Audizione del ministro Giorgetti davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato sulla revisione del patto di stabilità europeo
05/12/2023Commissioni riunite
V^ Camera dei Deputati (Bilancio, Tesoro e Programmazione)
e
5^ Senato della Repubblica (Programmazione economica, bilancio)
Esame congiunto della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento efficace delle politiche economiche e alla sorveglianza di bilancio multilaterale e che abroga il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (COM(2023) 240 final e Allegati), della proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2023) 241 final) e della proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/85/UE del Consiglio relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2023) 242 final)
Audizione del Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giancarlo Giorgetti
5 dicembre 2023
Signori Presidenti, Onorevoli colleghi,
sei mesi fa sono intervenuto in Parlamento per illustrare i contenuti della Comunicazione della Commissione del novembre 2022, che indicava gli elementi da considerare nella revisione del quadro delle regole di bilancio europee per favorire una riduzione "realistica, graduale e duratura" degli elevati debiti pubblici, accumulati anche per rispondere alle molteplici crisi che si sono verificate negli ultimi quattro anni, e promuovere al contempo una crescita sostenibile e inclusiva basata su investimenti e riforme, in particolare quelle necessarie a garantire le transizioni verde e digitale.
A quella Comunicazione sono seguite le proposte legislative di modifica del quadro normativo vigente, attualmente oggetto di trattativa tra gli Stati membri. Rispetto agli orientamenti della Comunicazione, le proposte in esame introducono alcuni cambiamenti che, alla luce delle posizioni espresse dagli Stati membri nei diversi comitati tecnici, la Commissione europea e successivamente, per quanto di loro competenza, le Presidenze di turno (svedese e spagnola) hanno ritenuto necessari per favorire il raggiungimento di un accordo tra Stati con situazioni di bilancio assai diverse tra loro.
Tuttavia, come già avete avuto modo di valutare, anche attraverso le testimonianze degli auditi che mi hanno preceduto, la previsione di ulteriori vincoli rispetto a quanto proposto dalla Commissione potrebbe portare a un esito non pienamente conforme agli obiettivi della riforma così come delineati a partire dalla Comunicazione della Commissione stessa: vale a dire un assetto caratterizzato da semplicità e da un maggiore equilibrio tra gli obiettivi di crescita economica, di promozione della transizione ecologica e digitale, nonché di sostenibilità del debito pubblico.
Negli scorsi mesi, queste proposte hanno alimentato un intenso negoziato tra gli Stati membri, tenuto sia nell’ambito delle sedi istituzionali europee sia attraverso incontri bilaterali, negoziato che è ancora in corso e che – come potete apprendere anche dalle notizie di stampa – non ha finora portato alla definizione di un quadro condiviso.
In vista degli incontri istituzionali previsti nei prossimi giorni a Bruxelles, cercherò di fornire una rassegna delle principali innovazioni contenute nelle proposte legislative, evidenziando in particolare gli aspetti più rilevanti rispetto agli impegni formulati dal Parlamento nelle Risoluzioni dello scorso marzo.
Le proposte legislative e le procedure di adozione da parte del Consiglio
Le proposte legislative in esame introducono modifiche che rivedono il “braccio preventivo” e il “braccio correttivo” del Patto di Stabilità e Crescita, nonché alcuni aspetti della Direttiva sui quadri di bilancio n. 85 del 2011.
In particolare, la proposta di Regolamento COM(2023) 240 abroga e sostituisce il Regolamento (CE) n. 1466/1997 sulla sorveglianza e il coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati membri, il cd. “braccio preventivo” del Patto.
La proposta di Regolamento COM(2023) 241 introduce modifiche al Regolamento (CE) 1467/1997, che disciplina le procedure per la correzione dei disavanzi eccessivi (cd. “braccio correttivo” del Patto).
La procedura di adozione di queste proposte da parte del Consiglio richiede l’unanimità per quanto riguarda il braccio correttivo e una maggioranza qualificata per quello preventivo. Non potendosi tuttavia immaginare la revisione dell’uno senza quella dell’altro, è di fatto richiesta l’unanimità tra gli Stati membri.
I principali aspetti delle proposte legislative della Commissione come ad oggi integrati o modificati alla luce del negoziato e delle proposte di compromesso della Presidenza Spagnola
La proposta di Regolamento che modifica il “braccio preventivo” del Patto conferma lo schema della Comunicazione che ho già avuto modo di presentare nel contesto di una precedente audizione parlamentare.
Pur lasciando inalterati sia i limiti per il deficit e il debito stabiliti nel protocollo allegato al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la proposta rivede le procedure e il processo di convergenza verso tali parametri.
