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Audizione del Ministro Gualtieri sulla RAI [Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi] – 11 novembre 2020

11/11/2020

Ringrazio il Presidente e la Commissione per l’invito rivoltomi a partecipare a questa audizione, in qualità di azionista di controllo della RAI S.p.A., per una valutazione della situazione finanziaria della Società stessa.

Il mio intervento toccherà solo brevemente le questioni gestionali, che sono state oggetto della comunicazione inviata a questa Commissione il 28 ottobre scorso dall’Amministratore Delegato della RAI, Fabrizio Salini, e che hanno trovato ampio spazio sulla stampa.

Illustrerò, invece, più compiutamente gli indirizzi strategici che l’Azionista pubblico di controllo pone in capo alla Concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo in termini sia di svolgimento del servizio stesso, disciplinato dal Contratto di Servizio in essere tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI, che in termini di mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della Società, aspetto quest’ultimo che interessa specificamente l’azionista di controllo.

Prima di entrare nello specifico di tali argomentazioni, desidero richiamare alcuni dati economici e patrimoniali della RAI S.p.A., che non tengono conto del perimetro del gruppo e dunque del bilancio consolidato, per evidenziare l’evoluzione in atto delle principali grandezze.

Alcuni dati economici e finanziari di RAI

Negli ultimi anni, il bilancio della RAI ha registrato risultati netti negativi pari a 34 milioni nel 2018 e a 35 milioni nel 2019, vediamo nel dettaglio come tali valori si sono determinati.

Nel 2018 i ricavi complessivi sono stati 2.404 milioni (di cui 1.758 milioni da canone e 550 milioni da pubblicità) mentre i costi totali si sono attestati a 2.242 milioni (di cui 912 milioni per il personale e 1.330 milioni di altri costi operativi). Il risultato operativo è stato negativo per 130 milioni, con una flessione dei ricavi di circa 39 milioni non compensata da una diminuzione dei costi operativi, che si sono ridotti solo di 4 milioni. Il contributo dei proventi finanziari e delle imposte differite ha determinato un risultato di esercizio inferiore rispetto alla perdita operativa.

Situazione analoga si è registrata nel 2019, quando i ricavi totali sono stati 2.483 milioni (di cui 1.798 milioni da canone e 540 milioni da pubblicità) mentre i costi totali sono stati 2.292 milioni. Il Risultato Operativo è risultato negativo per 113 milioni, per effetto di una maggiore azione di controllo dei costi operativi. Anche nel 2019, i proventi finanziari e le imposte differite hanno determinato un risultato netto negativo inferiore rispetto alla perdita operativa.

Se si guarda, invece, al bilancio consolidato di RAI del 2019 si osserva che il risultato operativo del gruppo è positivo per 21 milioni di euro e il bilancio complessivo, considerate anche le imposte, è in pareggio.

Nel primo semestre 2020, i Ricavi complessivi sono stati pari a circa 1.254 milioni, in riduzione di oltre 120 milioni (meno 9% circa) rispetto allo stesso periodo del 2019. La flessione ha riguardato sia i ricavi da canone (passati da 922 milioni del primo semestre 2019 a 869 milioni del primo semestre 2020, con una flessione del -6% circa) sia quelli da pubblicità (ridottisi da 327 milioni a 278 milioni, con un decremento del -15%).

A fronte di tale dinamica anche i costi sono diminuiti: il costo del personale è passato da 521 milioni a 513 milioni (-1,5%) mentre gli altri costi operativi si sono ridotti da 1.081 milioni a 938 milioni (-13% circa).

Dai dati esposti, e tenuto conto delle dinamiche degli esercizi precedenti, si può osservare un andamento in flessione dei ricavi complessivi, indotto soprattutto dalla riduzione dei ricavi pubblicitari.

Negli ultimi anni, il mercato pubblicitario nazionale ha manifestato una significativa flessione nel comparto televisivo: la riduzione cumulata dal 2017 al primo semestre 2020 è pari a circa il 28%, principalmente imputabile al primo semestre 2020.

Per quanto riguarda la struttura finanziaria della RAI, emerge un peggioramento della posizione finanziaria netta nel 2019 rispetto al 2018. L’indebitamento netto è passato da 251 milioni a fine 2018 a 537 milioni di fine 2019.

