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Audizione del ministro Giorgetti sul Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029

 09/10/2024

Attività conoscitiva preliminare all'esame del
Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029

Ministro dell’Economia e delle Finanze
On. Giancarlo Giorgetti

8 ottobre 2024

Signori Presidenti, onorevoli deputati e senatori,

il Piano strutturale di bilancio di medio termine che presento oggi al Parlamento è un documento allo stesso tempo ambizioso ma realistico che, nel rispondere ai complessi vincoli introdotti al fine di raggiungere un compromesso tra approcci diversi alla gestione delle politiche di bilancio, affronta i principali problemi del Paese e delinea un percorso di rientro dai deficit accumulati negli anni recenti.

Come avrò modo di esporre in maggior dettaglio nel corso del mio intervento, la presentazione di questo nuovo documento avviene in un momento caratterizzato da tendenze contrastanti. Se da un lato l’andamento delle variabili economiche appare complessivamente in linea con le attese, con elementi quali il mercato del lavoro e i saldi di finanza pubblica che risultano addirittura più favorevoli rispetto a quanto previsto mesi fa, dall’altro l’allargamento dei conflitti in atto – in particolare nel Medio Oriente – sta alimentando ulteriormente l’incertezza che da tempo caratterizza lo scenario economico globale.

L’incertezza sul quadro globale, le devastazioni belliche e le perdite umane a cui assistiamo quotidianamente, sia pure a distanza, stanno probabilmente incidendo non solo sugli investimenti delle imprese, ma anche sulla spesa dei consumatori (il che può contribuire a spiegare la risalita del tasso di risparmio delle famiglie italiane negli ultimi trimestri).

In tale contesto, il Governo ha la responsabilità di definire interventi che, compatibilmente con gli spazi di bilancio disponibili, riescano a coinvolgere le energie imprenditoriali e gli altri attori di mercato per migliorare ulteriormente la competitività della nostra economia. La stabilità delle finanze pubbliche è un elemento di grande rilevanza in questo scenario. Il Piano delinea un quadro della finanza pubblica che, nel medio periodo, porta a una stabile riduzione dello stock di debito pubblico e dei relativi oneri. Una necessità ineludibile, come sostenuto qualche settimana fa dal Presidente Mattarella, anche in vista della realizzazione degli investimenti per la doppia transizione, digitale e ambientale, che stiamo affrontando.

Un ulteriore strumento per migliorare le prospettive di crescita del Paese è costituito dall’insieme di riforme e investimenti pubblici individuati nel Piano per superare alcune delle criticità strutturali della nostra economia.

Pur in un quadro improntato al miglioramento della sostenibilità della finanza pubblica, il Piano non lascia indietro nessuno. La definizione di interventi selettivi e prudenti consentirà di assicurare il rafforzamento delle politiche per la famiglia, promuovendo adeguatamente la natalità e la genitorialità, la sostenibilità delle spese per le prestazioni sociali e la qualità delle prestazioni offerte dal servizio sanitario nazionale.

Prima di procedere a illustrare i dettagli mi preme evidenziare che, in linea con l’ambizione e il realismo cui accennavo in apertura, un’altra caratteristica di fondo del Piano è la prudenza con cui sono state formulate le previsioni relative alla crescita. Infatti, l’impianto di finanza pubblica si basa su un quadro macroeconomico che, nel medio periodo, diventa estremamente conservativo.

Un approccio funzionale anche a rispettare il vincolo rappresentato dal non doversi discostare significativamente dalle proiezioni di crescita potenziale effettuate in base alla metodologia comune europea. Tali proiezioni, infatti, producono un profilo declinante della crescita, che sembra non tenere conto degli interventi strutturali del PNRR e delle riforme previste ai fini dell’estensione a sette anni del periodo di aggiustamento. Gli interventi e le riforme del Piano sono finalizzati esattamente a migliorare le prospettive di crescita del Paese.

