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03/07/2001

Associazione Bancaria Italiana
Assemblea degli Associati

Intervento del Prof. Giulio Tremonti
Ministro dell'Economia e delle Finanze

Roma, 3 luglio 2001

Signore e signori,
Tra il 1996 e il 2000, l'economia degli Stati Uniti e' cresciuta in media del 4,5 percento, quella europea del 2,5 percento. In Italia la crescita e' stata dell'1,7 per cento. Le debolezze dell'economia italiana sono scritte nei dati. Anche nel 2000, celebrato come un anno di ripresa, permane la forbice di crescita fra l'Italia, l'Europa e gli Stati Uniti.

La perdita di competitività della nostra economia e' manifesta nella caduta della quota delle nostre esportazioni sul commercio mondiale, dal 4,6 per cento nel 1995 al 4,1 nel 1999. Nel 2000, malgrado lo stimolo di un cambio favorevole, le nostre esportazioni crescono a un tasso inferiore rispetto a quello dell'economia mondiale.

Gli investimenti, fattore chiave nel processo di crescita e di innovazione tecnologica, aumentano fra il 1996 e il 2000 a un tasso medio del 4,2 percento, inferiore a quello dell'Europa. Negli Stati Uniti la dinamica degli investimenti in capitale supera il 6 per cento.

Nel 2000 la disoccupazione in Italia si attesta al 10,6 per cento, a fronte di un valore dell'8,2 percento nell'Unione Europea e del 4,0 per cento negli Stati Uniti. Nel corso di quest'anno, anche nelle piu' ottimistiche previsioni delle istituzioni internazionali, la disoccupazione nel nostro paese non dovrebbe discostarsi significativamente da un valore a due cifre.

L'inabilità a fornire un'occupazione produttiva al 10 per cento dell'offerta di lavoro testimonia delle debolezze strutturali delle nostra economia e comporta uno spreco inaccettabile di una delle sue risorse più preziose, il lavoro. L'alta disoccupazione, si badi, non riflette un'offerta elevata di lavoro. Al contrario. Il tasso di attivita' è in Italia fra i piu' bassi nei paesi OCSE, superiore solo a quelli di Messico e Turchia. In Italia meno di sei persone su dieci in età lavorativa hanno o cercano un'occupazione. Il divario dei tassi di attivita' rispetto all'Europa raggiunge i dieci punti percentuali. Quello con gli Stati Uniti si colloca a 20 punti.

È indispensabile ricreare le condizioni che permettano alle forze produttive, al lavoro, al capitale, di contribuire alla crescita e alla prosperità della nostra economia. La politica economica deve porre le basi per un pieno recupero del divario di crescita e di competitività dell'economia italiana, nel pieno rispetto dei vincoli concordati con i nostri partner europei.

L'economia internazionale.

Il quadro economico internazionale si è rapidamente deteriorato. Si sono susseguite negli ultimi mesi le revisioni al ribasso delle proiezioni di crescita dell'economia americana, di quella giapponese e di quella europea.

Si intensificano gli interrogativi sulla durata del rallentamento dell'economia americana e sulla possibilità sempre più concreta che la ripresa non si verifichi entro la fine dell'anno. La correzione dei corsi di borsa a partire dal mese di marzo dello scorso anno e l'aumento dei tassi di interesse durante tutto il 2000 hanno inciso sulla dinamica della domanda interna, a partire dall'ultimo trimestre dello scorso anno. Nonostante il ridimensionamento della ricchezza delle famiglie, i consumi privati continuano a sostenere l'andamento dell'economia americana ed hanno fino ad oggi evitato l'avverarsi di una fase recessiva. La crescita del numero dei disoccupati, la possibilità di ulteriori cali dei corsi di borsa gettano pero' un'ombra di incertezza sulla tenuta della domanda di consumi e testimoniano della fragilità congiunturale dell'economia americana. Diventa più arduo in tale contesto distinguere il contributo dei fattori ciclici e di quelli strutturali nel determinare l'andamento della produttività. Non si esclude che il calo della produttività registrato nel primo trimeste rifletta in misura rilevante anche elementi strutturali. Si ricreerebbero cosi' le condizioni per una ripresa delle tensioni inflazionistiche, obbligando le autorita' monetarie ad un'ulteriore inversione del segno della politica monetaria.

