Audizione del ministro Gualtieri sull’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund [Commissioni riunite Bilancio e Finanze] – 15 settembre 2020
15/09/2020Signori presidenti, onorevoli deputati, buongiorno.
Sono molto lieto di intervenire sul cosiddetto Recovery Fund, più correttamente Programma Next Generation EU che non è esagerato definire un punto di svolta, non solo per il rilancio dell’economia in chiave di sostenibilità ambientale e sociale, di innovazione e competitività, ma per il processo di integrazione europea.
1. L’importanza e il significato della sfida
Next Generation EU rappresenta per l’Europa e per l’Italia un’occasione irripetibile per uscire da un lungo periodo di stagnazione e dalla crisi senza precedenti che stiamo attraversando a causa della pandemia, tornando allo sviluppo e all’innovazione, per investire sul futuro in modo tale da dare ai giovani nuove opportunità di lavoro e per vivere in un Paese più avanzato, equo e rispettoso dell’ambiente.
L’importanza di ciò che è stato conseguito in Europa durante i mesi più duri della crisi epidemica può difficilmente essere sottovalutata: si è infatti raggiunto un accordo sul bilancio pluriennale 2021-2027, ma soprattutto si sono introdotte due modalità di finanziamento e di sostegno degli Stati membri, SURE e Next Generation EU, che si basano su emissioni di obbligazioni dell’Unione Europea le quali – in particolare NGEU - faranno leva sul bilancio dell’Unione. Dopo anni di proposte tecniche e dibattiti sugli Eurobond, si è quindi trovato un primo modo per ampliare la portata della politica economica comunitaria ed effettuare ampie emissioni di titoli europei, i quali potranno giocare un ruolo di grande importanza, non solo nel sostegno e finanziamento di investimenti comuni, di politiche comuni e di misure degli Stati membri, ma anche nel mercato obbligazionario internazionale e nelle operazioni di politica monetaria della BCE.
Inoltre, si è affermato un ulteriore principio di solidarietà che è estremamente importante a livello politico ed economico. Ai fondi di coesione del bilancio comunitario, che sostengono lo sviluppo delle aree meno avanzate dell’Unione e che nel complesso tendono a favorire gli Stati membri con livelli di reddito nazionale pro capite inferiori alla media, il Next Generation EU e in particolare la Recovery and Resilience Facility associa ora un meccanismo che sostiene in particolare i Paesi che si trovavano in condizioni più svantaggiate a livello occupazionale prima che esplodesse la crisi da Covid-19 e che quindi potevano risultare più vulnerabili. Grazie a tale meccanismo, l’Italia e altri Paesi duramente colpiti dall’epidemia - ma anche quelli che negli anni scorsi avevano alcuni fondamentali, a partire da quello del tasso di occupazione, bassi anche per l’impatto della precedente crisi, paesi quindi come l’Italia e la Spagna - riceveranno un flusso di risorse di grande rilievo, che contribuirà a riequilibrare i livelli di reddito e occupazione all’interno dell’Unione nei prossimi anni.
Come è stato già illustrato dal Ministro Amendola nella sua audizione, nei prossimi sette anni l’Italia rimarrà un Paese contributore netto al bilancio UE, ma risulterà invece, e per una cifra superiore, beneficiaria netta del Next Generation EU e del Recovery and Resilience Facility. Ciò si evince considerando la differenza fra le risorse del Next Generation EU che secondo i calcoli più aggiornati dovremmo ricevere (oltre il 28 per cento dal punto di vista dei grants, dei cosiddetti sussidi, e più del 30%, più di un terzo dal punto di vista dei prestiti) e l’attuale quota italiana del Reddito Nazionale UE (il 12,7 per cento), la quale determina il nostro contributo al bilancio dell’Unione.
Durante il negoziato che ha portato all’accordo del 21 luglio fra i Capi di Governo sul Recovery Plan non sono mancate, come noto, discussioni e differenze di vedute, in particolare fra i cosiddetti ‘Paesi frugali’ e i sostenitori di una maggiore espansione del bilancio dell’Unione e dei programmi europei di emissione di titoli e finanziamento dei Paesi membri.