La metodologia in questione, infatti, non contempla alcun impatto delle riforme sulla produttività. Inoltre, aspetto ancora più evidente, assume tassi di partecipazione della forza lavoro che tendono a stabilizzarsi e determina la graduale convergenza del tasso di disoccupazione ad un livello prossimo al 10 per cento. Sottolineerei infine, che una lettura più attenta degli andamenti di fondo dell’economia non può prescindere dal rilevare che, negli ultimi anni, si sia osservata una crescita del PIL pro-capite maggiore rispetto alle variazioni del PIL in termini assoluti. Una tendenza destinata ad accentuarsi nel corso dei prossimi anni. A mio giudizio non esattamente positiva di cui parlava il professor Ricolfi in un libro qualche tempo fa.

La stesura del Piano è il risultato di un processo articolato e impegnativo, iniziato con l’avvio di uno scambio tecnico con la Commissione europea precedente all’invio della traiettoria di riferimento, che ha tenuto conto delle ultime informazioni statistiche disponibili e le prospettive macroeconomiche e di bilancio. Il dialogo, che si è sviluppato tra luglio e settembre, si è concentrato su due aspetti.

Da un lato, è stata rappresentata la volontà del Governo di programmare un aggiustamento settennale del saldo primario strutturale coerente, in media annua, con quello individuato con l’aggiornamento delle simulazioni dell’Analisi di Sostenibilità del Debito (DSA) sottostanti la traiettoria di riferimento della Commissione, in base alle previsioni ufficiali del Governo.

Il Governo ritiene di poter conseguire, pur adottando un profilo di aggiustamento coerente in media con quello stimato dalla Commissione, una riduzione del rapporto tra indebitamento netto e il PIL più rapida e tale da portare l’Italia al di fuori dalla procedura di deficit eccessivo a partire dal 2027. Al percorso di correzione strutturale individuato lungo i sette anni di aggiustamento corrisponde un tasso di crescita medio annuo della spesa netta pari a 1,5 per cento, che è in linea con quello della traiettoria di riferimento della Commissione.

Nello specifico, gli obiettivi di crescita annuali della spesa netta, espressa in termini nominali, che il Governo si impegna a non superare nei prossimi cinque anni, sono pari a 1,3 per cento nel 2025, 1,6 per cento nel 2026, 1,9 per cento nel 2027, 1,7 per cento nel 2028, 1,5 per cento nel 2029. Negli ultimi due anni di aggiustamento di bilancio, 2030 e 2031, esterni all’orizzonte di previsione del Piano, i tassi di crescita della spesa netta sono identificati pari rispettivamente a 1,1 per cento e 1,2 per cento.

Partendo dal livello di indebitamento netto previsto per l’anno in corso – che è stato aggiornato al 3,8 per cento, dal 4,3 per cento dello scorso aprile – i livelli obiettivo di crescita della spesa netta consentiranno una correzione annua del saldo primario strutturale pari a 0,55 punti percentuali nel 2025 e nel 2026, coerente con il requisito della Procedura per Deficit Eccessivi cui è assoggettata l’Italia.

Successivamente all’uscita dalla Procedura per Deficit Eccessivi prevista a partire dal 2027, il rispetto del percorso obiettivo della spesa netta garantisce un aggiustamento lineare del saldo primario strutturale pari a 0,52 punti percentuali, conforme ai requisiti e alle salvaguardie previste dal Patto.

Il profilo di crescita annuale della spesa programmato implica che la crescita cumulata della spesa netta si mantenga ben al di sotto di quella del prodotto potenziale nominale.

Il percorso di aggiustamento di bilancio che ho appena delineato, inoltre, è pienamente conforme ai requisiti stabiliti delle nuove regole del Patto di Stabilità e Crescita. Tale percorso mostra che il profilo di correzione soddisfa sia la clausola di no backloading, anticipando parte della correzione richiesta ai primi anni, sia la salvaguardia relativa alla sostenibilità del debito, mostrando ex-ante una correzione media del rapporto debito/PIL pari a 1,1 punti percentuali nel periodo 2027-2031. Come noto, la clausola relativa al debito entra in vigore dopo che si esce dalla procedura di deficit eccessivo. Al termine del periodo di aggiustamento settennale, si prevede di raggiungere un avanzo primario strutturale pari al 3,2 per cento del PIL, un livello molto vicino alla previsione della Commissione (3,3 per cento).

