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Audizione del ministro Gualtieri sulla NADEF 2019 [Commissioni congiunte 5a Senato e V Camera] – 7 ottobre 2019

07/10/2019

Audizione del ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri, nell’ambito dell’Esame preliminare della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2019.
(Commissioni congiunte 5a Senato e V Camera)

Questa è la prima occasione a mia disposizione per illustrare in Parlamento la strategia di politica economica che il Governo intende perseguire e che è stata delineata nella Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019 e auspico che avremo oggi e in futuro un proficuo scambio di vedute e un rapporto stretto. D’altronde come ex presidente di Commissione parlamentare ho sempre considerato importante l’accountability dell’Esecutivo e pertanto sono a disposizione per stabilire un rapporto stretto e intenso con questo Parlamento. Con la NADEF, primo atto di programmazione economica del Governo, intendiamo ricollocare l’Italia sul sentiero di crescita e di stabilità. Vogliamo farlo affrontando la difficile eredità del passato a partire dalla necessaria disattivazione delle pesanti clausole di salvaguardia Iva e, al tempo stesso, avviando una strategia di politica economica imperniata su tre assi fondamentali: il rilancio degli investimenti in innovazione, infrastrutture, sostenibilità; la riduzione della tassazione sul lavoro; la coesione sociale e territoriale.