I problemi dell'economia giapponese si vanno aggravando. Si sono pressoché esaurite le possibilità di stimolare l'economia con gli strumenti classici di gestione della domanda aggregata. La politica monetaria ha di fatto azzerato i tassi di interesse nominali. La politica di bilancio è sempre più vincolata dalla rapida crescita del debito pubblico. Le politiche di risanamento del settore finanziario aggravano nel breve periodo le difficolta' di accesso al credito degli operatori; quelle di ristrutturazione societaria accentuano l'incertezza delle famiglie. Diminuiscono cosi' gli investimenti e aumenta il risparmio precauzionale, accentuando i fenomeni recessivi.

L'economia europea subisce i contraccolpi del rallentamento dell'economia mondiale. Ad ottobre dell'anno scorso, il Fondo Monetario stimava al 3,4 percento la crescita dell'economia dell'Unione per il 2001. Ad Aprile di quest'anno la stima veniva rivista al ribasso, al 2,4 percento. L'ulteriore rallentamento dell'economia tedesca e' destinato a riflettersi su tutta l'Europa.

Urge proseguire lo sforzo di riforma volto ad accrescere il potenziale di crescita dell'economia europea. Vanno allo stesso tempo intensificate le azioni dirette a completare il risanamento dei bilanci pubblici al fine di consentire agli stabilizzatori automatici di svolgere pienamente la loro funzione anti-ciclica.

L'economia italiana

Secondo le ultime previsioni dell'OCSE, l'economia italiana dovrebbe crescere quest'anno del 2,3 percento, un valore che non si discosta se non marginalmente dalle previsioni della Relazione Previsionale e Programmatica aggiornata a Marzo. Significativamente più caute risultano le previsioni del Fondo Monetario Internazionale che scontano una dinamica meno pronunciata dell'economia europea e in particolare di quella tedesca. Il DPEF, in preparazione in questi giorni, valuterà l'attendibilità delle previsioni di crescita alla luce anche delle nuove informazioni sul PIL nel primo trimestre di quest'anno.

Preoccupano le possibili ricadute del rallentamento del nostro continente. Preoccupano soprattutto gli scostamenti di bilancio aggravatisi nei primi mesi del 2001. Il fabbisogno cumulato del settore statale fra gennaio e giugno ammonta a 51000 miliardi, pur se calcolato al netto dei rimborsi di tributi erariali.

Nello stesso periodo del 2000 il fabbisogno, identicamente calcolato, era risultato pari a 31700 miliardi, con peggioramento quindi pari quasi a 20000 miliardi. Gli impegni assunti in sede europea prevedono una riduzione dell'indebitamento delle P.A. pari a più di 12000 miliardi. Si impone quindi l'esigenza di completare una ricognizione della situazione di bilancio al fine di verificare compiutamente le dimensioni e la gravità dello sforamento. Ma l'evidenza finora disponibile indica tra i due aggregati: il fabbisogno e l'indebitamento della P.A., peraltro la sola misura rilevante ai fini del rispetto del Patto di Stabilità e di Crescita, uno scostamento di entità senza precedenti che richiede una pronta reazione.

Più in generale si impone altresì la necessità di controllare con rigore la spesa pubblica, sfrondandone gli aspetti inessenziali ed indirizzandola verso obiettivi produttivi e sociali. Si pone soprattutto l'esigenza di avviare un processo di riforma profonda dell'economia italiana in grado di ridare fiducia agli operatori economici e di consentire uno sfruttamento pieno delle sue vaste risorse imprenditoriali e di lavoro.

La diagnosi

Il processo di riforma deve interessare tutti i mercati da quello dei prodotti a quello del lavoro e dei capitali. Le riforme del mercato dei beni hanno come obiettivo principale quello di favorire una maggiore concorrenzialita' e di elevare il tasso di crescita della produttività. Completeremo le privatizzazioni, consentendo all'imprenditoria privata di ampliare la propria azione in segmenti a lungo riservati ad operatori pubblici. Affineremo la regolamentazione dei settori liberalizzati al fine di evitare che nuovi oligopoli privati si sostituiscano al monopolista pubblico, garantendo anche che il processo di liberalizzazione proceda in maniera parallela in tutta l'Europa. L'esistenza di un persistente differenziale di inflazione fra l'Europa e l'Italia mette in luce l'esigenza di intensificare lo sforzo per liberalizzare ulteriormente i mercati, soprattutto nei settori ancora protetti dalla concorrenza internazionale. La riforma dei mercati dell'energia e in particolare dei servizi pubblici locali deve consentire a tutti gli utenti di trarre beneficio dal processo di liberalizzazione sotto forma di minor prezzi e di migliore qualita'.

