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Intervento all'insediamento del Comitato Euro - Ministero del Tesoro

18/10/1996

Roma
18 ottobre 1996

Intervento del ministro Ciampi in occasione dell’insediamento del “Comitato Euro”

Desidero per prima cosa rivolgere il benvenuto al Presidente del Consiglio, a tutti i Signori Ambasciatori e agli altri rappresentanti dei Paesi della Comunità che sono in questa sala, ai rappresentanti della stampa e in particolare a tutti coloro che sono stati chiamati a far parte di questo Comitato.

La presenza del Presidente del Consiglio è importante, direi insolita, non solamente sotto il profilo formale: questa presenza sottolinea l’importanza sostanziale della costituzione di questo Comitato.

Desidero per prima cosa sottolineare come l’origine di questo Comitato non sia un fatto delle ultime settimane: è una iniziativa che questo Governo ha preso immediatamente dopo la sua costituzione; la decisione sostanziale è stata presa dal Presidente del Consiglio, d’intesa con il sottoscritto, ai primi del mese di giugno; fu poi consacrata con il provvedimento formale, cioè il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 giugno 1996. Tutto ciò testimonia che l’impegno di questo Governo a favore della realizzazione della moneta europea non è una folgorazione delle ultime settimane.

L’Italia, nella continuità dei Governi che si sono succeduti sin dalla costituzione della Comunità Europea, ha sempre manifestato nei fatti il proprio impegno per l’Europa. Questo Governo in particolar modo vede nella costituzione della Unione monetaria e nella creazione della moneta unica, l’Euro, non un fatto tecnico, per specialisti, ma un fatto fondamentale per la vita civile, economica, sociale, politica dell’Europa. È un importante evento istituzionale, è un passaggio storico; si attua la nuova costituzione economica dell’Europa. Si passa dalla pluralità delle politiche monetarie all’unitarietà delle politiche monetarie ; la sovranità monetaria diventa anche istituzionalmente una sovranità unica europea.

Gli effetti di tutto questo sono importanti sulla struttura organizzativa e funzionale degli Stati membri, sulla pubblica Amministrazione, sulla vita delle imprese finanziarie e non finanziarie; lo sono per tutti i cittadini, per tutti gli utenti.

La costituzione del Comitato Euro - tornerò in un secondo tempo sugli aspetti più specifici di questo Comitato - è da un lato una necessità che tutti i paesi hanno di adeguarsi alla nuova realtà della moneta unica, ma anche una grande occasione per procedere con maggiore speditezza alle riforme necessarie all’interno di ciascun Stato. Di qui le connessioni tra questo Comitato e la riforma della pubblica Amministrazione, che il governo italiano ha avviato, unitamente alla riforma del pubblico bilancio.

Si tratta di mirare ad una convergenza vera, non solo di carattere quantitativo, ma di carattere qualitativo, nella Europa unita; i paesi che trarranno maggiore vantaggio dall’Unione saranno quelli che saranno più efficienti in termini di funzionamento delle strutture interne, della pubblica Amministrazione, dell’ordinamento fiscale.

Ho sempre insistito sul fatto che l’Europa era ed è destinata ad unirsi: ho sempre visto due strade: quella dell’unificazione di fatto, dovuta all’evolversi delle situazioni delle varie economie, e la strada della situazione istituzionale, cioè la creazione di una Unione europea con chiare strutture istituzionali, con precisi equilibri fra i vari Paesi, fra i vari poteri. La strada intrapresa con Maastricht è la strada dell’unificazione istituzionale. Ma è importante che questa strada venga completata al più presto nei termini previsti. Rinvii, incertezze determinerebbero un peggioramento delle prospettive, creerebbero un governo economico di fatto nell’Europa, contrario allo spirito di Maastricht, pericoloso per il nostro futuro.

Partecipare all’Unione europea non vuol dire solamente raggiungere le condizioni indispensabili per parteciparvi, ma presuppone una convergenza nel modo di essere dei singoli paesi, trova espressione in quella che ho ripetutamente chiamato la cultura della stabilità. In Italia siamo su questa strada da anni. Cultura di stabilità significa modificare i propri comportamenti e le proprie strutture istituzionali in modo definitivo, non con adattamenti momentanei.

Mi piace ricordare che la cultura della stabilità in Italia fu enunciata con chiarezza (scusatemi se mi cito) nel 1981, quando indicai i tre pilastri della stabilità; in questa riflessione mi è stata di molto aiuto una persona che fa parte del Comitato che oggi si costituisce. La cultura della stabilità - dissi allora - si basa su tre pilastri: il controllo della spesa pubblica, l’autonomia della banca centrale, la politica dei redditi. l’Italia sembrava allora ben lontana dal realizzare questi tre pilastri; oggi può dire di averli praticamente realizzati tutti e tre.

Ha reso la propria Banca centrale del tutto autonoma e indipendente, scindendo ogni rapporto di finanziamento obbligatorio della pubblica finanza da parte della Banca centrale, dando alla stessa pienezza di poteri per quanto riguarda i tassi ufficiali di interessi.

Ha realizzato la politica dei redditi, attraverso un passaggio storico, quello del luglio 1993, che ha visto abbandonare una politica salariale basata sui confronti di forza e sulle indicizzazioni a favore di un confronto fra le parti sociali, volto a perseguire lo sviluppo nella stabilità.

Ora siamo all’ultima fase, con il consolidamento del terzo pilastro. È obbiettivo specifico di questo governo di riportare sotto controllo la spesa pubblica, controllo non solo quantitativo; e qui ricordo di nuovo l’importanza della riforma della pubblica Amministrazione, del bilancio pubblico.