In particolare, il nuovo schema prevede un indicatore operativo unico, la spesa primaria netta, che esclude i pagamenti per interessi e la componente della spesa primaria sensibile al ciclo economico (quale quella legata ai sussidi di disoccupazione) ed è calcolata al netto delle variazioni discrezionali dal lato delle entrate. L’andamento dell’aggregato di spesa nell’arco temporale della programmazione di bilancio è definito in modo da assicurare che il rapporto debito/PIL si riduca in maniera “sostenibile”, o che rimanga su livelli prudenti, e, inoltre, che il disavanzo sia inferiore al limite del 3 per cento.
La sostenibilità del debito è valutata in base alla metodologia della DSA – Debt Sustainability Analysis – adottata da tempo dall’UE per i rapporti sulla sostenibilità del debito (Debt Sustainability Monitor) e ai fini della sorveglianza fiscale. Tramite la DSA la Commissione propone, all’inizio di ogni ciclo di pianificazione e per i Paesi che superano i limiti stabiliti nel Trattato, una traiettoria tecnica che funga da base per la definizione dei percorsi di spesa netta alla base della programmazione pluriennale di bilancio. Nell’ambito delle trattative che hanno portato alla definizione della proposta legislativa della Commissione si è riuscito, come potete vedere nelle proposte di regolamento al vostro esame, a evitare che la DSA suddivida gli Stati membri per categorie di rischio (come ipotizzato nella Comunicazione).
La crescita dell’aggregato di spesa costituisce il parametro di riferimento utilizzato nella definizione e nella successiva valutazione dei “Piani fiscali e strutturali di medio periodo”.
I Piani avranno una durata di 4 o 5 anni a seconda della durata naturale della legislatura. Nel caso dell'Italia, il Piano avrà una durata di 5 anni. Il Piano, proposto dallo Stato membro, valutato positivamente dalla Commissione e approvato dal Consiglio Ecofin, definisce l’azione di politica fiscale degli Stati membri per gli anni della sua durata.
I Piani contengono, quindi, un profilo di aggiustamento fiscale, della durata minima di 4 anni, che ciascuno Stato definisce e concorda con la Commissione, per poi essere successivamente approvati dal Consiglio.
La durata del Piano e quella del percorso di aggiustamento quindi possono differire. Il Piano ha sempre una durata di 4 o 5 anni in base alla durata naturale del mandato dei differenti governi
Il percorso di aggiustamento definito nei Piani potrà essere più graduale e prolungato nel tempo se accompagnato da un impegno dello Stato membro a realizzare investimenti e riforme ambiziosi, che contribuiscano a innalzare la crescita potenziale e migliorare la sostenibilità del debito pubblico. In questo caso la durata del periodo di aggiustamento può essere estesa fino a 7 anni.
Dopo l’approvazione del Consiglio, i Piani non potranno essere, di norma, modificati. Tuttavia, la proposta legislativa supera l’eccessiva rigidità della Comunicazione che avevo evidenziato in questa sede e rilevata anche dalla Risoluzione parlamentare, prevedendo la possibilità di apportare modifiche in presenza di circostanze oggettive che rendano impossibile l’attuazione del Piano oppure in caso di cambio del Governo. In tali ipotesi, una nuova analisi di sostenibilità del debito guiderà il nuovo percorso di consolidamento, ed è ancora oggetto di discussione l’interazione tra quest’ultimo e l’aggiustamento residuo relativo al precedente Piano.
La proposta definisce due clausole di salvaguardia (escape clauses), una nazionale e una europea, che permetterebbero di deviare dal percorso di spesa concordato, per un tempo predeterminato, ma rinnovabile, attivabili in caso, rispettivamente, di circostanze eccezionali con un profondo impatto sulle finanze pubbliche di uno Stato europeo (clausola nazionale) e di grave recessione economica nell’Unione (clausola europea).
Rispetto ai contenuti della Comunicazione, la proposta legislativa e i successivi testi di compromesso presentati dalla Presidenza spagnola introducono alcune condizioni da considerare nella definizione del percorso di aggiustamento alla base dei Piani.
L’aggiustamento di bilancio presentato nel Piano deve essere in ciascun anno, di regola, lineare e proporzionale alla correzione complessiva da attuare nell’orizzonte del piano stesso (cd. clausola di no-backloading) e il rapporto tra il debito pubblico e il PIL alla fine del Piano deve essere inferiore a quello dell’anno precedente all’inizio del Piano.
