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Inaugurazione della mostra “Costruire insieme l'Europa: dalla lira all'euro”

26/03/1997

ROMA

26 MARZO 1997

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

"COSTRUIRE INSIEME L'EUROPA: DALLA LIRA ALL'EURO"

INTERVENTO DEL MINISTRO CIAMPI

Questa mostra è costruita in modo essenziale, va diritta con semplicità ed efficacia al suo obbiettivo. Questo mio indirizzo, che è in primo luogo un rispettoso omaggio ed un vivo ringraziamento al Presidente della Repubblica, vuol essere coerente con questa caratteristica della mostra. È una mostra dell’Unione europea, ed è per l’Italia motivo di soddisfazione, di incoraggiamento il fatto che l’Europa sia venuta a Roma a presentare la sua, la nostra moneta, l’euro.

Cos’è l’euro, perché l’euro.

Usare la stessa moneta è come parlare la stessa lingua. Per i popoli dell’Europa è una conquista di libertà. Libertà di trasferirsi, di operare, di cercare e trovare lavoro in un mercato più ampio, di scambiarsi, senza l’intralcio del cambio, merci, servizi, capitali, idee. In questa mostra i vantaggi dell’euro sono posti in evidenza, ricordando funzioni, origini, evoluzione della moneta. Nell’illustrarli viene esplicitata la finalità di fondo dell’Unione economica e monetaria: non limitarsi a modificare un segno, quello monetario, ma unificare tutto quello che in quel segno si esprime, cioè le economie dei paesi dell’Unione europea. Partendo dall’economia, mirare all’unificazione completa dell’Europa, politica, sociale, istituzionale.

Questo era ed è il vero obbiettivo: dico era ed è perché il Trattato di Roma, di cui celebriamo il quarantennio, questo si proponeva. Questo si propone il Trattato di Maastricht.

Coloro che vollero il Trattato di Roma, che lo realizzarono, erano mossi dalle terribili esperienze che la loro generazione aveva vissuto: due guerre; due fratricidi europei nel breve volgere di trent’anni; distruzioni enormi; odi profondi, devastanti, giunti a degenerazioni perverse.

Questa mostra ce lo ricorda. Ci dice anche che, perché tutto ciò più non possa accadere, l’Europa deve unirsi, attraverso istituzioni comuni che esprimano il sentimento di convivenza pacifica che anima tutti noi, che assicurino equilibri, che consentano a tutti di essere partecipi del progresso economico, civile: nel promuoverlo, nel governarlo, nel beneficiarne.

La moneta unica, l’euro, è un passo fondamentale verso questa Unione piena, equilibrata: essa deve essere Unione di popoli, che consenta all’Europa di progredire unita, che realizzi i vantaggi delle maggiori dimensioni, valorizzi le specificità dei singoli paesi, che si poggi su una rete di garanzie istituzionali tali da impedire il formarsi delle condizioni generatrici dei nazionalismi. Il rinvio dell’euro rispetto alla scadenza del 1999 sarebbe una sconfitta dell’Europa politica, una vittoria per chi vuole un’Europa debole, divisa non in grado di affrontare il ruolo che la storia le chiede.

L’euro deve essere stabile, sì che possa costituire strumento di sviluppo, di competitività nei confronti delle altre grandi aree mondiali.

Siamo ben consapevoli dell’importanza della stabilità di una moneta: la stabilità è condizione essenziale per favorire la formazione del risparmio, per generare e porre a disposizione delle iniziative imprenditoriali ampie risorse a bassi tassi di interesse.

L’Italia sta compiendo, come gli altri paesi dell’Unione, un grande sforzo per essere parte di questa nuova realtà, la moneta unica.

Lo sforzo non è solo, non è tanto, nel raggiungere il rispetto quantitativo, nominale, dei parametri di convergenza. I parametri sono semplici riferimenti. La convergenza a cui soprattutto miriamo è quella più profonda che investe le strutture, che richiede riforme.

In queste direzioni non poco è stato fatto; forse, presi dal contingente, dagli accadimenti quotidiani, poco parliamo di quest’opera in cui Governo e Parlamento sono impegnati.

Cito fra quanto già fatto o impostato la riforma fiscale; la riforma della pubblica Amministrazione e del bilancio dello Stato; la riforma della giustizia. Altro sappiamo di dover fare.

È pertinente ricordare questo nell’occasione presente, perché la volontà dell’Italia, paese fondatore quarant’anni fa della Comunità europea, di partecipare alla moneta unica poggia sulla consapevolezza che i paesi membri debbono essere in grado di apportare all’euro stabilità. L’Italia sa di essere in siffatte condizioni.

La stabilità di una moneta, e così sarà anche per l’euro, si basa sui cosiddetti "fondamentali" di una economia. Di essi, i due che hanno impatto più diretto sono: l’andamento dei prezzi, la bilancia dei pagamenti.

L’Italia ha una bassa inflazione, non per cause contingenti, ma perché ha generato in se stessa i fattori che assicurano la stabilità dei prezzi: la condotta dei cittadini, a un tempo consumatori e risparmiatori, degli operatori economici, delle parti sociali è ispirata al convincimento dell’importanza di preservare la stabilità dei prezzi. Abbiamo sperimentato i danni dell’inflazione, come distruzione di ricchezza, come iniquità di distribuzione del reddito, come fonte di incertezza.

Ancora maggiore è l’apporto alla forza dell’euro nei rapporti con il resto del mondo.

Se costruiamo la bilancia dei pagamenti commerciali dei paesi dell’Unione europea, al netto degli scambi all’interno dell’Europa, ne risulta un avanzo. Ad esso l’Italia contribuisce per un quinto, in misura maggiore di ogni altro dei quindici paesi. Ciò è ancor più vero se si fa riferimento al saldo di tutte le partite correnti della bilancia dei pagamenti: tra il 1992 e il 1995 l’Europa nel suo complesso ha visto migliorare il suo saldo corrente nei confronti del resto del mondo di 56 miliardi di ECU, pari all’1% del PIL europeo; un terzo di questo miglioramento è attribuibile all’economia italiana.

Aggiungo che l’Italia si presenterà all’appuntamento di Maastricht senza un dollaro di debito estero netto.

Ci opprime, è pur vero, l’onere di un ingente debito interno; ma è altrettanto vero che ad esso corrisponde un non minore risparmio interno, che è in grado di finanziare per intero quel debito, senza pesare su altri paesi.

Con queste considerazioni, con questo impegno, con questi sentimenti di cittadino europeo, nato, ed orgoglioso di essere nato in terra d’Italia, ringrazio ancora il Capo dello Stato per aver voluto essere presente in questo tentativo di avvicinare i cittadini alla moneta del loro futuro. Ringrazio il Presidente Jacques Santer che è il vero padrone di casa, in quanto la mostra è in primo luogo della Commissione e, come sapete, farà il giro delle capitali e di molte città europee. Lo ringrazio per aver voluto iniziare proprio a Roma questo itinerario: è un segno ulteriore di fiducia che ci conforta nello sforzo che stiamo compiendo. Ringrazio tutti coloro che alla realizzazione di questa iniziativa hanno concorso con intelligenza, con entusiasmo.