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Gualtieri: “Sul Recovery Plan dobbiamo accelerare, a inizio anno altri ristori per le aziende”

La Stampa - 20/12/2020

Intervista a cura di Massimo Giannini

Ministro Gualtieri, per la prima volta dall’inizio della pandemia avete varato un decreto che contiene le chiusure e anche i ristori per quasi 700 milioni di euro. Eppure le categorie protestano perché non hanno ricevuto gli aiuti dei decreti precedenti. Com’è possibile?
«Mi permetta di dissentire. Il meccanismo di ristori dell’Agenzia delle Entrate ha funzionato oltre le migliori aspettative e ce lo attestano in tanti. Abbiamo eseguito oltre 3 milioni di bonifici a 2,4 milioni di partite Iva per 9 miliardi di euro. I pagamenti automatici del primo Decreto Ristori sono stati completati dopo 9 giorni dall’entrata in vigore della norma, con sei giorni di anticipo rispetto a quanto annunciato. I ristori del decreto quater sono stati pagati in soli 4 giorni. Al momento è aperta la piattaforma per inviare le domande da parte di chi non aveva chiesto il contributo del Decreto Rilancio e delle aziende sopra i 5 milioni di euro di fatturato e sono partiti i primi 28mila bonifici per le attività aperte al pubblico con sede nei centri storici con un alto tasso di turismo. Insomma, sono fiducioso che il lavoro in “uscita” dell’Agenzia possa continuare a tamburo battente».

I lavoratori autonomi erano già in sofferenza prima: piccole imprese, commercio, bar. Ora sono furiosi i ristoratori, che avevano fatto provvista per le Feste e invece resteranno chiusi, e gli albergatori, che resteranno aperti ma con l’Italia zona rossa non avranno clienti.
«Senta, abbiamo fatto molto per queste categorie. Ma questo non significa che non si possa fare di più. Oltre ai contributi a fondo perduto, dei quali oltre 1,3 miliardi di euro sono andati al commercio al dettaglio, circa 1,8 miliardi a bar, ristoranti e pizzerie, che riceveranno ora in automatico la nuova tranche di 654 milioni prevista dall’ultimo decreto, ci sono le sospensioni per i pagamenti di imposte e contributi, la cancellazione totale dell’Irap di giugno 2020, i crediti di imposta per i fitti commerciali, la cancellazione dell’ultima rata Imu e altre misure di sostegno. Infine, insieme al Parlamento, abbiamo appena deciso di istituire un fondo da 1 miliardo per finanziare un anno bianco contributivo agli autonomi che abbiano subito perdite, e che si aggiunge agli oltre 6 miliardi già appostati per il 2021».

Non basterà…
«Vedremo. Queste risorse verranno in ogni caso ulteriormente rafforzate per introdurre una sorta di ristoro perequativo che tenga conto dell’andamento complessivo del fatturato nel 2020. Detto questo i pur necessari ristori e il massiccio sostegno alla liquidità non sono sufficienti ed occorre aiutare i settori più impattati dalle trasformazioni strutturali in atto, accelerate e rafforzate dalla pandemia, ad adattarsi ad esse attraverso l’innovazione, la digitalizzazione e gli investimenti».

Anche sul fronte Cassa Integrazione risultano ancora molti lavoratori senza sussidio. È vero o no?
«Come abbiamo riconosciuto, ci sono stati all’inizio ritardi inaccettabili. Da settembre i tempi si sono accelerati e ora il 99,5% delle domande pervenuto è stato pagato. L’Inps attualmente autorizza la Cassa in media in una settimana, e la eroga in 7/8 giorni da quando riceve dall’impresa o dal consulente del lavoro l’SR41. Resta il fatto che abbiamo fornito e stiamo fornendo, come era giusto, una larghissima rete di protezione sociale e questo ha salvato milioni di posti di lavoro come riconosciuto da tutti gli osservatori internazionali. Anche in questo caso è ora il momento di spostare l’accento sul sostegno all’occupazione e agli investimenti, come facciamo con la legge di bilancio e il Recovery plan».