[Quadro macroeconomico (internazionale e nazionale)]
Per inquadrare il contesto in cui si inseriscono i profili programmatici della Nota di Aggiornamento, è necessario partire e soffermarsi sul quadro macroeconomico sottostante. Il principale cambiamento della situazione macroeconomia in confronto al Def, che noi appunto aggiorniamo con la NADEF, è che le stime e previsioni per la seconda metà del 2019 sono state riviste al ribasso in presenza di una persistente debolezza degli indicatori congiunturali e dei dati di produzione industriale. E ciò ha effetti di trascinamento sul 2020.
La previsione di crescita del PIL reale pubblicata con il DEF dello scorso aprile era dello 0,2% per il 2019 e dello 0,8% per ciascun anno del triennio 2020-2022.
Il profilo di crescita tendenziale che abbiamo di fronte, che incorpora l’aumento dell’Iva, cioè la non disattivazione delle clausole di salvaguardia, che naturalmente nel programmatico invece non c’è, è ampiamente mutato rispetto al DEF: in particolare per gli anni 2019 e 2020, le cui stime si collocano rispettivamente allo 0,1% e allo 0,4%. Questo rallentamento appena delineato rappresenta una tendenza piuttosto comune a tutte le economie avanzate, in particolare quelle caratterizzate da un maggior grado di apertura al commercio internazionale, anche se risente al tempo stesso di fattori endogeni specifici.
Nel corso dell’anno, il ciclo economico mondiale ha continuato a mostrare una tendenza al ribasso che dura ormai da diversi mesi. I fattori sono noti.
Le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, le tensioni politiche in alcuni paesi emergenti, la crisi del mercato dell’auto e le relative ripercussioni sulle economie a forte vocazione industriale, hanno probabilmente influito su aspettative e decisioni di investimento delle imprese, in scorte e beni capitali, con effetti che potrebbero essere stati amplificati dalle interconnessioni all’interno delle catene globali.
Le previsioni più aggiornate registrano una decelerazione dell’Eurozona e di alcune grandi economie emergenti, come Argentina e Turchia, a cui si è unita anche la moderazione del ritmo di crescita degli Stati Uniti.
Ne risulta un quadro internazionale non proprio roseo, in particolare per il biennio 2019-2020, in cui i rischi associati a un ulteriore deterioramento restano elevati. A complicare ulteriormente le cose potrebbe inoltre contribuire la recente decisione del WTO, che ha attribuito agli Stati Uniti il diritto di applicare dazi sui prodotti importati dall’Europa come compensazione per gli aiuti concessi al consorzio aeronautico Airbus.
Guardando alla nostra economia, la prima metà del 2019 ha visto una lieve ripresa dell’attività economica rispetto alla seconda parte del 2018. Tale evoluzione avrebbe riflesso una debole crescita della domanda interna, un accentuato decumulo di scorte da parte delle imprese e un contributo netto positivo da parte del commercio estero, in particolare nel primo trimestre dell’anno.
E tuttavia i consumi sono rimasti deboli oltre le attese, riflettendo la maggiore incertezza sulle prospettive economiche segnalata dalle indagini sul clima di fiducia. Infatti, la propensione al risparmio delle famiglie è aumentata nella prima metà dell’anno.
Secondo i conti trimestrali pubblicati dall’Istat dopo la chiusura della NADEF, gli investimenti fissi lordi hanno mostrato una sensibile ripresa nel primo semestre del 2019. Alla positiva evoluzione registrata per quelli in impianti e in macchinari, che ha più che compensato la contrazione della seconda metà del 2018, si è accompagnato un buon andamento degli investimenti in costruzioni, quantomeno nel primo trimestre. Le esportazioni di beni e servizi nel primo semestre hanno mostrato una discreta crescita, nonostante le tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina.
Alla crescita moderata della domanda interna e delle esportazioni si è accompagnata tuttavia una certa debolezza della produzione, particolarmente nel settore manifatturiero, testimoniata anche dai giudizi negativi delle imprese circa la situazione economica corrente e dal deterioramento delle aspettative sulla domanda estera e dalla riduzione dei profitti.
Quanto al mercato del lavoro, le dinamiche osservate lasciano intravedere segnali incoraggianti che vanno sostenuti e rafforzati. Il tasso di disoccupazione, sebbene continui a mostrare una tendenza alla riduzione, è ancora stimato su livelli medi elevati. Anche il tasso di disoccupazione giovanile, che pure ha mostrato un progressivo calo, resta su livelli preoccupanti ed elevati (appena sotto il 30%).
A migliorare le prospettive del PIL nei prossimi trimestri potrebbero concorrere le esportazioni, che hanno cominciato a mostrare un andamento più robusto, crescendo il doppio delle importazioni in termini tendenziali nella prima metà dell’anno. Su tale evoluzione permane tuttavia l’incertezza legata alle misure protezionistiche che saranno attuate dagli Stati Uniti.
Un ulteriore sviluppo positivo per l’economia nazionale è rappresentato dal recupero registrato dai mercati finanziari italiani. Questa evoluzione riflette sia fattori internazionali, sia fattori interni legati prima alla mancata attivazione della procedura per disavanzo eccessivo da parte della Commissione Europea e poi al più generale riorientamento della politica estera e di bilancio del Paese, operato da questo Governo, verso un convinto sostegno all’integrazione europea, all’approfondimento dell’Unione Monetaria, alla sostenibilità della finanza pubblica e alla volontà attiva di esercitare un protagonismo circa il necessario rilancio del processo di integrazione, nella direzione della crescita degli investimenti e della coesione sociale e territoriale.
Se la percezione di minore incertezza, evidenziata dal restringimento dello spread sovrano, si diffonderà dai mercati finanziari all’economia reale, anche in termini di maggiore domanda di credito, la domanda interna potrebbe rafforzarsi pur in presenza di un quadro internazionale ancora difficile. In ogni caso, se esaminiamo questo elemento congiunturale risulta evidente che il principale punto di debolezza, sia dell’economia italiana sia di quella europea, esposta come si è visto a una consistente fragilità e vulnerabilità rispetto agli andamenti della domanda internazionale, è quello della domanda interna. Ed è qui che noi dobbiamo agire a livello nazionale ed europeo. Tutto questo dobbiamo farlo all’interno di quadro di finanza pubblica che si basa sulla legacy significativa di un alto debito pubblico del Paese e sull’eredità delle vicende degli ultimi mesi che ho sommariamente richiamato.

