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L'Italia e l'integrazione europea: il ruolo delle pubbliche amministrazioni

25/02/1998

ROMA - CENTRO CONGRESSI FRENTANI25 FEBBRAIO 1998INTERVENTO ALLA PRIMA CONFERENZA NAZIONALE SULLA FORMAZIONE NEL SETTORE PUBBLICOL'ITALIA E L'INTEGRAZIONE EUROPEA: IL RUOLO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

1) È con particolare piacere che porto il mio saluto a questa conferenza nazionale sulla formazione; vorrei approfittarne per condividere con voi alcune riflessioni che nascono dalla mia lunga attività lavorativa e che si possono applicare alla stagione di rinnovamento amministrativo e istituzionale che stiamo attraversando. Non mi soffermerò su ciò che probabilmente tutti si aspettano dal Ministro del Tesoro e del Bilancio e cioè una rinnovata affermazione della importanza di entrare in Europa come sistema-paese, non meno che come moneta, e della necessità di ammodernare l'Amministrazione pubblica, problema di fondo per l'avvenire dell'intero paese. Organizzazione e formazione sono i due pilastri sui quali si fonda il buon funzionamento di ogni istituzione. Ma la formazione ne è l'essenza. E quando dico formazione intendo in primo luogo la coscienza dei propri doveri, la deontologia professionale, l'interpretazione attiva dei propri compiti nell'amministrazione in cui si opera. Ma dato per acquisito questo concetto fondamentale, intendo ora riferirmi alla formazione professionale nella realtà di oggi.Viviamo in una società dell'informazione nella quale la diffusione delle tecnologie dell'informazione sta trasformando il nostro modo di produrre, di consumare, di apprendere. La conoscenza sta diventando il fattore principale di produzione. Le risorse umane costituiscono fattore di crescente importanza ai fini della produttività, della qualità e della capacità d'innovazione. A livello mondiale si sta realizzando un importante mercato di servizi dell'informazione e delle comunicazioni. La ripartizione di questo mercato fra gli operatori internazionali dipenderà, oltre che dagli sviluppi delle autostrade informatiche - i vettori -, anche dalle informazioni inserite in esse - il contenuto. La posta in gioco, economica e culturale, nel senso della garanzia delle specificità culturali e del pluralismo, è elevata. L'Europa dispone di numerosi punti di forza: elevato livello medio di istruzione dei suoi cittadini, ricchezza e varietà culturale, solida tradizione scientifica, eccellenti risultati raggiunti in alcuni segmenti tecnologici. Il sistema europeo presenta caratteristiche come l'iniziativa individuale e la creatività, le capacità di relazione e di comunicazione, il rispetto delle diversità, la consapevolezza delle responsabilità sociali.Le debolezze risiedono nel ritardo tecnologico in settori chiave delle tecnologie dell'informazione, nella inadeguatezza delle infrastrutture di telecomunicazione e nell'uso insufficiente di esse. L'Europa deve saper tener testa al predominio americano, ampliando l'offerta di servizi di questo tipo; essa è in grado di farlo grazie alle proprie risorse culturali e scientifiche.Parallelamente alla diffusione delle tecnologie dell'informazione, anche i servizi nel settore dell'informazione e delle telecomunicazioni offrono ampie opportunità per la creazione di posti di lavoro specializzati, con un considerevole effetto sulla competitività globale, consentendo quindi di avviare un circolo virtuoso di crescita. Infatti quanto più si produce e, soprattutto, si assimila conoscenza, tanto più è possibile migliorare la competitività. E quanto più la competitività migliora, tanto più si può produrre e assimilare l'informazione, in quanto si rendono disponibili a questo fine più tempo e più risorse. Vi è quindi un collegamento fra la competitività, la società dell'informazione e la società dell'apprendimento.Un ostacolo importante alla diffusione della tecnologia dell'informazione e delle informazioni stesse sta nell'inadeguatezza, in alcuni casi obsolescenza, dei sistemi europei di istruzione e di formazione, che non sempre tengono il passo con il progresso della tecnologia e della scienza dell'organizzazione. 