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Audizione del Ministro Gualtieri sugli esiti dei Consigli Ecofin del 6 ottobre e del 4 novembre 2020 [Commissioni riunite Finanze e Politiche Ue del Senato] – 19 novembre 2020

 19/11/2020

Signori Presidenti, onorevoli senatrici e senatori,

sono lieto di avere l’opportunità di informarvi sugli esiti delle riunioni dei Ministri Ecofin del 6 ottobre e del 4 novembre e più in generale di avere l’opportunità di confrontarmi con voi su alcune significative tappe e scadenze del Recovery Fund e del Next Generation Eu e su questioni di grande rilievo per il nostro Paese che sono in discussione a livello europeo.

Stato del negoziato sulla Recovery and Resilience Facility

Partirò dallo stato del negoziato sulla Recovery and Resilience Facility e, più in generale, del Next Generation Eu e del bilancio pluriennale dell’Unione. In occasione della riunione ECOFIN del 6 ottobre, come noto, i ministri hanno raggiunto un accordo politico sul dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery and Resilience Facility), che è lo strumento principale del pacchetto da 750 miliardi di EUR varato dall’Unione per assicurare una ripresa economica solida e completare la strategia adottata in risposta alla crisi pandemica.

L’accordo giunge all’esito del lungo negoziato svoltosi in Consiglio nei mesi precedenti, e che ha visto confrontarsi sensibilità politiche differenti. In questo senso, vanno accolte con soddisfazione le numerose modifiche migliorative che è stato possibile introdurre nella proposta di regolamento. Tra queste ricordiamo, ad esempio, la previsione per cui la quota di prefinanziamento del 10% sarà applicata sul totale delle risorse che saranno allocate agli Stati, sia per quanto riguarda la parte loans e grants, sia per quanto riguarda la parte 70% e 30%. Il rapido accesso a queste risorse eviterà, infatti, che gli Stati debbano anticipare per intero i finanziamenti necessari a dare iniziale attuazione ai loro Piani di ripresa e resilienza. Positiva è, inoltre, la possibilità assicurata agli Stati membri di identificare tra le “Raccomandazioni specifiche per Paese” un sottoinsieme limitato di sfide rilevanti da affrontare specificamente nei piani di ripresa e resilienza.

Altri elementi positivi riguardano, infine, la previsione di precisi vincoli temporali per l’espletamento di tutte le fasi di valutazione e approvazione dei piani e delle richieste di pagamento (in particolare, la limitazione a tre mesi dei tempi per le procedure di esborso e del c.d. emergency brake).Come ricordate, nell’accordo di luglio la questione dei tempi aveva qualche ambiguità, nel senso che c’era scritto “3 mesi ma as a rule”, quindi c’era la possibilità di una interpretazione che estendesse questo tempo. Adesso invece c’è “3 mesi”, è chiarito definitivamente che non è previsto nessun potere di veto sull’esborso delle risorse a livello di Consiglio europeo da parte di singoli paesi. Così come è positiva la previsione di un termine perentorio di quattro settimane affinché l’opinione del Comitato Economico Finanziario sulle richieste di pagamento possa essere tenuta in considerazione dalla Commissione).

Il contenuto dell’accordo è stato formalizzato dai Rappresentanti Permanenti degli Stati membri in Coreper, in occasione del quale la Commissione ha invitato tutti i Paesi a focalizzarsi, nella predisposizione dei rispettivi piani nazionali di ripresa e resilienza, sulle “Raccomandazioni specifiche per Paese” 2019 e 2020 che possano garantire un impatto più duraturo sulla crescita potenziale, sulla creazione di posti di lavoro, sui sistemi sanitari, sulla resilienza economica e sociale e sulla coesione regionale. Il piano dell’Italia, sul quale poi tornerò, si focalizza esattamente su questi aspetti.

