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Padoan: "Meno debito più crescita e riforme, così abbiamo evitato manovra da 40 miliardi"

Corriere della Sera - 01/03/2015

di Antonella Baccaro

Ministro Padoan, perché lo Stato è sceso al 25,5% in Enel e al 30% in Eni ma non può scendere sotto il 51% di Rai Way, la società delle torri di trasmissione?
«Posto che il controllo di un’impresa non richiede il 51%, in questo caso il 51% viene mantenuto per dare un segnale aggiuntivo che lo Stato non intende perdere il controllo di Rai Way: 51% è anche un numero simbolico. Nel caso di Enel lo Stato era già intorno al 30%».

L’avvio della vendita del 5,74% di Enel è caduto nello stesso giorno dell’offerta di Ei Towers (Mediaset) per il 66% di Rai Way. Un caso?
«L’operazione Enel è di natura strettamente finanziaria: l’evoluzione del mercato è stato un fattore determinante nel definirne i tempi. Il comportamento del titolo dopo la vendita dice che è andata molto bene. Il fatto che sia avvenuta in concomitanza con Ray Way è casuale. Non c’è un Grande Fratello delle privatizzazioni».

Il lancio dell’Offerta pubblica di acquisto e scambio (Opas) di Mediaset segna l’avvio di una trattativa?
«Per quanto mi riguarda non c’è nessuna trattativa. Ci siamo stupiti quando abbiamo visto ciò che succedeva. Non abbiamo intrapreso né azioni né contromisure salvo ribadire il limite del 51%, a dimostrazione che non c’è intenzione di perdere il controllo di Rai Way».

Fermo il limite del 51%, può esserci una condizione alla quale è possibile una trattativa? Ad esempio se Mediaset scendesse sotto quota 66%?
«Ripeto non c’è nessuna trattativa, non ce n’è nessuna intenzione, nè sono stato approcciato da qualcuno per questo. Una quota è stata messa sul mercato, lì si faranno le scelte: ci sono vari operatori che possono essere interessati allo scambio delle partecipazioni disponibili».

C’è un piano su Rai Way che ne prevede la confluenza in un polo unico con Ei Towers e Inwit, o anche solo con quest’ultima società di Telecom?
«Non ne sono a conoscenza».

Che strategia c’è dietro la vendita di Rai Way? C’entra il piano sulla banda larga che il governo sta per lanciare?
«L’operazione rientra nella logica del governo di verificare quali partecipate possano creare un valore che serva a abbattere il debito e a aumentare l’efficienza grazie a una maggiore esposizione al mercato dei management. L’operazione Rai Way è nata con questa filosofia e la mantiene. Poi il mercato si è manifestato con un’Opas: il perché è domanda che lascio a altri. L’intenzione del governo resta quella».

Si va verso un decreto per la riforma Rai? Quale posto avrà l’azionista Tesoro nella nuova governance?
«Il governo sta mettendo progressivamente a fuoco gli obiettivi della riforma. Definiti questi, chiariremo modalità di attuazione, governance, finanziamento e altre specifiche».

L’Italia intravede la ripresa. Le riforme rallenteranno?
«La ripresa deriva da un ambiente macroeconomico internazionale favorevole, grazie alla decisione della Bce sul Quantitive Easing (QE), ma anche dalle scelte di politica economica e dalle riforme che stiamo implementando. E che, a differenza di quanto pensano molti, aumenteranno se lo spread scende. Altrimenti la ripresa rischia di non consolidarsi».

Rivedrete il dato del Prodotto interno lordo? L’Istat prevede una crescita dello 0,1% nel primo trimestre.
«Aspetterei un attimo. Il Pil è frutto di diverse variabili che stanno andando nella direzione giusta, tutto fa presumere che questo si tradurrà in un dato migliore del previsto. Forse siamo a un punto di svolta, perciò insistiamo sulle riforme».

Cosa succederà se il QE non darà i frutti attesi?
«L’operazione della Bce ha alcuni aspetti che richiamano il QE della Banca centrale americana, in particolare l’idea che in un periodo di tempo determinato ci sarà un’importante e continua iniezione di liquidità con possibilità di proroga se l’obiettivo non sarà stato raggiunto. Non vedo rischi: l’annuncio di come la politica monetaria si comporterà nei prossimi 18 mesi è stato molto chiaro. E il fatto che i mercati reagiscano bene ne è la prova».

Il commissario Ue francese Moscovici ci ha dato «semaforo giallo» sui conti pubblici: bisogna accelerare.
«Da piccolo mi hanno detto che al giallo si rallenta. Forse in Francia non è così. Battute a parte, il messaggio è importante perché la commissione Ue dice che l’Italia deve continuare sulle riforme ma, a differenza di qualche mese fa, riconosce che sono stati fatti sforzi nel completare l’aggiustamento strutturale per cui il governo ha assunto misure aggiuntive nella legge di Stabilità».