[La finanza pubblica]
Il quadro di finanza pubblica a legislazione vigente per gli anni 2019-2022 sconta il rallentamento delle prospettive di crescita nel breve periodo appena delineato e tiene conto dei risultati del monitoraggio sulla finanza pubblica e dell’impatto dei provvedimenti adottati dal precedente Governo dopo il DEF.
In particolare, con l’assestamento di bilancio e il decreto-legge n. 61/2019 del luglio scorso si è evidenziata una riduzione del deficit nominale per l’anno in corso di circa 0,4 punti percentuali di PIL rispetto alla stima del DEF 2019.
Rispetto alle proiezioni di inizio luglio, tuttavia, il quadro è lievemente mutato, per effetto di una revisione al ribasso delle stime relative alle entrate tributarie che si è resa necessaria in considerazione dei dati più consolidati di monitoraggio. La stima dell’indebitamento netto della PA per il 2019 è stata quindi rivista in maniera più contenuta di quanto atteso in luglio, dal 2,4 per cento del PIL stimato nel DEF di aprile al 2,2 per cento attuale.
L’attività di monitoraggio prevista dal D.L. 61/2019 ha evidenziato il conseguimento di circa 1,5 miliardi di risparmi in relazione alle nuove politiche sociali (Reddito di cittadinanza e Quota 100). Pertanto, le dotazioni del bilancio dello Stato, che erano state accantonate dal citato decreto a garanzia della correzione fiscale negoziata dal precedente Governo con la Commissione Europea, sono state rese nuovamente disponibili alla gestione.
Per gli anni 2020-2022 si prevede una marcata riduzione dell’indebitamentonetto nominale a legislazione vigente, atteso allo 0,9 per cento del PIL al termine del periodo di previsione che, tuttavia, è un tendenziale assai poco sostenibile perché incorpora un aumento dell’Iva di 23,1 miliardi da gennaio 2020 e un ulteriore incremento, per 5,6 miliardi, da gennaio 2021.
L’incidenza della spesa per interessi passivi sul PIL scenderà dal 3,2 per cento del 2020 al 3,1 per cento del 2021, per attestarsi al 2,9 per cento nel 2022. E’ bene sottolineare che rispetto al 3,6 indicato nel DEF della scorsa primavera, il tendenziale attuale incorpora un risparmio di circa 6,8 miliardi per spesa di interessi, una cifra significativa.
Alla luce delle modifiche classificatorie apportate da Eurostat, dell’estensione del perimetro di riferimento e dei nuovi dati di contabilità nazionale, il rapporto fra debito lordo della PA e PIL a fine 2018 risultava pari al 134,8 per cento. La stima per il 2019 è rivista al 135,7 per cento, in considerazione dell’insussistenza dei proventi da privatizzazioni, che in modo assai ottimistico erano stati indicati, e altre operazioni finanziarie.
Secondo le nostre stime, la ripresa della crescita nominale e il miglioramento del saldo primario previsti per il prossimo triennio, unitamente ai bassi rendimenti attesi sui titoli del debito, rendimenti che noi auspichiamo si possano peraltro ulteriormente ridurre, dovrebbero assicurare una discesa del rapporto debito/PIL a legislazione vigente tale da raggiungere il 130,4 per cento nel 2022.

