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Esposizione Economico-Finanziaria per il 1998

01/10/1997

ROMA

1° OTTOBRE 1997

ESPOSIZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA PER IL 1998

Un anno fa, il Governo si presentò al Parlamento per illustrare una manovra economica che si proponeva di dimezzare in un solo anno il disavanzo pubblico, sì da consentire all'Italia di partecipare fin dall'inizio alla costruzione della moneta unica Europea. Era una scelta difficile, una sfida che il Parlamento fece propria; venne accolta con non poco scetticismo da commentatori, economisti, esperti.

A distanza di un anno, un governo che opera da diciotto mesi con siffatti obbiettivi sa, si attende, che l'efficacia della sua azione e la sua credibilità vengano valutate dal confronto tra gli impegni assunti e i fatti. Per questo intendo iniziare ponendo a raffronto previsioni e realizzazioni.

  • Un anno fa, formulavamo una previsione per il tasso d'inflazione nella media del 1997 pari al 2,5 per cento. A quel tempo, nel settembre del 1996 il tasso annuo di inflazione correva al 4 per cento. Oggi, e già da alcuni mesi, il tasso d'inflazione a distanza di dodici mesi si colloca intorno all'1,5 per cento; il risultato medio annuo sarà migliore dell'obbiettivo di circa mezzo punto. Con un'inflazione inferiore al 2 per cento il nostro Paese si colloca tra i paesi a più bassa inflazione in Europa.
  • Un anno fa la lira era ancora al di fuori degli accordi di cambio del Sistema monetario Europeo, esposta alla libera fluttuazione. Siamo rientrati negli accordi di cambio nel novembre scorso. Da allora ad oggi la lira è fermamente entro la banda stretta, sempre in prossimità della parità di 990 per marco tedesco, non di rado più forte.
  • Calo dell'inflazione, stabilità del cambio, forte ricupero di fiducia, hanno spinto al ribasso i tassi d'interesse, più di quanto non ci attendessimo dodici mesi or sono. Nel DPEF presentato nel 1996 ipotizzavamo per un BOT annuale un rendimento lordo del 7 per cento alla fine del 1997. Nell'asta del 25 settembre scorso, il tasso d'interesse lordo è stato del 5,54 per cento; il tasso netto del 4,93.
  • Nell'aprile del 1996 il differenziale tra i titoli di Stato tedeschi a dieci anni e i nostri BTP era ancora di 400 punti base; oggi oscilla tra i 70 e i 60 punti base. Anche il differenziale per i titoli a tre mesi - pur ancora superiore ai 300 punti base - è in riduzione; è facile prevedere che i tassi a breve scenderanno rapidamente mano a mano che ci avvicineremo alla fissazione delle parità di ingresso nell'Euro nella primavera del 1998.
  • Un anno fa, il deficit pubblico viaggiava al di sopra del 7 per cento del PIL. Oggi i dati cumulati dei primi nove mesi del 1997 sono pienamente compatibili con il raggiungimento del 3 per cento previsto dal Trattato di Maastricht.
  • Un anno fa, l'Italia era "fuori linea" rispetto a tutti i parametri di Maastricht. Attualmente le condizioni relative a:
  • inflazione
  • tassi di interesse
  • tassi di cambio

sono pienamente rispettate.

Contiamo di chiudere l'anno con l'osservanza piena anche del quarto parametro: il rapporto indebitamento della P.A./PIL al 3 per cento.

Ci troviamo, quindi, nelle condizioni di superare il vaglio per la partecipazione all'Euro sin dall'inizio. Abbiamo, sì, un elevato rapporto debito pubblico/PIL, ma il criterio di Maastricht si riferisce anche alla sua tendenza: e questa per l'Italia è in diminuzione.

