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Così cambieremo il governo della UE - Articolo del ministro Padoan su la Repubblica

11/06/2015

Intervento di Pier Carlo Padoan pubblicato anche su Le Figaro, The Guardian, Die Welt, El País.

A dispetto dei recenti segnali di ripresa, l'andamento dell'economia e dell'occupazione nell'Eurozona resta deludente a causa della bassa domanda e dei persistenti impedimenti strutturali. L'impatto duraturo della crisi mette in luce le imperfezioni e l'inefficacia dell'architettura dell'Unione economica e monetaria, nonostante alcuni importanti progressi realizzati di recente. La disoccupazione elevata e la perdita di benessere dovute alla crisi hanno provocato una vasta disaffezione nei confronti del progetto europeo e dell'euro in particolare, con la conseguenza che molti cittadini europei si sono convinti che questi problemi vadano risolti allentando l'integrazione e trincerandosi dietro i confini nazionali.

Davanti a una disaffezione così estesa, l'Unione deve scegliere tra l'ipotesi di trascinarsi stancamente su un sentiero di crescita debole e quella di affrontare con determinazione le sfide poste dalla crisi, per innalzare il potenziale di crescita, promuovere la convergenza, favorire una ripresa sostenuta dell'occupazione in un ambiente macroeconomico stabile, rafforzando così la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dell'Europa. L'urgenza e la complessità delle questioni all'ordine del giorno richiedono una strategia più ambiziosa, capace di affrontare l'emergenza sociale prodotta dalla crisi e di ricostruire una comune identità europea.

L'attuale mix di politiche messe in campo dall'Ue va nella giusta direzione: il quantitative easing sta dispiegando i propri effetti positivi sul quadro macroeconomico e i mercati finanziari; il consolidamento delle finanze pubbliche ha assunto una prospettiva di più lungo termine, anche grazie alla Comunicazione della Commissione sulla flessibilità e al Piano Juncker. La Comunicazione fornisce forti incentivi per l'introduzione e l'implementazione di riforme assai necessarie; il Piano Juncker rappresenta un'opportunità importante per rilanciare gli investimenti con un supporto pubblico. Tuttavia le politiche per la crescita a livello dell'Unione devono essere ulteriormente rafforzate, a cominciare da una maggiore integrazione del mercato interno. Si tratta di un fattore critico di crescita e quindi di una priorità assoluta: ci sono margini per fare progressi verso un'unione del mercato dei capitali che faciliti l'accesso al credito delle PMI, per superare la segmentazione nazionale del mercato dell'energia, per promuovere le infrastrutture digitali e dare un impulso all'innovazione.

La crisi ha anche messo in luce il bisogno di riforma della governance economica dell'Europa, che dovrebbe mettere a disposizione dell'Unione monetaria meccanismi di riequilibrio più efficaci e simmetrici. Innanzitutto, i processi di riforma strutturale a livello nazionale devono essere meglio coordinati perché possano avere ricadute positive anche sugli altri Paesi. Poi occorre un focus specifico sulla dimensione sociale e occupazionale delle politiche strutturali, quale parte del processo di convergenza delle economie dell'Eurozona. È necessario in particolare per i mercati del lavoro, che vanno resi più flessibili ed efficaci così da facilitare l'aggiustamento dell'area monetaria. Abbiamo bisogno di un sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica, complementare alla realizzazione delle riforme, cioè tale da rafforzare l'impatto, l'efficacia e gli spillover positivi delle iniziative dei singoli Stati. Un tale meccanismo permetterebbe anche una maggiore convergenza delle istituzioni che regolano i diversi mercati del lavoro, nonché di attenuare gli spillover negativi in caso di crisi.

Nel medio termine, l'Unione economica e monetaria dovrebbe sviluppare una capacità di stabilizzazione degli shock asimmetrici. Per raggiungere questo risultato è necessario un livello crescente di integrazione fiscale, basata su un bilancio comune, componente essenziale di qualsiasi unione monetaria. È importante ribadire che un bilancio comune andrebbe disegnato in modo da evitare l'azzardo morale di singoli Stati e trasferimenti permanenti da uno Stato all'altro.

Più in generale, in una unione monetaria è necessario consolidare la condivisione dei rischi. È vero che nel lungo termine la costruzione di istituzioni più ambiziose potrebbe richiedere una modifica ai Trattati, tuttavia le regole vigenti consentono già oggi di istituire un fondo contro la disoccupazione o un budget dell'Eurozona, con finalità diverse dal budget dell'Ue già esistente.

Per riconquistare al progetto europeo il sostegno che richiede, dobbiamo conciliare una visione di lungo termine con la gradualità e il pragmatismo. Dobbiamo ancorare le aspettative alla irreversibilità dell'euro, ricostruire la sicurezza e ristabilire la fiducia tra gli Stati membri.

Il Rapporto dei quattro presidenti sul futuro dell'Unione economica e monetaria, che verrà discusso al prossimo Consiglio europeo, dovrebbe essere ambizioso e i leader europei dovrebbero impegnarsi a fare progressi verso un quadro istituzionale rafforzato e dotato sia di risorse adeguate sia di legittimità democratica. Il consenso al progetto di consolidamento dell'Unione monetaria dipende in misura cruciale da una condizione: che il progetto stesso sia concepito non come un fine in sé ma come il mezzo per creare lavoro, benessere e sicurezza per i cittadini di tutti gli Stati che ne fanno parte.

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