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Audizione del ministro Tria sulle linee programmatiche del suo Dicastero nelle Commissioni riunite Bilancio (V Camera e 5a Senato)

03/07/2018

Grazie, signor presidente Pesco, signor presidente Borghi, grazie a tutti gli onorevoli deputati e senatori presenti. Vi ringrazio perché in questo momento ho la possibilità di presentare le linee programmatiche del Ministero che ho l'onore di guidare. È un'occasione importante per illustrare i contenuti dell'azione di impulso che intendo imprimere, al fine di contribuire ad attuare le riforme previste nel programma di Governo. Inoltre, questa audizione mi consente di aprire un positivo e costruttivo dialogo con il Parlamento, in vista della sessione di bilancio. In questo mio intervento introduttivo non intendo dilungarmi per lasciare spazio alle domande, quindi su molti punti sarò sintetico.

Dico subito quali saranno i punti qualificanti delle linee strategiche che mi accingo a illustrarvi, linee strategiche che rappresentano la direzione in cui il Ministero intende operare. Ovviamente il primo punto qualificante, che è un obiettivo dell'intero Governo, è il perseguimento prioritario della crescita dell'economia in un quadro di coesione e inclusione sociale. Questo obiettivo sarà perseguito all'interno di una politica di bilancio caratterizzata dalla continuazione della riduzione del rapporto debito/PIL, come più volte detto non solo da me, ma anche dal Presidente del Consiglio. Inoltre, intendiamo muoverci in una direzione per cui non vi sarà un peggioramento del saldo strutturale.

L'altra linea strategica riguarda il non aumento della spesa nominale di parte corrente, e quindi, di conseguenza, la ricomposizione della spesa, riducendo la quota di spesa corrente rispetto a quella in conto capitale, che evidentemente dovrà aumentare. Questa strategia richiede di procedere su due fronti: da una parte, attuare le riforme strutturali previste nel programma di Governo, dall'altra attivare uno stimolo endogeno di crescita per non limitarci a subire passivamente gli shock positivi o negativi che vengono dalla congiuntura internazionale.

Per illustrare questi punti strategici il mio intervento toccherà i seguenti temi: andamento dell'economia, quadro tendenziale di finanza pubblica, elementi di valutazione per il quadro programmatico e linee strategiche di intervento. Il Governo pubblicherà le nuove previsioni ufficiali entro il 27 settembre, quando verrà approvata la Nota di aggiornamento del DEF 2018. Durante i quasi tre mesi che ci separano da quella data verranno rilasciati diversi dati statistici, che potrebbero cambiare le nostre attuali valutazioni.

La previsione di crescita del PIL reale pubblicata nel DEF era dell'1,5% per l'anno in corso, 1,4% per il 2019, 1,3% per il 2020, per poi scendere a 1,2% negli anni successivi. Ricordo, in ogni caso, che si tratta di previsioni prudenziali anche se validate dall'Ufficio parlamentare di bilancio; si tratta di previsioni a legislazione vigente, che quindi scontano un'azione restrittiva (gli aumenti delle aliquote IVA a inizio 2019 e poi nel 2020), e sono previsioni effettuate nel mese di marzo, quindi in parte datate.

Per passare dalla previsione tendenziale del DEF 2018 a quella programmatica nella Nota di aggiornamento dovremmo compiere due passi. Il primo consiste nell'aggiornamento della previsione tendenziale, il secondo è la formulazione di uno scenario programmatico. Quest'ultimo verrà attuato con la Legge di Bilancio per il 2019, che il Governo dovrà trasmettere al Parlamento entro il 20 ottobre, dopo averne comunicato le linee essenziali alla Commissione europea entro il 15 ottobre.

Prima di entrare nel dettaglio vorrei premettere che le condizioni di salute dell'economia e della finanza pubblica italiane sono in realtà buone. L'economia, seppure a ritmi non del tutto soddisfacenti - rimaniamo sempre un punto sotto la media europea - presenta tassi di crescita positivi. Gli ultimi dati del mercato del lavoro sono positivi per l'occupazione, anche se aspettiamo di ricevere i dati sulle ore lavorate che, come sapete, sono essenziali per consentirci di valutare sia la crescita del PIL, sia il tipo di inclusione reale degli occupati nell'attività lavorativa.

Anche il fabbisogno del settore statale del primo semestre dell'anno in corso è in riduzione rispetto al periodo corrispondente dell'anno precedente.