Le misure in manovra
La manovra per il triennio 2020-2022 punterà a preservare la sostenibilità della finanza pubblica e, al contempo, a creare spazi fiscali per completare l’attuazione delle politiche di inclusione e attivazione del lavoro già in vigore e per rilanciare la crescita economica nel segno della sostenibilità ambientale e sociale e dello sviluppo delle competenze.
Obiettivo prioritario della prossima Legge di Bilancio sarà evitare l’inasprimento della pressione fiscale prevista dalla legislazione vigente. In questo primo esercizio, noi disattiveremo le clausole di salvaguardia evitando l’aggravio di 23 miliardi di IVA, inoltre, nella sua azione programmatica, l’esecutivo intende rifinanziare e rinnovare una serie di politiche in scadenza, dedicando risorse in favore, tra l’altro, degli investimenti innovativi, dell’efficienza energetica, del rinnovo del patrimonio edilizio, del pubblico impiego. Gli spazi di bilancio a disposizione verranno anche utilizzati per iniziare a introdurre nuove politiche per rilanciare la crescita, lo sviluppo in particolare del Mezzogiorno e la sostenibilità ambientale.
Tra queste, rientrano in primo luogo la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, il rilancio degli investimenti pubblici, l’aumento delle risorse destinate a istruzione, ricerca scientifica e tecnologica e a sostenere e rafforzare il sistema sanitario universale. L’impegno aggiuntivo necessario alla riduzione del cuneo fiscale nel 2020 è valutato in 0,15 punti percentuali di PIL, che saliranno a 0,3 punti nel 2021. Per quanto riguarda gli investimenti, nel 2020-22 stanzieremo circa 9 miliardi aggiuntivi in favore di due nuovi fondi di investimento la cui gestione sarà affidata a Stato ed Enti territoriali che avranno a disposizione risorse per un ammontare complessivo di oltre 55 miliardi su un orizzonte pluriennale (15 anni). A queste risorse vanno aggiunte quelle relative agli interventi per sostenere gli investimenti sotto forma di contributi e di incentivi agli investimenti privati pari a oltre 6 miliardi. In sostanza, nel triennio, e quindi a partire dall’anno prossimo, saranno appostate in bilancio risorse aggiuntive per investimenti pubblici e privati per complessivi 15 miliardi di euro.
Tali politiche costituiscono il primo passo di un programma più vasto che sarà attuato con gradualità per contemperare le esigenze di sostegno al sistema economico e il perseguimento della sostenibilità delle finanze pubbliche.
Il Governo ha fissato per il 2020 un obiettivo di indebitamento netto su PIL al 2,2 per cento, invariato rispetto alla stima per l’anno in corso. Dal punto di vista del deficit strutturale presenta invece un minimo deterioramento dello 0,1 per cento. Il sentiero di riduzione del deficit riprenderà a partire dal 2021, quando in termini programmatici si prevede un indebitamento netto pari al -1,8 per cento del PIL, per poi chiudere al -1,4 per cento del 2022.
Noi siamo quindi in presenza di una manovra che ha una intonazione espansiva, sia nel confronto tra il programmatico e il tendenziale, dall’1,4 al 2,2 per cento, sia rispetto al deficit strutturale e anche, in minima parte, a quello nominale dell’anno precedente. Questo lo riteniamo il giusto equilibrio tra la necessità di rispondere al rallentamento della congiuntura, seppur con lo spazio fiscale inevitabilmente limitato che l’Italia ha rispetto ad altri paesi europei – che noi auspichiamo applichino politiche economiche anche più espansive – e l’esigenza di assicurare la sostenibilità della finanza pubblica e, in particolare, un profilo discendente del nostro debito pubblico.
Per raggiungere questi obiettivi noi agiremo in primo luogo su una prudente revisione della spesa, sulle agevolazioni fiscali e sulla lotta all’evasione. Si tratta di un compito impegnativo. L’attuazione di un’efficace revisione e riqualificazione della spesa dovrà necessariamente muoversi in tempi limitati. Inoltre, gli interventi in ambito fiscale non possono non tenere conto dell’elevato onere a cui sono sottoposte le famiglie e le imprese che non evadono il fisco. Per tale motivo, una particolare attenzione sarà riservata alle misure di contrasto ai fenomeni di evasione, che saranno indirizzate ai settori a più alto rischio, ma prevederanno anche meccanismi di intervento più generalizzato e di incentivo, intesi a conseguire una consistente riduzione del tax gap, che è piuttosto alto, circa 109 miliardi. Nella NADEF trovate un maggiore dettaglio dei vari pilastri degli elementi di copertura della manovra, che poi saranno dettagliati nelle misure.
La pressione fiscale, che sarebbe aumentata dal 41,9 al 42,6 per cento, scenderà di diversi decimali. Scenderà sia rispetto al tendenziale del 2020, sia rispetto al 2019. Noi quindi indichiamo una pressione fiscale in discesa.

[L’impatto delle misure in manovra sulla crescita]
Venendo alla previsione macroeconomica, l’intonazione della politica fiscale dello scenario programmatico è significativamente più espansiva rispetto allo scenario tendenziale. In particolare, nel 2020 non ha luogo l’elevato aumento dell’IVA previsto dalla legislazione vigente. Ciò porta da un lato ad una maggiore crescita della domanda interna e, dall’altro, ad un incremento più contenuto dei deflatori dei consumi e del PIL. L’effetto netto è positivo sul PIL reale e altre variabili macroeconomiche quali l’occupazione. La crescita del PIL reale nel 2020 è prevista allo 0,6 per cento, mentre il PIL nominale crescerebbe del 2,0 per cento. Una stima che considero realistica e, financo, prudente. L’occupazione crescerebbe maggiormente rispetto al tendenziale, sia in termini di occupati che di ore lavorate.
Nei due anni seguenti, in corrispondenza di una riduzione degli obiettivi di indebitamento netto di maggiore entità in confronto alle stime tendenziali, ma che noi intendiamo distribuire in misura più equilibrata su ciascun anno, il tasso di crescita del PIL si attesterebbe all’1,0 per cento, grazie ad un contributo complessivo della domanda interna leggermente più elevato in confronto al 2020 e ad una ripresa più decisa della produzione, e quindi un apporto della variazione delle scorte leggermente positivo, nel 2021.
Ricordo che le previsioni ufficiali sono finalizzate alla formulazione di un quadro prudenziale di finanza pubblica. L’aspirazione del Governo è di conseguire tassi di crescita del PIL e dell’occupazione superiori a quelli della previsione programmatica e che portino con sé un più marcato calo del tasso di disoccupazione, sia nella media nazionale, sia e soprattutto nel Sud, in particolare fra i giovani e la popolazione femminile.