2) In un contesto economico in costante trasformazione, la formazione di base non è di norma più sufficiente a permettere agli individui di affrontare i continui cambiamenti nel tipo di lavoro o la necessaria mobilità fra diverse occupazioni. La concezione europea di formazione e di apprendimento deve adattarsi alle nuove condizioni poste dalla concorrenza. Quella dell'aggiornamento non è un'esigenza limitata ai disoccupati o ai giovani che entrano nel mercato del lavoro.La nostra società deve diventare una società dell'apprendimento, una società in cui gli individui cercano e ottengono forme di apprendimento aperte, attive e di carattere permanente.L'istruzione iniziale costituisce solo una componente del processo di accumulazione del capitale umano, processo che deve protrarsi per tutto l'arco della vita. Per far fronte a questa sfida, le stesse imprese debbono assumere le caratteristiche di centri per l'apprendimento.Non vi è dubbio che le maggiori esigenze di sviluppo delle capacità e delle conoscenze si manifestano con più evidenza in quei settori dell'economia di mercato maggiormente inclini alle trasformazioni tecnologiche e aperte alla concorrenza internazionale. Ma un'economia sana non può essere basata solo su "isole di eccellenza".L'analisi economica e l'esperienza mostrano che le imprese e gli individui che intendono investire nella qualificazione professionale si trovano a dover affrontare numerose inefficienze del mercato. Ad esempio è molto scarsa l'informazione sull'evoluzione della domanda futura di capacità e di qualifiche: è difficile per le imprese determinare quali siano i livelli adeguati per i loro programmi di istruzione e di formazione. Le imprese si trovano quindi spesso a contendersi lavoratori formati da altre imprese, piuttosto che organizzare programmi di formazione autonomi. Ciò si verifica in particolare nelle piccole e medie imprese, per le quali non è sempre facile consentire al personale di seguire corsi di formazione. Per rimediare a tale carenza, già esistono gruppi di imprese, gravitanti nella stessa area economica, che cercano di coordinare i propri sforzi nel settore della formazione. I Governi debbono incentivare e coordinare tali comportamenti, coinvolgendo le parti sociali.Esempi di possibili azioni sono: la collaborazione tra istituti di istruzione e imprese al fine di assicurare sia il trasferimento delle tecnologie, sia la formazione professionale ad alto livello; accordi fra Governi e parti sociali per finanziare specifici sforzi di formazione destinati in particolare ai disoccupati di lunga durata, ai lavoratori con bassa qualificazione professionale e ad altri gruppi a rischio di esclusione permanente.In Europa permane un legame troppo tenue fra produttori e utilizzatori d'informazione. Esso deve essere rafforzato: un possibile contributo all'incontro fra offerta e domanda di apprendimento potrebbe esser fornito creando "centri di sviluppo delle conoscenze", aventi la funzione di agevolare l'accesso e l'aggiornamento professionale delle conoscenze. Siffatti centri dovrebbero acquisire le informazioni sugli sviluppi del mercato del lavoro, studiare il loro impatto sulla struttura industriale-occupazionale, i rapporti fra le varie occupazioni e l'evoluzione dei contenuti delle attività lavorative connesse. Si tratterebbe di svolgere un duplice ruolo: fornire informazioni sulle tecnologie e sulle opportunità di apprendimento disponibili e chiarire la loro utilità e la loro qualità; adottare una strategia a livello europeo volta a garantire la diffusione delle prassi migliori.3) Non c'è dubbio che stiamo attraversando un periodo particolare nella vita della nostra Amministrazione pubblica. Il rinnovamento della P.A. costituisce una delle priorità del Governo, accanto al risanamento finanziario e alla lotta alla disoccupazione. Sono tre aspetti fra di loro interconnessi, che costituiscono condizione per stare in Europa. Il programma di rinnovamento della pubblica Amministrazione si é tradotto in una serie rilevante di atti legislativi e di progetti. Le deleghe "Bassanini", sia quelle in materia di decentramento sia quelle sulla riforma dei Ministeri, la legge 94/1997 in materia di riforma del bilancio dello stato e di unificazione tra Ministeri del Tesoro e del Bilancio e della Programmazione Economica, i programmi di semplificazione e deregolazione, di cui quello in materia di attività commerciali costituisce un prototipo, sono esempi della trasformazione che il sistema amministrativo italiano ha avviato. Il successo di questa trasformazione implica un profondo rinnovamento delle risorse umane, non solo immettendo nuove professionalità, ma anche e soprattutto valorizzando al massimo il potenziale del capitale umano presente. In questo contesto può essere utile fare riferimento a quello che stiamo realizzando al Ministero del Tesoro e del Bilancio dove, con l'approvazione da parte del Governo dei regolamenti di attuazione, il processo di riorganizzazione è pienamente avviato. Il modello istituzionale che abbiamo prescelto é stato quello di creare quattro grandi dipartimenti, ciascuno