Il risultato finale è tuttavia, come ho già detto, di grande rilevanza e ad esso siamo pervenuti anche grazie allo sforzo propositivo e diplomatico del Governo italiano e alla serietà e la coesione che il nostro Paese ha dimostrato durante la crisi pandemica.
Questo successo, che appartiene a tutti noi, ci impone di essere all’altezza dell’occasione da tutti i punti di vista: anzitutto, nel continuare a gestire al meglio la fase di ulteriore riapertura del Paese e di gestione dell’epidemia e delle sue conseguenze economiche fino a quando la crisi da Covid-19 non sarà pienamente superata; in secondo luogo, nell’utilizzare al meglio le risorse del Programma Next Generation EU.
Questo programma – è opportuno ricordarlo – consiste in un supporto europeo per finanziare “pacchetti” di investimenti e riforme. Non può consistere in una ondata di spesa corrente o di tagli di imposta che non sia sostenibile nel tempo. Deve invece rappresentare e determinare quel pacchetto di maggiori investimenti pubblici, rilancio dell’istruzione, formazione e ricerca, infrastrutture, sostegno agli investimenti privati, soprattutto in innovazione, sostenibilità, in riforme che da tempo sono necessari per modernizzare e rendere al contempo più competitivo ed equo il nostro Paese.
2. Le fasi di preparazione del PNRR dell’Italia
Data l’importanza del Recovery Plan europeo per il nostro Paese, il Governo ha da subito attribuito a questa iniziativa una valenza prioritaria. Sono note le tappe del lavoro sin qui svolto. In giugno un’ampia consultazione con le parti sociali, esperti e stakeholder, la discussione del Piano di Rilancio dell’Italia negli ‘Stati Generali’, traendo anche spunto dal lavoro del Comitato di Esperti in materia economica e sociale coordinato da Vittorio Colao che ha prodotto un Rapporto intitolato ‘Iniziative per il Rilancio - Italia 2020-2022’.
Sulla base del Piano di Rilancio e di un lavoro di analisi della proposta di Recovery Plan presentata dalla Commissione Europea, a inizio luglio il Governo ha presentato il Programma Nazionale di Riforma e in esso una prima versione dell’approccio generale e degli obiettivi del Piano di Ripresa e Resilienza previsto dal Next Generation EU. Su quel documento, il Pnr, ho già avuto l’opportunità e il piacere di riferire al Parlamento nell’Audizione del 28 luglio scorso.
Da allora, il Governo ha intensamente lavorato per precisare ulteriormente la strategia complessiva del PNRR e la sua articolazione in Sfide, Missioni, Cluster (di progetti) e ambiti di Riforma e di interventi di politica economica. Mercoledì 9 settembre il CIAE ha approvato le Linee Guida, che il Presidente del Consiglio invierà oggi al Parlamento.
Le Linee Guida si aprono con l’illustrazione degli elementi di contesto e l’esplicitazione degli obiettivi del Piano, per passare poi a illustrare le sfide che il Paese intende affrontare e le missioni del programma di ripresa e resilienza. Le sfide incluse nel PNRR sono: il miglioramento della resilienza e della capacità di ripresa dell’Italia; la riduzione dell’impatto sociale ed economico della crisi pandemica; il sostegno alla transizione verde e digitale; l’aumento del potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione.
Le sei missioni con le quali affrontare queste quattro sfide sono:
- Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
- Rivoluzione verde e transizione ecologica;
- Infrastrutture per la mobilità;
- Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
- Equità sociale, di genere e territoriale;
- Salute
E queste sei missioni sono a loro volta suddivise in cluster o insiemi di progetti omogenei.