[Relazione ex art. 6 comma 5 Legge 243/2012]
[Circostanze eccezionali e richiesta di autorizzazione al Parlamento]
Come previsto dall’ordinamento nazionale, il Governo, sentita la Commissione europea, ha presentato al Parlamento una Relazione con la quale richiede, ai sensi dell’art. 6 comma 5 della Legge n. 243 del 2012, l’autorizzazione a modificare il piano di rientro verso l’Obiettivo di Medio Termine e ad aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, indicando la durata e la misura dello scostamento e le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello scostamento.
In questa sede non mi dilungo sulle circostanze eccezionali di natura macroeconomica che costituiscono i presupposti della richiesta, rinviando alla Relazione. Quanto alle finalità, le risorse che verranno rese disponibili con la modifica del piano di rientro saranno utilizzate per il contrasto dei rischi derivanti dal dissesto idrogeologico e la rete viaria e per altri interventi volti a favorire la sostenibilità ambientale e aumentare la resilienza del Paese, quantificando questa flessibilità aggiuntiva rispetto al margine di deviazione nell’ordine di 0,2 punti percentuali di PIL. Abbiamo in sostanza un impianto, poi riflesso nella relazione al Parlamento, in cui il Governo intende utilizzare tutto il margine di deviazione dello 0,5 rispetto alle raccomandazioni di luglio del Consiglio che chiedeva, come noto, una riduzione del deficit strutturale dello 0,6 e, sopra di questo, chiediamo questo 0,2 aggiuntivo di flessibilità legato allo scorporo degli investimenti in ambito dissesto idrogeologico, rete viaria, sostenibilità ambientale. Per un margine di flessibilità complessivo dello 0,7 per cento.
La conseguenza è che il Governo fissa per il 2020 un obiettivo di indebitamento netto strutturale su PIL all’1,4 per cento, che quindi definisce un lieve peggioramento di 0,1 punti percentuali di PIL rispetto all’anno precedente. Il sentiero di riduzione del deficit strutturale riprenderà a partire dal 2021, tuttavia nelle nostre previsioni lo farà con un passo più moderato, quindi più realistico, dello 0,2 per cento l’anno. Il percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Termine proseguirà negli anni a seguire.
Con il prossimo Documento Programmatico di Bilancio, il Governo intende presentare alle Istituzioni europee una corrispettiva richiesta di flessibilità, coerente con le regole europee e con il quadro macroeconomico che ho delineato.

[Conclusioni]
Il programma descritto nella NADEF mira a rilanciare la crescita assicurando allo stesso tempo l’equilibrio dei conti pubblici e una partecipazione propositiva al progetto europeo. C’è un’interfaccia di questo programma di politica economica sul quale non mi sono soffermato in questa sede che richiede un attivo protagonismo dell’Italia sulla scena europea, volto al rilancio di politiche comuni per la crescita e al completamento e alla riforma dell’unione economica monetaria.
L’Italia è un paese solido con finanze pubbliche sane e sostenibili che ha mostrato doti di resilienza anche nelle fasi più difficili. Grazie alla rinnovata fiducia nei confronti del Paese e al coinvolgimento attivo dei cittadini e delle forze sociali, produttive e intellettuali, siamo convinti di poter cogliere le sfide che il Paese avrà di fronte perseguendo, su di un orizzonte di legislatura, una politica di bilancio responsabile ma al tempo stesso chiaramente orientata alla crescita, alla sostenibilità ambientale e sociale.

 Video: audizione del ministro Gualtieri sulla NADEF 2019

 

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