dei quali responsabile per un insieme rilevante di politiche e di servizi e con una notevole autonomia nella gestione delle proprie risorse, personale compreso. Una delle norme che definiscono le funzioni di dipartimenti è che ciascuno di essi è responsabile per la formazione cosiddetta "specialistica", mentre la formazione di carattere generale compete al dipartimento che ha funzioni "orizzontali". Non compete a me, ma al Governo nel suo insieme, dire se il modello adottato in via XX Settembre sia valido generalmente e possa costituire un esempio per altri Dicasteri. Ciò che voglio sottolineare è che la filosofia della trasformazione, che si pone in esplicita continuità con la grande tradizione del Ministero che mi è stato affidato, è quella di fornire ai vertici professionali responsabili la pienezza della disponibilità delle risorse per far fronte alle missioni loro affidate. L'attribuzione ai dipartimenti della formazione specialistica significa il riconoscimento che non solo l'aggiornamento del personale, ma anche l'attivazione dei processi di organizzazione e di trasformazione delle modalità di lavoro, per renderle più efficaci ed efficienti, sono attribuiti alla responsabilità dei dipartimenti. Il governo delle attività di formazione, da questo punto di vista, non può essere disgiunto da quello dei processi per così dire "principali" che quelle attività utilizzano, e va strettamente gestito e controllato dai vertici amministrativi.Tuttavia abbiamo anche ritenuto che, se ci fossimo limitati a questa previsione, avremmo perduto una parte delle potenzialità di miglioramento, a lungo termine di enorme importanza. Nel Ministero è racchiuso un capitale umano imponente, la cui valorizzazione é un preciso dovere, oltre che un interesse, dell'Amministrazione.Occorre riuscire a sviluppare una politica del personale che non si limiti agli adempimenti burocratici, ma che sia capace di valutare le potenzialità di impiegati, funzionari e dirigenti; individuare per ciascuno di essi i punti di forza e di debolezza, identificare le azioni di supporto che permettano di rafforzare i primi e superare i secondi.In questo ambito l'attribuzione al dipartimento trasversale della formazione di carattere generale vuole indicare che una simile politica del personale è necessaria, che essa va centralizzata a livello del Ministero per favorire lo scambio e la fecondazione delle esperienze per evitare i danni degli "orti conclusi".4) Mai forse nella storia dell'uomo come in questa svolta di secolo tutte le tensioni dello sviluppo e della cultura si stanno concentrando sui tempi e sui modi dell'apprendimento. È come se il tempo fosse troppo breve rispetto alle responsabilità di imparare e troppo lungo rispetto ai ritmi di obsolescenza delle conoscenze acquisite.In un mondo caratterizzato da un processo d'innovazione tecnologica incessante, dirompente, che ha prodotto una rivoluzione nel modo di trasmettere conoscenza e informazione, vi è il rischio grave che la tecnica prevalga sui valori umani, l'informazione sulle coscienze.Non dobbiamo accettare passivamente gli automatismi dello sviluppo tecnologico e della mondializzazione dei mercati. Alla società dell'informazione bisogna saper far corrispondere la società della formazione, al potere dello strumento tecnico occorre rispondere riconfermando il primato dei valori umani, la capacità di distinguere strumenti e fini. La cultura umanistica deve continuare ad essere il sostrato della nuova cultura. Per non creare "mostri" umani, o meglio disumani, occorre mantenere robuste le radici dei valori fondamentali dell'uomo, aver sempre presenti le finalità vere, ultime del progresso di una civiltà.Occorre essere capaci di coniugare la formazione di una coscienza critica e uno spirito creativo con l'acquisizione di una base solida, scientifica e tecnologica, con una conoscenza aggiornata nelle scienze dell'organizzazione e nelle tecnologie dell'informazione. Questa è una sorta di "carta delle capacità di base" che ogni cittadino europeo dovrà possedere per poter far fronte alle trasformazioni in atto.So che questo mio intervento non è un apporto sistemico ai vostri lavori; è stata occasione di spunti e divagazioni. Ma vi è al fondo un legame, un filo conduttore: la consapevolezza della complessità, della molteplicità dei problemi in cui si ripartisce il tema unico del rinnovamento delle nostre istituzioni; il convincimento interiore che al centro vi è l'uomo, la sua formazione, il suo modo di essere, la capacità di ciascuno di sentire, di interpretare la "dignità" che è dovuta a noi stessi e agli altri in quanto si è parte di una società.