Le iniziative di riforma individuate, che saranno complementari e collegate a questi cluster di investimenti sono: Investimenti Pubblici e Concessioni; Pubblica Amministrazione; Ricerca e Sviluppo; Riforma del Fisco; Riforma della Giustizia; Riforma del Lavoro; e saranno – come ho detto - collegate ad uno o più cluster di intervento.
Le linee guida comprendono inoltre i criteri per la selezione dei progetti che verranno finanziati dal PNRR. Senza scendere nei dettagli, sono previsti stringenti criteri di ammissibilità dei progetti: la piena coerenza con gli obiettivi strategici e macro-settoriali del PNRR e con le Raccomandazioni Specifiche per Paese (CSRs); il significativo impatto positivo su crescita del PIL potenziale e dell’occupazione; i costi e gli impatti economici, ambientali e sociali che dovranno essere quantificabili, motivati e ragionevoli; l’esplicitazione dei legami e della coerenza con riforme e politiche di supporto; l’indicazione della tempistica e modalità di attuazione, con target intermedi e finali; la chiara identificazione del soggetto attuatore; se integrano progetti esistenti, dovranno credibilmente rafforzarli.
In parallelo al lavoro del Governo, una task force coordinata dal CTV, l’organismo di supporto al CIAE, ha raccolto le proposte pervenute dalle Amministrazioni, e sta raccogliendo quelle delle Regioni e dei Comuni e degli enti territoriali e ne ha intrapreso la sistematizzazione e organizzazione. Una fase operativa assai delicata da tutti i punti di vista. A questo proposito, va ricordato che la proposta di Regolamento della Commissione Europea attualmente oggetto di negoziato tra il Consiglio e il Parlamento Europeo, è bene da questo punto di vista sempre ricordare i passaggi istituzionali e procedurali: la Commissione ha presentato un gruppo di proposte legislative, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo politico; sulla base di questo accordo politico, il consiglio, che è organismo legislativo, e il Parlamento, hanno avviato la fase di lettura e di lavoro legislativo che dovrà portare alla formalizzazione dei due rispettivi testi e se, come sempre avviene, non saranno identici, al trilogo negoziale da cui poi scaturirà il testo finale. Quindi il processo legislativo di finalizzazione di Next Generation EU è ancora in corso e non si è concluso e richiederà ancora qualche settimana e, probabilmente, qualche mese di lavoro, ma siccome già conosciamo la proposta legislativa della Commissione, conosciamo ovviamente gli elementi fondamentali di emendamento che il Consiglio europeo ha concordato: possiamo ricordare che già il testo legislativo del Recovery and Resilience Facility e degli altri programmi già fissano una serie di vincoli sulla destinazione di queste risorse, ad esempio la quota minima (37 per cento) da destinare agli investimenti e interventi in chiave ambientale ed ecologica (green).
Dal punto di vista del programma di lavoro, l’obiettivo del Governo è quello di presentare alla Commissione Europea le linee principali del PNRR, quindi non solo con le priorità ma anche i cluster progettuali e la allocazione e articolazione delle risorse all’interno di questi stessi cluster progettuali il 15 ottobre, unitamente al consueto Documento Programmatico di Bilancio (DPB). Prima di quel momento, un’altra tappa importante, il Governo approverà la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) prevista dalla legislazione italiana. Già in quel documento si discuterà come il PNRR e i connessi investimenti si andranno ad inserire nella programmazione triennale di bilancio.
La presentazione integrale del PNRR in cui il cluster progettuale e l’attribuzione delle risorse saranno declinate in modo granulare e dettagliate secondo la modulistica che si sta definendo anche a livello europeo, avverrà, come faranno tutti gli altri paesi, quando legalmente il Programma sarà entrato in vigore, cioè quando sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quindi esisterà giuridicamente Next Generation EU. Quindi il nostro obiettivo è di farci trovare pronti in modo da poter presentare i documenti il primo giorno utile, senza aspettare aprile, che è la data ordinaria che viene prevista nel Programma. Noi intendiamo farlo non solo nel piano che allocherà le risorse e definirà i progetti, le aree progettuali e i cluster, quello lo faremo il 15 ottobre, ma anche il piano finale, quello con tutti i dettagli secondo le modalità di presentazione previste dalla legislazione e dalle norme attuative europee, e vogliamo farlo al primo momento utile per essere appunto nel gruppo di testa dei paesi che possono presentare questo progetto.