Sulla manovra è in corso il solito assalto alla diligenza. Non teme che i saldi possano saltare?
«I saldi sono garantiti dalle procedure di legge che richiedono l’adeguata copertura degli emendamenti. Mi sembra che il contributo del Parlamento stia rafforzando la manovra: penso a misure importanti come quella per l’automotive e la mobilità sostenibile, al significativo pacchetto di interventi per la filiera del turismo, alla proroga e al miglioramento del 110% per l’efficientamento energetico e la sicurezza sismica degli edifici, e infine alla decontribuzione per le partite Iva che hanno subito perdite, a cui ha contribuito positivamente anche l’opposizione».

Anche in questo caso le chiedo: basterà?
«Guardi, sono tutti interventi che rafforzano il profilo di una manovra fortemente orientata alla crescita, all’innovazione e alla coesione sociale, e che contiene misure di grande importanza come l’assegno unico per i figli, la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, la decontribuzione per giovani e donne, l’aumento degli investimenti e delle risorse per scuola, università, ricerca e sanità».

La Confindustria di Bonomi vi attacca: questo governo non ha una visione, questa politica è peggio del Covid. Cosa risponde?
«Quella è una frase infelice che il presidente Bonomi non ha più ripetuto. Anzi, in molte occasioni ha dato atto al governo di aver affrontato l’emergenza economica adottando misure necessarie. La legge di bilancio contiene un potenziamento senza precedenti del pacchetto Transizione 4.0 per l’innovazione e la competitività delle imprese italiane che vale 23 miliardi e che è stato messo a punto dal ministro Patuanelli in un dialogo molto positivo con Confindustria, che spero proseguirà ora sugli altri progetti del Recovery Plan».

Ma anche i sindacati sono insoddisfatti: Cgil-Cisl-Uil dicono che non c’è vera concertazione.
«Questo governo ha convintamente praticato il dialogo sociale fin dalla sua formazione e dall’intervento sul cuneo fiscale. Ora che entriamo nella fase della finalizzazione del Recovery Plan e della definizione del contenuto di riforme importanti come quella fiscale questo dialogo deve essere rilanciato e rafforzato».

Tra ristori e legge di bilancio, siamo già oltre quota 150 miliardi, di cui buona parte in deficit. Prevede un altro scostamento di bilancio anche per il 2021?
«All’eurogruppo abbiamo convenuto sulla necessità di mantenere l’intonazione espansiva della politica di bilancio e di proseguire le politiche di sostegno ai settori più colpiti della pandemia per il tempo necessario. Ciò richiederà un ultimo scostamento di bilancio che non altererà il profilo di rientro del deficit negli anni successivi al 2021 definito dalla Nadef e ci aiuterà, se il piano di vaccinazioni avrà successo, a realizzare gli obiettivi di crescita previsti».

Il debito pubblico viaggia oltre quota 155% del Pil. Come gestiamo questo gigantesco macigno, tutto sulle spalle delle future generazioni?
«La strategia del governo è esposta nella Nadef e si compone di tre elementi. Nel breve termine, stimolo all’economia per uscire il più possibile indenni dalla crisi pandemica e limitarne le ripercussioni sociali. Rilancio dello sviluppo in chiave di innovazione, sostenibilità, coesione ed equità facendo perno su investimenti e riforme. Prudente gestione della finanza pubblica al fine di migliorare strutturalmente i saldi. Ricordo che l’anno scorso abbiamo chiuso con un deficit di solo l’1,6% del Pil malgrado una crescita economica prossima allo zero. Non siamo quindi così lontani dall’equilibrio, ma per ridurre significativamente il rapporto debito/Pil abbiamo bisogno di crescita nominale. La componente sovvenzioni del Recovery Plan metterà il turbo all’economia senza creare maggiore debito. E su questo, e su una gestione oculata di tutte le risorse, dovremo fare leva. La componente prestiti del Piano fornirà un ulteriore stimolo ma darà luogo a maggiore indebitamento, per questo, come indicato nella Nadef approvata dal Parlamento, una parte finanzierà investimenti aggiuntivi in deficit e un’altra ci consentirà di risparmiare in tassi di interesse sul debito».

