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Assemblea degli associati dell’ABI – Intervento del Ministro dell’Economia e delle Finanze Prof. Giovanni Tria

10/07/2018

Buongiorno Presidente, Governatore, Signore e Signori,

partecipo per la prima volta in qualità di Ministro dell’Economia e delle Finanze all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana e questa è per me un’occasione importante per avviare un confronto, con tutti voi, sui temi della economia italiana e della governance europea.

Il Paese seppure a ritmi non del tutto soddisfacenti (rimaniamo sempre un punto sotto la media europea) presenta tassi di crescita positivi.

Gli ultimi dati del mercato del lavoro sono positivi per l’occupazione, anche se aspettiamo di ricevere i dati sulle ore lavorate che, come sapete, sono quelli che contano di più, sia per consentirci di valutare la crescita del PIL, sia per valutare la reale inclusione degli occupati nella attività lavorativa.

Grazie al periodo di moderata crescita, il flusso di nuovi crediti deteriorati, come è stato esposto dal Governatore della Banca d’Italia, si è stabilizzato attorno ai valori pre-crisi e si è registrato un calo significativo delle consistenze dei crediti deteriorati. Il Governo ha chiesto la proroga della possibilità di utilizzo delle GACS, che hanno fornito un utile appoggio a questo processo di discesa delle consistenze dei crediti deteriorati.

Il fabbisogno del settore statale del primo semestre dell’anno in corso è in riduzione rispetto al dato del periodo corrispondente del 2017.

Le condizioni di salute dell’economia e della finanza pubblica italiana sono quindi ancora buone tuttavia, anche se all’interno di un quadro generale che si mantiene positivo, l’osservazione degli indicatori economici più recenti sembra profilare un rischio di moderata revisione al ribasso delle stime di crescita.

I motivi principali sono da rintracciare nel rallentamento della produzione e delle esportazioni. Il rallentamento dei consumi in Paesi quali gli Stati Uniti appare come una delle cause principali della flessione delle esportazioni italiane e si è anche notato un minore dinamismo delle esportazioni di beni strumentali che è coerente con un rallentamento degli investimenti nei paesi di destinazione delle nostre esportazioni. Dobbiamo anche considerare che l’imposizione di dazi su acciaio e alluminio da parte degli Stati Uniti e le ulteriori misure protezionistiche successivamente varate da Stati Uniti e Cina preoccupano le imprese e possono portare a revisioni a ribasso dei programmi di investimento. Desta inoltre forte preoccupazione il possibile ulteriore allargamento delle misure protezionistiche degli Stati Uniti nei confronti, ad esempio, dell’industria dell’auto europea. Industria in cui l’Italia è fortemente integrata.

L’Italia è un grande Paese esportatore e il libero commercio internazionale è fondamentale affinché la crescita della nostra economia continui.

Siamo esposti non solo all’effetto diretto, ma anche a quello indiretto, del protezionismo ed è pertanto nel nostro interesse operare, nelle nostre possibilità, affinché non si arrivi ad una guerra commerciale globale.

Tra poco più di due mesi il Governo presenterà con la Nota di Aggiornamento del DEF 2018 le nuove previsioni ufficiali dell’economia italiana assieme alla formulazione dello scenario programmatico, che verrà attuato con la Legge di Bilancio 2019.

Il percorso programmatico che andremo a delineare nei prossimi mesi terrà conto della Risoluzione al DEF votata dal Parlamento lo scorso 19 giugno e che, lo ricordo, impegna il Governo a: presentare al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma; favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti; riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021; infine, che non vuol dire ‘come ultimo’, individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal Presidente del Consiglio dei ministri nelle sue comunicazioni per ottenere la fiducia dalle Camere.

Al fine di realizzare questi impegni, il primo punto qualificante dell’azione dell’intero Governo è la crescita dell’economia in un quadro di coesione e inclusione sociale.

Questo risultato può essere ottenuto solamente contrastando il rallentamento dell’economia con un’azione anticiclica in grado di contemperare lo stimolo all’economia, con la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche.

Alla luce del Programma di Governo e della necessità di migliorare la competitività dell’economia italiana, ritengo di richiamare tre punti che io giudico prioritari:

  • Riforma delle imposte, delle imposte dirette principalmente, con l’obiettivo prioritario di ridurre gradualmente il carico fiscale sui redditi delle famiglie e delle imprese;
  • inclusione sociale e politiche attive del lavoro, con una particolare enfasi sul contrasto alla povertà e l’inserimento nel mercato del Lavoro;
  • il rilancio degli investimenti pubblici, non solo tramite maggiori risorse di bilancio ma anche rimuovendo gli ostacoli burocratici e le debolezze organizzative che li hanno frenati negli ultimi anni.

