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Intervento del ministro Padoan al IV Forum Confcommercio sul Fisco

 22/07/2015

Ringrazio il Presidente di Confcommercio per averci offerto l’analisi al centro di questa iniziativa. È un’analisi che apprezzo anche per ragioni di formazione professionale: mi piace prendere decisioni sulla base di tutta l’evidenza possibile, e qui l’evidenza è interessante, ci dice che l’efficienza è maggiore dove la spesa pro-capite è più bassa. L’implicazione immediata, che merita evidentemente degli approfondimenti, è l’esistenza di un enorme potenziale di miglioramento della spesa, tramite una allocazione delle risorse più efficiente, e questo è sicuramente incoraggiante.
Detto questo, il resto del mio tempo intendo dedicarlo inevitabilmente alla questione dell’annuncio del Presidente del Consiglio sulla cancellazione dell’imposta sulla prima casa. Io vorrei semplicemente collocare questo annuncio nel quadro di una strategia complessa, di cui è un ulteriore passo.
Questa strategia di medio periodo, come sappiamo, come sapete, comprende – oltre al taglio delle tasse – il consolidamento della finanza pubblica e la riduzione del debito, in coerenza con gli obiettivi europei. E si sviluppa con le riforme strutturali e il sostegno degli investimenti.
Collocando nel tempo questo piano di riduzione delle tasse ci si rende subito conto che non stiamo parlando di una operazione relativa soltanto alle tasse sulla casa, come invece gran parte del dibattito l’ha accolta. È invece un’operazione già cominciata nel 2014, con la creazione di sostegno ai redditi più bassi (gli 80 euro); continua nel 2015 con riduzioni delle tasse sui fattori produttivi e soprattutto sul lavoro (cancellazione componente lavoro dell’IRAP e decontribuzione per i nuovi assunti); si svilupperà nel 2016 con – appunto – la riduzione delle tasse sulla casa (resa necessaria dal fatto che se le tasse sulla casa in Italia sono più basse che nel Regno Unito e in Francia è vero anche che sono più alte che in Spagna e in Germania); poi ci saranno nel 2017 interventi sulle imposte per le imprese; e nel 2018 interventi sulle imposte per le famiglie.
Questa è una strategia pluriennale di riduzione generalizzata della pressione fiscale, che evidentemente deve essere implementata con una sequenza tenendo conto delle condizioni di contorno. L’obiettivo sarà sempre lo stesso, quello di migliorare il benessere dei cittadini e migliorare l’ambiente in cui operano le imprese, facilitandone la vita e abbattendone i costi.
Naturalmente queste misure si integrano con quelli che io chiamo gli altri pilastri della strategia del Governo. Per esempio le misure di sostegno agli investimenti, e naturalmente le riforme strutturali, il cui elenco non ripeto, perché lo conoscete ed è un elenco che continua ad essere alimentato sia in termini di approvazione di nuove misure, sia in termini di implementazione, e che oggi fa dire non a me, non agli italiani, ma ai miei colleghi di altri paesi e osservatori di altri paesi, che il processo riformatore in Italia non ha eguali in Europa. È un processo riformatore pensato in combinazione e in coerenza con le misure di bilancio. Ci sono vari esempi ma ne cito uno solo: c’è una riforma profonda del mercato del lavoro come il jobs act, che tra l’altro introduce contratti di tipologie nuove, alla quale abbiamo abbinato misure di agevolazione fiscale per incentivare l’adozione di questi nuovi contratti. Leve di bilancio e riforme strutturali funzionano molto meglio se vanno assieme, questa è la logica che seguiamo.
Naturalmente in questi giorni il dibattito si è concentrato sulla questione della tassa sulla casa. Il tema è stato sollevato con riferimento a osservazioni fatte da molti, anche da me in passato, riguardo all’opportunità di tagliare le tasse in un particolare elemento del segmento dell’imponibile, piuttosto che in un altro. Una critica che si stempera se si tiene conto che l’intervento ha luogo all’interno di una sequenza di tagli di tasse, e quindi che non è un taglio di tasse estemporaneo. Viene dopo tagli di tasse che hanno ridotto il cuneo fiscale, il punto dal quale abbiamo cominciato la sequenza. Certo ci piacerebbe ridurre ulteriormente il cuneo fiscale, e tornerò su questo punto, ma i tagli di tasse devono essere sostenibili, altrimenti non funzionano.