Sempre un anno fa a nome del Governo venni in Parlamento a proporVi una sfida, avendo in animo una speranza. La sfida era quella di accelerare il cammino verso la moneta unica, attuando un risanamento di dimensioni e in tempi che non hanno precedenti nelle economie dei paesi industriali. La speranza era quella che questo nostro sforzo straordinario venisse aiutato dalla ripresa dell'economia europea, che si annunciava imminente. Le cose non sono andate così: la ripresa ha tardato sei mesi rispetto alle previsioni. Ora essa è in corso. L'intensità è abbastanza forte da consentirci di considerare probabile per il 1997 una crescita dell'1,2 per cento, come prevedemmo un anno fa. L'Istat ha rivisto ieri al rialzo il dato del secondo trimestre dell'anno, portandolo all'1,6 per cento sul primo trimestre del 1997 e all'1,9 per cento sul secondo trimestre del 1996. L'accelerazione della attività produttiva dovrebbe proseguire nei mesi autunnali, consentendo di entrare nel 1998 con un buon slancio.

La disoccupazione è rimasta su livelli elevati. La media annua per il 1997 si colloca al 12,3 per cento. Nei primi mesi del 1997 vi è stato, dopo oltre cinque anni di tendenze negative, un lieve aumento dell'occupazione anche nel Mezzogiorno. È un piccolo segnale positivo che dobbiamo sostenere e incoraggiare con determinazione. È questa ora la nostra grande sfida.

Vorrei tornare per un attimo ai conti pubblici per rispondere a una domanda che molti osservatori, soprattutto stranieri, ci fanno: come è possibile che in un anno siate riusciti a passare da un deficit del 7,4 per cento a uno del 3 per cento del PIL? La spiegazione risiede nella concatenazione fra le misure di contenimento del disavanzo primario, cioè al netto degli interessi, e la discesa dei tassi d'interesse. Sull'operare di quella concatenazione poggiava la speranza di vincere la sfida di un anno fa.

La concatenazione così opera: misure di riduzione del deficit, che migliorano l'avanzo primario, rinsaldano la credibilità dell'Italia; la conseguente fiducia dei mercati produce una riduzione dei tassi d'interesse, che può oltrepassare, come di fatto è stato, la stessa riduzione dell'inflazione. In altre parole, ogni misura che ha prodotto il miglioramento per una lira del saldo primario, cioè al netto degli interessi, ha prodotto in realtà un risparmio doppio, provocando per via di mercato una riduzione dei tassi di interesse.

Oltre il contenuto economico, la vittoria nella lotta contro l'inflazione e l'abbattimento dei tassi d'interesse hanno un forte contenuto sociale. L'inflazione è la tassa più ingiusta, colpisce di più chi meno ha e dispone di più deboli capacità di recupero. Alti tassi d'interesse hanno avuto per quindici anni effetti distorsivi nella distribuzione delle risorse; hanno premiato la rendita, hanno mortificato l'investimento e l'intrapresa. Se consideriamo le ultime aste dei titoli di Stato, i rendimenti netti in termini reali sono scesi a un livello prossimo al tasso di crescita potenziale dell'economia. Siamo dunque tornati a una situazione nella quale la rendita non fa aggio sul lavoro e sull'investimento; dove è possibile tornare a guardare con fiducia al futuro.

Il circolo virtuoso si è realizzato senza il ricorso ad alcuna "contabilità creativa". La "riclassificazione" di alcune poste del bilancio che ha ridotto il rapporto indebitamento/PIL per il 1996 dal 7,4 a 6,7 per cento è stata infatti condotta dal Governo italiano di concerto con Eurostat e con la Commissione europea: abbiamo applicato con ritardo tecniche contabili già adottate dagli altri paesi europei con i quali ci confrontiamo.

Un anno fa, questo Governo propose al Parlamento una "finanziaria" coraggiosa non solo per le dimensioni, ma anche per la qualità dei provvedimenti che di per sé significavano l'avvio di una fase di grandi riforme strutturali. Nella manovra di bilancio erano inseriti i principi della riforma fiscale, progressivamente attuata con la predisposizione delle leggi delegate. Quasi contemporaneamente sono state varate le riforme della pubblica Amministrazione e del bilancio dello Stato. Lavorando al risanamento abbiamo posto le premesse di un profondo cambiamento nei rapporti tra Stato e cittadini, tra Stato e imprese. Oggi gran parte di quelle riforme sono realtà.

