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Il rilancio del sistema bancario italiano in Europa. The Italian Banking Conference 2017, intervento del ministro Padoan

18/09/2017

Il Governo in questi anni ha portato avanti un ampio e unitario disegno di ristrutturazione del sistema bancario italiano.
Tale disegno di ristrutturazione ha avuto ad oggetto tre principali temi: il miglioramento della qualità e dell’efficienza dell’attività bancaria, il miglioramento della governance delle banche, e la creazione di un level playing field con gli altri istituti bancari europei.
Lo scopo della riforma è stato quello di rendere il sistema bancario meno frammentato, più solido e resiliente, in grado di finanziare in modo efficace l’economia reale in un quadro profondamente mutato dalla introduzione della Unione Bancaria
Le misure per il miglioramento della qualità e dell’efficienza dell’attività bancaria includono i provvedimenti per facilitare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza, che comprendono anche disposizioni per semplificare e migliorare le procedure concorsuali ed esecutive e accelerare i tempi di recupero dei crediti. Fanno parte di tale pacchetto le disposizioni che definiscono il meccanismo di Garanzia per la Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS) presenti nei bilanci bancari.
Tale meccanismo ha favorito lo sviluppo del mercato italiano degli NPLs, facilitando l’accesso ad investitori con orizzonti di medio-lungo periodo e contribuendo a ridurre la forbice di prezzo tra chi vende e chi compra NPL.
Anche grazie alle misure introdotte, lo stock di NPLs si sta riducendo sempre più velocemente mentre la creazione di nuove sofferenze è ora prossima ai livelli pre-crisi.
Siamo sulla buone strada. Le misure di riforma e di intervento specifiche hanno ridotto e in alcuni casi escluso le maggiori fonti di rischi potenziali. Il sistema finanziario italiano si trova ora ad un punto di svolta ma bisogna continuare su questa strada e il cammino resta lungo.
Le misure in materia di governance includono la riforma delle banche popolari, la riforma delle fondazioni bancarie e la riforma delle banche di credito cooperativo. La riforma delle banche popolari ha affrontato alcune rigidità del sistema di governo societario delle popolari con la finalità di: a) aumentare la capacità di raccolta di capitale; b) valorizzare e rendere più efficace il potere di controllo dei soci sul management; c) ridurre il rischio di una concentrazione di potere in capo a gruppi organizzati di soci minoritari; d) facilitare processi di aggregazione e consolidamento.
Una forte spinta all’integrazione e al rafforzamento del settore bancario è venuta anche dalla riforma del credito cooperativo. La riforma delle BCC ha consentito di superare i problemi derivanti dal modello di attività, particolarmente esposto all’andamento dell’economia del territorio di riferimento, e anche dagli assetti organizzativi e dalla dimensione ridotta.
Un’altra misura che ha avuto come obiettivo il rafforzamento della governance del settore è l’autoriforma delle Fondazioni di origine bancaria, sostenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in qualità di Autorità di vigilanza.
Riguardo le procedure di insolvenza, il Governo è intervenuto tre volte con procedure di supporto a istituti bancari in difficoltà.
Un primo intervento ha riguardato le quattro banche (Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti, Carife) di taglia media che ha richiesto la creazione di istituti-ponte in grado di proseguire tutte le operazioni e di salvare 12 miliardi di risparmi e un milione di risparmiatori.
Le procedure di risoluzione si sono concluse ad aprile con la vendita di tre istituti-ponte a UBI e il quarto a BPER a giugno. I processi di cessione si sono svolti secondo procedure concorrenziali e trasparenti. Questo processo di risoluzione non ha implicato l’utilizzo di fondi pubblici, ma ha impegnato significativamente l’intero settore che ha fornito 4,7 miliardi di euro evitando la bancarotta e tutte le conseguenze occupazionali, sociali ed economiche preservando anche il flusso di credito a oltre 200.000 piccole e medie imprese, piccoli commercianti e artigiani.
Un secondo intervento ha riguardato la liquidazione della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca con l’impegno di fondi pubblici.
A seguito del riconoscimento da parte della BCE che i due istituti erano passibili di fallimento, il Single Resolution Board ha stabilito che – secondo la Banking Recovery and Resolution Directive – la crisi dovesse essere gestita secondo le regole nazionali per le insolvenze bancarie in quanto non si applicavano le regole per la risoluzione europea.
Conseguentemente, il governo italiano ha decretato una procedura di liquidazione assistita da fondi pubblici unita alla vendita di attivi e passivi delle due banche a Intesa San Paolo.