Un incoraggiamento?
«Il riconoscimento del fatto che il governo sta impostando una strategia di abbattimento del debito che tiene conto delle circostanze eccezionali, della crisi, facendo al tempo stesso uno sforzo significativo sulle riforme strutturali».

Un passo avanti sulla flessibilità.
«Il chiarimento sulla flessibilità elaborato dalla Commissione a gennaio è frutto anche del lavoro della presidenza italiana e consente di riconoscere gli sforzi di tutti i Paesi che si stanno impegnando nel cambiamento, come noi. Grazie a questo abbiamo compiuto un aggiustamento strutturale di quasi 5 miliardi ed evitato una manovra di 40 miliardi che avrebbe ucciso la ripresa».

L’emergenza greca ha eclissato quella italiana?
«Al contrario: il fatto che l’Italia stia dimostrando che pur con condizioni di debito difficili una strategia di riforme è efficace, è un segnale a altri Paesi che, pur davanti a grandi difficoltà, è possibile trovare una via d’uscita dalla crisi. Ho la sensazione che l’atteggiamento nei confronti dell’Italia di molti Paesi, compresi quelli in cui “non ci si fida” di noi, sta cambiando perché stiamo facendo cose importanti».

Le piace l’accordo con la Grecia?
«È un percorso difficile ma andrà rafforzandosi nel tempo se le azioni che prenderà il governo greco serviranno anche a creare un clima di fiducia. La fiducia è fondamentale ma è ancora insufficiente in Europa, bisogna fare sforzi per accrescerla altrimenti non possiamo dare per scontato che il processo di integrazione sia irreversibile».

La crescita prevista in Italia nel 2015 resta sotto l’1%. La domanda interna è debole.
«La ripresa dei consumi familiari sarà sostenuta dall’aumento del reddito grazie agli sgravi fiscali e alla maggiore fiducia. Così per le imprese che beneficiano della cancellazione dell’Irap sul lavoro e di strumenti di sostegno ai finanziamenti non bancari. Mi aspetto che le imprese facciano investimenti per aumentare l’occupazione. I dati sui macchinari sono ripartiti: le imprese hanno deciso di allargare la capacità produttiva».

Ma gli 80 euro non hanno già esaurito la loro spinta?
«Non hanno ancora cominciato a mostrare il loro impatto. Finora le famiglie li hanno usati per ripagare i debiti e risanare i bilanci. Quando sono stati introdotti, i critici hanno detto che erano una misura debole e temporanea che non avrebbe funzionato. Ora che è stata resa permanente e dunque si accumula, grazie alla maggior fiducia, la spesa ripartirà».

Le tasse sulla casa caleranno?
«Se si devono abbattere le tasse, la mia preferenza va a agli investimenti produttivi, così riparte l’occupazione».

Ma almeno ci sarà una «local tax» unica nel 2016?
«Stiamo mettendo mano a una riforma generale della finanza locale in cui la local tax avrà un ruolo cruciale. La finanza locale sarà basata sul principio del pareggio di bilancio degli enti piuttosto che sul Patto di stabilità interno, che si è rivelato un meccanismo inefficiente. Il quadro è molto fluido. Non posso fare anticipazioni».

Capitolo spesa. La spending review è morta?
«No, anzi. In questi giorni stiamo anticipando la riflessione in vista della nuova legge di Stabilità. Servirà a disinnescare le clausole di salvaguardia che molti considerano il segnale che la pressione fiscale aumenterà. Invece è vero il contrario: le misure sulla spesa ci saranno e la pressione non aumenterà».

La Corte dei conti dubita che quest’anno si taglierà quanto previsto.
«Il dialogo con le Regioni e gli enti locali è intenso e garantirà il raggiungimento degli obiettivi e delle nostre scadenze. Lo abbiamo fatto con le clausole di salvaguardia dello scorso governo, lo faremo ancora».

L’esperienza del commissario alla spending review è conclusa?
«Il lavoro fatto da Carlo Cottarelli è stato utile, deve continuare indipendentemente dal fatto che ci sia un commissario. Mi piacerebbe pensare che stiamo andando verso una normalità che considera la razionalizzazione della spesa pubblica un dovere permanente».

Leggeremo mai le carte di Cottarelli?
«Saranno presto rese pubbliche, ma non ci sono carte segrete, misure misteriose, c’è la testimonianza del lavoro di un anno».

I decreti fiscali vedranno la luce finalmente?
«Stiamo lavorando all’attuazione di tutta la delega fiscale, dalla messa a punto dei decreti discussi il 24 dicembre al completamento di molti altri».

La clausola di non punibilità del 3% per i reati fiscali resterà?
«Il tema è come trattare, nel penale tributario, distinguendo tra un reato, una frode, e il fatto che, a seguito di errori materiali, un imprenditore che sbaglia nella dichiarazione, rischia la galera. Lo si fa stabilendo delle soglie, delle percentuali, precisando il profilo della frode fiscale».

Percentuali e soglie riguarderanno la frode fiscale?
«No, la frode fiscale continuerà ad essere punita penalmente come adesso».

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