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Audizione del ministro Giorgetti dinanzi alle commissioni bilancio di camera e senato sul DEF 2024

23/04/2024

Attività conoscitiva preliminare all'esame del DEF 2024

Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giancarlo Giorgetti

22 aprile 2024

Signori Presidenti, onorevoli Senatori e Deputati,
il Documento di Economia e Finanza (DEF) sottoposto al vostro esame giunge in un periodo particolare per diverse ragioni.
L’incertezza e la volatilità che da tempo caratterizzano lo scenario internazionale non accennano a diminuire. Le tensioni geopolitiche che si vanno accumulando pongono, infatti, rischi elevati per le prospettive di crescita di medio periodo. In questo contesto, ogni esercizio di previsione, per quanto accurato e basato su ipotesi improntate alla massima cautela, potrebbe pertanto essere superato dagli eventi.
Dal punto di vista istituzionale, il completamento della procedura di approvazione della riforma della governance economica europea determinerà una revisione degli strumenti e delle procedure finora utilizzate nella programmazione economica e di bilancio.
L’ordinamento europeo sta, infatti, cambiando e domani sarà presumibilmente approvato dal Parlamento europeo in plenaria la nuova governance economica europea. L’Italia ha accettato il compromesso rappresentato dalle nuove regole. Come sapete non era l’ipotesi iniziale del nostro esecutivo e, francamente, vi dico che non mi aspetto il voto favorevole delle forze politiche italiane rappresentate nel Parlamento europeo, ma mi auguro che i risultati ottenuti dal nostro Paese possano essere tenuti in conto dalle suddette forze in sede di valutazione e implementazione.
Ricordo anche ¬la posizione italiana con riferimento agli investimenti e alla difesa trova, dagli ultimi recenti posizionamenti e dichiarazioni anche di importanti esponenti, conferma di bontà. Non vorrei che tra qualche mese o anno probabilmente si rimpianga il fatto di non aver ascoltato quella che era la posizione del Governo italiano su queste vicende. Come ho già avuto modo di ricordare in questa sede poche settimane fa, nel nuovo assetto che a breve entrerà in vigore, il Programma di stabilità e il Programma nazionale di riforma saranno sostituiti dal Piano strutturale nazionale di bilancio a medio termine che, in via transitoria per l’anno in corso, dovrà essere presentato alle autorità europee al più tardi entro il prossimo 20 settembre.
Coerentemente con le indicazioni per la predisposizione dei Programmi di stabilità per l’anno in corso che sono state fornite dalla Commissione, il DEF fornisce informazioni aggiornate sugli andamenti di finanza pubblica a legislazione vigente dai quali, come avrò modo di mostrare nel corso della mia relazione, emerge un sostanziale allineamento con il quadro programmatico della Nota di aggiornamento dello scorso settembre.
Il DEF, seppure non preveda lo scenario programmatico, fornisce inoltre la stima degli oneri connessi alle cosiddette politiche invariate, le quali indicano l’ammontare di risorse complessivamente necessario a confermare le misure e le politiche attualmente in vigore che non sono rifinanziate per i prossimi anni dalla legislazione vigente.
Fermo quanto detto, i valori riportati in tale sezione del DEF risultano, al momento, puramente indicativi, poiché una valutazione complessiva circa la loro riproposizione e i relativi finanziamenti sarà effettuata soltanto nell’ambito del quadro programmatico.
In ogni caso, l’aggiornamento del quadro programmatico, coerente con le nuove regole della governance economica europea, sarà illustrato nel Piano predisposto entro l’estate, che il Parlamento avrà modo di esaminare e approvare prima dell’invio alle autorità europee.
Il differimento della definizione degli obiettivi programmatici a un periodo più avanzato dell’anno, che qualcuno ha ritenuto irrituale nell’attuale assetto, si è reso necessario alla luce della riforma delle regole fiscali europee. Talora, come affermato da autorevoli fonti in questi ultimi giorni, “l’attesa” delle grandezze di finanza pubblica cosiddette programmatiche è meglio “dell’incertezza” delle stesse, che al momento attuale sarebbero state costruite in base a parametri e regole ormai superati.
La revisione delle regole europee comporterà una necessaria rivisitazione delle procedure e degli strumenti interni di programmazione e gestione della finanza pubblica, rispetto alla quale il Parlamento ha avviato una opportuna indagine conoscitiva.