Il Governo dopo aver condiviso il peso dell’operazione con i detentori di azioni e di obbligazioni junior ha fornito 4,8 miliardi di euro di liquidità e messo a disposizione circa 12 miliardi di euro in garanzie. Anche in questo caso l’intervento ha salvaguardato il flusso di credito ai clienti delle banche insolventi (famiglie, imprese, artigiani) e temperato l’impatto sociale ed economico su una delle regioni più economicamente dinamiche del Paese.
Infine la ricapitalizzazione preventiva di Monte dei Paschi di Siena è stata approvata all’inizio di luglio dalla Commissione Europea, come parte del piano di ristrutturazione per il periodo 2017-21, includendo l’eliminazione di 28,6 miliardi di crediti deteriorati (lordi). La ricapitalizzazione si è resa necessaria per mettere la banca in condizione di far fronte con successo allo scenario avverso degli stress test della BCE nel 2016. La ricapitalizzazione preventiva include 3,9 miliardi di euro di capitali integrati direttamente e fino a 1,5 miliardi di euro di compensazioni a favore dei detentori di obbligazioni subordinate che, secondo certe condizioni, sono state obbligatoriamente convertite in azioni.
L’aver fatto fronte alle specifiche circostanze con soluzioni ritagliate a misura per le caratteristiche e la portata di ogni caso è stato una delle chiavi del successo di ogni intervento.
Crisi bancarie diverse, gestite con modalità diverse, e questo evidenzia come il quadro normativo europeo abbia garantito margini di flessibilità: in nessuno dei tre casi è stato utilizzato il bail-in, obbligazionisti senior e depositanti sono stati protetti, è stata evitata una importante distruzione di valore e sono stati salvaguardati i livelli occupazionali.
D’altro canto, queste circostanze hanno messo in luce una serie di criticità della costruzione europea, da affrontare e risolvere nell’ambito del processo di completamento dell’Unione Bancaria.
Con riferimento alla procedura di risoluzione delle quattro banche regionali, avviata prima dell’inizio dell’operatività piena del Meccanismo di risoluzione unico, le maggiori criticità sono riconducibili alla sovrapposizione non coordinata fra le norme della BRRD e quelle sugli aiuti di Stato.
Infatti, ancorché il Fondo di risoluzione nazionale sia alimentato solo da risorse private, il fatto che la sua gestione sia affidata all’autorità di risoluzione nazionale rende gli interventi equiparabili a misure di supporto pubblico.
Questo significa che la Commissione europea può imporre prescrizioni, ulteriori a quelle già previste dalla BRRD, al fine di minimizzare possibili distorsioni della concorrenza che possono irrigidire e complicare la procedura di risoluzione.
La procedura di ricapitalizzazione di MPS, dal canto suo, ha reso evidente che la disciplina recata dalla BRRD richiedeva un’attività integrativa e interpretativa da parte della BCE e della Commissione europea, e una continua e complessa interazione con e tra le istituzioni europee, non sempre in grado di esprimere posizioni tra loro coordinate, con inevitabile prolungamento dei tempi della procedura, e la creazione di una situazione di incertezza.
Diverse voci in sede Europea richiedono una revisione in senso restrittivo della ricapitalizzazione precauzionale: ritengo invece che questa opzione debba rimanere disponibile, soprattutto in relazione agli esercizi di stress in scenario avverso.
Le condizioni di accesso alla ricapitalizzazione precauzionale sono già estremamente restrittive e tali da limitarne l’operatività alle banche solventi (condizione attestata dalla BCE, non certo a livello nazionale).
Infine, la vicenda delle banche venete. Anche in questo caso l’interazione con e tra le tre istituzioni europee competenti, Commissione europea, BCE e SRB, si è rivelata complessa. Il caso delle banche venete conferma che le condizioni di accesso alla ricapitalizzazione precauzionale sono stringenti e infatti non sono state considerate soddisfatte dalle istituzioni competenti. Questo caso ha, inoltre, messo in luce la rilevanza del rapporto reciproco tra risoluzione e liquidazione, ai fini del completamento dell’Unione Bancaria.
In conclusione: il completamento dell’Unione bancaria deve fare decisi passi avanti. Sia nella comprensione dei problemi concreti che la sua implementazione potrà comportare che nelle sua architettura istituzionale. Deve essere introdotto il fiscal backstop per il fondo di risoluzione. Deve essere introdotto un meccanismo di assicurazione dei depositi. Questi passi richiedono di proseguire, in parallelo, nella riduzione e nella condivisione dei rischi.
Ritornare a una condizione di normalità dei sistema bancari richiede, ovviamente, liberare i bilanci bancari di sofferenze in eccesso. Le autorità europee stanno definendo un quadro che permetta di accelerare questo processo. Questo è possibile e desiderabile soprattutto in un quadro macroeconomico più favorevole. È altrettanto importante che questo processo di transizione sia definito e implementato in modo ordinato e tale da evitare shock al mercato delle sofferenze che si va consolidando. Si tratta di evitare insomma che una strategia di riduzione del rischio finisca per produrre risultati opposti.

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