Tale dinamica è stata determinata da un cash flow negativo conseguente principalmente alla perdita dell’esercizio, agli esborsi monetari derivanti dal piano di incentivazione all’esodo 2018 (la cui manifestazione monetaria è avvenuta nei primi mesi del 2019), al pagamento di anticipi per i diritti di trasmissione degli Europei di calcio 2020.

La posizione finanziaria netta a fine primo semestre 2020 (-165 milioni) mostra un trend di ulteriore aggravio rispetto allo stesso periodo del 2019 (-130 milioni).

Al riguardo, se si osservano i dati di previsione per il 2020, la RAI prevede una perdita consolidata di 43 milioni di euro, con conseguente prevedibile ulteriore aggravio della posizione finanziaria netta. Ciononostante il fatto che nel 2020 siano venuti meno i costi che RAI avrebbe dovuto sostenere per i Campionati europei di calcio, che non si sono tenuti a causa del Covid.

In sostanza, sembra emergere che, a fronte di un andamento economico con risultati netti in perdita contenuta ma stabile negli ultimi due esercizi, la struttura finanziaria evidenzi un peggioramento.

A questo proposito, ricordo che l’Amministratore Delegato di RAI, nell’evidenziare le criticità finanziarie della società relative all’anno in corso e riguardanti mancati introiti pubblicitari e da canone dovuti alla crisi economica generata dalla pandemia, ha ribadito la necessità per la RAI di recuperare quelle quote di canone che oggi non arrivano all'azienda, pena il rischio di dover ridefinire il perimetro del Servizio pubblico radiotelevisivo.

Il riferimento è al cosiddetto extra-gettito, derivante dal canone recuperato rispetto all’evasione. Per il 2020 l’importo in questione è pari a circa 190 milioni, di cui 105 milioni da riversare agli altri operatori radio televisivi in base alla legge e 85 milioni (5% del canone annuo) che rimangono allo Stato.

Posso confermare in questa sede che nell’ambito della prossima Legge di Bilancio dello Stato è stata inserita una norma che prevede appunto che tale ultimo importo sia riassegnato alla stessa RAI a parziale compensazione degli oneri derivanti dalla crisi economica in atto. Lo Stato, quindi, in una fase particolarmente delicata e difficile, ha accolto l’invito rivolto non solo dalla RAI, a sostegno delle proprie esigenze, ma da un’ampia schiera di associazioni di categoria, di lavoratori e operatori del mondo dell’informazione e dell’audiovisivo, che sono parte fondamentale della produzione culturale italiana e che rappresentano l’indotto della prima azienda culturale del paese. Risulta tuttavia evidente che questo intervento debba essere accompagnato da interventi e da parte del management più ampi e incisivi che puntino a un rilancio più complessivo dell’azienda.

Valutazione dell’azionista

Entro ora nel merito specifico delle considerazioni dell’azionista di controllo, che riguardano, come accennato, sia il corretto svolgimento del servizio pubblico radio televisivo, nel rispetto dei principi sanciti dal Contratto di Servizio stipulato con il Ministero dello sviluppo economico, sia il mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario e lo sviluppo dell’operatività aziendale.

Servizio pubblico

Il Contratto di Servizio 2018-2022 ha per oggetto l’attività che la Società concessionaria svolge ai fini dell’espletamento del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e, in particolare, l’offerta diffusa attraverso le diverse piattaforme. Il Contratto disciplina un insieme di obiettivi, di indirizzi operativi, di parametri di qualità e di tipologie di programmi, la cui realizzazione è affidata all’autonoma capacità editoriale della Società concessionaria nel rispetto dei principi e della normativa di riferimento.

Al riguardo, la RAI svolge il servizio pubblico anche attraverso canali dedicati, perseguendo l’obiettivo di una informazione pluralista e anche con programmazione dedicata alle minoranze linguistiche e a specifiche categorie sociali.

Tale servizio pubblico viene erogato a valere sulle risorse da canone, in base a quanto disposto dal Contratto di Servizio, e rendicontato nella specifica “contabilità separata”, soggetta a revisione e controllo contabile. Tale strumento consente di identificare con esattezza e trasparenza i costi del servizio pubblico da coprire con i ricavi da canone.

Il servizio generalista, alimentato dalle risorse provenienti dalla pubblicità deve caratterizzarsi per una sempre crescente qualità dei programmi, audit e gradimento da parte dell’utenza.