I tagli di tasse sul lavoro sono assolutamente in linea con le raccomandazioni di tutte le istituzioni internazionali: dall’Ocse al Fondo Monetario Internazionale, alla Commissione europea, che li ha inclusi nelle raccomandazioni specifiche per l’Italia. Sono misure che hanno permesso di migliorare la competitività e sono sinergiche rispetto a un contesto migliorato anche per fattori che non dipendono tutti dalle nostre decisioni, a cominciare da un Euro più debole, come si vede dalla performance commerciale di tutto rispetto dell’Italia nella bilancia dei pagamenti. A dimostrazione che molte nostre imprese sanno essere competitive.
Abbiamo abbattuto le tasse sul lavoro, aumentando così la competitività del sistema paese e abbiamo incentivato le imprese ad assumere, mentre allo stesso tempo abbiamo spostato la pressione fiscale sulle rendite finanziarie, quindi c’è una riallocazione del peso fiscale dai fattori produttivi alle rendite.
Ma ci sono altre considerazioni sull’opportunità che una componente della strategia di riduzione dell’imposizione tocchi anche le tasse sulla casa ed ha a che fare con la domanda interna, che intendiamo stimolare. Si potrà sostenere che lo stimolo è contenuto, perché gli importi in gioco non sono giganteschi, ma va nella direzione giusta e – seconda considerazione – compatibilmente con la finanza pubblica. Una terza considerazione riguarda un aspetto specifico di cui si parla poco, che è il mercato dell’edilizia. È un mercato che ha risentito della crisi finanziaria come in altri paesi, anzi ne è stato un involontario veicolo e anche per questo deve essere sostenuto. Quindi, ovviamente, una riduzione dell’imposta o una eliminazione dell’imposta sulla prima casa è condizione necessaria ma non sufficiente per il rilancio del settore, eppure va nella direzione giusta.
La riduzione delle tasse è un meccanismo di stimolo alla crescita ma non l’unico e il Presidente del Consiglio nell’esporre questa strategia richiamava, forse ve lo ricordate, tre parole: debito, tasse e investimenti. Gli investimenti sono il veicolo più potente di crescita e quindi bisogna sostenere gli investimenti.
Sicuramente il Governo si è già da tempo mosso per sostenere gli investimenti privati con le misure che vanno sotto il titolo di “Finanza per crescita”, che in realtà sono misure non solo di tipo finanziario ma anche di tipo regolatorio, volte a sostenere e favorire gli investimenti delle imprese private. Vanno anche in questa direzione misure che sono state prese e altre che saranno prese per facilitare l’eliminazione dei crediti in sofferenza presso le banche e quindi spingere le banche a dare più credito alle imprese.
Naturalmente ci sono anche investimenti pubblici. La mia idea è che gli investimenti pubblici richiedono – prima ancora di risorse aggiuntive – buoni progetti e buona amministrazione. La storia recente ci dice che risorse allocate su questa leva rischiano spesso di rimanere inutilizzate, quindi una riflessione seria sul miglioramento della capacità di investire bene si impone ma, allo stesso tempo, l’altra via della crescita – quella che passa per la riduzione delle tasse – può dare risultati più rapidi. In altri termini, lo stimolo agli investimenti può e deve essere complementare alla riduzione delle tasse. Ma – ripeto – lo stimolo agli investimenti non si ottiene necessariamente con risorse aggiuntive: viene anche dalla capacità di spendere bene risorse già in bilancio.