L’economia italiana nel 2023 e le prospettive per il triennio

Il 2023 ha visto confermare la solidità e la competitività dell’economia italiana che, nel periodo post-pandemico, ha ripetutamente registrato, anche grazie ai risultati positivi dell’export, tassi di crescita annuali al di sopra della media europea. La tendenza realizzata negli ultimi anni ha fatto in modo che, alla fine dello scorso anno, il livello del PIL reale superasse di 4,2 punti percentuali quello pre-Covid.
Sebbene di recente abbiamo assistito a una dinamica più contenuta, non possiamo non considerare che tale andamento è stato conseguito in un contesto geopolitico ed economico connotato da notevole instabilità, elevata inflazione, debolezza della domanda estera e, da ultimo, un ciclo restrittivo di politica monetaria.
Nel 2023, il tasso di crescita del PIL reale si è attestato allo 0,9 per cento, un valore di poco superiore a quanto previsto nella NADEF dello scorso settembre (0,8 per cento). Per quanto, rispetto a performance più recenti, possa sembrare un passo indietro, il risultato dello scorso anno deve essere contestualizzato all’interno del completamento del rimbalzo post pandemico e delle difficoltà che, soprattutto a causa dell’impennata dei prezzi energetici, hanno frenato in particolare l’economia europea.
L’analisi delle componenti sottostanti la crescita del PIL mostra che la stessa è stata sostenuta sia dalla domanda interna, sia dalla domanda estera netta, che hanno oltremodo compensato il più che rilevante contributo negativo delle scorte.
Nonostante l’elevata inflazione, nei primi tre trimestri i consumi delle famiglie sono cresciuti a un ritmo significativo. La contrazione rilevata nello scorcio finale dell’anno (pari a -1,4 per cento) ha riflesso principalmente la temporanea diminuzione della domanda di servizi, settore maggiormente caratterizzato dalla persistenza della pressione inflazionistica.
Nel corso dello scorso anno, gli investimenti hanno mostrato una certa volatilità. Dopo l’apprezzabile incremento del primo trimestre (1,8 per cento t/t), hanno successivamente assunto un andamento più debole che ha scontato il peggioramento delle condizioni finanziarie. Solo nell’ultimo trimestre si è avuta una ripresa (2,4 per cento t/t), anche grazie alla spinta connessa alle opere infrastrutturali avviate dal comparto delle costruzioni.
A dispetto delle crescenti tensioni geopolitiche, l’interscambio con l’estero ha registrato un andamento complessivamente positivo. Le esportazioni di beni e servizi in volume sono lievemente cresciute in media d’anno (0,2 per cento), a fronte della flessione delle importazioni (-0,5 per cento). Anche grazie alla riduzione del disavanzo energetico, il saldo delle partite correnti è ritornato in surplus nel 2023.
Dal lato dell’offerta, lo scorso anno è stato contrassegnato da dinamiche settoriali differenziate. Dopo la pausa registrata nel secondo trimestre, nella seconda parte dell’anno l’attività economica ha ripreso a espandersi a ritmi moderati, pari a circa due decimi di punto ogni trimestre. Tale evoluzione è stata sostenuta dai servizi e, come ricordato in precedenza, dalle costruzioni, i cui ritmi di crescita sono, comunque, risultati meno vivaci rispetto ai due anni precedenti.
Questi comparti hanno compensato il minor dinamismo dell’attività manifatturiera, gravata dalla fragilità della domanda mondiale e dal deterioramento delle condizioni del settore anche in altri Paesi europei.
Pur in presenza di un rallentamento dell’economia rispetto alle dinamiche degli anni precedenti, il mercato del lavoro ha registrato andamenti molto positivi, in linea con quanto rilevato nelle altre grandi economie sviluppate.
Nel 2023 il tasso di occupazione si è portato al 61,5 per cento (+1,3 punti percentuali rispetto al 2022). A livello settoriale, l’aumento dell’occupazione ha interessato principalmente i comparti della manifattura e dei servizi.