Lo Stato, dunque, presidia lo svolgimento del servizio pubblico indicando le linee strategiche di programmazione, nel rispetto dell’autonomia gestionale della RAI. Tale attività fa capo al Ministero dello sviluppo economico che, come detto, ha sottoscritto il citato Contratto di Servizio con RAI.

Equilibrio finanziario e crescita aziendale

L’altro aspetto di interesse per l’azionista Stato riguarda lo sviluppo dell’attività industriale nel rispetto del mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario della Società.

Tale esigenza è soprattutto sentita dall’azionista di controllo che persegue la strategia della crescita delle proprie società controllate e partecipate e della creazione di valore da parte delle stesse.

A tale riguardo, le attuali discipline sulla partecipazione azionaria statale condizionano l’assunzione della qualità di azionista al “rilevante interesse nazionale” presentato dalle imprese partecipate, che, nel contempo, devono avere e mantenere nel tempo condizioni di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico, con prospettive di redditività.

È evidente l’obiettivo di evitare che si proponga la figura dello “Stato - erogatore” dietro la figura dell’azionista, dovendo invece il socio pubblico operare nel rispetto delle regole di buona amministrazione, comportandosi, nel perseguimento di obiettivi di lungo periodo d’interesse generale, come un “imprenditore avveduto”.

Si è spesso parlato di incompatibilità tra l’esigenza di redditività delle società partecipate e lo scopo pubblicistico, inteso come attuazione di un indirizzo di politica industriale, ossia in ultima analisi come perseguimento del bene comune della collettività.

Sappiamo tutti che, come ci ricorda la storia delle partecipazioni pubbliche, si tratta di una falsa alternativa. La redditività non è una mera regola formale con l’obiettivo ultimo, in quanto la missione sociale è comunque la ragion d’essere della società, ma è una disciplina che guida le scelte gestionali indirizzandole verso la sana e prudente gestione.

La redditività quindi fa sì che l’appartenenza delle società partecipate dal settore pubblico al diritto privato non sia solo una mera affermazione formale, ossia l’adempimento della richiesta del legislatore, ma costituisca un presidio sostanziale di garanzia del buon funzionamento e della sostenibilità nel tempo delle società.

La redditività e la sana e prudente gestione vanno quindi intesi come capacità di continuare nel tempo a creare valore per la collettività, senza dover ricorrere a intervalli regolari all’utilizzo di risorse pubbliche, che verrebbero distolte da altri impieghi di politica economica e sociale.

In tale ottica, non si può che valutare con attenzione e preoccupazione il deterioramento della posizione finanziaria della RAI, in quanto elemento critico per il necessario sviluppo dell’attività e il buon funzionamento aziendale, anche in considerazione del ruolo centrale che la RAI, come dicevo, ha ricoperto e ricopre nel panorama della produzione culturale e dell’informazione nel nostro Paese.

Anche alla luce della situazione esposta fin qui, consentitemi qualche valutazione di carattere più generale e strategico.

I problemi di conto economico della RAI che vi ho rappresentato non riflettono solo una flessione congiunturale dei ricavi, ma mettono a nudo degli squilibri strutturali che richiedono risposte durature, non solo dal punto di vista delle fonti di finanziamento, ma anche da quello di un’adeguata capacità di rilancio dell’azienda e di una rivisitazione del suo piano industriale anche alla luce degli scenari evolutivi connessi alla pandemia e alle trasformazioni e tendenze del mercato radio-televisivo e delle comunicazioni, molto impattato dal processo di digitalizzazione in atto.

L’incremento strutturale delle entrate da canone, che come ho detto inseriremo in legge di bilancio, deve impegnare innanzitutto il vertice dell’azienda a presentare un piano serio di riorganizzazione e rilancio della Rai  razionalizzi strutture e costi per assicurare un equilibrio prospettico tra entrate e uscite e garantisca una crescente e migliore capacità di offerta di competizione e anche una dinamica occupazionale  che  non penalizzi la capacità della RAI di continuare ad essere attrattiva, anche in futuro, di nuove competenze e talenti.

