Benvenuto sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, conosciuto anche come Portale mef

Contenuto principale

Padoan alla Cgil “Prima i giovani poi le pensioni”

La Repubblica - 23/11/2017

Intervista a Pier Carlo Padoan di Francesco Manacorda e Roberto Petrini

Ministro Padoan, lei è un uomo di sinistra?
«Certo, lo dice tutta la mia storia».

La sinistra che sta oltre il Pd, e anche un pezzo di Pd, chiede al governo di cui lei è il ministro dell'Economia di non portare a 67 anni l'età per la pensione.
«Ma oggi essere di sinistra vuol dire cercare una crescita inclusiva e sostenibile, che sia condivisa con gli strati più deboli della società e che duri nel tempo. Dunque ci vuole impegno per chi è debole oggi ma anche per chi potrebbe essere debole domani, cioè le generazioni future».

Sogna una sinistra che sfili in piazza per i diritti dei giovani e non per quelli dei pensionati?
«Mi limito a dire che la voce di spesa pubblica perle pensioni è quella che più è aumentata negli ultimi anni, mentre altre voci sono scese. Le pensioni non sono quelle che hanno sofferto di più, mentre la disoccupazione giovanile resta troppo alta. Per i giovani bisogna fare di più, sempre di più».

In legge di bilancio ci sono 300 milioni per l'occupazione giovanile. Non è poco?
«Mi sarebbe piaciuto fare di più, ma con le risorse che avevamo a disposizione abbiamo fatto uno sforzo notevole. Le cifre per gli sgravi contributivi sulle assunzioni stabili dei giovani, sono rilevanti: 323 milioni il primo anno, che salgono a quasi 800 milioni nel secondo e a 1,2 miliardi il terzo anno. E l'agevolazione è potenziata per le assunzioni nel Mezzogiorno. Tra le altre misure sottolineo quelle per le assunzioni dei giovani ricercatori».

E per chi fa lavori duri e vuole andare in pensione?
«Abbiamo trovato una soluzione per permettere a chi svolge lavori gravosi di andare in pensione prima di altri. Quindi la trattativa con i sindacati è stata positiva; ora si va in Parlamento visto che si tratta di emendamenti alla legge di Bilancio. C'è una legge — peraltro già applicata due volte — che prevede rialzi automatici dell'età legati alla speranza di vita e il governo ha preso atto che si possono introdurre delle deroghe per lavori particolarmente gravosi. Modificheremo anche l'algoritmo che lega l'aspettativa di vita biologica e all'età pensionabile. Mi rammarico che questa soluzione sia stata accolta solo da due sindacati su tre, ma la spesa pensionistica è cruciale».

Sulle pensioni avete fatto "una cosa di sinistra"?
«Direi di sì. La sostenibilità delle finanze pubbliche riguarda le generazioni future, che oggi sono più deboli. Capisco che scomodo ricordarlo ma è il mio compito. E rinunciare all'adeguamento dell'età alla speranza di vita avrebbe fatto saltare parametri che la Commissione europea ritiene fondamentali per il contenimento del debito».

La legislatura si avvia alla fine. Che bilancio fa?
«Che oggi c'è un'Italia che si è lasciata alle spalle i timori legati alla fragilità del sistema bancario, dove il debito ha smesso di crescere, ci sono un milione di occupati in più, la fiducia di imprese e famiglie è molto più solida. Dunque un'Italia che rappresenta una buona piattaforma di lancio per una nuova stagione di riforme» .

Se le riforme riprendessero vigore quali fare subito?
«C'è da fare in modo più deciso la riforma della scuola e della pubblica amministrazione. Vedo come campo di azione un nuovo slancio dell'economia italiana verso l'innovazione e la tecnologia. E poi serve un vero rilancio degli investimenti pubblici: le risorse ci sono, ma bisogna rinnovare radicalmente il meccanismo amministrativo».

Quest'anno il Pil crescerà almeno dell'1,5 %. Ma durerà?
«Anche se ho visto previsioni che indicano un rallentamento nel '18-'19 noi prevediamo che la ripresa sia sostenibile. Anzi, già per quest'anno ci sono possibilità che le cose possano migliorare: penso che la crescita, alla fine, sarà anche superiore all'1,5%».

Ma c'è incertezza — lo ricorda la lettera della Commissione — sulle prospettive delle finanze pubbliche e del debito. Bruxelles ci chiede di non annacquare la legge di Bilancio e potrebbe presentare il conto al nuovo governo.
«La lettera della Commissione riconosce le molte cose buone fatte dei governi di questi anni: le riforme, incluse quelle nel settore bancario, l'aumento della crescita potenziale, il miglioramento delle finanze pubbliche. A Bruxelles temono che i risultati del 2018 non siano conformi alle nostre aspettative ma la divergenza si base su stime diverse della crescita reale e nominale e sulla stima del potenziale, che è controversa. Così com'è la legge di Bilancio può conseguire i risultati che ci siamo imposti».

Non teme che in Parlamento la legge di Bilancio corra il rischio di assalto alla diligenza?
«È molto semplice: bisogna rispettare i saldi di finanza pubblica che sono nella nota di aggiornamento del Def approvati a maggioranza assoluta dal Parlamento. Le istituzioni internazionali e i mercati continuano a guardarci con grande attenzione».

Anche la vicenda Ema non rallegra...
«Vorrei lanciare un appello a non commiserarci. Anche senza l'Ema Milano ha forti potenzialità. I consensi ottenuti per questa candidatura devono essere uno stimolo ad andare avanti sempre meglio. E bisogna riconoscere che il Paese ha saputo fare sistema intorno alla città».

Lei dice che la crisi bancaria è superata. Ma Carige e Creval?
«Carige ha concluso un accordo per un aumento di capitale con un'operazione pienamente di mercato. Non è un focolaio di crisi, ma una coda. Crevai è una operazione più piccola, non ha criticità, ma ha lanciato un forte aumento di capitale proprio quando l'addendum della Bce ha reso tutti un po' più nervosi. Quindi non considero questi due episodi un segnale di un sistema in acque difficili».

L'addendum è l'indicazione data dalla Vigilanza della Bce perché le banche accantonino riserve fino al 100% per coprire i loro crediti deteriorati. Un colpo basso, dicono i nostri banchieri
«È importante che le banche si liberino dalle sofferenze ma non devono farlo a velocità eccessiva, sennò i mercati reagiranno male quando gli istituti saranno costretti a nuovi aumenti di capitale. E la sede giusta per proporre norme che riguardano tutte le banche della zona euro è la Commissione e non la Bce».

In Parlamento c'è una commissione d'inchiesta sul credito. Bankitalia e Consob hanno lavorato bene o hanno peccato di omissione?
«Viste da fuori, le autorità di vigilanza hanno lavorato in modo adeguato, tenendo conto che la crisi ha moltiplicato le situazioni di difficoltà. Però quello che andava fatto con maggiore decisione, anche da parte di altri soggetti, era perseguire la cattiva gestione di alcuni manager che si è sovrapposta ad un contesto di fragilità crescente».

Come giudica l'indagine penale sulla sua consigliera Susanna Masi, accusata di aver ceduto — retribuita — informazioni a Ernst e Young?
«Non commento le indagini. Sono in attesa di conoscere gli esiti del lavoro dei magistrati.

Ministro, parliamo di lei: sarebbe pronto a un altro incarico di governo? O alla presidenza dell'Eurogruppo?
«In questi anni ho parlato sempre e soltanto del Paese, mai di me. Non intendo cambiare attitudine adesso».