Il contesto internazionale
È mio compito oggi illustrare a questa Assemblea il contenuto della Relazione previsionale programmatica e della manovra di bilancio.

Nel 1997-98 l'andamento dell'economia mondiale appare contrassegnato da condizioni complessivamente positive.

Il commercio dovrebbe svilupparsi a tassi compresi tra il 7 e l'8 per cento. Le crisi finanziarie nel Sud-Est asiatico non dovrebbero provocare effetti negativi di rilievo sull'attività economica dei principali paesi.

La crescente integrazione economica e finanziaria, l'espandersi della crescita a molte aree del mondo, la convergenza dell'inflazione verso valori contenuti, la sostenibilità degli attuali squilibri delle partite correnti con l'estero, il contenimento dei disavanzi dei conti pubblici, compongono uno scenario che, come è emerso dalle recenti riunioni a Hong Kong, conforta a proseguire gli sforzi volti a favorire nel mondo una maggiore stabilità e una più diffusa crescita.

Il tasso di espansione dei paesi industrializzati dovrebbe collocarsi nel biennio considerato poco al di sotto del 3 per cento annuo.

Negli Stati Uniti, giunti al settimo anno di espansione consecutiva, la crescita si manterrà ancora sostenuta (2,6 per cento nel 1998), pur scontando una progressiva attenuazione della domanda estera. In Giappone, nonostante gli effetti della crisi finanziaria del Sud-Est asiatico, dovrebbe rafforzarsi il tono dell'attività produttiva (2,6 per cento a fronte del 2 nel 1997), grazie alla maggiore vivacità della domanda interna.

La ripresa nell'Unione europea, che stimolata dalle esportazioni si va estendendo alle componenti interne della domanda, tende ad allinearsi anch'essa su valori prossimi al 3 per cento. La fase di ristagno ciclico, prevalsa nel 1996, è ormai alle spalle. Lo sviluppo sarà favorito sia dall'attenuarsi della pressione fiscale, sia dal miglioramento delle prospettive legate all'avvio dell'UEM.

La migliorata evoluzione dell'attività economica in Europa, tuttavia, avrà un impatto limitato sui livelli occupazionali. Il tasso di disoccupazione, seppure in riduzione, resterà su valori ancora elevati.

L'economia italiana
Pur con ritardo rispetto al ciclo dei paesi europei, nel volgere degli ultimi mesi l'economia italiana manifesta una buona ripresa. Nella media dell'anno, nonostante il non favorevole inizio, l'aumento del PIL, come già ho detto, dovrebbe raggiungere l'1,2 per cento (0,7 per cento nel 1996).

Le politiche di risanamento perseguite dal Governo, il calo dell'inflazione, la discesa dei tassi di interesse e la stabilità del cambio, il recupero del reddito disponibile delle famiglie, lo stimolo di alcuni settori produttivi, la ripresa della crescita europea e l'approssimarsi dell'Unione monetaria, delineano un quadro complessivamente favorevole al dispiegarsi dell'attività economica.

Il prodotto interno lordo sta mostrando nel secondo trimestre dell'anno in corso una significativa espansione.

Le esportazioni stanno traendo vantaggio dalla maggiore vivacità del quadro europeo, mentre hanno riassorbito il venir meno, con la rivalutazione del cambio, degli eccezionali vantaggi di competitività legati all'improvvisa svalutazione del 1995.

Gli investimenti non si sono discostati nella media del 1997 dai modesti ritmi di crescita registrati nel 1996; ma le segnalazioni congiunturali prospettano per la seconda parte dell'anno recuperi connessi con il rafforzamento della ripresa, la discesa dei tassi di interesse, il miglioramento del clima generale.

I consumi delle famiglie dovrebbero aumentare a un ritmo che può giungere a essere doppio rispetto a quello registrato nell'anno precedente. La spinta proviene, oltre che dall'ampio utilizzo degli incentivi governativi alla rottamazione delle auto in vigore dall'inizio dell'anno, dall'ulteriore consolidamento del reddito disponibile delle famiglie conseguente all'abbattimento del tasso di inflazione.