Rafforzeremo le capacità del sistema economico di cogliere le opportunità offerte dal progresso tecnologico. Il Governatore della Banca d'Italia ricordava che l'Italia e' penalizzata da un modello di specializzazione fortemente sbilanciato verso beni tradizionali a basso contenuto tecnologico. Il divario si e' accresciuto. La quota dei beni ad alta intensita' di tecnologia sul totale delle esportazioni e' aumentata rapidamente, negli Stati Uniti e in Europa, ma è rimasta costante in Italia. Analogamente, la quota sul PIL della spesa in ricerca e sviluppo si colloca nel nostro paese Italia su livelli significativamente inferiori a quelli dei paesi industrializzati. Allo stesso tempo, la quota sul PIL di spesa pubblica in ricerca e sviluppo risulta gia' allineata con quella dei paesi avanzati. Il settore pubblico non può e non deve quindi porsi l'obiettivo di colmare con le proprie risorse il divario di investimenti in ricerca e sviluppo e correggere cosi' il gap di specializzazione. Compito dell'operatore pubblico è creare le condizioni affinché gli operatori privati possano sfruttare adeguatamente le nuove potenzialità. A tale fine, la spesa pubblica di ricerca e sviluppo va indirizzata verso i settori in cui maggiori sono le esternalità e minori i benefici diretti per gli operatori privati.

Soprattutto va affrontato il nodo della riforma del sistema educativo. Una forza lavoro istruita e flessibile è essenziale per cogliere appieno le opportunità offerte dagli sviluppi della tecnologia e per agevolare la mobilità dei fattori di produzione verso nuovi e più produttivi utilizzi delle risorse produttive. Questa esigenza si scontra con la realtà del sistema scolastico italiano. Solo il 48 per cento della popolazione in età lavorativa possiede un diploma di scuola superiore contro il 69 per cento nell'Unione. Analogamente, il tasso di istruzione universitaria è fra i più bassi dei paesi OCSE. Dalla mancanza di una forza lavoro adeguatamente istruita consegue una struttura del vantaggio comparato orientata verso i settori che fanno minor utilizzo di tale risorsa. Le carenze del nostro sistema educativo si riflettono in ultima istanza nella nostra struttura produttiva.

I processi di riforma non conseguiranno gli obiettivi prefissi se non si accompagnano ad una riforma della Pubblica Amministrazione. Gli sforzi degli imprenditori vanno sostenuti, non intralciati, dall'azione dello Stato e dei suoi organi. L'attività di impresa non può fiorire se non è sostenuta da una rete adeguata di infrastrutture produttive e sociali.

Intensificheremo gli sforzi di riforma del mercato del lavoro. L'incremento del tasso di attivita' e' lo strumento principe, assieme all'aumento della produttività, per accrescere la ricchezza prodotta dalla nostra economia. Vanno recepite le direttive europee in materia di contratti a tempo determinato, dotando così l'economia italiana di uno strumento che consenta un rapido sviluppo dell'occupazione.

È necessario avviare una politica decisa di riduzione della tassazione di impresa e del costo del lavoro, volta ad incoraggiare l'ampliamento della base produttiva, la crescita della domanda di lavoro e soprattutto l'emersione delle attivita' produttive. È indispensabile favorire accordi fra le parti sociali che consentano un miglior incontro fra domanda ed offerta di lavoro e una piena congruenza dei salari alle condizioni del mercato del lavoro.