È importante quindi la fase di dialogo informale che intendiamo svolgere con la Commissione Europea quando presenteremo la prima bozza ad ottobre. Anche se l’interlocuzione formale, cioè la valutazione da parte della Commissione, avverrà quando il Programma entrerà in vigore formalmente, questa fase preliminare ci consentirà di portarci avanti anche con queste interlocuzioni già negli ultimi mesi del 2020 e accelerare ulteriormente la predisposizione del piano finale e far in modo che i tempi di approvazione da parte della Commissione siano i più rapidi possibili. Questa fase, dal 15 ottobre al piano ufficiale, sarà anche un utile il momento di confronto con il Parlamento, in parallelo con quello con la Commissione. Quindi ci sarà una prima fase di confronto, in cui voi oltre alle audizioni che state svolgendo, commenterete e darete delle indicazioni sulle linee guida che oggi saranno formalmente presentate; poi c’è la seconda fase in cui ci sarà questo documento più ampio con le cifre e l’articolazione del piano il 15 ottobre, che noi discuteremo informalmente con la Commissione, che il Parlamento avrà modo quindi di vedere e di discutere; e poi ci sarà la terza fase, quella del piano ufficiale e finale e del monitoraggio della sua esecuzione e attuazione, quando esso sarà stato validato nei tempi, che ora vi dirò, dalla Commissione.
Questo è importante perché il documento finale dovrà illustrare nel dettaglio, non solo i progetti e gli obiettivi, ma anche tutte le tappe temporali di esecuzione e di realizzazione delle riforme e degli investimenti, cioè i target e i milestones, che sono quelli da cui dipende l’erogazione delle risorse. Quindi sarà un documento molto ampio e articolato che non dirà semplicemente che metteremo una certa quantità di risorse su un tale progetto.
La Commissione europea avrà a disposizione fino a 2 mesi per le sue valutazioni e per proporre al Consiglio Ecofin l'approvazione del Piano nazionale. L'Ecofin dovrà approvare il piano con un atto di attuazione (implementing act), da adottare a maggioranza qualificata entro 4 settimane dalla presentazione della proposta della Commissione europea. Dalla presentazione formale del piano potrebbero quindi passare fino a due mesi più 4 settimane, quindi fino a tre mesi massimo per l'approvazione finale del piano, e per questo è bene essere pronti a presentare il piano il prima possibile. A quel punto il piano è approvato e da quel momento c’è la possibilità di accedere al 10% dell’importo complessivo di anticipo, questa è una novità che è stata introdotta nel negoziato. E poi ci saranno le erogazioni su base semestrale legate ai milestones.
Inoltre, potranno essere incluse spese fatte a partire da febbraio 2020 purché coerenti con gli obiettivi e i criteri dello strumento RRF.