Il mantenimento di tale livello consentirebbe, in assenza di ulteriori misure di correzione fiscale e considerando la sola variazione attesa delle spese connesse all’invecchiamento della popolazione, di porre il rapporto debito/PIL su una traiettoria plausibilmente discendente nei dieci anni successivi e, al contempo, di mantenere l’indebitamento netto al di sotto del 3 per cento del PIL. Il Piano delinea un programma di investimenti e riforme che potrà avere impatti positivi sul potenziale di crescita, sulla resilienza economica e sulla sostenibilità delle finanze pubbliche del Paese.

L’impegno nell’adozione di riforme in tali ambiti consentirà di estendere da quattro a sette anni il periodo di aggiustamento del Piano. In continuità con il PNRR e con le osservazioni delle raccomandazioni specifiche per paese, il programma delle riforme funzionali alla proroga del periodo di aggiustamento è incentrato su cinque aree principali.

La prima area riguarda la giustizia. In questo ambito, si è inteso consolidare e rafforzare le iniziative avviate dal PNRR in relazione all’attuazione della riforma del procedimento fallimentare e l’incremento dell’efficienza dei procedimenti civili. Si mira, sostanzialmente a garantire un’ulteriore riduzione della durata dei procedimenti fallimentari e civili, confermando ed estendendo anche nei prossimi anni la tendenza positiva avviata con il PNRR, attraverso sia azioni di efficientamento dei processi, sia la valorizzazione e l’incremento del capitale umano e la digitalizzazione.

Nella seconda area, concernente la tassazione, sono state previste azioni tese a rendere il sistema tributario più efficiente, più favorevole alla crescita e più vicino alle esigenze dei contribuenti, nonché a ridurre l’impatto dell’evasione ed elusione fiscale. In primo luogo, si contemplano misure che promuovano l’adempimento fiscale a costo ridotto, con attività di prevenzione e controllo; inoltre, sono state definite azioni per una maggiore interoperabilità delle basi dati che possa permettere il rafforzamento della lotta all’evasione derivante da omessa dichiarazione. In secondo luogo, si è prevista una graduale riduzione dei tempi di rimborso dell’IVA. In terzo luogo, sono state programmate azioni per rendere il sistema fiscale più efficiente, che concernono: i) il riordino delle detrazioni fiscali; ii) la strutturalità degli effetti della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro; iii) l’aggiornamento degli archivi catastali che dovrà includere le proprietà ad oggi non censite e valori catastali rivisti per quegli immobili che hanno conseguito un miglioramento strutturale, a seguito di interventi di riqualificazione finanziati in tutto o in parte da fondi pubblici.

Il terzo ambito concerne il miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, al fine di creare un ecosistema in grado di favorire l’attività imprenditoriale, la crescita aziendale e l’incremento delle prospettive di investimento e di innovazione del Paese.

Con un approccio sistematico, il Piano prevede un complesso di interventi volti a: i) aumentare la spesa pubblica in ricerca e sviluppo rispetto al PIL; ii) semplificare gli incentivi alle imprese; iii) tutelare e promuovere la concorrenzialità del mercato, attraverso interventi normativi periodici. Fondamentale, in tale ambito, sarà anche l’adozione di una legge quadro per le Piccole e Medie Imprese, volto a supportare il cuore pulsante dell’economia del nostro Paese, attraverso misure che possano facilitarne la crescita dimensionale, l’aggregazione, il passaggio generazionale e manageriale, nonché l’orientamento verso l’investimento e l’innovazione.

La quarta area prevede l’impegno a potenziare il capitale umano della Pubblica Amministrazione. In questo ambito, si prevedono interventi finalizzati ad allineare maggiormente i percorsi di carriera e la retribuzione con le procedure di valutazione del merito, nonché aumentare la mobilità a livello verticale e orizzontale tra le diverse Amministrazioni. In quest’area sono stati inseriti, inoltre, obiettivi finalizzati a garantire alle famiglie una maggiore accessibilità e disponibilità di servizi di cura per la prima infanzia.

