“L'Europa scelga tra noi e l'Ungheria bocciare la manovra sarebbe la sua fine”
23/10/2016di Francesco Manacorda e Roberto Petrini
L'Europa deve scegliere da che parte stare. Può accettare il fatto che il nostro deficit passi dal 2 al 2,3 per cento del Pil per far fronte all'emergenza terremoto e a quella dei migranti. Oppure scegliere la strada ungherese, quella che ai migranti oppone i muri, e che va rigettata. Ma così sarebbe l'inizio della fine". Appena sabato scorso Pier Carlo Padoan presentava serio, accanto a un euforico Matteo Renzi, la legge di bilancio da 27 miliardi per il 2017. Adesso, dopo una settimana segnata da polemiche violente, accuse al governo di voler aiutare il partito degli evasori, sospetti nazionali ed europei, ritardi e modifiche in corso d'opera, il ministro dell'Economia fa chiarezza su obiettivi e novità della manovra. Levandosi anche "qualcuno dei tanti sassolini che mi sono rimasti nelle scarpe" perché molti "hanno guardato al dito più che alla luna, e la luna è una manovra con meno tasse e più attenzione alla crescita, in coerenza con quello che abbiamo già fatto negli anni passati".
Nei prossimi giorni Padoan avrà un incontro decisivo con il Commissario europeo responsabile per i conti pubblici Pierre Moscovici, ma è ottimista. Tanto più che dopo la modifica della sanatoria sul contante ammette che il peso delle una tantum nella manovra "sarà ridotto". "Le accuse di mance e condoni in vista del referendum sono ridicole".
Ministro Padoan, si attendono il decreto fiscale e la legge di bilancio da giorni. Ormai si pensa che stiamo aspettando le indicazioni di Bruxelles e un accordo informale sui nostri conti per stampare i provvedimenti.
"Il decreto fiscale è stato appena licenziato e inviato al Quirinale, mentre per la legge di bilancio bisognerà aspettare ancora qualche giorno. Ma non crediate che sia sospesa in attesa di indicazioni o telefonate da Bruxelles: si tratta solo di un maggior lavoro di contabilità e di coordinamento per la Ragioneria generale dovuto alla nuova normativa".
Resta il fatto che l'Italia chiede un 2,3 per cento di rapporto deficit-Pil mentre la Commissione sembra intenzionata a concedercene al massimo un 2,2 per cento. Questione di pochi miliardi, ma comunque un problema per un Paese che ha già goduto di molta flessibilità. Come si risolverà?
"Dal 2011 in poi l'Italia ha speso miliardi e miliardi per affrontare un'emergenza migranti che non era e non è un problema solo suo, ma dell'intera Unione. E nessuno ci ha finora riconosciuto questo impegno economico. Qualche mese fa alla Turchia sono stati riconosciuti dall'Europa 3 miliardi proprio per far fronte all'emergenza migranti. L'Italia ha speso più di tutti per questa emergenza e ha reso un servizio agli altri Stati, ha difeso un "bene pubblico" comune. Lo dice anche il documento appena uscito dal vertice di Bratislava, dove si parla espressamente del peso della questione migranti sui paesi meridionali dell'Europa. È un problema politico, che riguarda il futuro del continente".
I dubbi di Bruxelles sulla manovra non riguardano solo i migranti, c'è anche la questione della crescita. Conta sempre sull'1 per cento il prossimo anno?
"Ci contiamo e lo consideriamo una stima prudente, del resto anche l'Ufficio parlamentare di bilancio l'ha validata alla luce delle misure contenute nella manovra. Si parla poco del cuore della manovra dove ci sono gli interventi sulle imprese e sulla produttività che hanno un forte effetto sulla crescita: confermiamo il superammortamento per l'acquisto di beni strumentali e introduciamo l'iperammortamento per investimenti materiali e immateriali in nuove tecnologie. E mettiamo due miliardi aggiuntivi per la realizzazione di opere pubbliche. Aspettiamo di vedere le stime di novembre della Commissione sulla crescita ma conto di non rimanere deluso".
Comunque restiamo sempre lì a rincorrere i migliori...
"Stavolta non direi. Le indicazioni che vengono dal G20 sono tutte indirizzate alla crescita, contro l'austerità e per contrastare le diseguaglianze. In questo senso l'Italia con questa manovra può essere un modello per l'Europa. Oggi il problema non è dire sì o no all'Europa, ma dire sì a un'Europa diversa, che non stia ferma e invece si muova".
Ma per ora i numeri si impongono. Altra questione, il deficit strutturale, cioè quello che si calcola tenendo conto della congiuntura debole o negativa. Secondo la Commissione è troppo elevato.