La Bce ci sta salvando, visto che ha in carico oltre 200 miliardi delle nostre emissioni a medio-lungo termine. Ma prima o poi l’ombrello di Francoforte si chiuderà. Che succederà, a quel punto?
«Con le ultime decisioni di dicembre la Bce ha prolungato il programma di acquisto titoli legato alla pandemia almeno fino a marzo del 2022, e il reinvestimento dei titoli in scadenza almeno fino alla fine del 2023: se si tiene conto del fatto che la Bce effettua acquisti con scadenze medie in linea con la vita media dei nostri titoli (quasi 7 anni), è quindi evidente che il sostegno durerà ancora a lungo. Per altro è logico attendersi che gli acquisti netti termineranno quando le condizioni economiche miglioreranno e i rischi di deflazione saranno sventati. A quel punto è lecito aspettarsi anche una maggiore crescita nominale dell’economia italiana, minor deficit e quindi emissioni, e una discesa del rapporto debito/Pil».

Forse è proprio perché compra tanti Btp che la Bce si può permettere di contestare la vostra operazione sul cashback. Mi spiega perché hanno torto?
«Non c’è nessun nesso tra le due cose, e nessuna contestazione. È un’opinione non vincolante, che riflette le note posizioni sul tema del suo autore, che non ha mai fatto mistero di essere un difensore del contante, come quando espresse riserve sulla decisione di Draghi di non stampare più la banconota da 500 euro contestando la tesi che essa favorisse il riciclaggio. Prima di lasciare il posto nell’esecutivo della Bce a Frank Elderson il mio amico Yves Mersch ci ha voluto orgogliosamente ricordare le sue opinioni in materia, che io rispetto ma non condivido. In realtà le politiche della Commissione europea e della stessa Bce vanno da tempo nella direzione della massima estensione possibile dell’uso dei pagamenti elettronici. Il Cashback è un programma volto a incentivarli, è una policy che contribuisce alla modernizzazione del Paese, a garantire maggiore sicurezza ed a favorire la tax compliance. Su questi obiettivi governo italiano e Bce sono perfettamente allineati. Il Cashback non è uno strumento di politica monetaria e non limita in alcun modo il corso legale del contante».

Recovery Fund: continuate a sostenere che l’Italia non è in ritardo, ma è un fatto che i Paesi fondatori hanno già presentato i piani e noi ancora no…
«Non mi pare che gli altri maggiori Stati membri siano già allo stadio di programmi esecutivi. Ricordo che il governo ha presentato le proprie Linee Guida il 9 settembre e che la Bozza di Piano Nazionale è già arrivata in Consiglio dei Ministri, mentre proseguono i lavori su specifiche Missioni e relativi Obiettivi e Progetti. Detto questo, una cosa è certa: ora questo lavoro complesso non deve fermarsi, ma anzi deve accelerare».

Nelle Linee Guida che avete presentato finora spiccano due criticità. Prima criticità: alla sanità solo 9 miliardi su quasi 200. Dopo il disastro della pandemia, non è un suicidio stanziare così poche risorse?
«Appena il confronto sulla bozza di Recovery Plan ripartirà si potrà vedere che in realtà le risorse previste per la Sanità sono circa 16 miliardi (una quota tra le maggiori rispetto ai piani degli altri paesi), perché il progetto sul rinnovamento degli ospedali è stato inserito nella missione sulla transizione ecologica. Inoltre, bisogna tenere conto dell’aumento molto significativo previsto per i prossimi anni in legge di bilancio, e non computato nel Recovery Plan. Dopodiché prima riprenderà il lavoro e prima si potranno esaminare e discutere i progetti e possibili modifiche dei saldi».

