Niente tasse per chi investe nelle piccole e medie imprese
08/05/2016Il ministro dell’Economia Padoan: in arrivo un decreto per indirizzare le risorse verso il sistema produttivo. Si possono così attrarre fino a 10 miliardi di risparmi privati sulle pmi. Sulle banche «una fase delicata ma il sistema nel suo complesso è solido»
Intervista al ministro Padoan di Enrico Marro
Un decreto legge per favorire la crescita e la competitività delle piccole e medie imprese. Il provvedimento verrà varato dal governo «nelle prossime settimane», annuncia al Corriere della Sera il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Servirà, tra l’altro, a «incentivare gli investimenti di lungo termine nelle pmi» con una «esenzione fiscale sui rendimenti». Obiettivo: convogliare il risparmio delle famiglie italiane verso l’ossatura della struttura produttiva del nostro Paese, la rete di piccole e medie imprese che hanno bisogno di ricapitalizzarsi per fare il salto di dimensione (in Italia il 95% delle aziende ha meno di 10 addetti, dati Istat) e conquistare i mercati esteri. Secondo le stime dei tecnici, con l’aliquota zero sui rendimenti degli investimenti nelle pmi, realizzati attraverso prodotti specializzati come i piani di risparmio a lungo termine, si potrebbero far affluire a queste imprese una decina di miliardi di euro all’anno, con ricadute positive sul Prodotto interno lordo.
Ministro, a proposito di Pil, questo governo ha speso molto per favorire la crescita: dagli 80 euro alla decontribuzione al taglio dell’Irap. Ma i risultati sono modesti, nonostante condizioni di offerta monetaria e tassi d’interesse senza precedenti. A questo punto che si può fare? Utilizzare l’helicopter money, cioè mettere i soldi direttamente nelle tasche dei cittadini, come dicono alcuni o cosa?
«Intanto non sono d’accordo. L’economia italiana cresce proporzionalmente più di altre, sostenuta dalla domanda interna proprio perché i consumi hanno ricevuto una spinta dagli 80 euro. Ora stanno accelerando gli investimenti dopo anni di calo. C’è stato un aumento dell’occupazione di quasi 400 mila posti di lavoro mentre il tasso di disoccupazione scende e i contratti a tempo indeterminato aumentano. Questi sono meriti del governo. Quanto alla politica monetaria, la deflazione è dura a morire. Con i prezzi che scendono consumatori e imprese possono essere tentati di rimandare le decisioni di spesa. Se bisogna arrivare all’helicopter money se lo chiedono in molti. Vorrei però sottolineare che gli effetti delle ultime misure prese dalla Banca centrale europea, l’aumento del Ltro (finanziamenti agevolati alle banche, ndr.) e la decisione di intervenire sul mercato dei titoli corporate, si devono ancora vedere. Io continuo a pensare che la crescita dell’economia debba essere sostenuta da una combinazione di politica monetaria e politica di bilancio e di riforme strutturali, possibilmente con un maggior coordinamento a livello europeo».
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato a breve un provvedimento di legge per la competitività. Ci può anticipare qualcosa?
«Si tratterà di un pacchetto articolato con diverse misure. Una di queste serve a convogliare il risparmio privato verso le piccole e medie imprese, che hanno bisogno di aumentare la loro dotazione di capitale per fare ricerca e investimenti. Dalle nostre analisi si potrebbe arrivare ad attivare risorse private fino a 10 miliardi l’anno. Pensiamo di portare questo decreto legge in Consiglio dei ministri tra qualche settimana. L’idea è quella di dare una esenzione fiscale ai privati che investono in strumenti di risparmio a lungo termine specializzati nel finanziare l’economia reale».
In queste settimane sono circolate molte altre ipotesi di interventi per stimolare la crescita: 80 euro ai pensionati al minimo, taglio dell’Irpef, taglio del cuneo fiscale, investimenti pubblici. Lei su cosa concentrerebbe le risorse? Cosa può funzionare di più?
«Intanto gli investimenti hanno invertito la tendenza. Dopo anni di caduta, nel 2015 hanno ripreso a crescere e quest’anno aumenteranno di oltre il 3 per cento. Con gli investimenti pubblici stiamo facendo la nostra parte. Domenica scorsa il Cipe (Comitato interministeriale per la politica economica, ndr.) ha sbloccato più di tre miliardi di euro per ricerca e cultura. Gli investimenti pubblici sono una priorità. L’iniziativa sulle sinergie possibili tra Anas e Ferrovie, aziende pubbliche con grandi capacità d’investimento, è frutto di questo orientamento. Cosa funziona di più? Non esiste la bacchetta magica, bisogna usare più strumenti in modo coordinato».
Parliamo di banche. Il presidente del Fondo interbancario che garantisce i depositi, Salvatore Maccarone, lancia l’allarme dicendo che «le casse sono vuote e contribuiscono a renderle tali i provvedimenti di ristoro degli obbligazionisti delle quattro banche. Ora nel fondo volontario ci sono 300 milioni, pochi, non si fa granché». Cosa risponde?