"Come è noto abbiamo aperto una discussione per cambiare il metodo di calcolo del deficit strutturale che secondo noi non misura la realtà delle cose. Ci sono otto paesi che chiedono la modifica ed altri se ne sono aggiunti verbalmente negli ultimi giorni ma inspiegabilmente non si procede. I metodi di stima di altre organizzazioni internazionali danno risultati diversi".
Per molti, ma anche per la Commissione, il peso delle entrate una tantum nella legge di bilancio, pari a circa il 50 per cento delle coperture, sarebbe troppo alto. Cosa risponde?
"Le coperture a carattere strutturale sono più della metà. Bisogna apprezzare alcuni effetti nel lungo periodo: è vero che l'operazione sulle frequenze è una tantum, ma è vero anche che si mette in moto un mercato in modo strutturale. Mentre la fatturazione elettronica e la comunicazione trimestrale dell'Iva all'Agenzia delle entrate incrementano il gettito da lotta all'evasione in modo permanente".
Volevate far uscire allo scoperto il contante nascosto proponendo un'imposta forfettaria del 35 per cento. Le accuse sono state di favorire gli evasori...
"Sono accuse ridicole. Per far emergere il contante, che spesso sta nelle cassette di sicurezza anche per via dei tassi negativi e non necessariamente perché deriva da attività illecite, bisognava individuare un livello di aliquota tale da essere appetibile senza fare regali a nessuno".
Però di fronte alle proteste avete fatto retromarcia. Perché muoversi così se non considerate fondate le critiche?
"Non si trattava assolutamente di un condono che favoriva gli evasori, questo lo ribadisco. Ma abbiamo deciso di eliminare il forfait per non dare adito nemmeno al minimo sospetto di voler favorire chi non rispetta le regole. Quella che qualcuno si è divertito a chiamare "norma Corona" non c'è più. Stop. Vorrei piuttosto che si parlasse delle misure strutturali contro l'evasione Iva".
Il fisco è una parte importante della manovra, c'è la rottamazione delle cartelle e la riforma di Equitalia. Ma come cambia in concreto il rapporto con il contribuente?
"Equitalia sarà trasformata in un ente pubblico economico, perderà dunque la veste di spa - anche se i suoi dipendenti manterranno il loro contratto privatistico - e sarà inserita nell'Agenzia delle entrate. Si tratta di una riforma strutturale che migliora la capacità di riscossione e ci permette di implementare rapidamente il nuovo approccio al rapporto tra fisco e contribuente basato sulla collaborazione".
Anche le misure sulle pensioni fanno discutere. In particolare il presidente dell'Inps Tito Boeri ha criticato la riforma dicendo che appesantisce il debito previdenziale.
"Vorrei ricordare al presidente dell'Inps che alcune delle proposte di riforma della previdenza che proprio lui ha presentato nei mesi scorsi avrebbero creato dei problemi importanti di appesantimento della spesa e messo a rischio i conti pubblici".
Ma le esternazioni di Boeri sono compatibili con il suo ruolo di presidente dell'Inps?
"Su questo non commento. L'Inps è vigilato dal ministero del Lavoro. Piuttosto ricordo che di flessibilità pensionistica si parlava già un anno fa, noi ci siamo impegnati a introdurla per il 2017 e abbiamo mantenuto l'impegno".
Passiamo alle banche. Mps risale in Borsa, ma la situazione del settore creditizio in Italia rimane assai preoccupante. Lei si sente tranquillo?
"Io noto intanto due cose. La prima è che c'è appena stata un'operazione come la fusione tra Popolare di Milano e Banco Popolare che va nella direzione che avevamo indicato un anno e mezzo fa con il decreto sulle Popolari. La seconda è che nei prossimi anni il settore del credito andrà incontro a concentrazioni e ristrutturazioni che avranno un effetto anche sul personale. Per questo nella legge di Bilancio ci sono anche risorse per aiutare il sistema bancario in questo processo necessario".
E Mps? Sul mercato pochi credono al successo dell'aumento di capitale così come è prospettato.
"Io invece sono fiducioso del piano industriale che il management della banca presenterà. Ovviamente in piena autonomia".
Il presidente del Consiglio l'ha chiamata scherzosamente San Prudenzio, riferendosi alla sua cautela sui conti pubblici. Ha dovuto dire molti "no" in queste settimane?
"In realtà con Renzi c'è un rapporto dialettico e collaborativo: vediamo insieme le questioni e le valutiamo. Credo che sia un metodo utile perché ci aiuta a mantenere tutti gli impegni presi su deficit, debito e crescita. Faccio il "Signor No" qualche volta con i colleghi di governo, ricordo loro che abbiamo sempre un debito pubblico elevato e l'occhio dei mercati su di noi".
Al referendum come voterà?
"Un sì convinto, perché la riforma costituzionale avrà un effetto di traino su tutte le altre riforme".