Conclusi i lavori in Consiglio, il focus del negoziato si è spostato sul Parlamento europeo, dove le Commissioni riunite sulla base dell’art. 55 del Regolamento del Parlamento europeo BUDG/ECON hanno votato a larga maggioranza una risoluzione contenente la posizione del Parlamento in merito al regolamento. In questo senso, nella proposta del Parlamento si segnalano: un modello diverso di governance basato sull’attribuzione alla Commissione del potere di approvare piani nazionali e richieste di pagamento tramite atti delegati, non atti di implementazione, il che implicherebbe una procedura di non obiezione da parte del Consiglio ma anche del Parlamento. Quindi, non un’approvazione da parte del Consiglio, ma una possibilità di rejection del Consiglio e del Parlamento sia per l'approvazione dei piani sia per gli esborsi delle risorse ed eliminerebbe le procedure di Comitatologia nonché il ruolo del Consiglio Economico e Finanziario e l’emergency brake; un meccanismo di ripartizione, sempre nella proposta votata dal Parlamento, basato su due allocation key che mette a disposizione il 60% delle risorse nel periodo 2021-2022 e il rimanente 40% nel periodo 2023-2024; un incremento della quota di prefinanziamento al 20% del totale delle risorse allocate; una minore centralità delle Raccomandazioni specifiche per Paese (CSRs), a fronte della individuazione di sei aree di intervento prioritarie, rispetto a ciascuna delle quali i piani nazionali dovrebbero allocare almeno il 7% delle risorse disponibili, in aggiunta agli obiettivi di spesa trasversali per la transizione verde, per la quale si propone un vincolo di spesa del 40% anziché del 37%, e digitale (20%).

Nonostante la distanza, come si vede in alcuni punti, tra l'orientamento generale espresso dal Consiglio del 9 ottobre e il testo della lettura del Parlamento, i rappresentanti di Commissione, Consiglio e Parlamento, riuniti in trilogo che è la procedura con cui le due diverse letture della legislatura europea poi giungono alla sintesi finale, sono attualmente alla ricerca di un compromesso sul testo, stante l'obiettivo comune di chiudere il negoziato in tempi brevi e consentire l'adozione del regolamento in prima lettura in occasione della sessione plenaria del 14-17 dicembre.

In questo quadro, per quanto riguarda il regolamento che disciplina le modalità di funzionamento della componente di gran lunga quantitativamente più rilevante di NGEU, cioè RRF, è ancora in corso la procedura negoziale. Ma al di là della fisiologica differenza fra alcuni aspetti della posizione del Consiglio e del Parlamento, il negoziato in corso non sembra indicare questioni particolarmente insolubili, e quindi la previsione di avere un accordo che consenta l’adozione a dicembre, nella plenaria del 14 dicembre, è una prospettiva molto concreta. Stiamo parlando in questo caso della procedura legislativa ordinaria, quella che prevede appunto la co-decisione su pari livello fra Parlamento e Consiglio, con il voto a maggioranza qualificata del Consiglio e a maggioranza del Parlamento.

Veniamo al delicato rapporto tra dispositivo di ripresa e resilienza e gli altri dossier ancora oggetto di dibattito al livello europeo, in particolare la Decisione sulle Risorse Proprie e il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, il cui esito è destinato a incidere anche sul negoziato del dispositivo. Su questi temi, il Parlamento europeo ha auspicato il raggiungimento di traguardi più ambiziosi rispetto alle proposte degli Stati membri.

Per quanto riguarda il nodo relativo al top-up dei programmi faro dell’Unione, ossia la richiesta avanzata dal Parlamento europeo di incrementare le risorse del bilancio UE da destinarsi ad alcuni programmi fondamentali, è già stato raggiunto un accordo tra Parlamento e Consiglio sul quadro finanziario multi-annuale. Questa differenza di posizioni ha prodotto un compromesso che individua risorse aggiuntive per 15 miliardi di euro, più un miliardo di flessibilità aggiuntiva, e quindi su questo il negoziato si è chiuso.

Per quanto riguarda il negoziato relativo all’introduzione nel bilancio UE di meccanismi di condizionalità legati al rispetto dello Stato di Diritto – che invece è un regolamento, mentre quella di prima è una procedura sulla quale il Parlamento deve dare un consenso, sulle Risorse Proprie è invece una opinione – il compromesso raggiunto tra Parlamento e Consiglio su una proposta di regolamento è però minacciato dal veto opposto da Ungheria e Polonia, non nella procedura stessa, che è una procedura legislativa ordinaria a maggioranza qualificata e i due paesi non dispongono di una maggioranza di blocco. In modo abbastanza improprio, innanzitutto da un punto di vista istituzionale oltre che del tutto non condivisibile dal punto di vista politico per ovvie ragioni, i due paesi si rivalgono su un’altra procedura, quella sulle Risorse Proprie, che è invece all’unanimità e quindi si rivalgono della loro non soddisfazione all’interno di un regolamento nel quale non c’è l’unanimità, su un’altra procedura dove non c’è la questione dello stato di diritto e dicono “allora blocchiamo l’altra”.