Pur in un quadro generale positivo, gli indicatori economici più recenti suggeriscono che la crescita dell'economia italiana sia continuata fino a tutto il secondo trimestre, ma ad un ritmo lievemente inferiore rispetto a quello medio registrato nel 2017, e le stime interne più recenti pongono la crescita congiunturale del secondo trimestre a un ritmo analogo a quello del primo, vi sono rischi di una moderata revisione al ribasso della previsione di crescita nel 2018.

I motivi principali del lieve rallentamento della crescita sono da rintracciarsi nel rallentamento della produzione e nella riduzione delle esportazioni. Il rallentamento dei consumi in Paesi quali gli Stati Uniti appare come una delle cause principali della flessione delle esportazioni italiane. Si è anche notato un minore dinamismo delle esportazioni di beni strumentali, e ciò è coerente con un rallentamento degli investimenti nei Paesi di destinazione delle nostre esportazioni. Dobbiamo anche considerare che l'imposizione di dazi su acciaio e alluminio da parte degli Stati Uniti e le ulteriori misure protezionistiche successivamente annunciate da Stati Uniti e Cina preoccupano le imprese e possono portare a revisioni al ribasso dei programmi di investimento.

Desta, inoltre, forte preoccupazione il possibile allargamento delle misure protezionistiche degli Stati Uniti nei confronti dell'industria dell'auto europea. Nella filiera della produzione automobilistica l'Italia è molto implicata anche per quanto riguarda la produzione tedesca.

In sintesi, l'Italia è un grande Paese esportatore e il libero commercio internazionale è una condizione fondamentale affinché la crescita della nostra economia continui. Siamo esposti non solo all'effetto diretto, ma anche a quello indiretto del protezionismo ed è pertanto nel nostro interesse operare affinché non si arrivi a una guerra commerciale globale.

I dati ISTAT relativi al primo trimestre del 2018 mostrano anche un rallentamento della crescita degli investimenti e un moderato incremento dei consumi. I piani di investimento delle imprese per l’anno in corso restano tuttavia positivi e rimane alta anche la fiducia dei consumatori italiani. In generale, la fiducia delle imprese è tuttora in espansione.

Dico questo perché vi sono i presupposti per operare nella direzione di un rafforzamento della crescita, questione cruciale per l'economia italiana. Nella NADEF, in particolare nel capitolo dedicato all'aggiornamento del Programma nazionale di riforma, ribadiremo comunque che uno degli obiettivi chiave del Governo è elevare il tasso di crescita dell'economia italiana in un quadro di sostenibilità sociale ed ambientale.

Come accennavo in precedenza, il primo passo per la definizione della programmazione delle finanze pubbliche è l'aggiornamento del quadro tendenziale. Per quanto attiene all'anno in corso, l'andamento della finanza pubblica nella prima parte dell'anno è stato sostanzialmente in linea, anzi migliore, delle proiezioni contenute nel DEF. I dati sul fabbisogno di cassa nonché l'andamento delle entrate tributarie suggeriscono che il trend positivo della finanza pubblica dovrebbe continuare nel secondo trimestre.

L'andamento del saldo di bilancio nella seconda metà dell'anno dipenderà anche, come già accennato, dal mantenimento di una buona crescita dell'attività economica e dell'occupazione e dal livello dei rendimenti dei Titoli di Stato che saranno in emissione.

Nel complesso, valutiamo ancora possibile chiudere il 2018 con un indebitamento intorno al livello programmato e confermato nel DEF. Siamo, quindi, fiduciosi che i dati a consuntivo del 2018 mostreranno un percorso macroeconomico di finanza pubblica in linea con questo obiettivo.

Dalle mie prime interlocuzioni con la Commissione europea credo di poter dire che anch'essa è orientata ad aspettare i dati a consuntivo, soprattutto alla luce dell'incertezza sulla stima dell’output gap, quindi del deficit strutturale. Pertanto, non è intenzione del Governo adottare alcuna misura correttiva in corso d'anno, così come è anche nostra intenzione evitare misure che possano peggiorare i saldi di finanza pubblica del 2018.

Riteniamo che la previsione a legislazione vigente del DEF 2018 rispetto agli anni successivi, in particolare per il 2019, implichi un aggiustamento troppo drastico e non riteniamo utile adottare politiche che si possano rivelare pesantemente procicliche qualora si riscontrasse un effettivo rallentamento della crescita per effetto di variabili essenzialmente esogene, legate all'andamento dell'economia internazionale. Ciò fermo restando l'obiettivo di assicurare il calo del debito in rapporto al PIL e quello che ho definito il «non peggioramento del deficit strutturale».