I problemi dell'economia italiana si ripresentano ingigantiti nel Mezzogiorno. Il tasso di disoccupazione nelle aree meridionali e' un multiplo di quello del resto del paese. Il tasso di attività si attesta al 40 percento, significativamente al di sotto di quello nazionale. La dinamica della crescita negli ultimi decenni è stata più modesta, aggravando così il divario di reddito con il resto del paese. L'attività di ricerca e sviluppo è quasi assente, malgrado lo sviluppo di alcuni poli tecnologici in Sardegna e Sicilia. Più ampia inoltre è la quota di attività sommerse. Il Mezzogiorno, ciononostante, costituisce una grande opportunità, una risorsa di immenso valore per tutto il paese. Le politiche di infrastrutture, di emersione del sommerso, di riduzione del carico fiscale, di flessibilità e di liberalizzazione nei mercati dei beni e del lavoro possono nel Mezzogiorno più ancora che nel resto del paese esercitare pienamente i loro effetti moltiplicativi, rilanciandone l'economia. Il Mezzogiorno è in grado di raccogliere questa sfida, grazie ai talenti imprenditoriali pronti ad emergere, grazie alla sua forza lavoro, grazie ad una posizione geografica proiettata verso i paesi emergenti.

Le fondazioni bancarie

Il Ministero del Tesoro, quale autorità di vigilanza sulle fondazioni, ha completato il processo di approvazione degli statuti delle fondazioni; i pochi casi nei quali il procedimento non si è ancora concluso sono dovuti a peculiarità locali o dipendono dalla realizzazione, da parte delle fondazioni, delle condizioni poste dall'autorità di vigilanza.

Al termine del processo è stato possibile effettuare una valutazione complessiva dell'assetto del sistema. Sono emerse situazioni regolari, ma anche situazioni che possono pregiudicare la sana e prudente gestione, l'indipendenza, la trasparenza e la effettiva realizzazione dei fini istituzionali.

Si sono, in particolare, rilevate situazioni di collegamento tra fondazione e banca, non in linea con la natura e gli scopi delle fondazioni.

Nell'attività di definizione della disciplina applicabile alle Fondazioni l'Autorità di vigilanza ha recentemente emanato un atto di indirizzo in materia di bilanci. Esso ha permesso, nelle more dell'approvazione del regolamento previsto dalla legge, di rendere uniformi e comparabili i bilanci delle fondazioni già nell'esercizio 2000. Da questi derivano per l'autorità di vigilanza indicazioni utili, in particolare per la determinazione della redditività minima del patrimonio. Occorrerà ovviamente agire con prudenza, tenendo conto della novità della misura, delle diversità esistenti nel sistema e del profilo prudenziale di rischio che caratterizza gli investimenti delle fondazioni, nel contesto di un arco temporale pluriennale.

A quest'ultimo proposito sarà utile, per la completa definizione del quadro di riferimento, anche l'emanazione delle disposizioni, anch'esse previste dalla legge, per la diversificazione degli investimenti; per l'attuazione di tali regole un ruolo primario dovranno svolgere gli intermediari specializzati.

Anche il versante dell'attività istituzionale sarà oggetto di attenzione da parte dell'autorità di vigilanza attraverso l'elaborazione di regole che assicurino la trasparenza delle decisioni, funzionale ai controlli non solo dell'autorità, ma soprattutto dei destinatari diretti degli interventi e della collettività di riferimento.

Su tutti questi aspetti l'autorità di vigilanza intende proseguire la proficua collaborazione con l'associazione di categoria delle fondazioni, dalla quale ci si attende un impegno per frenare le posizioni di retroguardia di alcune associate, espressione di visioni del passato e dissonanti con la nuova missione delle fondazioni.

Il mercato finanziario europeo

L'adozione della moneta unica, eliminando il rischio di cambio dalle operazioni intraeuropee, ha permesso la creazione di un mercato dei capitali europeo di dimensioni non lontane da quello degli Stati Uniti.

Non riusciamo ancora a cogliere il pieno beneficio: il permanere negli Stati membri di forti differenze nella tassazione sulle attività finanziarie, nella normativa primaria e secondaria in tema societario e nelle procedure concorsuali, negli stessi regolamenti di autodisciplina dei mercati produce segmentazioni, arbitraggi regolamentari, difficoltà operative. Ne soffrono la capacità e l'entità dell'accesso ai mercati finanziari da parte delle imprese; il tasso di rendimento sugli investimenti dei fondi pensione dell' area dell'euro è significativamente inferiore a quello ottenuto dai fondi pensione americani.