Si tratta, quest’ultimo, di uno sforzo dell’intero Governo e i temi della semplificazione già richiamati nelle relazioni che ho ascoltato sono già all’ordine del giorno dei lavori del Governo.

Come ho più volte sottolineato, puntare sullo stimolo endogeno alla crescita basato sugli investimenti pubblici, e su quelli privati che sono anche trainati dai primi, significa affrontare il tema dell’occupazione di oggi e al tempo stesso costruire una capacità produttiva addizionale di cui beneficerà il lavoro delle generazioni future.

Questo disegno riformatore sarà pienamente efficace nell’affrontare le problematiche storiche che affliggono l’economia italiana solamente se saprà individuare in maniera chiara per ognuna di queste gli strumenti più adatti per raggiungere gli obiettivi di policy desiderati, definendo un percorso realistico, obiettivi misurabili e scadenze intermedie e finali.

Voglio sottolineare qui che il disegno riformatore verrà portato avanti mantenendo il necessario percorso di riduzione del debito pubblico e evitando ogni inversione di tendenza nel percorso di aggiustamento del saldo strutturale, pur valutando attentamente quale sia la dinamica temporale di questo percorso più conveniente al fine di evitare un’azione pro-ciclica che possa accentuare il previsto rallentamento dell’economia. Questo percorso verrà valutato in base all’aggiornamento delle previsioni economiche e in stretto contatto con i nostri interlocutori europei.

Voglio anche sottolineare che i nostri obiettivi di consolidamento della finanza pubblica non derivano principalmente dagli impegni europei, pur importanti e che l’Italia ha sottoscritto e quindi si è impegnata a rispettare, ma dalla necessità che abbiamo di mantenere e rafforzare la fiducia degli investitori internazionali, e direi anche nazionali, nei confronti dell’economia italiana e della nostra stabilità finanziaria.

Le vicende ultime che hanno riguardato le oscillazioni dello spread lo dimostrano.

La risposta dei mercati finanziari alle nostre decisioni di politica di bilancio dipenderà tuttavia non solo dai livelli di deficit prescelti, ma anche dalla composizione del bilancio e dalla qualità delle nuove misure di politica economica.

Se esse perseguiranno credibilmente una crescita più elevata ed anche più equilibrata ed inclusiva, vi sarà maggiore propensione a finanziare il nostro debito pubblico e i rendimenti sui titoli pubblici quindi risulteranno inferiori. Questo andrà a beneficio dell’intera economia.

Poiché sappiamo che la sostenibilità di lungo periodo del debito e la sua progressiva riduzione dipendono dalla crescita economica, l’attenzione che porremo al sostegno alla crescita rappresenterà un elemento di valutazione non meno importante dell’osservazione del rispetto dei vincoli di bilancio.

Crescita, occupazione e sicurezza dei cittadini sono obiettivi che le stesse Istituzioni europee si sono date, in risposta al riconoscimento dell’inadeguatezza della risposta alla crisi economico finanziaria con una strategia di esclusivo perseguimento della stabilità delle finanze pubbliche.

Questo cambio di passo si è palesato con la Relazione dei cinque presidenti del giugno 2015 che ha avviato un dibattito, sviluppatosi nel corso degli ultimi tre anni, sul rafforzamento e approfondimento dell’Unione economica e monetaria, rafforzamento e approfondimento in grado di stimolare un confronto di idee a cui l’Italia, quale paese fondatore, può contribuire in maniera costruttiva e propositiva.

La discussione politica in Europa nei prossimi mesi si concentrerà su quattro temi:

  1. il cosiddetto Pacchetto bancario, con le nuove norme prudenziali e sulle passività assoggettabili al bail-in;
  2. le modalità di valutazione del grado di risoluzione del rischio, secondo la tabella di marcia concordata dall’Ecofin nel giugno 2016, per consentire la successiva apertura del negoziato politico sul sistema comune di garanzia dei depositi;
  3. la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, per attribuirgli il ruolo di supporto finanziario al Fondo di risoluzione unico nel caso in cui le sue risorse siano insufficienti, nonché possibili ulteriori funzioni;
  4. infine L’istituzione e il rafforzamento di un bilancio dell’Eurozona.