Parallelamente, il tasso di disoccupazione si è attestato in media al 7,7 per cento (-0,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente). Anche il tasso di disoccupazione giovanile (riferito alla fascia di età 15-24 anni) ha continuato a diminuire, portandosi al 22,7 per cento in media d’anno (-1 punto percentuale rispetto al 2022). Il tasso di partecipazione (15- 64 anni) è salito al 66,7 per cento (dal 65,5 per cento nel 2022), raggiungendo un nuovo massimo. Particolarmente dinamico è stato il tasso di partecipazione femminile che, proseguendo la traiettoria di crescita avviata dopo il 2011, si è assestato al 57,7 per cento (+1,3 punti percentuali dal 2022).
Guardando alle prospettive per il prossimo triennio, anch’esse restituiscono il quadro di un’economia resiliente.
La previsione tendenziale di crescita del PIL in termini reali per il 2024 si attesta all’1 per cento, con una marginale revisione al ribasso rispetto allo scenario programmatico della NADEF (1,2 per cento), legata ad una scelta prudenziale che tiene conto dell’accresciuta incertezza del contesto internazionale.
L’espansione del PIL per l’anno in corso sarebbe guidata dalla domanda interna (0,9 punti percentuali), a cui si affianca un contributo positivo delle scorte (0,2 punti percentuali), in ripresa dopo la forte riduzione sperimentata nel 2023.
Nel confronto con lo scorso anno, i consumi delle famiglie risulterebbero meno dinamici, soprattutto per effetto del trascinamento negativo dovuto alla contrazione registrata nel quarto trimestre del 2023. Al netto di questo effetto statistico, i consumi dovrebbero muoversi sostanzialmente in linea con il PIL. Nel corso dell’anno, e in prospettiva negli anni successivi, l’andamento dei consumi sarà sostenuto dalla ripresa della dinamica salariale in confronto a quella dei prezzi al consumo, dagli interventi di sostegno al reddito disponibile e dal persistere di un favorevole andamento dell’occupazione.
Le evidenze finora disponibili e le simulazioni effettuate mostrano per i prossimi mesi il consolidamento del calo dell’inflazione (misurata in termini di indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività, NIC), meno marcato per l’inflazione di fondo.
La previsione relativa all’inflazione non tiene tuttavia in considerazione l’impatto di eventuali eventi climatici avversi, né di un peggioramento del quadro geopolitico, che potrebbero determinare un inasprimento dei prezzi, sia energetici sia alimentari.
Va, comunque, sottolineato che le tendenze recenti sono molto incoraggianti: a marzo il tasso di inflazione misurato dall’indice NIC è risultato pari all’1,2 per cento, mentre l’inflazione di fondo (al netto degli energetici e degli alimentari) ha rallentato al 2,4 per cento.
Gli investimenti beneficeranno delle risorse messe a disposizione dal PNRR, della riduzione registrata nei costi degli input e della migliore capacità di autofinanziamento delle imprese. Il graduale allentamento della politica monetaria che avrà presumibilmente luogo a partire dalla seconda parte di quest’anno, potrà rappresentare un ulteriore fattore di sostegno, in particolare per gli effetti sui flussi del credito bancario.
Le esportazioni riprenderanno slancio grazie alla prevista ripresa della domanda mondiale pesata per l’Italia e a uno scatto in avanti del commercio globale, il cui tasso di crescita è previsto raggiungere un picco nel 2025.
Per quanto riguarda il biennio 2025-26, si prospetta un tasso di crescita del PIL pari rispettivamente all’1,2 per cento e all’1,1 per cento.
L’accelerazione del PIL prevista nel 2025 riflette, in primo luogo, l’impatto della spesa connessa alla realizzazione degli interventi previsti dal PNRR, che dovrebbe fornire il contributo più rilevante registrato finora. Contribuiscono inoltre sia il pieno dispiegarsi degli effetti delle migliorate condizioni finanziarie – le quali agiscono sempre con dei ritardi sul PIL – che aiutano la domanda interna nelle componenti dei consumi e investimenti, sia le migliori prospettive del commercio internazionale.
Faccio comunque notare che la stima di crescita per il 2025 è inferiore, di 0,2 punti percentuali, alla previsione programmatica dello scorso settembre.