Infine, il Piano prevede azioni volte ad assicurare una gestione e un monitoraggio più efficiente della finanza pubblica. Le azioni messe in campo permetteranno, da un lato, di migliorare la capacità di previsione e programmazione della spesa, dall’altro, di utilizzare strumenti efficaci per il monitoraggio, il controllo e la valutazione ex-post.

Per ciascuna delle misure che sono state descritte e che appartengono a queste cinque aree, sono stati individuati obiettivi e misure concrete che ne permettano il conseguimento e, non da ultimo, scadenze effettive e indicatori specifici che consentano di monitorarne l’attuazione nel corso dei prossimi anni.

Gli interventi relativi a queste aree prioritarie, con rilevanti impatti trasversali, non esauriscono, tuttavia, lo slancio riformatore del Governo dei prossimi anni. Il pacchetto complessivo include anche riforme e investimenti che, pur non facendo parte dell’insieme appena esposto, saranno realizzati con la stessa ambizione e dedizione, al fine di rafforzare il tessuto economico e sociale del Paese, in linea con le priorità politiche del Governo. Il Piano pone anche particolare attenzione alla famiglia, con un impegno a sostenere la genitorialità assicurando, in linea con il PNRR, maggiori servizi per la prima infanzia a costo ridotto e, più in generale, tutelando il potere di acquisto dei nuclei familiari con prole a carico.

Con riferimento alle imprese, il Piano prevede diverse misure finalizzate a migliorare le condizioni di impiego del lavoro e del capitale nel processo produttivo. Per quanto riguarda il primo aspetto, il Piano guarda ai nuovi lavoratori, con misure che permettano di disegnare il sistema d’istruzione e di formazione tecnica in modo da poter assicurare le competenze richieste nel presente e nei prossimi anni.

Quanto al secondo aspetto, il Piano menziona riforme e strumenti rilevanti, legate in particolare allo sviluppo del mercato dei capitali, al sostegno all’investimento digitale e verde e all’internazionalizzazione, che saranno fondamentali per permettere alle imprese un maggiore vocazione all’investimento e capacità di visione per affrontare le sfide future.

L’obiettivo delle riforme individuate in materia di mercati dei capitali è creare un ecosistema che favorisca lo sviluppo del mercato e consenta di canalizzare i risparmi per alimentare la crescita del paese. Mercati nazionali ed europei competitivi sono imprescindibili per poter finanziarie e gestire i cambiamenti strutturali e funzionali al buon esito della doppia transizione, digitale ed ambientale. Nel corso del 2025 si concluderà il tavolo di riforma della cosiddetta Delega del Tuf, che ha come obiettivo la semplificazione delle regole per l’accesso al mercato dei capitali, soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni che rappresentano la dorsale produttiva del nostro sistema economico, in continuità con il lavoro avviato con il Libro Verde del MEF e la c.d. “Legge Capitali”.

La stessa delega conterrà al suo interno interventi tesi a rendere il sistema di vigilanza e di enforcement più efficiente ed efficace, anche attraverso un sistema sanzionatorio che consenta di tenere equilibrio il rispetto delle regole e la flessibilità necessaria a liberare energie e investimenti.

In un quadro globale ancora caratterizzato dalle tensioni geopolitiche connesse ai conflitti in atto e da una politica monetaria restrittiva, nel primo semestre dell’anno la dinamica del PIL reale è stata nel complesso conforme alle previsioni sottostanti il DEF dello scorso aprile. A fronte di consumi stazionari, la crescita del primo trimestre è stata guidata sostanzialmente dalla domanda estera. Nel secondo trimestre, invece, all’espansione hanno contribuito le scorte e i consumi. Come noto, le recenti revisioni delle stime trimestrali e annuali da parte dell’Istat, pur elevando di molto il livello del PIL sia in termini nominali che reali, hanno comportato una correzione “meccanica” al ribasso della crescita acquisita per il 2024 sui dati trimestrali, che rende più difficile il conseguimento di una variazione annuale del PIL reale dell’1 per cento, per l’anno in corso.