Questo atteggiamento è doppiamente improprio perché il compromesso raggiunto, il testo sul rispetto dello stato di diritto è equilibrato del tutto in linea con i trattati europei. Quindi nel merito è sbagliata la contrarietà di questi due Paesi al compromesso raggiunto ma “doppiamente sbagliata” dal punto di vista istituzionale la posizione di Ungheria e Polonia, perché trasferisce una posizione interna a una procedura legislativa ordinaria, nella quale vige il voto a maggioranza qualificata, all’interno di un’altra procedura che non ha niente a che fare con l’argomento da cui origina l’insoddisfazione dei Paesi e si trasferisce in un veto sulle risorse proprie. Quindi è una posizione che noi consideriamo sbagliata e auspichiamo che questa situazione venga superata per le ovvie ragioni di condivisione nel merito del risultato raggiunto sullo stato di diritto, valutazione dell’improprietà di una traslazione istituzionale da una procedura a un’altra, anche perché la cosa più importante di cui tutta l’Europa ha bisogno è che NGEU parta. Anche per questo sono fiducioso che questa situazione venga superata.

In cambio delle concessioni ottenute rispetto ai top-up, il Parlamento ha lasciato cadere diversi elementi che facevano parte della sua posizione iniziale, tra cui: la richiesta di porre le somme destinate al pagamento degli interessi per NGEU al di sopra dei massimali; l'aumento dei massimali stessi; l'impiego delle risorse non utilizzate di NGEU a beneficio dei programmi in bilancio; la richiesta di una mid-term review; l’eliminazione della regola "n+3" per i disimpegni nello strumento di flessibilità (riportata a "n+2").

Questo è lo stato del negoziato: come si vede tutti gli scogli fondamentali sono stati superati. È in corso il trilogo sulla parte più rilevante, ma al di là di differenze fisiologiche fra Parlamento e Consiglio e anche grazie alla procedura legislativa ordinaria, è immaginabile che il trilogo si concluda nei tempi previsti. Resta questo scoglio di questo improprio stop di due paesi che noi giudichiamo sbagliato e auspichiamo possa essere superato rapidamente.

Digital Finance Package

Nella riunione in video-conferenza è stato esaminato e discusso il Digital Finance Package, adottato dalla Commissione europea il 24 settembre. Il pacchetto si compone della Digital Finance Strategy comprensiva delle proposte legislative in tema di cripto-attività e resilienza operativa e mira a favorire lo sviluppo nella UE di un settore finanziario che consenta ai consumatori di cogliere i benefici dell’innovazione, assicurando al contempo la tutela degli utenti e la stabilità finanziaria.

La Digital Finance Strategy definisce un obiettivo strategico per la finanza digitale in Europa, consistente nel:

  • cogliere tutte le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale;
  • far sì che l’Europa assuma una posizione guida a livello globale;
  • mettere a disposizione di consumatori e imprese i benefici della finanza digitale;
  • promuovere una finanza digitale basata su valori europei e su una solida regolamentazione dei rischi.

La Strategia individua le seguenti quattro priorità che guideranno le azioni dell’UE per promuovere la trasformazione digitale fino al 2024:

  1. rimuovere la frammentazione nel mercato unico digitale;
  2. adattare il quadro normativo dell’UE per facilitare l’innovazione digitale;
  3. promuovere l’innovazione tramite uno spazio condiviso dei dati finanziari;
  4. affrontare le sfide e i rischi associati alla trasformazione digitale.