Il processo di integrazione normativa dei mercati finanziari prosegue, ma a un ritmo incerto. Sebbene a Lisbona, il Consiglio Europeo avesse fissato il 2005 come scadenza finale per la realizzazione di un mercato pienamente integrato, si registrano già ritardi sulla tabella di marcia. Il ritmo di approvazione delle Direttive in materia finanziaria continua ad essere troppo lento e ostacola la creazione di un mercato finanziario veramente integrato.

Il Piano di azione sui servizi finanziari della Unione Europea, prima risposta allo stato insoddisfacente dell'integrazione dei mercati finanziari europei, prevede il suo completamento per il 2005.

L'Italia continua a partecipare attivamente alla realizzazione del Piano: ne è esempio il ruolo avuto dall'Italia nel porre le condizioni che hanno portato all'approvazione delle direttive in tema di commercio elettronico e vendita a distanza dei servizi finanziari.

L'agenda del Piano è ambiziosa ma essenziale: le proposte di direttiva sui fondi pensione, sui conglomerati finanziari e sulle garanzie e la normativa in tema di informazione societaria, volta quest'ultima ad allineare la normativa contabile ai migliori standard internazionali, in modo da agevolare le imprese europee nella raccolta di capitali al di fuori dei confini dell'Unione, sono tra le questioni di più immediato interesse allo stato in discussione a livello europeo.

Le difficoltà però restano: ne è esempio il negoziato sulla direttiva sulle offerte pubbliche di acquisto; nonostante la rilevanza della normativa, alle divergenze tra gli Stati si sono aggiunte diversità di posizioni tra Commissione e Consiglio da una parte e Parlamento dall'altra; la procedura di conciliazione tra le istituzioni ha condotto ora all'elaborazione di un nuovo testo, ancora in linea con le disposizioni del nostro testo unico della finanza; rimane il vaglio finale del Parlamento europeo.

L'ultimo rapporto sullo stato di attuazione del Piano rileva una maggiore lentezza del Consiglio e del Parlamento nell'approvazione e nella realizzazione delle misure normative.

Emerge la necessità di trovare nuove modalità di raggiungimento del consenso tra gli Stati e tra le istituzioni comunitarie. Più in generale è l'intero processo legislativo europeo che richiede una revisione.

Il rapporto Lamfalussy individua nella carenza di regole comuni, nelle diverse impostazioni degli ordinamenti nazionali anche in materie attigue (procedure concorsuali, regimi sanzionatori, trattamenti fiscali, ecc.) i principali ostacoli all'integrazione dei mercati finanziari, con un effetto visibile e quantificabile sulla crescita del prodotto in Europa.

Il Governo si impegnerà in sede comunitaria perché divengano realtà le specifiche proposte del Comitato (entro la fine del 2003: il prospetto unico per gli emittenti, l'aggiornamento della normativa sulla quotazione, la generalizzazione del mutuo riconoscimento basato sul principio del "paese di origine" per i mercati all'ingrosso, l'adeguamento della disciplina sui fondi di pensione e di investimento, l'adozione degli international accounting standards (IAS), il passaporto unico per i mercati azionari riconosciuti).

Il Governo e questa maggioranza si impegneranno altresì perché sia nei Consigli europei competenti, sia nel Parlamento Europeo, il processo di creazione delle norme in campo finanziario proposto dal Comitato - la creazione di un Securities Committee che, con l'aiuto di un Regulators Committee, abbia funzioni di legislatore delegato - venga adottato.

Purtroppo, non si è trovato ancora l'accordo sullo snellimento delle procedure, come proposto dal comitato dei saggi, per l'opposizione del Parlamento Europeo a delegare i suoi poteri. Questo disaccordo rischia di rallentare ulteriormente l'adozione della normativa necessaria alla realizzazione di un mercato finanziario europeo integrato. Rispetto al Piano di Azione predisposto dalla Commissione Europea, la tabella di marcia comincia a subire qualche contraccolpo.

A livello nazionale l'attività di recepimento si è svolta talora con lentezza: ne sono esempi le direttive sulla "definitività dei pagamenti" e sui bonifici transfrontalieri. Ai contrasti in seno al Parlamento si sono sommati conflitti interistituzionali:lo stesso impegno al raggiungimento dell'obiettivo comune che chiediamo a livello europeo deve trovare riscontro nell' unità di intenti da parte degli attori che operano negli ordinamenti nazionali.

