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Gualtieri: “Subito 400 miliardi alle imprese. La creazione di debito pubblico Ue è già nei trattati”

Il Sole 24 Ore - 09/04/2020

Intervista di Gianni Trovati

La creazione di debito comune in Europa è non solo «una possibilità consentita dai Trattati», ma anche «una necessità per contrastare gli effetti economici del Coronavirus».
Il Mes «non è lo strumento adatto» per affrontare la crisi, e l’opposizione dell’Italia ha contribuito a cambiare il «piano originario» finito sui tavoli dell’Eurogruppo, aprendo la partita dell’emissione di titoli comuni. In un ventaglio di strumenti più ampio il Fondo Salva-Stati è ritenuto utile da alcuni paesi per offrire nuove linee di credito purché siano «senza condizionalità economiche estranee al contrasto al Coronavirus». L’Italia non punta a farvi ricorso.
Ma anche i tanti dossier aperti sul fronte interno, a partire dai meccanismi per garantire la liquidità delle imprese con il decreto arrivato ora al termine di una gestazione complicata. In un intreccio di piani, europeo e italiano, che domina da settimane l’agenda sempre più fitta di Gualtieri. Perché molto nelle sorti dell’economia italiana dipende dall’Europa. E viceversa.

L’Eurogruppo non ha prodotto una decisione operativa sulla strategia anticrisi ma ha passato in rassegna i diversi strumenti possibili. Quale giudizio dà della riunione? E più in generale, non pensa che la risposta europea si riveli ancora una volta troppo lenta e macchinosa rispetto all’emergenza?
È stata una riunione lunga e difficile, che non ha portato a un accordo anche se ci si è arrivati vicini. Per questo siamo delusi anche se sono stati fatti passi avanti significativi e grazie all’iniziativa dell’Italia e di altri paesi il quadro è profondamente mutato rispetto al precedente eurogruppo. Prima era sul tavolo una sola proposta: il Mes. Ora si è compreso che, come hanno scritto Conte, Macron e gli altri capi di Stato e di Governo nella loro lettera, non solo occorre dispiegare tutti gli strumenti di cui l’Europa dispone adattandoli alle caratteristiche di una crisi inedita, ma bisogna costruirne di nuovi. Per questo si sta lavorando su altre tre proposte da sottoporre ai leader del Consiglio Europeo: un fondo paneuropeo di garanzia da 200 miliardi della Bei, Sure, lo strumento di sostegno all’occupazione da 100 miliardi proposto dalla Commissione europea. Soprattutto, cosa per noi essenziale, un nuovo Fondo per la Ripresa finanziato attraverso l’emissione di titoli comuni e basato sulle proposte della Francia e dell’Italia, che costituisce il cuore del difficile negoziato in corso.

Nella cassetta degli attrezzi rimane l’ipotesi di ricorso al Mes, anche se senza le condizionalità classiche di finanza pubblica. Un ricorso al Mes, anche se un Mes “di nuovo conio”, è novero delle possibilità?
No. Noi abbiamo detto sin dall’inizio con molta chiarezza che, sia per dimensioni che per caratteristiche, il Mes non costituisce lo strumento adatto per rispondere a questa crisi. Per questo ci siamo opposti al piano originario che era stato presentato all’Eurogruppo e al Consiglio Europeo e che era imperniato su di esso, e per di più prevedeva condizionalità sia pur limitate. Altro discorso è se nel quadro di un pacchetto di proposte sufficientemente ambizioso e che includesse la proposta franco-italiana di Fondo per la Ripresa finanziato con titoli comuni, il Mes possa offrire a quegli stati che ne fossero interessati linee di credito senza condizionalità economiche estranee al contrasto al Coronavirus, invece che quelle attualmente disponibili, che al contrario prevedono condizionalità. Ma su questo non c’è ancora consenso e mentre altri paesi hanno abbandonato la richiesta di condizionalità, l’Olanda continua a premere perché siano almeno in parte mantenute. Noi siamo stati molto fermi nella nostra posizione.

Che tipo di condizionalità sono considerate accettabili dall’Italia? C'è un rischio trojka?
Come abbiamo ripetuto più volte, non è nei piani dell’Italia fare ricorso al Mes. Nel dibattito interno italiano si fa spesso confusione tra utilizzo del Mes, che è facoltativo, e modifica dei suoi strumenti per consentire, a chi ne avesse l’intenzione o l’esigenza, di accedervi senza dover sottostare alle condizionalità economiche previste dai suoi meccanismi attuali, che altrimenti resterebbero gli unici disponibili. Alcuni paesi dell’eurogruppo ritengono utile poter fare ricorso a questo nuovo strumento.

Alla luce delle riunioni in corso, è percorribile l’ipotesi di uno strumento che crei debito comune europeo? In che termini?
È una possibilità consentita dai Trattati e una necessità per mobilitare le risorse necessarie a contrastare gli effetti economici del Coronavirus. Il Fondo per la Ripresa si finanzierebbe a lungo termine sui mercati sulla base di una garanzia comune degli Stati membri e consentirebbe di sostenere in modo solidale i costi della crisi attraverso il bilancio europeo. Non si tratta quindi di mutualizzare il debito passato né quello futuro, ma di affrontare nel miglior modo possibile una battaglia comune che riguarda tutta l’Europa e che impone di salvaguardare i nostri sistemi produttivi, che peraltro sono fortemente integrati e interdipendenti.