Per quanto riguarda i pagamenti che vanno al di là del 10% anticipato, al raggiungimento dei milestones previsti nel Piano, lo Stato membro sottopone alla Commissione una richiesta di pagamento su base semestrale. La Commissione ha 2 mesi per accertare il soddisfacente raggiungimento della milestone, sentito il parere del Comitato Economico e Finanziario da adottare preferibilmente per consenso, preferibilmente e non obbligatoriamente. A quel punto ci può essere l’autorizzazione anche del pagamento della tranche semestrale. Qui si inserisce la procedura cosiddetta Emergency brake, che non ha portato al diritto di veto dei singoli paesi come alcuni volevano; invece ha portato a una procedura che non penso sarà mai attuata: sulla carta qualora uno o più Stati Membri ritenga sussistano significative deviazioni rispetto al soddisfacente raggiungimento dei milestones o degli obiettivi da parte dello Stato Membro richiedente, può chiedere al Presidente del Consiglio Europeo di rimettere la questione al Consiglio Europeo, che ne discute esaustivamente. Ma questo periodo non può durare più di tre mesi, questo freno non può impedire alla Commissione, i cui poteri attribuiti dai Trattati sono preservati relativamente all’esecuzione del Bilancio e dei Programmi sotto la propria responsabilità e in linea con i Trattati. Quindi, qualora venisse tirato questo freno di emergenza, la Commissione comunque dopo tre mesi adotta una decisione con la quale autorizza il pagamento dei fondi conformemente al regolamento finanziario, che è un atto di implementazione soggetto a procedura d’esame (cd. Comitologia). Quindi non c’è unanimità per l’esborso. C’è solo, come sapete dal 21 luglio, questo freno rispetto non all’approvazione dei programmi ma alla verifica degli obiettivi, se effettivamente sono stati raggiunti.
3. Le risorse disponibili per l’Italia
Le Conclusioni del Consiglio Europeo del 21 luglio scorso hanno confermato la portata complessiva di Next Generation EU, modificando tuttavia la sua composizione rispetto alla proposta originaria della Commissione. Il cuore del programma, la Recovery and Resilience Facility (RFF) ha visto un aumento dei fondi a disposizione dai 560 miliardi originariamente proposti dalla Commissione Europea a 672,5 miliardi, di cui 312,5 costituiti da sovvenzioni e 360 da prestiti. Sono invece uscite ridimensionate in confronto alla proposta della Commissione altre componenti quali Horizon Europe e il Fondo per la Transizione Giusta (Just Transition Fund). Noto che la chiave di allocazione per l’Italia è più favorevole quella del Next Generation rispetto agli altri: il fatto che siano stati aumentati i fondi per NGEU e ridotti per esempio quelli del Just Transition Fund dove noi eravamo contributori netti, cioè ricevevamo meno di quanto davamo, ci ha favorito. Quindi una delle ragioni per cui l’Italia alla fine è uscita inaspettatamente con più risorse di quanto è entrata, è perché sono stati aumentati i fondi del RRF e sono stati invece tagliati altri programmi nei quali la key di distribuzione era per noi più sfavorevole. A questi importi del RRF, cioè 312 miliardi di grants e 360 di prestiti, vanno aggiunti ulteriori 77,5 miliardi in termini di grants previsti dagli altri strumenti di Next Generation EU, il più noto è Reactive Eu, che portano il totale dei grants a 390. Così 390 miliardi i grants, 360 i loans, per un totale di 750 miliardi, che è appunto la dotazione di NGEU.
Come ricordato prima, per la RRF, la quota di sovvenzioni ricevuta da ciascun Paese riflette le condizioni economiche nella fase precedente alla pandemia, oltre al livello della popolazione. Mentre, l’ammontare dei prestiti è funzione del livello del Reddito Nazionale Lordo (RNL) e non potrà superare il 6,8 per cento di tale variabile secondo i dati 2018 nell’arco temporale di tutto il programma.
Inoltre, la RRF, per la parte relativa ai grants, verrà divisa in due fasi. La prima, pari al 70 per cento dell’importo totale a disposizione, dovrà consistere in progetti per cui le risorse dovranno essere impegnate entro il 2022.
Nella seconda fase del programma, per il 2023, il restante 30 per cento delle sovvenzioni verrà allocato secondo una formula che riflette la caduta registrata dal PIL dei Paesi membri nel 2020 e la variazione complessiva registrata nel 2020-2021. Il calcolo si baserà sui dati Eurostat che saranno disponibili a giugno 2022. I fondi relativi alla seconda fase dovranno essere impegnati entro il 2023.