La tendenza registrata negli anni più recenti a conseguire crescenti avanzi commerciali, tenuto conto della ripresa delle importazioni connessa con la maggiore vivacità della domanda interna e con l'attesa lieve perdita delle ragioni di scambio, dovrebbe arrestarsi: il saldo corrente della bilancia dei pagamenti si manterrà su valori elevati, intorno al 3,4 per cento del PIL come nel 1996.

I segni della ripresa produttiva sono manifesti principalmente nei settori industriali destinatari degli incentivi governativi e in quelli più legati alle condizioni della domanda estera.

Alle dinamiche produttive si accompagna un'evoluzione piatta della domanda di lavoro, quale sintesi di andamenti negativi nei settori produttori di beni e nella pubblica Amministrazione e di andamenti positivi nei settori produttori di servizi.

Il tasso di disoccupazione riflette l'andamento dell'economia. Tenuto conto dell'andamento negativo dei primi due trimestri è stimato nella media annua nel 12,3 per cento; il miglioramento in corso d'anno è indicato dal dato di luglio: 11,7 per cento.

Dal lato dei costi, i recuperi di produttività legati al ciclo economico che si fa espansivo, ridimensionano la crescita dei costi del lavoro, in particolare nell'industria in senso stretto.

L'osservazione congiunta dell'andamento dei salari, del costo del lavoro e dei prezzi conferma la tenuta e il buon funzionamento dell'accordo del luglio del 1993.

Il carattere strutturale dell'attuale fase di stabilità dei prezzi è rafforzato dal mutamento delle aspettative degli operatori economici e dei consumatori e dalla comprovata efficacia delle politiche adottate - dalla politica dei redditi a quella monetaria, a quella di bilancio - tutte convergenti nella finalità di creare le condizioni per una crescita dell'economia non inflazionistica.

La riduzione del tasso di inflazione risulta favorita dalla stabilità del valore esterno della lira.

In questo contesto, si è venuta accentuando la tendenza distensiva dei tassi di interesse. Già ho detto dei rendimenti dei titoli di Stato. A partire dal settembre 1996, il tasso ufficiale di sconto è stato ridotto dall'8,25 al 6,25 con tre successivi interventi. Parimenti sono diminuiti i tassi di interesse sugli impieghi creditizi, con non lieve sollievo per imprese e famiglie.

Le previsioni dell'economia italiana per il 1998 e per il medio termine
Nella prospettiva della imminente adesione alla terza fase dell'Unione monetaria europea, nel 1998 e negli anni successivi l'Italia può tornare a ritmi più elevati di sviluppo. La maggior parte dello sforzo necessario al risanamento finanziario ed alla riduzione degli squilibri strutturali presenti nella nostra economia è stata compiuta.

Al contempo - già lo ho ricordato - sono state avviate tre importanti riforme: del fisco, del bilancio dello Stato e della pubblica Amministrazione.

Oggi esse diventano elemento centrale della manovra di bilancio per il 1998 e della politica di sviluppo: la loro attuazione renderà il sistema più efficiente, più spedito, più economico.

La riforma fiscale mira a una società più equa, ad allargare la base imponibile, a favorire l'investimento produttivo, la capitalizzazione delle imprese. I frutti in termini di riduzione dell'evasione ed elusione fiscale cominciano a vedersi: diverranno sempre più rilevanti.

La riforma della pubblica Amministrazione è elemento centrale del provvedimento collegato alla finanziaria, in quanto il meccanismo di riorganizzazione delle funzioni e delle strutture, di responsabilizzazione della dirigenza, di maggiore autonomia dei centri di costi, consente di impostare un effettivo programma di risparmi, con riduzioni generalizzate della spesa per il funzionamento dell'amministrazione in un contesto di maggiore efficienza e semplicità.

La riforma del bilancio dello Stato favorisce la redazione, la comprensione, l'attuazione del bilancio; consente di trasformare in un meccanismo permanente e consensuale quegli strumenti di controllo dei flussi di tesoreria che sono stati impostati nel 1997 e che hanno permesso di meglio governare la spesa pubblica.