Questo porta alle questioni più ampie che si sono rese particolarmente evidenti in questi difficili mesi del 2020, che andranno affrontate con un serio impegno per accompagnare la RAI nella trasformazione digitale preservando e valorizzando il suo ruolo di prima azienda culturale del paese. Il mix di prodotto, le piattaforme di offerta vanno completamente ripensate sulla base delle opportunità di differenziazione che offre oggi la tecnologia e sulla base delle diverse modalità di fruizione dei contenuti che caratterizzano le nuove generazioni.

Occorre ripensare la modalità di stare sul mercato da parte della RAI e la sua capacità di valorizzare i prodotti editoriali non solo in termini di raccolta pubblicitaria, com’è stato negli anni del trionfo della tv generalista a fruizione sincronica. La valorizzazione dell’immenso patrimonio di contenuti culturali di cui la RAI è depositaria, contenuti che deve continuare a produrre in modo eccellente, può e deve essere una leva importante, così come la capacità unica di rappresentare e dare voce all’enorme ricchezza della società italiana.

Anche l’informazione andrà ripensata. Oltre alla giusta esigenza di rappresentare in modo pluralistico tutte le opinioni e i punti di vista, anche quelli più critici, della politica italiana, occorre investire nella capacità di indagare e raccontare le grandi questioni del mondo che ci cambia intorno.

Penso ai diversi temi che ci ha presentato la pandemia, alle grandi questioni legate ai mutamenti climatici, al Mediterraneo, all’ emigrazione, ai conflitti, all’ambizione della pace e della cooperazione. Penso al grande tema di raccontare agli europei ed al mondo il grande fatto nuovo rappresentato da un’Unione europea che sempre più si caratterizza come soggetto politico e istituzionale, cercando di affrontare le grandi sfide del mondo contemporaneo. Anche la missione di servizio pubblico va ripensato in questa ottica, con più capacità di fare network con le altre grandi emittenti europee e gli altri grandi editori per raccontare e rappresentare le potenzialità e le attese dell’Italia e degli paesi europei uniti nella UE. Se è vero che attraversiamo una fase di straordinari cambiamenti globali, non possiamo non pensare che la nostra più grande azienda culturale debba non solo risanarsi, ma mettersi al passo dei cambiamenti, accompagnarli, raccontarli e anzi anticiparli.

Tutto questo sarà compito da svolgere nel prossimo futuro, e sarà la missione che vorrei potessimo affidare al prossimo Consiglio di Amministrazione e ai nuovi vertici che si insedieranno entro le scadenze previste. Tuttavia non dobbiamo sprecare il tempo che ancora resta all’attuale consiglio per iniziare a lavorare, avviando anche un confronto in Parlamento, tra le forze politiche e sociali e nella società italiana, per un serio ripensamento dell’azienda, del suo modello organizzativo e della sua missione informativa e culturale discutendo anche, senza posizioni preconcette, sul modello attuale di governance e sulla relazione che la legge stabilisce tra indirizzo politico parlamentare e gestione dell’azienda.

Sono personalmente convinto, e mi permetto di dirlo in questa sede, che di fronte alle sfide e alle difficoltà di questa fase sarebbe opportuno lavorare tutti insieme per definire un modello di governance basato su tre solidi pilastri: un indirizzo parlamentare chiaro ed utile, frutto di una sintesi unitaria delle diverse posizioni; degli organi sociali di alto profilo, che sappiano al tempo stesso farsi garanti del percorso aziendale, della speditezza e della efficacia di decisioni; e infine un nuovo management, individuato tra persone del più alto livello culturale e manageriale, che sia messo in grado di lavorare secondo le migliori prassi di autonomia e responsabilità manageriale.

In conclusione, in questo contesto e con tali premesse, si può riassumere che l’obiettivo strategico che l’azionista pubblico assegna alla Società per i prossimi anni è un percorso di crescita e di sviluppo nel rispetto dell’equilibrio economico e finanziario della Società. Tutti siamo impegnati per lo sviluppo e la crescita dell’azienda, che richiede il conseguimento della sostenibilità industriale e di risultati economici positivi, da mettere al servizio della missione sociale e della qualità della programmazione.

Posso garantirvi che in questa prospettiva il Governo continuerà a fare la propria parte, nell’interesse non solo della società di cui è azionista ma della ripresa e della crescita economica, sociale e culturale del Paese, in cui anche i destini della Rai giocano una parte importante.

Vi ringrazio per l’attenzione.

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