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Padoan ci spiega tre gravi conseguenze già generate dal referendum inglese

Il Foglio - 23/06/2016

Pier Carlo Padoan

Il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea ha tre conseguenze certe, anche a prescindere dall’esito finale che conosceremo nelle prossime ore. In primo luogo genera un rischio politico di emulazione perché forze politiche populiste potrebbero proporre iniziative analoghe in altri Stati membri. Seconda conseguenza: la convocazione del referendum ha generato un clima di incertezza con effetti soprattutto sui mercati finanziari, sui quali abbiamo registrato elevata volatilità. Infine, un indebolimento generalizzato delle aspettative sul futuro dell’Unione europea rischia di frenare le decisioni degli operatori economici e quindi di provocare un rallentamento dell’attività economica.

È evidente che in caso di vittoria dell’opzione “leave” tutte queste conseguenze sarebbero amplificate e l’intera Unione dovrebbe attraversare un lungo periodo di incertezza. Nulla di concreto accadrebbe all’indomani del referendum, ma le autorità dell’Unione e del Regno Unito dovrebbero cominciare a negoziare le modalità per il reciproco disimpegno giuridico ed economico. Inoltre nuovi accordi andrebbero stipulati per regolare il commercio tra UE e UK. Questo periodo di negoziati potrebbe durare circa cinque anni e l’incertezza sull’esito degli stessi produrrebbe effetti anticipati sui mercati finanziari e probabili danni agli scambi commerciali.

Da questa situazione l’Italia non deve temere effetti specifici, come sostengono anche numerosi studi indipendenti. Gli effetti negativi sarebbero anzi prevalentemente concentrati Oltremanica. Tuttavia la nostra economia subirebbe conseguenze analoghe a quelle diffuse in tutta l’Unione europea e non dobbiamo nasconderci che l’incertezza tende a penalizzare i Paesi che presentano fragilità strutturali: nel nostro caso abbiamo già sofferto gli effetti della volatilità dei mercati finanziari sul comparto della finanza e del credito.

Il Governo italiano è convinto che la reazione migliore alla crisi dell’Unione europea consista in uno sforzo di maggiore integrazione ed è con l’intento di promuovere progressi in questa direzione che ci siamo impegnati, con istanze formali e informali, a discutere una strategia di rilancio del progetto europeo. In particolare, siamo convinti che sia indispensabile mettere in cima all’agenda dell’Unione il rilancio della crescita economica e dell’occupazione. Tre le leve concrete di intervento per conseguire questo risultato: stimolo agli investimenti anche attraverso un potenziamento del Piano Juncker; rafforzamento del mercato unico, con un impegno specifico sul fronte dell’innovazione; infine un meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica che consenta di gestire le fasi di aggiustamento senza scaricarne integralmente i costi sui lavoratori. Lavorando in modo organico per la realizzazione di questa strategia possiamo rilanciare il progetto di una Unione che venga vissuta dai cittadini europei come parte della soluzione ai loro problemi, anziché come fonte dei problemi stessi.

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