Gli esborsi della RRF dovranno essere effettuati entro il 2026. Quindi il 70 per cento sulla base di questi criteri allocativi che riguardano la situazione economica e occupazionale pre-Covid, il 30% parametrato invece al calo del Pil nel 2020 e nel 2021. Le risorse della RFF che dovrebbero essere allocate all’Italia sono assai rilevanti, essendo stimate pari a 191,4 miliardi. Per quanto riguarda le sovvenzioni, sulla base dei parametri economici rilevanti per la prima fase del programma e le previsioni della Commissione per il 2020-2021, l’Italia riceverebbe fino a 63,8 miliardi. In base al livello del RNL nel 2018, l’ammontare dei prestiti dovrebbe arrivare, invece, ad oltre 127 miliardi. A questi 63,8 miliardi di grants si aggiungono, come dicevo, oltre 17 miliardi di grants previsti dagli altri strumenti, che fanno salire il totale dei grants a 81 miliardi per l’Italia e 127 di loans o prestiti, per un totale quindi di quasi 209 miliardi, pari ad oltre il 28% delle risorse totali del programma. Obiettivamente è un’allocazione che assegna all’Italia delle risorse cospicue.
4. PNRR e programmazione di bilancio
È ragionevole ritenere che le sovvenzioni che i Paesi membri riceveranno nel corso del programma non contribuiranno alla formazione dell’indebitamento netto della Pubblica amministrazione. La valutazione dell’impatto sullo stock di debito pubblico verrà chiarita da Eurostat a conclusione di opportune consultazioni, ma è ragionevole ritenere che i grants non faranno indebitamento netto aggiuntivo.
Il Governo intende utilizzare le sovvenzioni, i grants, previste della RRF per conseguire un equivalente incremento netto degli investimenti pubblici materiali ed immateriali nel periodo 2021-2026. Ciò per far sì che, oltre agli obiettivi di inclusione, sostenibilità, digitalizzazione e incremento dell’efficienza e della produttività, si sia in grado di conseguire anche un rilevante stimolo alla crescita del PIL.
Per quanto riguarda i prestiti che si renderanno disponibili secondo il programma NGEU, il Governo è orientato a massimizzare l’utilizzo delle relative risorse. Va tuttavia considerato che i prestiti erogati all’Italia dalla Commissione Europea, se non compensati da riduzioni di altre spese o aumenti delle entrate, contribuiranno ad accrescere il deficit della P.A. e l’accumulazione di debito pubblico. Al PNRR dovrà pertanto affiancarsi una programmazione di bilancio volta a riequilibrare la finanza pubblica nel medio termine dopo la forte espansione del deficit prevista per quest’anno in conseguenza della pandemia e degli ingenti interventi di sostegno all’economia che sono stati realizzati con tre successivi decreti legge (il cui impatto complessivo sull’indebitamento netto della P.A, ricordo, è pari a 100 miliardi, il 6% del PIL). In questo quadro, è opportuno ricordare come anche all’ultimo Ecofin di Berlino l’orientamento prevalente è stato quello di mantenere una politica espansiva di bilancio anche per il 2021.
Il Governo dettaglierà il sentiero di rientro del deficit per gli anni 2021-2023 nella Nota di Aggiornamento del DEF di prossima pubblicazione. Lo scenario programmatico includerà una previsione di utilizzo dei prestiti previsti da NGEU, oltre che naturalmente ci sarà una valutazione e una articolazione nel tempo dell’impatto dei grants sul PIL.
Sarebbe prematuro e inopportuno anticipare oggi gli orientamenti specifici che verranno adottati dal Governo nella NADEF. Confermo tuttavia l’intendimento di conseguire una significativa discesa del rapporto debito-PIL non solo nel primo anno di recupero dell’economia, che auspichiamo sia il 2021, in cui ci sarà una riduzione ovvia del deficit e del debito rispetto all’anno prima, perché nel 2020 ci sono stati dei forti interventi che sia chiamano one-off, che quindi non ci sono l’anno successivo, ma noi vogliamo che questa discesa continui anche negli anni successivi, onde rientrare gradualmente in modo sostenibile sui livelli pre-pandemici e, su un orizzonte di lungo termine, conseguire un’ulteriore riduzione.