Costruzione delle stime e scenari di sensibilità

Nel delineare il quadro macroeconomico tendenziale dell’economia italiana del DEF, il Governo ha dovuto tener conto delle possibili ripercussioni del complesso contesto geopolitico, improntando le previsioni a principi di cautela e prudenza.
L’aggiornamento delle previsioni di crescita non ha considerato proiezioni più favorevoli riguardo alle principali variabili esogene utilizzate nei modelli. È questo, ad esempio, il caso delle stime sulla crescita del commercio internazionale, che i principali previsori (ad esempio Oxford economics) hanno recentemente rivisto al rialzo (specialmente per l’anno 2025) rispetto allo scorso settembre, o del più rapido miglioramento ora ipotizzato per le condizioni finanziarie.
Al contrario, si è ritenuto di considerare con maggiore attenzione l’impatto economico dei conflitti in atto, come quello in Ucraina, nonché le crescenti tensioni e i rischi di fe in Medio Oriente.
Le ricadute sull’economia reale della frammentazione dello scenario internazionale sono infatti potenzialmente rilevanti, sia in termini di rallentamento del commercio internazionale sia di quotazioni delle materie prime. Un esempio in tal senso è rappresentato dall’andamento del prezzo del petrolio che, successivamente alla chiusura del DEF, si è portato verso i 90 dollari al barile.
All’interno della prima sezione del DEF è stata effettuata la consueta valutazione di situazioni avverse. Tra queste, un’attenzione particolare è stata rivolta quest’anno all’impatto delle tensioni nel Mar Rosso, anche in considerazione del peso dell’interscambio relativo al nostro paese che passa dal Canale di Suez (che riguarda il 13,9 per cento delle importazioni e circa il 7,2 per cento delle esportazioni).
Ipotizzando che nel 2024 ci sia un aumento medio dei noli marittimi sulla tratta Asia-Mediterraneo di poco superiore al 60 per cento rispetto al 2023 e che le tensioni perdurino fino al prossimo giugno, le analisi mostrano un marginale impatto negativo sul PIL, valutabile intorno allo 0,1 per cento e riconducibile alla riduzione dei consumi delle famiglie.
Qualora il quadro dovesse ulteriormente deteriorarsi e le tensioni persistessero fino alla fine dell’anno in corso, l’aumento medio dei noli marittimi potrebbe portarsi al 124,8 per cento rispetto al 2023. Di conseguenza, l’impatto complessivo sul PIL sarebbe pari al -0,2 per cento, sempre per effetto del calo dei consumi delle famiglie (-0,3 punti percentuali).
Inoltre, come già avvenuto nei precedenti documenti di programmazione, sono stati elaborati appositi scenari di rischio, di natura più convenzionale, e di sensibilità delle previsioni alle variabili esogene internazionali.
In particolare, alcuni degli scenari alternativi sono stati caratterizzati da ipotesi meno favorevoli legate all’inasprirsi delle tensioni geopolitiche.
In primo luogo, è stato esaminato lo scenario che prevede un’evoluzione meno vivace del commercio mondiale “pesato” per l’Italia. Questo porta a ipotizzare un rallentamento della domanda estera - rispetto allo scenario di riferimento - che crescerebbe dell’1,4 per cento nel 2024 (anziché dell’1,9 per cento) e del 3,4 per cento nel 2025 (invece che del 4,4 per cento), per poi riaccelerare nel 2026-27.
In questo scenario, il tasso di crescita del PIL risulterebbe inferiore, rispetto al quadro di riferimento, di 0,1 punti percentuali nel 2024 e di 0,3 punti nel 2025. Al contrario, il PIL risulterebbe maggiore rispetto allo scenario di riferimento di 0,1 punti percentuali nel 2026 e 0,2 punti nel 2027.
Un secondo scenario, associato alle recenti tensioni nel Medio Oriente, prospetta un andamento dei prezzi delle materie prime energetiche meno favorevole rispetto a quanto assunto nello scenario di riferimento. Si è quindi ipotizzato che nel 2024 e 2025 i prezzi del petrolio e del gas risultino più elevati, rispettivamente, di 10 dollari e 10 euro.
Tale scenario comporterebbe una riduzione del tasso di crescita del PIL, rispetto allo scenario di riferimento, di -0,1 punti percentuali nel 2024 e -0,3 punti nel 2025. Il successivo rientro dei prezzi energetici su livelli in linea con quanto ipotizzato nello scenario di riferimento si tradurrebbe in tassi di crescita del PIL del 2026 e 2027 maggiori di, rispettivamente, 0,1 e 0,3 punti percentuali.