Primo elemento del pacchetto è la proposta di regolamento UE MiCA (Markets in crypto-assets), che risponde alla necessità di stabilire un quadro normativo europeo dedicato alle cripto-attività, per tali intendendosi le rappresentazioni digitali di un valore o di diritti che possono essere trasferiti e conservati elettronicamente, utilizzabili con finalità di pagamento e/o di investimento. L’obiettivo è definire un sistema di regole armonizzato che consenta di cogliere le opportunità offerte dalle cripto-attività per lo sviluppo di servizi digitali innovativi, mitigando allo stesso tempo i rischi per gli utenti e per la stabilità finanziaria. A tal fine il MiCA include anche un corpus di norme dedicate a quelle che, nella pratica di mercato, sono note come stablecoin e global stablecoin.

L’altra proposta legislativa facente parte del pacchetto sulla finanza digitale è volta alla definizione di un quadro normativo europeo sulla resilienza operativa in ambito digitale (Digital Operational Resilience – DORA) da applicare, garantendone la proporzionalità, pressoché a tutto il settore finanziario, ivi compresi i soggetti terzi fornitori di servizi critici ICT, al fine di armonizzare all’interno dell’UE le disposizioni normative.

A fronte della crescente importanza che l’ICT (Information and communication technologies) riveste nell’attività di tutte le istituzioni finanziarie, la proposta della Commissione mira ad assicurare la mitigazione dei rischi derivanti dalla trasformazione digitale mediante la definizione di regole armonizzate concernenti la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi che supportano i processi di business nel settore finanziario, al fine di garantirne la resilienza operativa.

La proposta di regolamento si concentra su cinque blocchi normativi, vale a dire:

(1) L’ICT risk management, un quadro di governance e gestione del rischio ICT basato su principi chiave e requisiti comuni individuati dalle ESAs (le autorità di supervisione europee), applicabile, tenendo conto del principio di proporzionalità, a tutte le istituzioni finanziarie.

(2) L’incident reporting, la previsione di obblighi di segnalazione di incidenti informatici rilevanti secondo criteri, modelli, meccanismi uniformi e semplificati, da estendere anche ai sotto settori attualmente non coperti da tali norme.

(3) Il digital operational resilience testing, la previsione di test di base per tutte le entità finanziarie, test avanzati solo per entità più significative, al fine aggiornare e rivedere regolarmente i sistemi e gli strumenti di risposta agli attacchi informatici o alle interruzioni ICT e garantire la resilienza operativa.

(4) L’ICT third party risk, la gestione del rischio derivante da terze parti fornitrici di servizi ICT critici verso le entità finanziarie, tramite la previsione di un quadro di vigilanza indiretta e un controllo diretto dei servizi critici ICT di terze parti;

(5) L’information sharing, lo scambio di informazioni sulle minacce informatiche tra le entità finanziarie.

Strettamente legata al pacchetto sulla finanza digitale è infine la Retail Payments Strategy pubblicata dalla Commissione il 24 settembre, che individua le priorità e gli obiettivi chiave per lo sviluppo dei pagamenti al dettaglio in Europa per i prossimi quattro anni. La strategia è fondata sui seguenti quattro pilastri:

1) valorizzazione di soluzioni di pagamento digitali e istantanee paneuropee;

2) innovazione e competitività del mercato dei pagamenti al dettaglio nel rispetto di elevati standard di sicurezza;

3) efficienza ed interoperabilità dei sistemi di pagamento al dettaglio, assicurando l’accesso alle necessarie infrastrutture tecniche;

4) efficienza dei pagamenti internazionali.

La commissione, con il Vicepresidente esecutivo Dombrovskis, ha sottolineato l’importanza del pacchetto sulla finanza digitale e della strategia per i pagamenti al dettaglio al fine di modernizzare l’economia e il sistema dei pagamenti. Allo stesso tempo ha riconosciuto che, come tutte le innovazioni, l’iniziativa porta con sé diversi rischi; meritano particolare attenzione i profili di stabilità finanziaria, protezione dei consumatori, antiriciclaggio. Ha inoltre invitato gli Stati membri a utilizzare le risorse della Recovery and Resilience Facility per contribuire allo sviluppo della finanza digitale e ha riconosciuto l’importanza di favorire un’ulteriore armonizzazione nei pagamenti al dettaglio, osservando che le soluzioni pan-europee di pagamento istantaneo possono offrire valide alternative ai consumatori, così come lo sviluppo di una moneta digitale di banca centrale (CBDC – central bank digital currency). A tale riguardo, ha anche apprezzato il report sull’euro digitale pubblicato dalla BCE lo scorso 2 ottobre.