Maastricht ha stabilito dei criteri; nel 1998 dovranno essere prese delle decisioni. Quelle decisioni dovranno far riferimento alla affermazione della cultura della stabilità nei diversi paesi europei, non solamente al raggiungimento di certi parametri. La cultura della stabilità si esprime ora anche nella proposta del patto di stabilità: il governo italiano è completamente favorevole.

Se si guarda a questa evoluzione della cultura della stabilità, credo che nessun paese ha un record di successi e di continuità di comportamenti come l’Italia, pure attraverso la pluralità dei Governi che in questi ultimi 15 anni si sono succeduti.

Tutto ciò conferma che l’Italia crede nell’importanza fondamentale dell’Unione europea; lo crede profondamente, lo crede nella larga maggioranza di tutti i suoi cittadini, come un fatto politico, sociale e economico.

Lo vede in primo luogo come fatto politico: di qui l’importanza dell’Italia nella realtà europea, proprio per l’equilibrio tra le componenti europee, in primo luogo fra la componente Mitteleuropea e quella mediterranea.

Lo vede come fatto sociale ed economico, perché solamente la realizzazione di un vero mercato unico economico porta alla possibilità per l’Europa di migliorare la propria competitività, di vincere la sfida attualmente in corso con le economie più avanzate, quelle statunitense e giapponese.

Lo vede come vero strumento per realizzare una politica che porti a una maggiore occupazione.

L’Italia sta traducendo il suo impegno europeo in specifici provvedimenti e in una determinazione che ha trovato l’ultima manifestazione nel voto con il quale il 10 ottobre scorso sia la Camera sia il Senato hanno approvato la proposta del Governo di rafforzare la Finanziaria del 1997, per poter raggiungere nei tempi dovuti le condizioni prestabilite.

L’Italia sta operando lungo questa linea con perseveranza, con tenacia, con lealtà, con rispetto delle posizioni e dei diritti degli altri paesi membri dell’Unione europea.

Oggi la formazione di questo Comitato, che ha lo scopo di coordinare gli sforzi per l’attuazione dell’Euro, ha una rilevante importanza: esso deve cioè creare le condizioni, operando su tempi e su modalità, perché l’adozione dell’Euro in Italia avvenga nei modi e nei tempi prestabiliti. Il decreto di nomina del Comitato da parte del Presidente del Consiglio indica come suo scopo fondamentale quello di dare deciso impulso per coordinare la preparazione dell’Italia, assicurando l’unitarietà e il collegamento fra le varie iniziative. La direttiva prevede che l’istituzione del Comitato avvenga con precise indicazioni per quanto riguarda la sua formazione e il suo indirizzo. Non è che in Italia non si sia fatto niente fino a oggi: già una parte importante del sistema economico sta operando a questo fine; mi riferisco soprattutto ai lavori avviati sia dalla Banca centrale, sia dal sistema creditizio.

La composizione del Comitato riflette la pluralità dei settori investiti: la pubblica Amministrazione, la componente creditizia e assicurativa, la componente più in generale delle imprese non finanziarie.

Già nello stesso provvedimento di nomina sono indicati alcuni modi e criteri di comportamento: si prevede la creazione di un comitato esecutivo, di comitati ristretti per settori di cui ho menzionato i principali; si prevede inoltre che coloro che saranno posti a dirigere questi comitati ristretti facciano parte del comitato esecutivo. È prevista inoltre la presenza degli utenti, cioè dei cittadini consumatori, che saranno al più presto inseriti nel Comitato stesso.

È importante il collegamento con le iniziative estere, sia della Commissione, sia con l’attività che viene svolta in campo europeo dall’Istituto monetario europeo, sia con le varie iniziative già in corso negli altri paesi membri.

Credo che il compito dell’Onorevole Pinza di presiedere questo Comitato non sarà un compito facile, ma sono certo che egli lo assolverà nel migliore dei modi. La presidenza in tutti i comitati svolge una funzione fondamentale, che si manifesta fin dalla prima riunione, nell’impostazione del metodo di lavoro. Su questo punto prego l’On. Pinza di applicarsi con tutte le sue capacità professionali, perché il suo impegno si trasmetta a tutti i membri del Comitato. Chi fa parte del Comitato - in particolare coloro che saranno chiamati nel Comitato esecutivo - dovranno considerare questo lavoro non come un lavoro aggiuntivo, ma come lavoro fondamentale, di pieno impegno.

Il periodo di transizione verso l’Euro, come tutti i periodi di transizione, è delicato; durerà oltre 3 anni, dal momento in cui verranno fissati in maniera irrevocabile i tassi di cambio fino a quando scomparirà l’ultima banconota nazionale. Ma non mi preoccupa tanto il periodo di transizione, quanto quello che saremo capaci di fare da oggi fino al primo gennaio del 1999.

Il Paese deve approfittare di questo evento istituzionale europeo per affrontare la riforma essenziale della pubblica Amministrazione. Ma le imprese e le banche, debbono cogliere questa grande occasione per accelerare il proprio rinnovamento. Non vuol dire solamente acquisire nuovi moderni strumenti di lavoro, ma occorre soprattutto formarsi una mentalità nuova, che permetta di tradurre in realtà le possibilità che oggi le innovazioni consentono.

Soprattutto occorre far sì che questo sentimento europeo, che è largamente diffuso in tutta la popolazione italiana, diventi il sentimento che ispira coloro che hanno responsabilità nel mondo delle imprese e della pubblica Amministrazione, affinché l’obbiettivo dell’Unione Europea si realizzi appieno.

Con queste parole io formulo i migliori auguri al Comitato, ringraziando nuovamente il Presidente del Consiglio, che ha voluto essere qua con noi oggi per sottolineare l’importanza di questo passaggio.