Il PNRR e le relative risorse avranno un rilevante impatto positivo sulle previsioni di crescita dell’economia italiana e sulle proiezioni riguardanti il rapporto debito/PIL. Infatti, se le risorse verranno orientate verso investimenti non solo di grande portata in termini di sostenibilità e innovazione, ma anche caratterizzati da elevati moltiplicatori in termini di crescita potenziale, il sentiero del PIL si innalzerà di svariati punti percentuali, così come lo sarà l’occupazione.
Il rapporto debito/PIL beneficerà inoltre del fatto che una parte del programma sarà coperta da sovvenzioni, di grants con un forte impatto sul Pil ma non sul deficit, e non da indebitamento aggiuntivo. Laddove gli obiettivi di bilancio rendessero necessario affiancare il Recovery Plan con misure di riduzione del deficit, sarà di grande importanza selezionare interventi sulla spesa corrente e sulle entrate tali da non inficiare lo stimolo fornito da tale piano, ovvero da valorizzare l’effetto di innalzamento della crescita e riduzione del rapporto debito/PIL.
La considerazione degli impatti pone ancor più in evidenza l’importanza cruciale di selezionare opportunamente i principali progetti finanziati dal Recovery Plan. È un fatto evidente: più un progetto ha un impatto economico significativo sulla crescita potenziale, più si definisce in modo virtuoso una combinazione tra aumento della crescita e dell’occupazione e riduzione sostenibile del debito che non comporti la necessità di politiche eccessivamente restrittive che possano avere un impatto negativo sulla crescita. Quindi è importante la quantità, ma anche la qualità e il moltiplicatore che gli investimenti aggiuntivi che noi realizziamo potranno avere, sia nel breve termine che nel medio e lungo temine e la capacità di innalzare stabilmente la crescita potenziale del paese.
Già prima della crisi pandemica era forte l’esigenza di rilanciare la crescita del nostro Paese in chiave di sostenibilità ambientale e sociale, nonché di sciogliere nodi strutturali, disparità sociali e territoriali, che si trascinano da lungo tempo. La pandemia ha ulteriormente aggravato la situazione economica, ha fatto salire notevolmente il debito, mala risposta europea alla crisi è stata forte ed incisiva, anche grazie al nostro contributo di idee e alla credibilità che l’Italia ha riconquistato.
Con il Recovery Plan, abbiamo ora la possibilità concreta di rilanciare gli investimenti e costruire un Paese migliore per le prossime generazioni. È necessario un salto di qualità da parte delle istituzioni e di tutte le componenti dell’economia e della società italiana. Il Governo ha lavorato con grande impegno per costruire il miglior Piano di Ripresa e Resilienza possibile, coinvolgendo nelle proprie riflessioni e nel proprio dibattito tutte le principali componenti della nostra società e del mondo accademico e scientifico e naturalmente, coinvolgendo in primo luogo il Parlamento. Dobbiamo ora passare alla fase più concreta di formulazione del Piano, consapevoli che si tratta di un’occasione unica e irripetibile, di un progetto che richiede riforme e investimenti mirati e sfidanti, una scelta di progetti basata sul merito e sull’efficacia che noi dobbiamo al Paese, al futuro del Paese e in primo luogo alle giovani generazioni.
Abbiamo tutti insieme una grande sfida di responsabilità, dobbiamo avere come unico criterio nella selezione dei progetti la loro capacità di rilanciare in modo strutturale la crescita, l’occupazione di questo Paese, di ricucirne le fratture territoriali e sociali, di rendere questo Paese migliore, più forte e più giusto.
Abbiamo un’opportunità unica di realizzarlo. Auspico e sono convinto che tutti insieme mostreremo senso di responsabilità all’altezza di questa sfida e capacità di cogliere a pirno questa occasione unica e irripetibile, non solo per superare le conseguenze della pandemia, ma per migliorare e rilanciare il nostro Paese e renderlo protagonista delle sfide del futuro.
Grazie.