Di questa unità vogliamo dimostrazione con il rapido recepimento delle direttive sul commercio elettronico, sulla moneta elettronica e sul risanamento e la liquidazione degli enti creditizi.

Il Governo italiano intende dare un forte impulso al processo di liberalizzazione e di modernizzazione del sistema finanziario europeo. Vuole porre gli operatori del nostro paese in condizioni di competere apertamente, senza tutele né protezioni indebite, che ne soffocano l'operatività. Il nostro paese ha solo da guadagnare da un sistema finanziario europeo integrato ed efficiente. La tutela del risparmio è sancita nella Costituzione. Il Governo agirà per difenderla, anche in ambito europeo, in modo costrittivo, senza pregiudiziali e soprattutto senza la presunzione che vi siano sistemi nazionali migliori di altri.

Gli ultimi otto anni hanno visto in Italia e nel resto d'Europa l'affermarsi di un orientamento di progressive deregolamentazione, di liberalizzazione in materia di legislazione finanziaria. Si ha oggi la sensazione che tale sviluppo si sia arrestato. L'utilizzo degli spazi aperti dalla liberalizzazione per soddisfare le strategie di espansione dei monopoli pubblici, le difficoltà che incontra l'approvazione da parte del Parlamento europeo della direttiva comunitaria sull'OPA che non inciderebbe tanto sul nostro ordinamento, quanto su quello di altri Paesi che oggi praticano condizioni più restrittive in materia che non in Italia, l'estensione del monopolio postale in Germania sono episodi sintomatici di un affievolimento della tensione politica verso la costruzione di un libero mercato europeo.

È opportuna una maggiore apertura da parte del Parlamento Europeo a comprendere i benefici dell'integrazione finanziaria e gli svantaggi derivanti dalla protezione degli interessi locali. Mancando queste condizioni, sarà inevitabile il ricorso a provvedimenti che, per salvaguardare l'interesse nazionale potranno compromettere quello generale di una maggiore concorrenza a livello europeo.

Le banche

La liberalizzazione del settore, la privatizzazione delle banche possedute dallo Stato, i cambiamenti introdotti con il Testo Unico sulla Finanza hanno permesso al sistema bancario italiano di recuperare efficienza e redditività. Un processo di concentrazione significativo mirante alle dimensioni richieste per competere nel mercato mondiale, è stato avviato.

I primi cinque gruppi bancari detengono una quota di mercato del 54 per cento dei fondi intermediati all'interno.

I processi aggregativi sembrano operare ancora a livello prevalentemente nazionale, soprattutto a causa della natura locale dell'attività al dettaglio.

Peraltro, l'unificazione monetaria e le nuove tecnologie informatiche accelerano la spinta verso l'integrazione in atto dei mercati bancari e la loro internazionalizzazione.

La concorrenza non è stata schiacciata dal processo di concentrazione; anzi, il grado di concorrenza del sistema è aumentato, determinando, grazie anche a una diversificata offerta di servizi bancari sull'intero territorio nazionale, una maggiore convergenza dei tassi di interesse praticati alla clientela nelle diverse aree del Paese: il differenziale nei tassi tra Nord e Sud sui finanziamenti a breve termine è vicino ai due punti percentuali per le imprese non finanziarie e quasi nullo per le famiglie.

Anche il grado di internazionalizzazione del sistema è cresciuto: le maggiori banche nazionali sono partecipate da intermediari esteri, i quali a loro volta sono direttamente presenti in diversi segmenti del mercato, dalla consulenza finanziaria alle imprese, al risparmio gestito, ai finanziamenti alle famiglie. Il Governo non è favorevole a estensioni del controllo proprietario esercitato da parte di soggetti pubblici siano essi nazionali o esteri.

Da parte dei risparmiatori e investitori sempre più forte è la domanda di trasparenza e di correttezza professionale per poter compiere scelte consapevoli dei rischi assunti.

La cornice regolamentare in questi anni è stata via via integrata con l'emanazione di varie disposizioni emanate dal legislatore, dal Comitato del Credito e dalla Banca d'Italia volte ad accrescere la tutela dell'utente dei servizi bancari e finanziari. Ulteriori adeguamenti della disciplina in tema di trasparenza sono necessari.

La risposta delle banche italiane dovrà essere in linea con gli standard imposti dalla normativa e, ancor più, dalle esigenze di un mercato del risparmio in continua crescita.