Il "circolo virtuoso" tra stabilità e sviluppo è in pieno svolgimento, mentre aumenta la credibilità esterna del paese. Il risanamento dell'economia ci conduce in Europa: partecipare all'Euro significa livellare ulteriormente i tassi d'interesse e liberare risorse a favore dell'attività produttiva e del lavoro.

È quindi indispensabile portare a termine il processo di aggiustamento e consentire di coglierne i frutti in termini di allargamento della base produttiva.

L'avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti testimonia la potenzialità della nostra economia; l'avvenuto azzeramento del debito estero netto consente di destinare maggiormente quell'avanzo al finanziamento degli investimenti interni.

Al contempo, il previsto raggiungimento di un avanzo corrente nei conti pubblici a partire dal 1998 permetterà di dedicare ulteriori risorse allo sviluppo.

Per il 1998 la crescita attesa è pari al 2 per cento, come indicato nel DPEF. È una previsione divenuta prudenziale alla luce degli sviluppi più recenti.

Gli investimenti dovrebbero registrare un significativo aumento tra il 4 e il 5 per cento, sia dei macchinari, sia delle costruzioni.

Dal lato dell'offerta, il sistema produttivo entrerà con slancio nel 1998. Il rafforzamento della crescita è atteso dall'espansione sia dei settori industriali più aperti verso l'estero, sia delle costruzioni. Ne risulterà stimolato anche il settore terziario.

Questi andamenti freneranno la diminuzione dell'occupazione in atto alcuni settori dell'industria e produrranno una positiva evoluzione di maggiore impiego nei settori dell'edilizia e dei servizi vendibili.

Nel complesso si dovrebbe registrare un aumento della domanda di lavoro di circa 0,5 punti percentuali, maggiore (0,7 per cento) per l'occupazione dipendente nel settore privato, per effetto sia delle politiche del lavoro già adottate, sia degli incentivi fiscali alle assunzioni nelle piccole e medie imprese che operano nelle aree svantaggiate del paese.

Poiché, d'altro lato, continuerà ad aumentare l'offerta di lavoro, il miglioramento del quadro occupazionale comporterà una riduzione di minor dimensione del tasso di disoccupazione (dal 12,3 al 12 per cento).

L'evoluzione più recente dei prezzi rafforza la credibilità dell'obbiettivo di un tasso programmato di inflazione per il 1998 pari all'1,8 per cento, come indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nonostante il recente adeguamento delle aliquote IVA alla normativa comunitaria.

È obbiettivo prioritario del Governo sostenere la crescita del medio periodo e riportare lo sviluppo a valori prossimi al potenziale produttivo del paese.

Il processo di disinflazione e di consolidamento dei conti pubblici e le riforme strutturali avviate consentono che ciò possa avvenire nella stabilità. La "finanziaria" a Voi oggi presentata è stata costruita con l'intento, appunto, di promuovere sviluppo e lavoro nella stabilità. A tal fine è necessario coniugare il risanamento con la crescita attraverso un forte ciclo di investimenti.

Occorrono politiche appropriate per indirizzare gli investimenti non solo alla razionalizzazione e all'incremento della tecnologia in produzioni già esistenti, ma anche all'ampliamento della capacità produttiva e all'apertura di nuovi settori, con positivi riflessi sull'occupazione.

Le aspettative di moderato andamento dei costi, la garanzia di una cornice favorevole dal punto di vista fiscale, l'attenuazione delle rigidità strutturali sono essenziali a tal fine.

La creazione della moneta unica europea esclude la possibilità di ricercare competitività attraverso variazioni del tasso di cambio. D'altro lato il rispetto del "patto di stabilità e sviluppo" concordato nei Vertici europei di Dublino e di Amsterdam limita il ricorso a politiche di bilancio a fini anticiclici. Pur in presenza dei numerosi vantaggi offerti dal passaggio alla moneta unica, sarà, quindi, necessario conseguire nuovi spazi di manovra atti a compensare questi mutamenti istituzionali. Occorre recuperare fattori di flessibilità che consentano di acquisire maggiore e nuova competitività.