La finanza pubblica nel 2023 e le previsioni tendenziali per il successivo triennio

Passando alla finanza pubblica, nel 2023 l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche si è attestato, come reso noto oggi da Istat nella consueta notifica sull’indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni Pubbliche di aprile trasmessa alla Commissione Europea in applicazione del Protocollo sulla Procedura per i Disavanzi Eccessivi (PDE) annesso al Trattato di Maastricht, al 7,4 per cento del PIL, con un miglioramento di 1,2 punti percentuali rispetto al consuntivo del 2022 (-8,6 per cento).
Tale modifica non incide sulle previsioni contenute nel DEF, in quanto già scontate nel profilo del livello del debito in percentuale sul PIL.
Segnalo che queste revisioni vengono abitualmente effettuate dall’Istat come aggiornamento delle stime di consuntivo comunicate il 1° marzo, anche se spesso risultano neutrali sui saldi.
La riduzione del deficit è stata più contenuta di quella prevista nella NADEF 2023 per effetto dell’incremento degli oneri connessi al Superbonus, e ad alcune spese di conto capitale, superiore alle attese.
Nello scenario tendenziale, l’indebitamento netto per l’anno in corso è previsto al 4,3 per cento del PIL, in linea con quanto indicato nel Documento Programmatico di Bilancio. Quanto al biennio successivo, le previsioni tendenziali mostrano un miglioramento che vede il deficit scendere al 3,7 per cento nel 2025, al 3 per cento nel 2026 per poi chiudere al 2,2 per cento nel 2027.
Le previsioni di deficit per il biennio 2025-2026 risultano solo lievemente superiori agli obiettivi programmatici della NADEF 2023. A salvaguardia di questi andamenti, il Governo è intenzionato a effettuare un attento monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica - come mostrano le diverse norme inserite nel decreto-legge n. 39 del 2024 - nonché a adottare misure normative tali da consentire un riallineamento ai valori programmatici ancora vigenti.
Gli effetti delle misure che il Governo intende adottare consentiranno, inoltre, di migliorare anche gli andamenti di cassa, rimodulando il profilo del rapporto debito/PIL e riducendolo già nel breve periodo.
Guardando alle componenti sottostanti il saldo, la spesa per interessi è prevista in accelerazione su tutto l’arco previsivo, sebbene con una dinamica meno sostenuta di quella prevista lo scorso autunno per effetto del miglioramento delle aspettative sull’andamento dei tassi di inflazione che incidono sui titoli indicizzati.
A compensare tali andamenti concorre il saldo primario che, in base alla legislazione vigente, è previsto in progressivo miglioramento dal -3,4 per cento del 2023 al -0,4 per cento del 2024, per poi tornare in avanzo a partire dal 2025 (+0,3%) e assestarsi al +2,2 per cento alla fine dell’orizzonte di previsione.
Quanto all’evoluzione del rapporto debito pubblico/PIL, i primi dati disponibili mostrano che al termine del 2023 si è attestato al 137,3 per cento, in riduzione di circa 3,2 punti percentuali sull’anno precedente. A questo risultato hanno concorso diversi fattori: la revisione al rialzo del livello del PIL per il 2022, la crescita nominale del 2023 superiore alle attese e l’andamento del fabbisogno di cassa, più favorevole rispetto alle previsioni di settembre 2023.
Se confrontato con il picco registrato nel 2020 (155 per cento), in tre anni il rapporto debito/PIL si è ridotto di 17,7 punti percentuali.
Nello scenario a legislazione vigente sottostante il DEF, il rapporto debito/PIL è previsto collocarsi su un sentiero di lieve aumento, dal 137,8 per cento dell’anno in corso fino al 139,8 per cento nel 2026, un livello solo di due decimi superiore a quello previsto nella NADEF, per poi iniziare a scendere.
Le previsioni del fabbisogno e del debito a partire dal 2024 scontano gli effetti dei costi dei bonus edilizi rivisti alla luce dei dati più recenti di ENEA e Agenzia delle Entrate che, in coerenza con la tempistica delle comunicazioni obbligatorie sulle detrazioni maturate nel 2023, sono stati forniti successivamente alla pubblicazione del Conto economico della PA da parte dell’Istat nel comunicato del primo marzo.
Diversamente dagli effetti sull’indebitamento netto, la revisione dei costi relativi al Superbonus impatterà sugli andamenti di fabbisogno e debito secondo il profilo di effettiva fruizione delle agevolazioni. Il DEF stima, infatti, che le minori entrate dovute al flusso di crediti di imposta relativi ai bonus edilizi utilizzati in compensazione incideranno significativamente sulla dinamica del debito pubblico fino al 2026.
Ciò comporta l’aggiornamento dello scenario tendenziale di riduzione previsto nella NADEF.
Il rapporto debito/PIL è comunque atteso collocarsi su un livello coerente con l’obiettivo enunciato nella NADEF entro la fine dell’orizzonte di previsione.