Seconda criticità: sul lavoro e la futura occupazione di giovani e donne ci sono davvero solo 7 righe, come sostiene Calenda. E nei 25 punti programmatici del Pd questo capitolo manca del tutto. Com’è possibile una “svista” così clamorosa?
«Nel Recovery Plan ci sono 3 miliardi per parità di genere, che poi è un tema trasversale presente in quasi tutti i progetti, 5 miliardi per politiche attive e formazione, poi una riforma degli Istituti Tecnici Superiori che finalmente possa farne un canale professionalizzante come in Francia, Germania, Svizzera e Gran Bretagna, risorse molto significative per l’università e la ricerca. A questo bisogna aggiungere la massiccia decontribuzione per le assunzioni di giovani e donne finanziata con la legge di bilancio. Si tratta quindi di temi assolutamente centrali e strategici, su cui peraltro il Pd ha avanzato numerose importanti proposte».

Ministro, non mi ha convinto. Ciò detto Mario Draghi, nel documento del G-30, avverte: attenti a non sprecare le risorse di Next Generation Eu. Crescerà davvero solo chi le investe sull’innovazione, mentre resterà al palo chi le usa per finanziare vecchi progetti, magari per ragioni di consenso elettorale. A occhio e croce parla di noi…
«Per la verità lo splendido rapporto del G30 coordinato da Mario Draghi non parla di Next Generation Eu ma di come passare da politiche incentrate sul sostegno alla liquidità ad azioni che affrontino il problema della solvibilità e della dotazione patrimoniale delle imprese anche per finanziare investimenti e innovazione e favorirne il rilancio e la ristrutturazione. È un approccio che condivido appieno, e che è in linea con alcune misure molto significative varate dal governo come gli incentivi alla patrimonializzazione delle piccole imprese, il fondo Patrimonio Pmi e il Patrimonio rilancio gestito da Cdp, le cui modalità di funzionamento sono esattamente tra quelle raccomandate nel rapporto Draghi. Grazie al lavoro di Irene Tinagli ora sarà possibile utilizzare una parte del Recovery per finanziare un comparto nazionale di ‘Invest Eu’ che potrà anche realizzare interventi di sostegno patrimoniale, e questo ci potrebbe consentire di rafforzare ulteriormente la linea di intervento indicata da Draghi».

E se la Befana ci portasse in dono la crisi di governo? L’ultima lettera di Renzi al premier suona tanto come un “Giuseppi, stai sereno”…
«Io non vedo pericoli per il governo. Piuttosto vedo il rischio che i tempi del legittimo confronto politico ci facciano ritardare la finalizzazione del Recovery Plan. Per questo ha ragione Zingaretti: bisogna chiudere in fretta la fase del confronto tra i partiti iniziata il 5 novembre in modo da approvare quanto prima la bozza di piano e aprire su di essa il confronto in Parlamento e nel paese. Spero che nessuno pensi di sospendere questo lavoro fino a dopo le feste. Non possiamo permetterci altri indugi».

Insieme a Patuanelli, lei fa parte de della task force costruita da Conte, che poi si articola in sei manager e molti esperti, non meglio identificati: non le sembra una struttura inutile? Non vede troppi poteri concentrati nella presidenza del Consiglio?
«Una funzione di coordinamento e supporto ad un piano complesso e articolato come il Recovery è indispensabile e la proposta di una struttura di missione avanzata da Conte appare funzionale allo scopo. È giusto lavorare per migliorare il testo con il contributo di tutti a partire dal tema dei poteri sostitutivi e della necessaria valorizzazione delle amministrazioni pubbliche. Anche su questo auspico che il confronto parta prima possibile».

Lei auspica, ma se le dico “rimpasto” che effetto le fa questa parola?
«Nessun effetto. Preferisco parlare di ripartenza».

D’accordo ministro, ormai il panettone lo mangerete senz’altro. Ma della colomba pasquale che mi dice?
«Le dico che spero che tutti gli italiani possano mangiarla insieme ai loro cari, finalmente liberi da questa angoscia che ci portiamo appresso da un anno. E che da domenica prossima, 27 dicembre, parta il grande piano di vaccinazione, è la notizia migliore del 2020 e la migliore promessa che possiamo farci per il 2021».

Va bene, ma il governo?
«Quanto al governo, sono fiducioso che le scelte che abbiamo preso e che prenderemo ci daranno la forza di affrontare nel modo migliore un anno che sarò decisivo per il rilancio dell’Italia».

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