Abbiamo avviato un dialogo con la Commissione europea con l'intento di fissare un obiettivo di deficit coerente con l'obiettivo del Governo di favorire la crescita e l'occupazione. Il Governo si adopererà per ottenere dalle autorità europee e da questo Parlamento lo spazio necessario per attuare i principali punti qualificanti del programma di Governo tracciato dal Presidente del Consiglio nel suo discorso inaugurale.

Voglio sottolineare in questa sede che la necessità che si prosegua nel processo di riduzione del debito pubblico e che non peggiori il saldo strutturale, in altri termini che non si abbia alcuna inversione di tendenza nel percorso di aggiustamento strutturale, deriva principalmente non dagli impegni europei, pur importanti, ma dalla necessità di mantenere e rafforzare la fiducia degli investitori internazionali e anche nazionali nei confronti dell'economia italiana.

La risposta dei mercati finanziari alle nostre decisioni di politica di bilancio dipenderà non solo dai livelli di deficit prescelti, ma anche dalla composizione del bilancio e dalla qualità delle nuove misure di politica economica. Se esse perseguiranno credibilmente una crescita più elevata e anche più equilibrata ed inclusiva, vi sarà maggiore propensione a finanziare il nostro debito pubblico, quindi i rendimenti sui titoli pubblici risulteranno inferiori, e questo sarà a beneficio dell'intera economia.

La NADEF conterrà un aggiornamento del Programma nazionale di riforma. L'elaborazione di questo documento programmatico coinvolgerà evidentemente tutti i Ministeri e le amministrazioni competenti.

Alla luce del programma di Governo e della necessità di migliorare la competitività dell'economia italiana ritengo di richiamare tre punti che valuto prioritari per l'azione del mio Ministero:

  1. inclusione sociale e politiche attive del lavoro, con particolare enfasi sul contrasto alla povertà e all'inserimento nel mercato del lavoro;
  2. riforma delle imposte dirette con l'obiettivo prioritario di ridurre gradualmente il carico fiscale sui redditi più bassi e medi e sulla piccola impresa;
  3. rilancio degli investimenti pubblici non solo tramite maggiori risorse di bilancio, ma andando anche a rimuovere gli ostacoli burocratici e le debolezze organizzative che li hanno frenati negli ultimi anni.

Come ho sottolineato anche in Parlamento, ritengo importante che si mettano in campo azioni volte a sostenere gli investimenti, sia pubblici che privati, e a permettere che la composizione dei bilanci pubblici, pur rispondendo ai princìpi di responsabilità fiscale, favorisca crescita, occupazione, inclusione. Ciò consente di perseguire una crescita inclusiva ed equa, guardando sia alle generazioni presenti, in particolare a quelle più giovani, sia alle generazioni future. Puntare sullo stimolo endogeno alla crescita, basato su investimenti pubblici e su quelli privati trainati dai primi, significa affrontare il tema dell'occupazione di oggi e, al tempo stesso, costruire una capacità produttiva addizionale, di cui beneficerà il lavoro delle generazioni future: si tratta di un concetto che ho già affermato, ma tengo sempre a ripetere.

In relazione alle priorità richiamate per l'azione del Ministero dell'economia e delle finanze, quindi alle tre priorità che ho citato tra le altre, saranno istituite tre task force in materia di welfare, di fisco e di investimenti pubblici, d'intesa con tutti i Ministeri interessati. La prima avvierà una due diligence sulla spesa relativa alle politiche di welfare in vista degli obiettivi di riforma. L'obiettivo è raccogliere gli indispensabili elementi informativi per poter poi studiare soluzioni adeguate allo scopo.

Ho già detto più volte che assicurare un reddito dignitoso a chi è temporaneamente in stato di disoccupazione o che, per vari motivi, ha difficoltà ad entrare o rientrare proficuamente nel mondo del lavoro è condizione essenziale per consentire, in un quadro di stabilità sociale, i processi di innovazione tecnologica e ristrutturazione produttiva, che sono resi necessari dalle sfide del progresso scientifico e anche da quelle dettate dalla necessità della salvaguardia ambientale, quindi profondi elementi di ristrutturazione produttiva.

Sappiamo tutti, inoltre, che il mantenimento di mercati aperti è connesso alla capacità dei sistemi di welfare di fronteggiarne le complesse implicazioni. Un ruolo centrale in questa strategia avrà il reddito di cittadinanza, volto a contrastare le sacche di povertà presenti in Italia tramite interventi non assistenziali, bensì indirizzati all'integrazione del mercato del lavoro.