Spesa sanitaria

Tra le spese di cui tenere conto nell'analisi della sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica un particolare rilievo lo assumono quelle connesse alla sanità.
La spesa sanitaria corrente è prevista crescere dai 131,1 miliardi del 2023 fino ai 147,4 miliardi del 2027, con un tasso medio annuo del 3%. Nello stesso periodo il PIL nominale mostra un aumento di poco superiore (+3,2%).
Nel 2024 il livello di spesa sanitaria è pari a 138,8 miliardi e l’incremento rispetto al 2023, è del 5,8%. Tale crescita tiene conto del rinnovo dei contratti del personale dipendente e delle convenzioni del personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per il triennio 2022-2024 - annualità 2024 a valere sull’incremento di 3 miliardi del finanziamento come previsto dall’ultima legge di bilancio.
Tali dati mostrano l’importanza di una attenta analisi della spesa finalizzata a individuare il più adeguato livello della domanda dei servizi e le reali necessità del settore.

Aggiornamento sugli oneri connessi ai bonus edilizi

Dai dati forniti dall’Agenzia delle entrate si evince che l’ammontare dei crediti relativi ai bonus edilizi, rilevati tra il 15 ottobre 2020 e il 4 aprile 2024, è pari complessivamente a circa 219,5 miliardi. Tale importo si riferisce, per 160,5 miliardi, ai crediti connessi al super-ecobonus e super-sisma bonus, mentre la quota relativa agli altri bonus edilizi ammonta a 59 miliardi.
I crediti fruiti finora, attraverso la compensazione con modello F24, ammontano a 41,8 miliardi, dei quali 20,8 miliardi sono stati compensati nel 2023.
Si tratta dei dati sulle prime cessioni comunicate all’Agenzia, che comprendono, tuttavia, importi soggetti ad annullamento per vari motivi (frodi, errori e duplicazioni), mentre non considerano i crediti da fruire come detrazioni d’imposta. La stima ISTAT per il Superbonus (comprensiva dei crediti da fruire sia in compensazione sia in dichiarazione), depurata dai citati fattori, è pari a circa 153,3 miliardi nel periodo 2020-2023.
L’ammontare degli oneri connessi al Superbonus sarà oggetto di uno specifico monitoraggio, che sarà effettuato alla luce delle recenti norme introdotte nell’ordinamento che prevedono l’inserimento delle richieste di accesso ai benefici in specifiche banche dati curate da ENEA e dal Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri - Casa Italia, i quali trasmetteranno i dati al Ministero dell’economia e delle finanze.