Su questi temi il nuovo Governo si misura attentamente perché li riteniamo cruciali per le prospettive future dell’Eurozona. Ci misuriamo attentamente con l’obiettivo, ampiamente condiviso anche dagli altri Paesi che dell’Eurozona fanno parte, di rimediare alle sue lacune e debolezze.

Ma se l’obiettivo di rafforzare l’Unione monetaria è condiviso, ampie restano le divergenze su quali siano le modalità migliori per conseguire l’obiettivo.

In materia di riduzione dei rischi, l’Euro Summit ultimo ha in primo luogo espresso l’auspicio che il cosiddetto ‘pacchetto bancario’ sia approvato definitivamente entro la fine dell’anno. Si tratta di misure su cui, in via preliminare, l’ ECOFIN si è espresso in maggio, e il Parlamento europeo in giugno. È stata ora avviata la fase di confronto tra le istituzioni europee, che dovrebbe condurre all’accordo finale.

Il testo approvato dall’Ecofin presenta tuttavia, a nostro giudizio, profili problematici sui quali il governo italiano si misurerà.

In generale, come è stato ricordato, porre la condivisione dei rischi in una posizione di completa subordinazione rispetto alla riduzione dei rischi non solo è sbagliato concettualmente, ma è dannoso dal punto di vista del conseguimento dell’obiettivo di realizzare un’Unione bancaria più forte e completa. La regolamentazione non deve penalizzare l’offerta di credito e il nuovo assetto istituzionale deve contribuire a rimuovere i fattori di divergenza, non a crearne di nuovi.

Ecco perché sono uno strenuo sostenitore della tesi che le singole proposte debbano essere oggetto di un’attenta valutazione al fine di evitare l’introduzione di elementi di rigidità che, in quanto tali, non sono in grado di dotare l’Unione economica e monetaria degli strumenti adatti per affrontare la realtà.

Come ho già avuto modo di sostenere nelle sedi europee e nelle occasioni di confronto con i miei omologhi, la posizione dell’Italia è di sostenere il processo di unificazione.

È opportuno, tuttavia, che si acquisisca consapevolezza del fatto che il percorso compiuto finora nella riduzione dei rischi nel settore finanziario ha raggiunto risultati notevoli, che i tempi sono maturi per l’adozione di decisioni di condivisione dei rischi, che a loro volta, in un circuito finalmente virtuoso, consentiranno una ulteriore riduzione del rischio sistemico.

Il Paese e il sistema bancario hanno dimostrato di procedere con decisione e convinzione nella direzione di ridurre i rischi settoriali. Con altrettanta convinzione sottolineo però come l’Italia non domanda strumenti di condivisione del rischio a qualunque prezzo.

Il quadro istituzionale sulla gestione delle crisi dovrebbe bilanciare l’esigenza di contenere l’azzardo morale, creato dall’aspettativa di interventi di bail-out, con quella di salvaguardare la stabilità finanziaria, che in alcune circostanze può essere minacciata da interventi di bail-in.

Per quanto l’Italia non sia contraria a un’evoluzione del Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM) è importante sottolineare che alcuni interventi inciderebbero profondamente sugli assetti istituzionali, con sovrapposizioni e possibili ripercussioni negative sui mercati finanziari, anche perché questi interventi non sarebbero compensati da corrispondenti progressi sul fronte della condivisione dei rischi.

Mi riferisco in particolare alle proposte sulla trasformazione del Meccanismo europeo di stabilità in un Fondo monetario europeo, che rimarrebbe un’istituzione intergovernativa, con compiti di sorveglianza fiscale e di gestione di procedure di ristrutturazione del debito sovrano.

L’evoluzione del Meccanismo Europeo di Stabilità deve essere valutata nel quadro di un approfondimento sulle funzioni e gli strumenti di cui sarà dotato, con l’obiettivo di addivenire a una governance sufficientemente bilanciata.

Per concludere mi sento di affermare che ci troviamo in una fase molto complessa, caratterizzata dalle opportunità e dalle incertezze che provengono dall’economia mondiale, che avranno un impatto importante sull’economia italiana, e dal fatto che dovremmo affrontare, al tempo stesso, passi importanti di trasformazione della governance europea. In questo contesto complesso la risposta italiana sarà quella di procedere nelle riforme strutturali previste nel programma di governo, con l’idea di rafforzare la nostra capacità di risposta agli shock esogeni e di attivare il più possibile i fattori endogeni di crescita della nostra economia.

Grazie per l’attenzione.

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