I nuovi dati trimestrali, pur avendo un probabile impatto sulla lettura finale del 2024, non suscitano preoccupazioni per gli anni seguenti. Ricordo infatti, che sono stati oggetto di revisione gli ultimi due trimestri dello scorso anno e tale variazione ha ridotto l’effetto di trascinamento statistico, in precedenza più favorevole, del 2023 sul 2024. Al contrario, le variazioni congiunturali dei primi due trimestri del 2024 risultano pressoché immutate. Anche l’impatto sul 2025 è praticamente nullo in confronto ai dati preesistenti.

È da ritenersi altresì probabile, come già avvenuto in passato, una successiva revisione al rialzo dei dati per il 2023 e per la prima parte di quest’anno, anche alla luce del buon andamento dell’occupazione, che potrebbe riflettere una dinamica dell’attività economica superiore rispetto alle ultime stime. Aggiungerei inoltre, che la revisione verso il basso non ha riguardato la dinamica del PIL nominale (in considerazione dei più elevati deflatori stimati), variabile più rilevante per la finanza pubblica.

Aprendo una breve parentesi su quest’ultimo aspetto, vorrei fare presente che le stime di deficit per il 2024 sono principalmente legate ai dati di monitoraggio (che coprono anche il terzo trimestre) e non alle stime di crescita del PIL, che si fermano al secondo trimestre. Tali dati hanno portato ad una rilevante revisione verso il basso delle stime di deficit e non sono in alcun modo intaccate da revisioni dei dati di crescita reale degli ultimi due trimestri dello scorso anno. In ogni caso, è opinabile che un trascinamento inferiore a quello precedentemente stimato dall’Istat per soli 0,2 punti percentuali di PIL reale cambi in misura significativa l’andamento annuale della finanza pubblica.

Tornando alle prospettive di crescita, l’esame degli indicatori più recenti mostra una sostanziale tenuta della nostra economia. Al lieve rallentamento rilevato nell’espansione del settore dei servizi si contrappone la graduale stabilizzazione della manifattura. Le più recenti indagini qualitative condotte in quest’ultimo settore mostrano un minor ritmo nella flessione della fiducia delle imprese. Quanto ai servizi, l’indice dei responsabili degli acquisti del comparto (Purchasing Managers’ Index, PMI) ha continuato a fornire segnali positivi, mantenendosi stabilmente al di sopra della soglia di espansione, anche se su livelli inferiori rispetto al primo semestre del 2024.

Nonostante la normalizzazione del regime di agevolazioni fiscali per gli edifici residenziali, la produzione del settore delle costruzioni, anche per effetto delle numerose opere pubbliche in corso di realizzazione, non ha subito un brusco rallentamento. Le prospettive per l’export risultano complessivamente ancora favorevoli.

Lo scenario di previsione considerato nel Piano, che considera il periodo dal 2025 al 2029, è più esteso rispetto al DEF. Nell’ambito di un approccio generale improntato a principi di cautela e prudenza, l’integrazione dei dati più recenti di contabilità nazionale e il deterioramento del contesto internazionale rispetto a quanto previsto ad aprile forniscono una previsione a legislazione vigente che vede l’attività economica espandersi dello 0,9 per cento nel 2025, seguita da un aumento dell’1,1 nel 2026, dello 0,7 per cento nel 2027, dello 0,8 per cento nel 2028 e dello 0,7 per cento nel 2029.

Rispetto alle stime del DEF, tale profilo è inferiore di 0,3 punti percentuali nel 2025, invariato nel 2026 e di 0,2 punti percentuali più basso nel 2027. In particolare, le prospettive per il 2025 mostrano un’economia lievemente meno dinamica, principalmente per effetto di un rallentamento nella crescita degli investimenti. L’espansione del PIL sarà guidata dai maggiori consumi delle famiglie, previsti crescere a un tasso leggermente superiore a quello del PIL, anche grazie al più elevato potere d’acquisto delle retribuzioni.