La seconda task force in materia fiscale analizzerà i profili di gettito e distributivi connessi alle ipotesi di riforma in direzione della flat tax, in un quadro coerente di politica fiscale. Ricordo che la semplificazione del sistema e la progressiva riduzione della pressione fiscale programmata, ovviamente in linea ad un andamento coerente della spesa pubblica, sono da tempo considerate parte essenziale della creazione di un ambiente pro-crescita, anche in linea con le raccomandazioni generali più volte espresse dalla Commissione europea e anche da istituzioni internazionali come l'OCSE.

Sul fronte degli investimenti pubblici è necessario contrastare con forza le dinamiche negative degli ultimi anni. Forse è inutile che ricordi i vari dati, ma il quadro dei pagamenti per investimenti fissi lordi nel settore pubblico nel triennio 2015-2017 mostra una significativa contrazione, passando da 25 a 20 miliardi di euro nel 2017, ma, se guardiamo a un orizzonte più ampio, possiamo vedere che gli investimenti, soprattutto quelli degli enti territoriali, hanno subìto una contrazione quasi del 50 per cento dal 2008 al 2017, scendendo a 11 miliardi di euro dai 21,8 del 2008.

È una situazione drammatica non solo dal punto di vista dell'apporto che gli investimenti pubblici possono portare alla crescita, ma anche per quanto riguarda la situazione di competitività del complesso dell'economia italiana rispetto ai processi di globalizzazione.

Il quadro è ulteriormente aggravato dal fatto che tra lo stanziamento delle risorse e l'effettiva consegna dei lavori conclusi intercorre un periodo che va da due anni per le opere di valore fino a 100.000 euro, fino ad oltre quindici anni per quelle di costo superiore ai 100 milioni di euro. Le ragioni di tali ritardi si annidano prevalentemente, come gran parte di voi sa, in disfunzioni della fase progettuale, che si riversano in quella di realizzazione. La scarsa qualità del progetto iniziale, infatti, comporta interruzioni e revisioni del programma dei lavori al momento della realizzazione, che si concretizzano nel caso di grandi opere nel proliferare di varianti progettuali in corso d'opera e, conseguentemente, in ripetute riattivazioni di procedure autorizzatorie.

Ai lunghi tempi procedurali e legislativi si sovrappongono blocchi e ritardi legati all'innestarsi di procedimenti di contenzioso. La scarsa qualità della progettazione non è solo causa di inefficienza in termini di allungamento dei tempi di realizzazione e lievitazione dei costi, ma è causa anche di inefficacia degli investimenti selezionati rispetto a fabbisogni e obiettivi di politica economica.
La carenza di capacità valutativa progettuale e tecnica nel controllo e nelle verifiche dei lavori si riscontra in modo particolare per il caso dei ruoli tecnici di stazioni appaltanti, degli enti locali, che programmano la spesa anche per piccoli investimenti, ma anche nelle Amministrazioni centrali competenti a deliberare l'avvio dell'investimento.

Mi sono un po’ attardato a parlare di questi argomenti perché ritengo che liberare e mobilizzare la spesa in conto capitale sia uno dei compiti prioritari del Ministero dell'economia e finanze, d'intesa con altri Ministeri, e che sia un obiettivo prioritario nella gestione del bilancio e della composizione della spesa pubblica.

Dobbiamo considerare che il livello totale delle risorse stanziate in un arco temporale che raggiunge i quindici anni per interventi ancora da avviare, ma già scontati ai fini dell'indebitamento netto, ammonta a circa 150 miliardi di euro. Di questi, circa 118 miliardi possono essere considerati immediatamente attivabili, ed è possibile che il MEF possa dare una spinta conclusiva al processo di avvio e realizzazione dell'insieme di investimenti sottesi, risultato che ritengo non sarà conseguito per via naturale, ma che richiede un intervento molto deciso in questo senso.

Il Governo è quindi determinato a invertire il calo degli investimenti pubblici in atto dall'inizio della crisi. Per i motivi che ho richiamato finora e nella consapevolezza che gli ostacoli alla spesa pubblica per investimenti sono essenzialmente tre (la perdita di competenze tecniche e progettuali delle amministrazioni pubbliche, la difficile interazione tra le amministrazioni sia centrali che territoriali, gli effetti non voluti dell'applicazione del recente Codice degli appalti), l'istituzione all'interno del Governo di una task force che affronterà questo tema come volano di crescita è diretta ad aggredire questi ostacoli.

 Video: Il ministro Tria espone le linee programmatiche del MEF nelle commissioni congiunte Bilancio

 

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