«Staremo a vedere se 300 milioni sono pochi. Intanto vorrei dire che molti di questi obbligazionisti delle 4 banche finite in risoluzione (Etruria, Marche, CariFerrara e CariChieti, ndr.) hanno subito un misselling (vendita fraudolenta, ndr.) e ora bisogna ristabilire un rapporto di fiducia tra risparmiatori e banche. Il governo sta prendendo misure in questo senso, a partire proprio dal decreto che ha permesso di salvare i depositanti e le imprese clienti delle 4 banche. Sarebbe opportuno che anche il sistema bancario facesse un esame di coscienza riconoscendo che ci sono stati alcuni comportamenti sbagliati verso la clientela. Per esempio, gli azionisti delle banche che sono in fase di transizione potrebbero promuovere azioni di responsabilità verso il management che in passato non ha adottato condotte trasparenti. Siamo quindi in una fase delicata, ma il sistema bancario è nel suo complesso solido».
La commissione Ue voleva che le 4 nuove banche nate sulle ceneri di quelle fallite fossero vendute entro il mese scorso. Avete chiesto più tempo. Vi è stato dato?
«Sì, abbiamo trovato l’accordo sul 30 settembre 2016. Il precedente termine era davvero troppo breve. Nel frattempo le 4 banche stanno operando bene e ci sono numerose manifestazioni d’interesse sia italiane sia estere».
Il fondo Atlante, anche questo alimentato con risorse private, per sostenere la ricapitalizzazione delle banche e aiutarle nello smaltimento dei crediti in sofferenza appare inadeguato rispetto alle esigenze. È un fatto che il mercato non se la sia sentita di investire nella popolare vicentina e che ancora non sia stata trovata una soluzione di sistema per le sofferenze. La presidente del fondo di risoluzione europeo, Elke König, ha commentato che «chi arriva tardi viene punito dalla storia». I titoli bancari continuano ad andare giù. Il governo ha in serbo altri interventi?
«Mi sembra che il governo abbia già fatto molte cose e osservo che le sofferenze hanno cominciato a diminuire da diversi mesi. Le misure varate permetteranno di velocizzare le procedure di recupero dei crediti deteriorati, con effetti sia sui nuovi contratti sia sullo stock. Se si considerano anche le misure approvate l’estate scorsa, i tempi medi di recupero dei crediti si abbatteranno di 3 anni. Altre misure arriveranno con l’attuazione in Parlamento della delega sul diritto fallimentare. Tutto ciò consentirà di aumentare il valore di questi crediti sul mercato. Inoltre, abbiamo messo in campo la Gacs, la garanzia sulle sofferenze cedute tramite cartolarizzazione. Il Fondo Atlante non sarebbe sufficiente? La sua capitalizzazione dipende dal sistema privato. È partito da appena due settimane ed è presto per trarre delle conclusioni. Quanto alle parole di Elke König (presidente dell’autorità europea di risoluzione bancaria, ndr), trovo ingenerosa la tesi che chi arriva tardi ha torto, visto che il Paese di cui è cittadina la König (Germania, ndr) ha fatto ampio uso di risorse pubbliche per sostenere il sistema bancario. L’Italia invece sta dimostrando di saper far fronte ai problemi pur in un contesto di regole molto più severe».
Ma lei se la sente di dire ai risparmiatori italiani che non ci saranno altre banche che falliranno?
«Premesso che anche in regime di bail in (le regole europee che prevedono perdite per gli azionisti e i creditori delle banche che falliscono, ndr.) i depositi sono garantiti fino a 100 mila euro, noi siamo impegnati a rafforzare i meccanismi di prevenzione delle crisi, a partire dalla vigilanza europea, e insistiamo, nonostante l’opposizione di alcuni Paesi, affinché si arrivi alla garanzia europea sui depositi, elemento che riteniamo fondamentale. Poi c’è un versante che riguarda le banche stesse, che devono essere molto più trasparenti che in passato quando vendono strumenti finanziari ai clienti».
Nel decreto banche si amplia da 5 a 7 anni la possibilità di prepensionamento dei bancari, sia pure mettendone il costo a carico del fondo di categoria. Tutto questo mentre per gli operai non c’è ancora la «flessibilità in uscita». Due pesi e due misure?
«No. Sulla flessibilità — ribadito che la riforma delle pensioni è un pilastro solido sul quale si basa la stabilità del Paese — il governo sta esaminando ipotesi per consentire l’uscita anticipata dal lavoro proprio tenendo conto delle esigenze di chi svolge attività più usuranti. Ma qualsiasi soluzione deve essere compatibile con i vincoli di bilancio e la sostenibilità di lungo termine».
Allo studio c’è il prestito previdenziale, ora ribattezzato Ape (Anticipo pensionistico) dal premier Renzi. Secondo il segretario della Cgil, Susanna Camusso, «un regalo a banche e assicurazioni». Cosa risponde?
«Non commento affermazioni del genere».
Ci sarà l’anticipo al 2017 della riduzione dell’Irpef. Si parla di un taglio delle aliquote intermedie. Conferma?
«Anche qui bisognerà valutare le diverse alternative, ragionando sia sull’efficacia relativa sia sui vincoli di bilancio. Vedremo nell’ambito della legge di Stabilità, a settembre».
Ho capito, chiudiamo con la Roma: Totti deve giocare anche l’anno prossimo oppure andare in pensione?
«Totti deve giocare finché fa i gol».
Ed è l’unico momento in cui il ministro dell’Economia, seduto nel suo ufficio al primo piano di via Venti Settembre, accenna un sorriso.