Al di là della specifica misura sulla casa, se visto in una prospettiva di cinque anni l’intervento di riduzione delle imposte riguarda uno spettro molto ampio di ambiti: la questione generale è che il taglio delle tasse è efficace nella misura in cui è credibile per chi ne beneficia. È credibile naturalmente se è permanente e per essere permanente deve essere compensato innanzitutto da tagli di spesa. Le due cose vanno assieme: si possono anche tagliare le tasse senza coperture adeguate, ma questo porterebbe probabilmente in tempi non troppo lunghi a dover ritornare sui propri passi, producendo un danno economico e reputazionale. Per questo la spending review non può essere un episodio ma deve essere un processo continuo per il miglioramento della spesa su due fronti: maggiore efficienza (che vuol dire servizi pubblici migliori a parità di spesa) e riallocazione delle risorse (spese orientate a finalità coerenti con la politica economica di lungo periodo). Per il 2016 sono previsti tagli di spesa proprio in vista delle clausole di salvaguardia che sono state evocate da più persone nel dibattito e che intendiamo disattivare.
La sostenibilità della riduzione delle tasse deriva anche dall’effetto espansivo che suscitano, cioè di stimolo all’economia, con la produzione di maggior reddito. Anche qui vorrei sottolineare un aspetto: c’è un moltiplicatore espansivo dei tagli di tasse ma questo effetto maggiore sul reddito deve essere stabilizzato e qui c’è un legame importante con le riforme strutturali. Le riforme strutturali aumentano la crescita nel lungo periodo e quindi rendono permanenti i benefici che possono essere attivati da minori tasse. Ecco di nuovo la necessità di collocare misure specifiche in un contesto più generale.
Va da sé che si deve continuare e si deve intensificare con lo sforzo alla lotta all’evasione fiscale che sta dando risultati. Francamente non capisco chi afferma che invece di abbassare le tasse bisogna aumentare la lotta all’evasione. Bisogna fare entrambe le cose perché sono complementari, perché iniettano fiducia, la cui carenza è il principale problema in questo come in altri ambiti. Siamo impegnati a ingaggiare un rapporto costruttivo e positivo tra l’amministrazione tributaria e il contribuente e non un approccio punitivo. Bisogna cambiare atteggiamento perché ci sia collaborazione da tutte e due le parti.
Infine, ultimo ma non ultimo, la sostenibilità nel lungo periodo della riduzione delle tasse è una componente cruciale della sostenibilità della finanza pubblica, che richiede – soprattutto ad un paese a debito elevato – di conquistare e mantenere la fiducia dei mercati e delle istituzioni. L’Italia ha consolidato la fiducia di cui gode con grandi sforzi nel bilancio e del campo delle riforme strutturali. Il Governo continuerà a muoversi in questa direzione.
Per concludere, gli interventi di una strategia di politica economica di medio periodo, come quella del Governo, fanno sentire i propri effetti in misura crescente nel tempo, progressivamente; l’efficacia non dipende solo dalle singole misure, ma soprattutto dalla coerenza delle misure nel loro insieme. Potremmo discutere a lungo se l’eliminazione dell’imposta sulla casa sia preferibile ad altre misure ma dato che non è una misura alternativa ad altre possiamo discutere della sequenza, non dell’opportunità. A mio avviso è molto più utile ragionare sulla traiettoria del medio periodo e sulla relazione che si stabilisce tra le diverse misure.
L’intervento sulle tasse fa parte di un processo di radicale modernizzazione del paese, avviato con le riforme strutturali. Deve essere un processo al servizio dei cittadini, deve creare ricchezza e lavoro, soprattutto dopo la grave crisi che abbiamo attraversato in Italia e in Europa.
Al di là delle singole imposte che saranno tagliate, contribuirà alla crescita dell’occupazione una pressione fiscale generale più bassa, su questo non ci può essere dubbio, accompagnata da uno Stato e una Pubblica Amministrazione ridotti ma allo stesso tempo più efficienti, più efficaci nel fornire servizi ai cittadini.
Il dibattito di oggi suggerisce che tutto ciò è possibile e necessario. Grazie

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Intervento del ministro Padoan al IV Forum Confcommercio sul Fisco (PDF, 110 KB)