L'Italia viene spesso descritta, soprattutto nella comunità internazionale, sulla base di alcuni indicatori negativi: il debito pubblico, la bassa competitività, il deficit nominale di bilancio (che in passato ha determinato l'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea). Tuttavia, accanto a questi dati ci sono grandezze economiche utili a rappresentare l'Italia per ciò che è: uno dei paesi principali del mondo sviluppato, il secondo paese per produzione manifatturiera in Europa, la terza economia dell'Eurozona.
Un paese che negli ultimi venti anni ha saputo tenere i propri conti sotto controllo collocandosi tra i più virtuosi in Europa e nel mondo. Raccogliamo qui alcuni dati economici dell'Italia di cui non si parla mai, o non abbastanza, per combattere il pregiudizio e rappresentare adeguatamente un Paese che ha contribuito a fondare l'Unione Europea.
Presentazioni complete:
1/6 Avanzo primario (Fonte: Ameco - Commissione Europea)
L’avanzo primario nei conti pubblici italiani è tra i più alti del mondo e il più stabile negli ultimi 20 anni tra gli Stati Membri dell’Unione Europea. Nel 2013 l’avanzo primario in percentuale del Prodotto interno lordo è il secondo più alto, dietro soltanto alla Germania (per 0,16 punti percentuali) e pari al doppio dell’Austria che si colloca al terzo posto in questa classifica dei paesi virtuosi.
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2/6 Deficit/PIL (Fonte: Ameco - Commissione Europea)
L'Italia ha registrato un rapporto deficit/PIL al di sotto del 3% nel 2013, così come nel 2012. Pertanto la Commissione Europea ha sancito la chiusura della procedura d'infrazione per deficit eccessivo aperta in passato. Secondo le previsioni attuali, le finanze pubbliche italiane sono conformi a tale requisito, contemplato dai trattati europei per i paesi che hanno aderito all'unione monetaria e quindi adottato l'euro come valuta, anche nel 2014. Nel confronto con l'Eurozona, è evidente che l'Italia è uno dei pochi paesi che rispetta questa regola.
E' poi interessante osservare che tra i paesi estranei all'euro, sono molti quelli che presentano un rapporto deficit/PIL superiore a tale soglia. Tra questi il Regno Unito, il Giappone, gli Stati Uniti.
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3/6 Debito pubblico (fonte: Eurostat, FMI)
L'infografica che segue, costruita su fonti Ameco e Commissione europea, mostra la variazione percentuale del rapporto tra debito pubblico e PIL intervenuta tra il 2008 (all'inizio della crisi) e il 2014. E' evidente che la dinamica del debito italiano è stata molto più contenuta di altri paesi. Questo dato è ovviamente in relazione con l'avanzo primario registrato dalle finanze pubbliche. Una più elevata crescita nominale (composta da inflazione e crescita reale) avrebbe consentito di porre la dinamica del debito su un percorso declinante.
Grazie alla crescita attesa e al piano di cessioni di proprietà dello Stato già in corso di attuazione, dal 2016 il rapporto deficit/PIL comincerà a declinare.
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4/6 Rischio di sostenibilità (Fonte: Public Finances in EMU 2013 – European Commission)
L'analisi della Commissione europea sulla sostenibilità delle economie dei Paesi aderenti all'Unione Monetaria riconosce all'Italia un rischio (nel breve, nel medio e nel lungo periodo) al di sotto della media dell'area euro(1) nonché dei 27 Paesi aderenti all'Unione Europea(2). Per rischio di sostenibilità viene inteso il divario tra la posizione strutturale di bilancio ed una posizione di bilancio sostenibile.
Secondo l'analisi della Commissione il debito pubblico italiano è tra i più sostenibili nel lungo periodo in Europa. L'indice S2 (lungo periodo) è pari a -2,1 a fronte di una media UE di 3 e di una media dell'area euro di 2,3. Per leggere correttamente gli indici è bene ricordare che maggiore è il valore, maggiore è l'aggiustamento fiscale necessario a ridurre il rischio di sostenibilità. Un valore negativo dell'indice S2, come nel caso italiano, indica la sostenibilità delle finanze pubbliche negli scenari dati anche senza aggiustamenti ulteriori. Anche gli indicatori di sostenibilità di breve e medio periodo danno l'Italia tra i paesi con le finanze pubbliche più sostenibili.
(1) L'analisi illustrata nel grafico riguarda 17 Paesi essendo precedente all'ingresso della Lettonia l'1 gennaio 2014
(2) La Croazia, entrata nella UE l'1 luglio 2013, non viene considerata in questa analisi
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5/6 Contributi ai fondi salva - Stati (Fonte: Banca d’Italia)
Talvolta si pensa che l'Italia abbia ricevuto aiuti dall'Unione Europea durante gli anni della crisi economica. Invece l'Italia è il terzo contributore dell'area euro per aiuti versati ai Paesi in difficoltà e agli strumenti finanziari europei creati durante la crisi economica (i cosiddetti "fondi salva-Stati" EFSF e ESM), utilizzati per fornire assistenza finanziaria a Cipro, Grecia, Portogallo e Irlanda.
Come riportato dal Supplemento al Bollettino Statistico della Banca d'Italia dell'ottobre 2014 il nostro Paese ha contribuito dal 2012 al 2014 con una quota del 18,5%, per un valore pari a 60 miliardi di euro, che hanno concorso all'incremento del debito pubblico italiano.
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6/6 Aiuti di Stato alle banche (Fonte: Eurostat)
I dati Eurostat mostrano come nel periodo della crisi economica (2007-2013) i sistemi bancari e finanziari nazionali di 17 paesi dell'area euro abbiano ricevuto aiuti dai Governi nazionali con importi molto differenti. Le banche italiane hanno ottenuto sostegni dal Governo per circa 4 miliardi di euro, a fronte dei 250 miliardi di euro percepiti da quelle tedesche e dei 165 miliardi da quelle britanniche. L'ammontare complessivo degli aiuti nell'Unione Europea, calcolato da Eurostat, è pari a 688,2 miliardi. Di questi, 517,9 miliardi sono stati concessi nei paesi dell'area euro.
L'intervento italiano corrisponde quindi a poco meno dell'1% degli aiuti di stato alle banche erogati nell'area euro. E il 75% di questo sostegno è già stato restituito dai beneficiari alle casse pubbliche.
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