Su questo si è pronunciata anche la Bce, con il Vice-presidente de Guindos, che oltre a esprimersi favorevolmente rispetto alle iniziative private in materia di pagamenti al dettaglio, ha definito il progetto di euro digitale come una necessità, specie a seguito della pandemia, osservando che lo stesso non è volto a sostituire il ruolo del contante ma a sviluppare fortemente l’ipotesi di un euro digitale che è un tema ampio sul quale ci soffermeremo in futuro

I Ministri hanno mostrato un ampio sostegno al pacchetto della Commissione dedicato alla finanza digitale, che rafforzerà il ruolo dell’Europa in tale ambito e contribuirà allo sviluppo dell’Unione del Mercato dei Capitali. Tutti i Paesi hanno inoltre accolto con favore la strategia sui pagamenti al dettaglio, e anche sul tema pagamenti istantanei e sul progetto di moneta digitale di banca centrale.

Anche l’Italia ha riconosciuto la strategicità del pacchetto presentato dalla Commissione. Ha sostenuto la proposta relativa alle cripto-attività, che peraltro era stata sollecitata da una dichiarazione comune sottoscritta dai ministri di Francia, Spagna, Germania e Olanda, anche sottolineando la cosa essenziale, cioè che la prerogativa di emettere valuta spetta alle banche centrali, (quindi c’è un tema di sovranità digitale rispetto a progetti privati di global stablecoins) sottolineando l’imprescindibile necessità che il nuovo quadro regolamentare realizzi un equilibrato contemperamento tra innovazione e digitalizzazione da un lato ma dall’altro l’esigenza di tutela degli utenti e della stabilità finanziaria dall’altro. L’Italia ha inoltre mostrato interesse nei confronti dei lavori avviati dalla BCE con il report sull’“euro digitale” che potrebbe rendere più efficienti i pagamenti transfrontalieri, ridurre i costi e aumentare l’inclusione finanziaria. Ha infine riconosciuto la necessità di sostenere le iniziative private che offrono soluzioni paneuropee di pagamento istantaneo.

Abbiamo anche espresso supporto per la proposta di regolamento sulla resilienza operativa in ambito digitale che mira a ovviare all’assenza di norme dettagliate e complete in materia a livello di UE, che ha portato alla proliferazione di iniziative normative e approcci di vigilanza a livello nazionale non coordinati, con sovrapposizioni, incongruenze, duplicazione di requisiti, nonché elevati costi. Il nuovo regolamento DORA, attualmente in fase di discussione da parte dei Paesi Membri, costituirà lex specialis rispetto alla direttiva NIS, mentre Autorità competenti per il settore saranno le Autorità di Vigilanza.

La gestione dei crediti deteriorati da parte delle banche anche nell’ottica dell’Unione Europea

Durante i primi mesi della pandemia, il Governo, già con il decreto Cura Italia di marzo, è prontamente intervenuto – attraverso misure di moratoria su finanziamenti in essere e garanzie pubbliche su nuovi finanziamenti – al fine di sostenere la liquidità delle imprese colpite dai provvedimenti di lockdown o dagli effetti economici della pandemia. Il ruolo delle banche, dopo le difficoltà iniziali, è stato fondamentale per trasmettere rapidamente alle imprese gli stimoli economici connessi con tali provvedimenti. Grazie anche al coordinamento realizzato attraverso l’apposita Task force promossa e coordinata dal Ministero dell’Economia e delle finanze (MEF), insieme al MISE, l’operatività degli strumenti di moratoria e garanzia appare oggi consolidata.

Le banche italiane presentano, nello scenario attuale, una situazione tecnica di gran lunga migliore rispetto agli anni successivi alla crisi del 2008, grazie alla ripresa economica nel post-crisi e, soprattutto, alle riforme intervenute sul fronte prudenziale e all’azione costante della vigilanza bancaria. In base ai dati forniti da Banca d’Italia, primo semestre del 2020, il coefficiente del patrimonio di migliore qualità (c.d. CET1 ratio) è aumentato di quasi un punto percentuale per le banche italiane, dal 14,0% al 14,8%, specie a causa della capitalizzazione dei dividendi 2019, la cui distribuzione è attualmente sospesa fino al 2021. È proseguita l’opera di pulizia dei bilanci dai crediti deteriorati (NPL): al termine del primo semestre 2020, il loro volume aveva un valore di 67 mld al netto delle svalutazioni (138 mld lordi) e il rapporto tra crediti deteriorati e crediti erogati (c.d. NPL ratio) era del 3,1% (6,1% al lordo delle svalutazioni). Tali rapporti non includono ulteriori cessioni di esposizioni deteriorate realizzate nel corso del terzo trimestre 2020 o attese entro fine anno, anche grazie misure ad hoc previste dal Governo per tali operazioni.