La procedura per deficit eccessivi di prossima attivazione

Nell’ambito delle procedure del Semestre Europeo, la Commissione presumibilmente raccomanderà al Consiglio l’apertura di una procedura per deficit eccessivi, a carico del nostro Paese e di un nutrito gruppo di altri Stati membri, basata sull’indebitamento netto registrato nel 2023.
Ricordo infatti che, a partire da quest’anno, è stata disattivata la clausola generale di salvaguardia operativa sin dal 2020, che consentiva agli Stati membri di deviare rispetto all’aggiustamento richiesto dal Patto di Stabilità e Crescita. Sebbene la clausola non sospendesse le procedure del Patto, l’incertezza generata prima dalla pandemia e poi dalla crisi geopolitica ed energetica hanno motivato la scelta della Commissione di non attivare la procedura per deficit eccessivi fino a tutto il 2023.
L’aggiustamento di bilancio minimo richiesto agli Stati membri con deficit superiori al 3 per cento del PIL sarà pari allo 0,5 per cento del PIL, in termini strutturali, finché l’eccesso di disavanzo non sarà assorbito. Va, inoltre, ricordato che, nei primi anni di applicazione delle nuove regole, per attenuare questo vincolo, la Commissione europea potrà tenere conto dell’incremento prospettico della spesa per interessi in rapporto al PIL.
Aggiungo anche che l’aggiustamento del saldo strutturale coerente con la regola di spesa potrebbe risultare superiore al minimo richiesto dalla salvaguardia in precedenza ricordata, in una misura, allo stato non quantificabile, connessa alla valutazione della sostenibilità del debito al momento della redazione del Piano.
A tale riguardo, non si può non considerare che le nuove regole consentono, a fronte di impegni su riforme e investimenti in continuità con il PNRR, di estendere, da 4 a 7 anni, il periodo di aggiustamento presentato nel Piano. Tale possibilità implicherebbe un profilo di correzione gestibile e non sostanzialmente diverso dal numero precedentemente citato.

Conclusioni

Lo scenario tendenziale di finanza pubblica indicato nel DEF 2024 appare già compatibile con le nuove regole. I dati presentati mostrano infatti che fra il 2025 e il 2027 l’Italia conseguirebbe un aggiustamento del saldo strutturale medio annuo di 0,7 punti di PIL e del saldo strutturale primario di 0,83 punti.
Naturalmente, la definizione del Piano e del relativo quadro programmatico sarà cruciale per definire un percorso di aggiustamento che, compatibilmente con le esigenze di sostenibilità, consenta di fornire il necessario supporto alla crescita.
Il nostro auspicio è che la raccomandazione inerente alla procedura per deficit eccessivi, ossia l’aggiustamento richiesto, venga approvata contestualmente all’approvazione dei Piani presentati dagli Stati membri. In questo modo, verrebbe pienamente garantita la necessaria coerenza tra il processo di programmazione economica e di bilancio e i requisiti della procedura per deficit eccessivi. Su tali aspetti, il Governo intende mettere in atto un assiduo dialogo tecnico con la Commissione europea, del quale il Parlamento sarà tempestivamente informato.
In conclusione, il consolidamento della finanza pubblica rappresenta una sfida che il Governo e il Parlamento dovranno affrontare insieme; una sfida complessa, anche per via del pesante lascito di incentivi fiscali eccessivamente generosi, distorsivi e regressivi, sui quali siamo intervenuti con determinazione.
L’aggiustamento è pienamente alla nostra portata. La riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il PIL nel medio periodo è un obiettivo fondamentale, che deve essere realizzata in modo da consentire che l’Italia possa continuare a produrre ricchezza in un contesto che permetta, al contempo, di salvaguardare l’inclusione sociale.

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