La Piazza Finanziaria Italiana

Non può essere elusa una riflessione sul modello di integrazione maggiormente idoneo a soddisfare le esigenze della Piazza finanziaria italiana e del nostro sistema produttivo.

Uno schema di integrazione "a rete" delle borse rispetto alla concentrazione degli scambi su un unico mercato assicura il permanere di un certo grado di competizione tra operatori, consente di gestire in modo più razionale gli investimenti tecnologici, è maggiormente compatibile con la segmentazione normativa e di vigilanza, non penalizzerebbe gli emittenti di minori dimensioni, che caratterizzano il sistema produttivo italiano: questi ultimi, infatti, avrebbero una visibilità più scarsa in un mercato continentale rispetto ad un mercato domestico.

Per la creazione di una Piazza Finanziaria che permetta all'Italia di partecipare a questo sistema "a rete" è necessario sviluppare le sinergie esistenti tra le diverse società di gestione dei mercati e le società di supporto tecnologico.

Il Diritto Societario

Il completamento della riforma del diritto societario è nel programma del nuovo governo.

Una riforma del diritto societario improntata alla valorizzazione dell'imprenditorialità, dell'autonomia statutaria, della semplificazione delle regole di funzionamento, della libertà nella scelta delle forme organizzative da parte dell'impresa costituisce lo strumento più adeguato per favorire lo sviluppo, la competitività, l'accesso al mercato dei capitali.

Peraltro, una riforma societaria che non si accoppiasse ad una altrettanto urgente revisione del diritto concorsuale e delle sue procedure correrebbe il rischio di fallire il suo scopo.

Occorre allinearsi all'orientamento prevalente in ambito europeo con una nuova disciplina concorsuale che ponga fine alla frammentazione delle procedure attualmente esistenti e che non consideri le stesse in termini meramente liquidatori.

Le procedure concorsuali che saranno approntate dovranno mirare alla massimizzazione del valore economico dell'impresa in difficoltà e all'equità del trattamento di tutti i creditori.

Riduzione e semplificazione dei modelli delle procedure concorsuali; compressione dei tempi di svolgimento e dei costi delle stesse; attenuazione degli effetti penalizzanti delle procedure sul debitore in crisi; predisposizione di strumenti di composizione negoziale delle crisi, saranno le linee guida di tale riforma.

Più in generale, il Governo è consapevole dell'impatto negativo che ha sulla crescita del paese una giustizia civile lenta e inefficiente: al cliente le banche faranno meno credito, chiederanno più garanzie, praticheranno tassi di interesse più elevati. Il Governo considera obbiettivo prioritario la riforma della giustizia civile.

L'introduzione dell'euro

Quest'anno il sistema bancario ha, in tutta Europa, un compito fondamentale da svolgere: coadiuvare le autorità di governo e le banche centrali nell'assicurare il passaggio dei nostri sistemi monetari all'euro.

I preparativi per l'introduzione delle banconote e delle monete in euro sono ad uno stadio molto avanzato. A sei mesi dal 1° gennaio 2002, la Banca d'Italia e la Zecca hanno prodotto oltre il 75% del contante in euro che sarà immesso in circolazione e completeranno il programma di produzione previsto dal piano del changeover approvato alla fine del mese di gennaio 2001.

L'impegno di Banca d'Italia e dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è stato intenso: per produrre i quantitativi programmati di banconote e di monete con i necessari criteri di sicurezza sono stati acquistati nuovi macchinari, messi in funzione altri stabilimenti. Attualmente vengono coniate 400 milioni di monete euro al mese, quantitativo che si confronta con la produzione annua del 1999, pari a 300 milioni. Il Tesoro ha deciso un aumento di produzione delle monete in euro da coniare da 7,240 miliardi a 9,5 miliardi.

L'introduzione materiale dell'euro è una sfida logistica senza precedenti. La portata dell'operazione è di dimensioni spettacolari: solo il peso delle monete in euro è pari a circa 40.000 tonnellate da consegnarsi presso 26.000 sportelli bancari e 14.000 sportelli postali.

Secondo quanto previsto dalle direttive Ecofin in materia, la distribuzione preventiva delle monete inizierà per le banche e poste il 1° settembre 2001, con due mesi e mezzo in anticipo rispetto alla prealimentazione delle banconote, che avrà inizio il 15 novembre 2001.