Dall’altro lato, la redditività delle banche italiane ha subito un calo significativo nel confronto con il primo semestre del precedente anno, principalmente a causa di un incremento (fino al 53%) delle svalutazioni sui crediti indotto dagli effetti attesi della pandemia. L’indice di redditività del capitale (return on equity, ROE) è sceso dal 7,1% al 3,7%, nonostante miglioramenti nell’efficienza gestionale degli intermediari (come si osserva dalla riduzione del cost-income ratio di circa 2,6 punti percentuali, al 63,3%).

Guardando ad una prospettiva futura, il sostegno delle banche al sistema economico potrà avere continuità nell’ambito di uno scenario gestibile di ripresa economica e di contenimento degli effetti della pandemia.

In particolare, la principale sfida per le banche, italiane e europee, nei prossimi mesi sarà gestire la prevedibile crescita delle esposizioni deteriorate (NPL) indotta dall’attuale crisi sanitaria ed economica. Motivo di specifica preoccupazione è il termine delle moratorie che, se non gestito in maniera attenta e possibilmente proattiva, è suscettibile di determinare un aumento delle esposizioni da inadempienze probabili (unlikely to pay, UTP) con il rischio di una significativa distruzione di valore. Su questo punto tornerò al termine dell’intervento e come noto il Governo ha già presentato al Parlamento in legge di bilancio la proposta di estensione della moratoria.

La regolamentazione bancaria ha già contribuito significativamente al contenimento del rischio per la stabilità del settore.

In primo luogo, nel corso del primo semestre del 2020 sono stati apportati specifici emendamenti al quadro normativo europeo di natura prudenziale, al fine di mitigarne potenziali effetti pro-ciclici nello scenario pandemico e favorire il supporto dell’economia reale da parte del sistema bancario. Questa revisione ha consentito, tra l’altro, su iniziativa italiana, di:

  • anticipare al 30 giugno u.s. l’entrata in vigore del trattamento più favorevole in termini di assorbimento patrimoniale previsto per il credito alle PMI, alle infrastrutture e per alcune attività di software particolarmente rilevanti per il nostro Paese;
  • evitare, per un periodo di tre anni, che eventuali aumenti dello spread sui titoli del debito pubblico connessi al diffondersi della pandemia si riflettano in maniera indebita sul capitale delle banche;
  • prevedere, nell’ambito degli accantonamenti minimi obbligatori sui crediti deteriorati (c.d. calendar provisioning), un trattamento preferenziale permanente per le esposizioni assistite da garanzie pubbliche.

In secondo luogo, grazie alla recente estensione fino al giugno del 2021 del Temporary Framework in materia di aiuti di Stato, si sta adottando la proroga delle misure governative di supporto ad imprese e famiglie, a partire dalla moratoria e dalle garanzie pubbliche sui finanziamenti.

Alla luce della flessibilità già introdotta in seguito a tali iniziative, non sono al momento previste a livello europeo ulteriori iniziative di modifica del vigente quadro normativo in materia di regolamentazione prudenziale.

Nel corso dell’ECOFIN del 4 novembre u.s., la Commissione europea ha confermato che si sta valutando l’aggiornamento e la finalizzazione delle iniziative intraprese con il c.d. NPL Action Plan del 2017, con particolare riferimento allo sviluppo di strumenti utili alla riduzione degli stock di attività deteriorate, quali l’istituzione di una rete europea (un network) di società dedicate alla gestione di questi attivi (c.d. asset management companies, AMC) e la definizione di idonee strategie per lo sviluppo di mercati secondari degli attivi deteriorati.

