e gli strumenti di monitoraggio, per assicurare flussi di rendicontazione periodica da parte dei Gestori e, in una logica programmatoria e prospettica di medio e lungo termine, per efficientare al massimo l'utilizzo delle risorse già stanziate a copertura.
Ho già evidenziato in altri passaggi di questo intervento l’importanza di prestare sempre maggiore attenzione all’andamento della cassa, strettamente connesso a quello del debito. Per la finanza pubblica italiana il sistema di tesoreria unica ha rappresentato uno strumento utile per la razionalizzazione dei flussi finanziari e informativi tra Stato, Enti Pubblici e sistema bancario. A tale riguardo, occorrerà riflettere – anche sul piano normativo – sulla disciplina della gestione della Tesoreria statale, al fine di renderla sempre più funzionale. In particolare, ritengo che sia opportuno, indipendentemente dalle vicende relative alla gestione delle quote di partecipazione dello Stato nelle società a partecipazione pubblica, che le stesse continuino a detenere, ove possibile anche per la tipologia e le caratteristiche delle società, le proprie risorse nella tesoreria. Infatti, la Banca d’Italia e il Ministero dell'economia e delle finanze condividono informazioni previsionali sugli incassi, sui pagamenti di tesoreria e sulle operazioni finanziarie fondamentali a una gestione attiva ed efficiente delle disponibilità liquide del Tesoro e a fornire un contributo alla politica del debito.
Da ultimo, all’interno della riforma della normativa di contabilità, potranno trovare un’adeguata collocazione le disposizioni utili alla realizzazione di un sistema di contabilità economico-patrimoniale unico per le pubbliche amministrazioni italiane. Tale sistema contabile, molto diffuso nei diversi ordinamenti, non solo dei paesi dell’Unione europea, è stato inserito anche fra le riforme abilitanti del PNRR.
Il raggiungimento degli obiettivi previsti dal suddetto Piano necessita dell’adozione di norme che favoriscano, in particolare, la produzione dei financial statements per l’esercizio 2025 (da adottarsi entro il secondo trimestre 2024) – e, più in generale, l’applicazione a partire dal 2027 del nuovo sistema contabile accrual unico per le pubbliche amministrazioni.
Tutti noi dovremo affrontare importanti sfide che, anche grazie alla riforma della disciplina contabile, richiederanno di rivedere il modo con cui le amministrazioni pubbliche sono chiamate a programmare l’utilizzo delle risorse pubbliche e a valutarne i risultati.
La complessità dell’evoluzione del contesto economico e le innegabili tensioni che vi si accompagnano, con evidenti ricadute anche sui dati di finanza pubblica, richiedono di ripensare le finalità dell’azione pubblica, di modo da individuare adeguati spazi da utilizzare soprattutto in favore dell’offerta e non più solo della domanda.
È un’esigenza ineludibile, considerata la scarsità di materie prime, critiche e no, e i vincoli alla forza lavoro conseguenti l’inverno demografico che stiamo vivendo.
Questo anche in considerazione del livello del debito pubblico che, per evidenti ragioni di sostenibilità, richiede la massima ponderazione delle risorse da destinare alle singole politiche pubbliche e, oramai, l’innegabile necessità di misurare e monitorare gli effettivi benefici di ogni singola spesa.