L’aggiustamento di bilancio minimo richiesto agli Stati membri con deficit superiori al 3 per cento del PIL sarà pari allo 0,5 per cento del PIL, in termini strutturali, finché l’eccesso di disavanzo non sarà riassorbito.
I Piani costituiranno l’oggetto della sorveglianza economica, che continuerà ad essere effettuata dalla Commissione e dal Consiglio nell’ambito del Semestre europeo. La sorveglianza, che si baserà sulle relazioni sullo stato di avanzamento dei Piani nazionali presentate annualmente dagli Stati membri, andrà a valutare la congruità dell’andamento della “spesa primaria netta” effettiva con i Piani approvati. Gli eventuali scostamenti dell’aggregato di riferimento rispetto ai Piani concordati saranno registrati in un apposito conto di controllo.
Quanto al “braccio correttivo” del Patto, la proposta legislativa non modifica la Procedura per Disavanzi Eccessivi nel caso di superamento del limite del 3 per cento del deficit in rapporto al PIL.
Viene invece rafforzata la Procedura per mancata riduzione del rapporto debito/PIL, che viene attivata in caso di deviazione rispetto al sentiero di spesa concordato nel Piano, registrato sulla base dei dati consolidati dell’anno precedente.
Sono in discussione delle possibili deviazioni dalla traiettoria di spesa, da registrare nel conto di controllo prima menzionato, entro un margine annuale e uno cumulato durante la durata del Piano; l’entità di tali margini è tuttora oggetto di negoziazione. Se tali margini vengono superati, è previsto che la Commissione rediga un Rapporto ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con il quale esaminare le deviazioni ed eventuali fattori rilevanti e che, in caso di valutazione negativa, conduca ad una procedura di infrazione.
L’apertura della procedura rimane subordinata all’analisi dei “fattori rilevanti”, non sostanzialmente modificati rispetto a quelli già previsti a legislazione vigente, salvo la particolare attenzione al livello di debito.
Nell’attuale testo, infatti, l’elevato rischio di sostenibilità del debito di uno Stato membro, calcolato in base alla DSA, rimane un fattore aggravante chiave (key aggravating factor), ma è stata mitigata l’automaticità della procedura rispetto al testo originario proposto dalla Commissione.
L’incremento delle spese per investimenti in difesa verrebbe invece considerato un fattore mitigante a giustificazione dell’eventuale deviazione dal percorso di spesa concordato. E questo è un elemento chiaramente di innovazione.
La proposta di modifica della Direttiva 2011/85/UE sui quadri di bilancio: introduce innovazioni che rafforzano la titolarità nazionale; definisce più precisamente il ruolo e le funzioni degli enti di bilancio indipendenti (In Italia, l’Ufficio parlamentare di bilancio) in rapporto al nuovo quadro legislativo; incentiva gli Stati membri ad adottare una programmazione di bilancio più orientata al medio periodo, assicurando la coerenza tra gli obiettivi del bilancio annuale e la pianificazione di medio termine; infine, mira a promuovere la trasparenza dei bilanci pubblici, anche rispetto alle passività potenziali (contingent liabilities).
Valutazione proposte e questioni aperte
Sebbene le proposte legislative della Commissione mettano da parte alcune delle regole che da più parti sono state ritenute eccessivamente onerose, come la riduzione dell’1/20 per il debito in eccesso rispetto alla soglia prevista dai Trattati, una valutazione complessiva sulla coerenza della riforma rispetto agli obiettivi dichiarati e sulle implicazioni per gli aggregati di finanza pubblica richiede ancora la definizione di diversi aspetti.
Ridurre l’elevato debito pubblico e i disavanzi eccessivi è un obiettivo del Governo ed è nell’interesse generale del Paese. Più volte ho avuto modo di argomentare come il peso degli interessi che paghiamo sul debito pubblico abbia ormai raggiunto livelli elevatissimi, assorbendo risorse che potrebbero essere più utilmente destinate a interventi diretti a consolidare il nostro tessuto economico e sociale.
In prospettiva, ridurre il debito pubblico consentirebbe di liberare maggiori risorse connesse agli oneri del relativo servizio e, allo stesso tempo, ridurre il premio sul rischio che spinge verso l’alto i nostri tassi di interesse.
Non bisogna però trascurare di ricordare che le esigenze di consolidamento dovrebbero essere compatibili con l’intento di favorire una crescita sostenibile e duratura dell’economia, che potrebbe essere ostacolata da vincoli eccessivi e regole troppo stringenti.
Più in generale, continuo a ritenere che si tengano in debita considerazione le sfide che stiamo e dovremo continuare ad affrontare nei prossimi anni. Queste richiederanno infatti notevoli investimenti e le modalità del loro finanziamento non saranno neutrali.