Nel quadriennio 2026-2029, gli investimenti forniranno un deciso impulso alla crescita e, ad eccezione del 2027, continueranno a crescere con un ritmo superiore a quello del PIL, anche sull’onda della spinta finale dei progetti del PNRR, inclusi gli incentivi legati al pacchetto ‘Transizione 5.0’. Il mercato del lavoro sarà caratterizzato da un andamento crescente del numero degli occupati (che dai 23,9 milioni medi previsti per il 2024 sono attesi passare ai 24,9 milioni del 2029) e un tasso di disoccupazione in calo (dal 7,0 percento medio del 2024, stima del tutto prudenziale, al 6,4 per cento atteso nel 2028 e 2029). Si profila, inoltre, una moderata tendenza all’aumento della produttività nel periodo 2025-2027, con l’incremento maggiore previsto per il 2026. Passando agli andamenti di finanza pubblica, i dati di contabilità nazionale rilasciati il 23 settembre dall’Istat hanno lievemente abbassato – per effetto di revisioni migliorative sia del numeratore, sia del denominatore – il livello del rapporto tra indebitamento netto e PIL relativo al 2023 al 7,2 per cento (dal 7,4 per cento).

Per l’anno in corso, sulla base dei più aggiornati dati di monitoraggio disponibili, il deficit è previsto al 3,8 per cento del PIL, in ribasso di 0,5 punti percentuali rispetto alle stime del DEF (4,3 per cento). Tale miglioramento è riconducibile, in larga parte, a un profilo delle entrate più vivace delle attese (con un gettito delle imposte dirette superiore del 3,6 per cento) e, in misura minore, a una riduzione più marcata delle spese.

Il saldo primario risulterebbe già in surplus (0,1 per cento del PIL) nel 2024. Anche il fabbisogno di cassa del settore statale mostra un andamento significativamente migliore delle attese (1,45 punti percentuali di PIL in meno rispetto alla previsione dello scorso aprile). Per effetto degli andamenti appena delineati e del rialzo del PIL nominale per l’anno in corso, che incorpora anche le revisioni degli anni precedenti, il rapporto debito/PIL relativo all’anno in corso è stimato al 135,8 per cento, ben al di sotto della previsione del 137,8 per cento del DEF.

Venendo alle prospettive per il quinquennio oggetto di programmazione, l’evoluzione più favorevole attesa per le entrate rispetto alle spese determina un significativo miglioramento del profilo dell’indebitamento netto per il triennio 2025-2027 rispetto allo scenario delineato nel DEF. Il percorso di graduale riduzione del deficit continuerebbe anche nel biennio finale dell’orizzonte del Piano. Al consolidamento del deficit concorrerà il progressivo consolidamento del saldo primario, che registrerebbe un deciso avanzo già nel 2025 (1,0 per cento del PIL nello scenario a legislazione vigente) per poi continuare a migliorare fino al 3,3 per cento del PIL nel 2029.

L’andamento del saldo primario sconta il previsto contenimento della spesa primaria corrente e, in particolare, la riduzione della spesa per i contributi agli investimenti. Al contrario, la dinamica degli investimenti pubblici nello scenario a legislazione vigente è in linea con l’andamento degli ultimi anni, pur con un calo tra il 2026 e il 2027 per il venire meno delle spese legate al PNRR. Queste tendenze confermano l’orientamento della finanza verso il miglioramento dell’efficienza e della qualità della spesa, coerentemente con l’impianto della nuova governance europea.

Nello scenario a legislazione vigente descritto in precedenza, il tasso di crescita della spesa netta, sia in termini di traiettoria cumulata sia in termini di variazione annuale, presenta un profilo inferiore rispetto a quello della traiettoria di riferimento che rappresenta l’obiettivo programmatico del Piano per tutto l’orizzonte di previsione (2025-2029).