In particolare, per far fronte all’atteso incremento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche, la Commissione europea sta lavorando allo sviluppo di una strategia che dovrebbe concentrarsi su una serie di azioni complementari. I settori chiave già oggetto dell’NPL Action Plan 2017 e considerati per un eventuale aggiornamento e completamento includono (a) l'ulteriore sviluppo di mercati secondari per le attività deteriorate, che consentono di spostare i crediti deteriorati fuori dai bilanci bancari garantendo, nel contempo, un'adeguata tutela per i debitori; e (b) la riforma dei regimi normativi in materia di insolvenza e recupero crediti (oltre al recupero stragiudiziale delle garanzie reali), mantenendo anche un adeguato equilibrio di interessi tra creditori e debitori.

Già in occasione della tavola rotonda sugli NPL, tenutasi lo scorso settembre, il Vicepresidente esecutivo della Commissione Dombrovskis ha chiarito che la strategia è mettere le banche in condizioni di continuare a sostenere la ripresa economica.

Oltre a quanto finora menzionato per il Piano di azione sugli NPL, occorre poi ricordare che è parallelamente in corso la negoziazione, da parte del co-legislatore europeo, di una proposta della Commissione europea per l’introduzione di un quadro normativo per le cartolarizzazioni degli NPL. Se approvata, la riforma consentirà di rimuovere gli ostacoli normativi allo sviluppo del mercato secondario degli NPL, in modo da permettere alle banche di mantenere, o addirittura rafforzare, la loro capacità di erogare prestiti all'economia reale e in particolare alle PMI. Le cartolarizzazioni possono infatti svolgere un ruolo determinante in quanto, trasformando i prestiti in titoli negoziabili, possono liberare capitali bancari per l'erogazione di ulteriori prestiti e consentire a una gamma più ampia di investitori di finanziare la ripresa economica.

Queste iniziative sono utili e vanno viste con favore. Più in generale, però, l’attuale contesto di elevata e crescente incertezza in ordine all’evoluzione della complessiva situazione economico-sanitaria, richiede, a nostro avviso, di porre in essere un atteggiamento pro-attivo; vanno, in particolare, identificate e predisposte tempestivamente soluzioni che consentano di gestire e mitigare l’impatto di una eventuale crescita repentina di esposizioni deteriorate che naturalmente il Governo italiano e tutti i Governi stanno cercando di prevenire attraverso le misure di supporto all’economia reale. È opportuno, fin da subito, diversificare e arricchire lo “strumentario” a disposizione delle autorità al fine di essere in grado di intervenire rapidamente qualora si materializzassero impatti indesiderati sull’economia reale. In quest’ottica, il MEF ha, tra l’altro, sollecitato nelle sedi istituzionali europee, maggiori riflessioni in ordine all’aggiornamento del quadro normativo in materia di concorrenza e aiuti di Stato, per avere chiarezza sui termini entro cui potrebbero operare – se ve ne fosse bisogno – asset management companies (AMC) nazionali, per l’acquisto di NPL e la loro gestione secondo logiche di massimizzazione del valore nel lungo periodo e non solo di breve.

Da ultimo, nell’ECOFIN del 4 novembre, sono state approvate le Conclusioni in materia di antiriciclaggio e di prevenzione del finanziamento del terrorismo, che porteranno a una riforma completa delle regole di compliance e dell’attività di supervisione in ambito europeo. La Commissione nei prossimi mesi presenterà una proposta di Regolamento per gli obblighi antiriciclaggio del settore finanziario, per meglio armonizzare le regole destinate ai soggetti privati. Inoltre, verrà istituita una funzione europea di supervisione antiriciclaggio nei riguardi degli intermediari finanziari, che accentrerà alcune competenze e faciliterà la cooperazione tra e con le autorità di vigilanza nazionali. Infine, si rafforzerà, cosa sollecitata dall’Italia in particolare, il quadro di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria, allo scopo di armonizzare e scambiare più efficacemente le segnalazioni di operatività sospette di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Come vedete, quindi, in parallelo al molto rilevante negoziato su NGEU ci sono altri temi di grande importanza, finanza digitale, Npl, normativa europea sull’antiriciclaggio, sui quali sono in corso discussioni e sviluppi significativi che è importante vengano condivisi fra Governo e Parlamento.

Vi ringrazio per l’attenzione.

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