Le divisioni nella maggioranza su questi temi non rischiano di indebolire la posizione negoziale italiana?
No, perché il governo e la maggioranza sono assolutamente uniti in questa sfida.

In caso di mancato accordo, c’è il rischio di problemi per le prossime aste dei titoli di Stato, a partire da quella di domani? È vero che il Tesoro studia strumenti per coinvolgere ad ampio raggio i 1.400 miliardi di risparmio privato fermo, come indicato nei giorni scorsi dal viceministro Misiani?
I titoli di Stato italiani godono di un mercato molto ampio. Hanno una presenza vasta e diffusa in Italia e anche un’importante penetrazione nei portafogli internazionali a livello globale. La già vasta gamma di strumenti di cui già oggi disponiamo potrà essere ulteriormente rafforzata, se necessario, anche per aumentare il coinvolgimento di investitori retail domestici che finora detengono una quota bassa del debito. Questo ci consentirà di collocare eventuali volumi aggiuntivi di debito in modo efficace a prescindere dall’esito degli accordi europei. Ovviamente la chiusura di un accordo ampio e rilevante a livello europeo rimane una priorità assoluta, non solo per noi ma per tutta l’Europa. Resta comunque in ogni caso il ruolo decisivo svolto dalla Bce che con le sue ultime decisioni garantisce un supporto molto significativo per un ordinato funzionamento del mercato dei titoli di Stato.

Lunedì è stato approvato il decreto garanzie. Banche e imprese sembrano nutrire forti perplessità sul meccanismo scritto nelle bozze del decreto. In che tempi pensa possano essere erogati i finanziamenti? Ci sono margini per semplificare le procedure? La governance dei fondi divisa fra Sace, Mef e Affari esteri non impone un ulteriore tempo di adeguamento prima di avviare l’operatività delle garanzie?
Il decreto sulle garanzie per i prestiti alle imprese è autoapplicativo e non richiede provvedimenti di attuazione o altre lungaggini burocratiche. Sace e le banche stanno già lavorando nella fase operativa: i collegamenti informatici, i protocolli e la modulistica, tutti molto semplici, saranno pronti a breve. Con la pubblicazione del decreto i criteri per l’accesso alle garanzie, anch'essi molto semplici, sono ora ufficialmente noti, e le banche possono da subito avviare le loro istruttorie sulle pratiche di credito. L’attività della Sace nel rilascio delle garanzie per le imprese non è in alcun modo interessata dal ruolo dei ministeri sulle strategie di sostegno alle esportazioni, il cui impianto non cambia ed è stato solo in parte aggiornato e migliorato.

Quanti sono i finanziamenti effettivamente attivabili quest'anno? Tutti i 400 miliardi indicati in conferenza stampa o si tratta di 200 miliardi nel 2020 e 200 nel 2021?
Tutti i 400 miliardi sono già attivabili da quest'anno. La potenza di fuoco impressionante che con questo provvedimento mettiamo al servizio delle imprese può essere dispiegata immediatamente. Il decreto consente a Sace di garantire fino al 90% direttamente sul bilancio dello Stato 200 miliardi di finanziamenti, da erogare tutti nel 2020. Inoltre la Sace potrà garantire nuovi crediti alle esportazioni fino a 200 miliardi, da subito disponibili. A questo si aggiunge il potenziamento del Fondo centrale di garanzia per le Pmi e gli autonomi, che potrà garantire fino al 100% più di 100miliardi di finanziamenti, la moratoria sui crediti, che può liberare ulteriori 220 miliardi di liquidità.

Una garanzia inferiore al 100% non rischia di complicare l’erogazione del prestito da parte delle banche? I vincoli all’erogazione non rischiano di escludere proprio le imprese più in difficoltà?
La garanzia del 100% è prevista per i prestiti fino a 25mila euro, e, con l’integrazione dei Confidi, per quelli per le Pmi fino a 800mila euro. Per le altre aziende una quota di rischio residuale in capo alle banche è opportuna per conservare un presidio nei processi di erogazione del credito. Da questo punto di vista trovo ogni polemica fuori luogo: siamo in presenza di una sequenza di misure che non ha precedenti nella storia italiana e che sono tra le più ambiziose a livello europeo.

Per la difesa delle aziende italiane, oltre che dell’ampliamento del golden power, si è parlato di un possibile ingresso temporaneo e di emergenza dello Stato nel capitale delle imprese in difficoltà? È una strada che sta prendendo in considerazione? In che termini?
Soprattutto in un momento di difficoltà economica come quella attuale ed in settori particolarmente esposti alle turbolenze del mercato, il Governo potrebbe prendere in considerazione un intervento in maniera diretta. Un caso simile è già stato previsto all’intero del Dl «Cura Italia», dove è stata prevista la possibilità per il Ministero dell’Economia di costituire una società che possa intervenire a supporto di Alitalia in amministrazione straordinaria.

A proposito di imprese “statalizzate” temporaneamente, la crisi cambia lo scenario per il settore bancario. Che impatto ha sul dossier Mps? State negoziando con la commissione un cambio di rotta rispetto all’uscita del Tesoro dal capitale? È possibile che ci sia bisogno di intervenire su altre banche?
Mps continua il percorso prestabilito: risanamento e di riduzione dei crediti deteriorati che si accompagnerà contestualmente al rilancio della banca. L’interlocuzione con la Commissione è ripresa in questi giorni, è ovvio che l’emergenza Covid ha causato dei rallentamenti ma siamo fiduciosi.

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