A fronte di questo orientamento, che abbiamo ripetutamente espresso nei comitati tecnici, alcuni Stati Membri hanno invece formulato la richiesta di parametri aggiuntivi: dapprima sulla riduzione annua del rapporto debito/PIL e poi anche un aggiustamento fiscale che vada oltre il livello di deficit coerente con il saldo strutturale primario tale da garantire una riduzione del debito secondo la metodologia della DSA.
In risposta alle richieste avanzate dagli altri Stati, abbiamo espresso la nostra disponibilità a ricercare una soluzione che non sovrapponga ai vincoli ricordati (spesa e debito) ulteriori regole stringenti che potrebbero riproporre, se non addirittura complicare, uno schema che ha mostrato limiti e che le stesse istituzioni europee hanno dichiarato di voler superare.
La fissazione di un ritmo di riduzione minima del debito e di un obiettivo massimo di deficit deve, per così dire, salvaguardare la prudente gestione del quadro di finanza pubblica nazionale, ma non dovrebbe trasformarsi in ulteriori stringenti regole che limitino in maniera eccessiva le politiche di bilancio dei Paesi europei.
Il negoziato si è fatto più complesso sia per le esigenze degli Stati Membri con bassi livelli di debito pubblico, che temono una riforma che possa lasciare uno spazio eccessivo all’espansione dei deficit di bilancio; sia per le evoluzioni politiche che hanno portato in alcuni Paesi a cambi di maggioranze di governo, nonché ai possibili effetti sui bilanci delle pronunce di costituzionalità che potrebbero creare difficoltà ad accettare quelle che appaiono ai rigoristi come regole troppo permissive in materia di deficit.
In questa situazione innegabilmente complessa e tenuto conto che il nuovo approccio proposto dalla Commissione richiede comunque un aggiustamento di bilancio molto sfidante per diversi Paesi, tra cui l’Italia, la posizione negoziale che stiamo tenendo è di disponibilità all’introduzione di salvaguardie sul debito e sul deficit, ma solo a condizione che esse non siano troppo stringenti e, come ho argomentato, non prevalgano di fatto sulla regola di spesa.
In secondo luogo, abbiamo posto come condizione imprescindibile che la nuova governance economica dia sufficiente spazio agli investimenti per la transizione digitale ed ecologica e, nel primo ciclo di applicazione delle nuove regole, consenta a Paesi quali l’Italia, che hanno concordato ambiziosi Programmi di Ripresa e Resilienza, di poter accedere all’estensione del periodo di aggiustamento a sette anni. Ciò senza l’imposizione di ulteriori condizionalità, ma solamente in base all’impegno dello Stato membro a continuare lo sforzo di riforma e di investimento intrapreso con il PNRR.
Sempre con riferimento al primo ciclo di applicazione delle nuove regole, abbiamo, inoltre, chiesto che il mantenimento degli sforzi legati all’implementazione del PNRR e l’utilizzo dei fondi europei nel 2025 e 2026 possano giustificare una modulazione degli sforzi fiscali annuali differente rispetto all’aggiustamento lineare previsto dalla clausola di no-backloading.
Conclusioni
Abbiamo condiviso l’impostazione generale della nuova riforma della governance, che si incentra sull’obiettivo di assicurare che la dinamica del debito segua una traiettoria sostenibile.
D’altro canto, le sfide che stiamo e dovremo continuare ad affrontare nei prossimi anni richiederanno notevoli investimenti e le modalità del loro finanziamento non saranno neutrali rispetto alle regole di bilancio.
Il pacchetto legislativo si compone di tre parti, ma l’accordo deve raggiungere un equilibrio complessivo.
La sostenibilità delle finanze pubbliche non può essere raggiunta attraverso percorsi di aggiustamento eccessivamente rigorosi, perché questo danneggia i fondamentali di crescita e peggiora la dinamica del debito nel medio e lungo periodo.
Il Governo è disposto a ricercare una soluzione, ma la stessa non deve tradursi in un sistema eccessivamente complesso e potenzialmente contraddittorio.
L’Italia intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti.
Conclusivamente ritengo che le regole fiscali e di bilancio non siano il fine ma il mezzo.
Il fine è la sostenibilità finanziaria, l’effettiva capacità di difesa del sistema di valori di libertà occidentali, la transizione ecologica che garantisca la sostenibilità ambientale.
Il mezzo è un sistema di regole fiscali coerenti con queste finalità strategiche e che ne consentano la realizzazione.
Saremo coerenti con questo approccio.