Banche e Poste a loro volta alimenteranno la domanda della grande distribuzione, dei dettaglianti e del pubblico secondo un piano che si svolge tra il 1° ottobre e la seconda decade di dicembre quando il grande pubblico potrà ricevere le monete in euro. Le banconote potranno essere ritirate dai cash dispenser solo a partire dal 1° gennaio 2002.

La collaborazione tra Tesoro, Banca d'Italia, ABI e grande distribuzione ha permesso un elevato livello di prenotazioni e quindi di prealimentazione per le monete, che dovrebbe facilitare il cambio dalle lire in euro. Per le banconote invece, la proibizione di anticiparne l'immissione in circolazione, voluta dalla Banca Centrale Europea, ha posto un freno alle richieste di prealimentazione.

Le Filiali della Banca d'Italia opereranno come centri di distribuzione dei biglietti in euro e di raccolta di quelli in lire. Per le monete, il Ministero del tesoro ha affidato a Poste Italiane S.p.A. il compito di provvedere alla distribuzione delle monete in euro e al ritiro di quelle in lire.

Sono state espresse preoccupazioni soprattutto dalle associazioni dei consumatori per il rischio di un rialzo dei prezzi in occasione del passaggio all'euro.

Questi comportamenti su cui dovrà vigilare sia l'autorità, ma soprattutto il cittadino stesso, non dovrebbero trovare giustificazione nella necessità di arrotondare i prezzi verso l'alto per la mancanza di contante: il Tesoro ha previsto che venga immesso in circolazione un quantitativo consistente di monete di piccolo taglio, da 1,2 e 5 centesimi.

Le dimensioni e la complessità del passaggio da una molteplicità di monete a una moneta unica non hanno precedenti; è una grande sfida per tutti i soggetti coinvolti: Ministero del tesoro, Ministero dell'Interno, Banca d'Italia, le Associazioni di categoria - tra le quali, ovviamente, in prima linea l'ABI - le banche, le poste e i consumatori, che dovranno destreggiarsi, nel periodo di doppia circolazione, con due monete: potranno infatti pagare in lire e ricevere il resto in euro.

È necessario assicurare che tutti i cittadini siano adeguatamente informati sulle modalità di ritiro delle vecchie banconote e monete e sulla disponibilità del nuovo strumento monetario. È importante anche rassicurare, soprattutto nelle fasce più deboli della popolazione, sulle possibilità di effettuare transazioni in lire fino alla scadenza prestabilita e sulla facoltà di cambiare le vecchie banconote, senza costi di transazione, presso la propria banca per un limitato periodo di tempo anche oltre il 1 Marzo 2002, e presso gli sportelli della Banca d'Italia per i prossimi 10 anni.

Il Governo intende intensificare nei prossimi mesi la campagna di informazione perchè tutti siano a conoscenza delle procedure sottostanti il passaggio all'euro dal 1° Gennaio 2002. Allo scopo di agevolare le operazioni di cambio, la Banca d'Italia e la Zecca realizzeranno 1.200.000 starter kit per i dettaglianti, che includeranno sia banconote da 5 euro che un mix degli otto tagli di monete. La Zecca realizzerà, inoltre, 30.000.000 di mini starter kit per il grande pubblico, contenenti un mix degli otto tagli di monete in euro. Con questi kit, che saranno disponibili dalla seconda metà di Dicembre di quest'anno e utilizzabili a partire dal prossimo, i cittadini potranno familiarizzarsi con l'uso dell'euro. È importante che vi siano sufficienti ammontari di banconote in euro nelle postazioni bancomat, dal 1° Gennaio 2002, per consentire a chi lo desidera di usare da subito il nuovo strumento monetario nei pagamenti correnti.

Voglio ringraziare l'ABI per il lavoro svolto in questi mesi e per la collaborazione fornita al Ministero del Tesoro e alla Banca d'Italia affinché il sistema paese sia pronto al cambiamento. Questo sforzo di coordinamento va intensificato nei prossimi mesi.

In un progetto di tali dimensioni potranno verificarsi degli inconvenienti per un periodo di tempo limitato: cercheremo di viverli consapevoli ancora una volta che essi sono parte di un passaggio storico verso una unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa.