Audizione del ministro Gualtieri in relazione alla costituzione del ‘Patrimonio Rilancio’ e al prospettato ruolo di Cdp nella definizione della proposta transattiva riguardante ASPI [Commissione parlamentare di vigilanza su Cassa depositi e prestiti] – 3 settembre 2020
03/09/2020Grazie Presidente e membri di questa Commissione; sono lieto di essere qui e vi ringrazio per l’invito a questa audizione e a discutere del processo di costituzione del Patrimonio Rilancio nonché dell’operazione di riassetto societario di Autostrade per l’Italia in cui si prospetta il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti.
Ribadisco quanto avuto modo di dire in altra sede, e anche in un dialogo con il Presidente Giacomoni, e cioè che sono disponibile ad avere un’interlocuzione regolare con questa Commissione; volevo inoltre approfittare di questa occasione per esprimere un forte apprezzamento per il lavoro di Cassa Depositi e Prestiti e del suo management.
Patrimonio Rilancio
Ho già avuto alcune occasioni di presentare in Parlamento le finalità di questa misura, che è un tassello di un più ampio mosaico di interventi che puntano a favorire la ricapitalizzazione, agevolare la ripartenza e garantire la salvaguardia delle imprese – in questo caso, per questa specifica misura, delle imprese medie e grandi – anche con misure innovative, nella cornice del Quadro Temporaneo della Commissione europea.
La costituzione del “Patrimonio Rilancio” in CDP consentirà di supportare la ricapitalizzazione di società per azioni con sede in Italia (escluse banche e assicurazioni) che abbiano un fatturato superiore ai 50 milioni di euro.
La scelta della costituzione di un patrimonio destinato è stata ritenuta preferibile rispetto ad altre possibili soluzioni (tra cui, per esempio, la costituzione di un fondo da affidare in gestione a CDP ovvero la previsione di una garanzia sull’operatività di CDP) perché a nostro giudizio combina la natura pubblica delle risorse con l’expertise di Cassa Depositi e Prestiti garantendo, allo stesso tempo, la valorizzazione di questa expertise nel quadro, appunto, di un presidio pubblico sulla loro gestione.
L’intervento nasce con l’obiettivo di favorire la patrimonializzazione delle imprese, in un momento particolarmente delicato, e di sostenerne la ripresa, senza alterare i meccanismi di mercato.
Come è noto, per rendere operativo il Patrimonio Rilancio è necessaria l’emanazione del decreto previsto dall’articolo 27, comma 5, del decreto legge 34/2020, ormai convertito in legge.
L’elaborazione del decreto attuativo è stata immediatamente avviata, dopo il varo del Decreto Rilancio, in parallelo con l’interlocuzione preliminare con la Commissione europea in modo da avere un preventivo assenso sulla notifica, che è naturalmente necessaria per la normativa europea, ed è prevista anche dallo stesso articolo 27 del Decreto Rilancio.
Questa interlocuzione ha richiesto un particolare impegno, per l’esigenza di calibrare al meglio la strumentazione del Patrimonio Destinato rispetto a quanto era definito dal Temporary Framework.
Questo perché il Temporary framework, come ho accennato, stabilisce il perimetro di queste misure e definisce, tuttavia, dei meccanismi molto complessi e in un certo senso piuttosto rigidi; meccanismi che, se ci fossimo limitati a trasporli nel Decreto, avrebbero probabilmente consentito dei tempi più rapidi, ma in questo modo avremmo poi anche ritrovato delle modalità di attuazione del Patrimonio Destinato che avrebbero rischiato di essere poco efficaci e poco praticabili.
Quindi, abbiamo fatto ciò che è stato fatto da quasi tutti i Paesi, ad eccezione di uno: cioè abbiamo deciso di non trasporre semplicemente gli articoli del TF, che definiscono delle condizioni molto rigide, ma abbiamo avviato un dialogo, e abbiamo quasi concluso, in parallelo con gli altri Paesi, per adattare il testo del TF, e quindi individuare delle modalità di attuazione che non erano quelle puramente previste, ma che, sulla base di quelle indicazioni, adattavano questo strumento alle esigenze del nostro Paese e in generale al funzionamento dell’economia, in modo da renderlo utile e utilizzabile.
Nel merito, il provvedimento deve indicare il tipo di strumenti finanziari tramite la cui sottoscrizione si realizzeranno in concreto gli interventi.
Naturalmente, il primo elemento è stata la distinzione fra interventi posti in essere a condizioni di mercato, che non richiedono l’autorizzazione della Commissione Europea, e quelli di aiuto, che però devono rientrare nel perimetro di ciò che la Commissione Europea rende temporaneamente realizzabile per effetto della crisi da Covid-19, e che altrimenti, in condizioni di mercato normali, non sarebbero permessi.
In questo secondo ambito, abbiamo dovuto, appunto, muoverci all’interno di questo perimetro che definisce molto dettagliatamente le condizioni per il rafforzamento patrimoniale delle imprese impattate dalla pandemia. Il Temporary Framework contempla solo due tipi di interventi: la sottoscrizione di azioni e la sottoscrizione di strumenti ibridi automaticamente convertiti in azioni nel caso in cui alla scadenza l’impresa beneficiaria non sia ancora in grado di rimborsare i titoli. Nella interlocuzione con la Commissione europea l’Italia ha proposto di aggiungere a queste due tipologie di strumenti, cioè le azioni e il cosiddetto convertendo, anche degli ibridi convertibili, (l’opzione della conversione dei quali è nelle mani del sottoscrittore) che non sono esplicitamente contemplati dal TF e che sono al tempo stesso più convenienti per l’impresa e offrono maggiori salvaguardie per lo Stato.
Inoltre, la seconda questione che abbiamo affrontato, e questa è stata ormai risolta, è stata quella della individuazione della platea delle imprese ammissibili.
Come è noto, il Temporary Framework prevede dei criteri di ammissibilità piuttosto stringenti. In primo luogo si prevede che “gli Stati membri possono erogare un sostegno pubblico sotto forma di strumenti di capitale e/o strumenti ibridi di capitale a favore di imprese che si trovano in difficoltà finanziarie a causa della pandemia di Covid-19” e si dispone che “Una misura di ricapitalizzazione Covid-19 deve soddisfare le seguenti condizioni:
- senza l'intervento dello Stato il beneficiario fallirebbe o avrebbe gravi difficoltà a mantenere le sue attività. Tali difficoltà possono essere rivelate dal deterioramento, in particolare, del rapporto tra debito e patrimonio netto del beneficiario o da indicatori analoghi;
- è nell'interesse comune intervenire. L'intervento può essere motivato dall'intento di evitare difficoltà di ordine sociale e un fallimento del mercato a causa di considerevoli perdite di posti di lavoro, dall'uscita dal mercato di un'impresa innovativa o di importanza sistemica, dal rischio di perturbazione di un servizio importante o da situazioni analoghe debitamente giustificate dallo Stato membro interessato;
- il beneficiario non è in grado di reperire finanziamenti sui mercati a condizioni accessibili e le misure orizzontali esistenti nello Stato membro interessato per coprire il fabbisogno di liquidità sono insufficienti per garantirne la redditività; e
- il beneficiario non è un'impresa che era già in difficoltà il 31 dicembre 2019 (ai sensi del regolamento generale di esenzione per categoria).”
Poiché dalle analisi svolte risulta che le società non finanziarie con un fatturato superiore a 50 milioni e non in difficoltà alla fine del 2019, cioè quelle che soddisfano i requisiti di base dell’articolo 27 del DL Rilancio, erano circa 2.900, è stata proposta ai servizi della Commissione europea una metodologia volta a identificare ex ante l'universo delle società non finanziarie in grado di soddisfare tutti i requisiti del quadro normativo, al fine di accelerare le verifiche da parte di CDP, e avere quindi una procedura a sportello più rapida.
Questo perché, altrimenti, si sarebbe richiesto a Cdp di fare, una per una, questa verifica di eligibility, e questo naturalmente avrebbe allungato i tempi.
I tempi per l’erogazione delle misure di aiuto sono infatti contenuti: per questo tipo di interventi il Temporary Framework indica come termine ultimo il 30 giugno 2021 e quindi rende difficile una metodologia – e questo rappresenta, tra virgolette, un limite del TF – che preveda un’analisi ex ante caso per caso.
Per questo c’è stata una discussione ampia e articolata con la Commissione Europea per individuare un indicatore quantitativo specifico che consenta di identificare le imprese ammissibili con una metodologia ex ante solida e difendibile e quindi più rapida. Su questo punto il confronto si è ora chiuso positivamente.
L’altro elemento di discussione e di negoziato con la Commissione Europea ha riguardato il possibile terzo strumento, da affiancare a equity e convertendo. È stato infatti proposto alla Commissione europea uno strumento convertibile, con caratteristiche idonee a conseguire un migliore allineamento di interessi fra impresa beneficiaria e Stato rispetto allo schema dello strumento ibrido previsto nel Temporary Framework, con due vantaggi: da una parte il rendimento sarebbe più contenuto rispetto al convertendo, dall’altro lo Stato parteciperebbe all’eventuale upside e godrebbe di una maggiore protezione nel caso di downside. Ogni caratteristica dello strumento proposto è stata oggetto di meticolosa e approfondita analisi da parte dei servizi della Direzione Concorrenza della Commissione europea e questo ha richiesto del tempo, tuttavia siamo ormai, auspico, in dirittura d’arrivo; ci sono ancora aperti solo alcuni dettagli, quindi confidiamo di poter finalmente concludere questa interlocuzione e predisporci poi a una notifica con accettazione rapida e certa.
Concludo sul tema aiuti di Stato ricordando che lo strumento è stato pensato nel pieno dell’emergenza, per essere impiegato nella fase “due”. In questo senso abbiamo fatto bene, visti i tempi che poi ci sono stati per il negoziato con la Commissione, ad avvantaggiarci e a inserirlo già nel Decreto Rilancio, per essere pronti per l’autunno e per i primi mesi del prossimo anno, cioè per quelli che realisticamente saranno i momenti utili per uno strumento che non è più uno strumento di liquidità immediata ma è uno strumento di capitalizzazione. Deve, quindi, essere pronto per l’autunno e per i primi mesi dell’anno, e siamo stati tra i primi, infatti, a prevederlo nelle misure prese durante la pandemia e abbiamo potuto intraprendere questo negoziato che si è reso necessario perché altrimenti, con una trasposizione rigida, avremmo poi rischiato di avere uno strumento poco utilizzabile e quindi non pienamente utile per le imprese. A questo punto, contiamo di concludere rapidamente questa fase finale; poi ci sarà naturalmente il passaggio parlamentare, che legittimamente il Parlamento ha chiesto di poter svolgere, ma che fortunatamente richiede dei tempi contenuti, per poi avere questo strumento operativo sapendo che esso sarà applicabile fino al 30 giugno 2021, oltre quindi il 31 dicembre 2020, scadenza che riguarda altri aspetti delle misure straordinarie, come i prestiti garantiti, mentre questo strumento, essendo pensato proprio per una fase successiva a quella della liquidità immediata è, appunto, applicabile fino al 30 giugno 2021.
Operatività a mercato
Poi c’è la seconda modalità che noi comunque prevediamo di utilizzare, quella cosiddetta a mercato, che non è oggetto di interlocuzione con i servizi della Commissione europea, avendo gli stessi escluso la praticabilità della asseverazione ex ante di un regime con caratteristiche il cui rispetto ne esclude la qualificazione come aiuto di Stato. La modalità di supporto è aiuto di Stato, questa è una modalità, appunto, di mercato.
Per quanto sia possibile anche in questo caso individuare dei processi standardizzati, l’approccio dovrà garantire per ogni specifico intervento la conformità al market economy operator principle, il principio cardine della riconducibilità dell’operazione a condizioni di mercato, secondo i consolidati orientamenti della Commissione europea. Da questo punto di vista il presidio più solido è la presenza di co-investitori privati pari passu con il Patrimonio Rilancio, secondo le indicazioni degli Orientamenti sull’investimento in capitale di rischio.
D’altra parte questo non basta a orientare le scelte di investimento del Patrimonio Rilancio, che dovranno essere guidate, in conformità con quanto già previsto dall’articolo 27 del decreto legge, dalla coerenza, anche per merito dell’intervento del Parlamento, con le linee strategiche del Piano Nazionale di riforma e dalla funzionalizzazione alle esigenze considerate al comma 5 del medesimo articolo (le ricordo: sviluppo tecnologico, infrastrutture critiche e strategiche, filiere produttive strategiche, sostenibilità ambientale; mantenimento dei livelli occupazionali). Lo stesso Temporary Framework prevede che “le grandi imprese devono illustrare in che modo gli aiuti ricevuti sostengono le loro attività in linea con gli obiettivi dell'UE e gli obblighi nazionali in materia di trasformazione verde e digitale, compreso l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050”. I paletti del Temporary Framework, quanto alla dimensione e alle caratteristiche degli interventi rendono invece più complicato immaginare forme di incentivo alla finalizzazione a un certo tipo di investimenti delle risorse ricevute.
E questo è appunto un altro, tra virgolette, dei limiti oggettivi che riguardano il modo in cui è modulato e scritto il Temporary Framework.
Concludo, chiarendo che per la finalizzazione, come credo ho già ampiamente chiarito, dello schema di decreto è indispensabile che intervenga la decisione della Commissione che si auspica poter essere assunta entro la metà di settembre, consentendo il prosieguo dell’iter del provvedimento, ivi compreso l’esame, che noi auspichiamo sarà tempestivo, naturalmente, da parte delle Commissioni parlamentari che potrebbe avvenire entro il mese di settembre.
Riassetto societario di Autostrade per l’Italia S.p.A.
Vengo all’altro aspetto che mi è stato chiesto di affrontare, che è quello che riguarda il riassetto societario di Autostrade per l’Italia. Come è noto, è in corso la procedura di contestazione per grave inadempimento di Aspi, finalizzata alla risoluzione della Convenzione Unica, avviata a seguito del crollo del cosiddetto “Ponte Morandi”.
Non è questa l’occasione, naturalmente, per ricapitolare questa vicenda.
Lasciatemi dire però che l’indirizzo seguito dal Governo è stato quello di aprire una pagina nuova. Con un regime concessorio più moderno, che superi quel regime di revoca e indennizzo precedente e totalmente squilibrato a favore del concessionario, si dimostri più efficiente ed equo, e dia vita anche a un’ambiziosa operazione di politica industriale volta a rilanciare un’infrastruttura strategica, imperniata su un investitore di lungo termine come Cassa depositi e prestiti, che vuole anche offrire una proficua opportunità di impiego del risparmio, degli investimenti anche privati, nell’economia reale e nello sviluppo del Paese a vantaggio degli utenti e degli investimenti.
Nel merito della questione mi limito a ricordare che il Gruppo di Lavoro interistituzionale, istituito con decreto del MIT, con parere del luglio 2019 ha ritenuto sussistere il grave inadempimento del concessionario agli obblighi di custodia e di manutenzione dell’infrastruttura autostradale e i presupposti per la risoluzione della Convenzione Unica.
Il Gruppo di Lavoro, la Corte dei Conti e, più recentemente, la Corte Costituzionale hanno sottolineato lo squilibrio contrattuale che caratterizza la Convenzione Unica. In particolare la Corte Costituzionale, con specifico riferimento alle clausole 9 e 9 bis della Convenzione, ha ritenuto che: “La decadenza e la revoca della concessione è stata in tal modo resa straordinariamente onerosa per la parte pubblica, soggetta, in base ai già citati artt. 9 e 9-bis della convenzione, ad un regime indennitario del tutto eccezionale e derogatorio, a favore della concessionaria, delle regole di diritto comune attinenti a tale genere di rapporto. Basti pensare che l’art. 9 della convenzione, in tema di decadenza dalla concessione, per grave inadempimento del concessionario, subordina il subentro del concedente al pagamento di un importo corrispondente al valore attuale netto dei ricavi di gestione «sino alla scadenza della concessione», preservando così l’utile che il concessionario avrebbe tratto dal rapporto, benché quest’ultimo sia cessato per causa imputabile allo stesso concessionario”.
È stato avviato, a decorrere dal 23 luglio 2019, un confronto con Aspi, finalizzato ad addivenire a una soluzione condivisa, alternativa alla risoluzione della Convenzione Unica, idonea ad assicurare il pieno adeguamento della concessione al mutato contesto normativo, regolatorio, e tariffario, a ricondurre a equilibrio il rapporto concessorio, a rimuovere i fattori di inaffidabilità dell’intero sistema di monitoraggio, valutazione e manutenzione dell’infrastruttura in concessione.
Come è noto in data 11 luglio 2020 il Concessionario ha presentato una nuova proposta di soluzione concordata del procedimento di contestazione del grave inadempimento, ulteriormente affinata con le note del 13, 14 e 15 luglio 2020, con le quali si prospetta tra l’altro la ridefinizione delle regole convenzionali di concessione in materia di inadempimento del concessionario nella direzione del riequilibro dei rapporti contrattuali, l’accettazione delle regole tariffarie fissate nel 2019 dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti – per noi sempre un punto essenziale – la realizzazione di manutenzioni urgenti fuori tariffa, l’accelerazione del programma degli investimenti necessari ad assicurare la piena sicurezza della rete autostradale e la rinuncia ai contenziosi proposti da ASPI stessa. Le interlocuzioni per la conclusione di un eventuale accordo in uno con la revisione della Convenzione, a cui sarebbe allegato il nuovo Piano economico-finanziario, sono in via di definizione.
Il Concedente ha altresì illustrato una operazione di riassetto societario, a condizioni di mercato, con il coinvolgimento di CDP a cui verrebbe trasferito il controllo di Autostrade per l’Italia prospettando la conclusione dei relativi accordi contestualmente alla definizione consensuale della procedura di grave inadempimento.
Le negoziazioni da parte di CDP sono state avviate il 16 luglio.
Si tratta di negoziazioni di cui è necessario rispettare la massima confidenzialità e riservatezza dato che coinvolgono soggetti emittenti strumenti finanziari quotati.
Ciò posto, alla luce dei comunicati pubblici, è chiaro che si tratta di un negoziato complesso e delicato, anche alla luce della circostanza che Atlantia ha successivamente proposto strutture dell’operazione alternative.
Il negoziato sta quindi proseguendo, evidentemente con l’esame delle varie opzioni sul tavolo.
Dato che Atlantia è una società quotata in borsa e le informazioni sulle negoziazioni in corso hanno rilievo, naturalmente, anche rispetto all’andamento del titolo e che CDP è una market unit al di fuori del perimetro della Pubblica Amministrazione – come ricordava opportunamente il Presidente Giacomoni – di cui è necessario preservare l’indipendenza e l’autonomia, si avrà piena contezza della concreta definizione dell’operazione solo all’esito delle autonome valutazioni degli organi deliberanti di Atlantia e CDP.
Vi ringrazio per l’attenzione.