Come di consueto, la prossima manovra di bilancio si baserà sia sugli spazi di bilancio disponibili, sia sul reperimento di adeguate coperture. In primo luogo, la manovra di bilancio che presenteremo nelle prossime settimane fornirà le risorse necessarie a confermare gli interventi ritenuti prioritari. Tra questi rientrano, soprattutto, le misure necessarie a rendere strutturali gli effetti del taglio del cuneo fiscale sul lavoro e l’accorpamento delle aliquote IRPEF su tre scaglioni già in vigore per l’anno in corso, nonché interventi finalizzati a favorire la natalità e a fornire un sostegno alle famiglie più numerose.

La manovra stanzierà anche risorse per il rinnovo dei contratti pubblici relativo al periodo 2025-2027, per tenere conto dell’andamento dell’inflazione. Ricordo che l’ultima legge di bilancio aveva già stanziato le risorse per il rinnovo del triennio 2022-2024, in corso di perfezionamento.

Inoltre, il Governo considera necessario incrementare i fondi destinati alla sanità pubblica. La spesa sanitaria crescerà a un tasso superiore a quello fissato per l’aggregato obiettivo della spesa netta. Infine, le risorse disponibili a legislazione vigente e quelle ulteriori allocate con la prossima manovra serviranno anche per avviare il programma di riforme e di investimenti delineato nel Piano. Questi ultimi saranno necessari anche per mantenere il profilo degli investimenti pubblici finanziati con risorse nazionali a un livello pari alla media degli ultimi anni, uno dei fattori considerati dalle regole della nuova governance economica ai fini dell’estensione del periodo di aggiustamento di bilancio.

Gli interventi che il Governo intende adottare con la manovra di bilancio dispiegheranno il maggior effetto espansivo nel 2025, quando il tasso di crescita del PIL reale è atteso salire all’1,2 per cento, un valore superiore di circa 0,3 punti percentuali rispetto allo scenario tendenziale. In particolare, le misure della prossima manovra di bilancio forniranno un impulso favorevole ai consumi e, indirettamente attraverso la maggiore domanda, un impatto benefico sugli investimenti delle imprese.

Gli effetti positivi di tali interventi si protrarranno anche nel 2026, andando a compensare l’impatto del contenimento della crescita della spesa pubblica rispetto alle dinamiche passate. Nel complesso, il tasso di crescita dell’economia previsto per il 2026 resta confermato all’1,1 per cento. Quanto al 2027, gli effetti degli interventi descritti, uniti alla maggiore spesa prevista per gli investimenti pubblici rispetto agli andamenti a legislazione vigente, determinerà una crescita del PIL dello 0,8 per cento. Nell’ultimo biennio di previsione, a fronte di una sostanziale invarianza della crescita del 2028, le stime programmatiche mostrano un lieve rallentamento nel 2029, riconducibile al mutamento dell’intonazione della politica di bilancio.

Ci tengo a evidenziare che gli effetti della manovra stimati con il modello econometrico del Dipartimento del Tesoro mostrerebbero un sentiero della crescita programmatica più dinamico di quello che vi ho appena prospettato.

Infatti, il quadro macroeconomico programmatico del Piano recepisce solo una parte degli effetti espansivi stimati dal modello. Come già menzionato, anche le previsioni dello scenario programmatico sono state improntate a principi di cautela e prudenza, per evitare scostamenti eccessivi rispetto alle previsioni di consenso. Tenuto conto di tali aspetti, il profilo di crescita del PIL nel Piano appare tuttavia più realistico rispetto allo scenario prodotto dalla DSA della Commissione, che produce stime di crescita molto molto basse e un lento miglioramento dell’indebitamento netto in rapporto al PIL.

Poco più di un secolo fa, John Maynard Keynes faceva notare che “Consideriamo naturali, permanenti, sicuri, alcuni dei più singolari e temporanei dei nostri vantaggi recenti, e ci regoliamo nei nostri piani di conseguenza”. Ogni intervento di politica di bilancio deve essere attentamente valutato e collocato nel contesto in cui è introdotto e successivamente mantenuto. Solo in questo modo sarà possibile assicurare un’efficace gestione delle risorse e un aggiustamento dei conti utile a migliorare la reputazione e l’attrattività dell’Italia e, di conseguenza, garantire la stabilità dei “nostri vantaggi”.

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