In questo contesto la posizione dell'Italia è, potenzialmente, favorita non solo dall'elevato tasso di risparmio, ma anche dalla presenza di un tessuto produttivo fondato su imprese di piccole e medie dimensioni, molto agili e dinamiche.

La necessità di integrare il processo di concentrazione produttiva in atto in molti comparti del terziario con la crescente diffusione di tecnologie elettroniche che favoriscono la specializzazione, il decentramento produttivo e l'outsourcing, si può tradurre in un vantaggio potenziale per il nostro Paese.

In sintesi, il ritorno a una crescita sostenibile, quale è nelle nostre potenzialità, richiede significativi cambiamenti strutturali: il miglioramento delle infrastrutture, materiali e immateriali, per accrescere la competitività del sistema; una maggiore deregolamentazione per sviluppare la concorrenza dei mercati dei beni e dei fattori produttivi; la revisione del sistema impositivo per renderlo più favorevole all'utilizzo del fattore lavoro; un miglior funzionamento del mercato del lavoro e una riqualificazione della spesa pubblica che assicurino la continuità dell'istruzione e della formazione professionale per tutto l'arco della vita lavorativa, al fine di migliorare la mobilità intersettoriale e interregionale della forza lavoro.

Nel medio periodo si prevede per l'Italia un aumento del prodotto lordo compreso tra il 2,5 ed il 3 per cento, che consenta di riportare gradualmente il sentiero dello sviluppo su tassi più elevati.

Mentre l'evoluzione dei consumi delle famiglie è stimata moderatamente espansiva, con tassi medi annui del 2 per cento, il processo di accumulazione dovrebbe rafforzarsi, sia nel comparto dei macchinari, sia nelle costruzioni.

Le unità di lavoro impegnate nel processo produttivo dovrebbero aumentare significativamente, beneficiando di condizioni di sviluppo equilibrato e duraturo e delle azioni di politica economica.

Gli occupati nel complesso, stimando tassi di incremento gradualmente crescenti nel triennio, si avvicineranno nel 2001 ai 23 milioni con un incremento rispetto al risultato atteso per il 1998 di circa 600 mila unità. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere dai livelli previsti per il 1998, pari al 12 per cento, al 10,5 per cento nel 2001, valore che, comunque, è ancora elevato.

Un tasso di disoccupazione che resta elevato anche nelle fasi favorevoli del ciclo economico è denuncia della incapacità del sistema economico di utilizzare il proprio potenziale produttivo. È un problema comune a tutti i paesi dell'Europa continentale; trova da noi una particolare concentrazione nelle aree del Mezzogiorno.

Nella complessità del problema appaiono chiare alcune linee di intervento. Il Governo le ha disegnate e le sta attuando. Cito, a titolo esemplificativo, due fatti:

  • Infrastrutture: il decreto 67/97 ha posto le premesse per avviare i lavori della Salerno Reggio Calabria - i cantieri apriranno entro l'autunno -, della "Ionica" e della Palermo-Messina. Sempre per le infrastrutture, il CIPE ha ripartito: 4.000 miliardi nelle aree depresse previste dalla legge 341 del 1995; 3.000 miliardi tra Regioni e Amministrazioni centrali con la delibera del 12 luglio 1996; ulteriori 3.000 miliardi per la realizzazione di opere di competenza del Ministero dei Lavori pubblici, dell'Ambiente e dei Trasporti. La legge 266 del 1997 ha destinato 1.000 miliardi per il programma di metanizzazione del Mezzogiorno.
  • Patti territoriali: nel 1997 il CIPE ha approvato i primi 12 patti territoriali; altri 11 sono in corso di esame al Ministero del Tesoro e del Bilancio e se ne prevede l'approvazione entro la fine dell'anno; altri 13 progetti hanno avviato le procedure presso il CNEL. Complessivamente sono state utilizzate risorse per 900 miliardi dei 1.700 stanziati. I patti territoriali già avviati produrranno 7.040 posti di lavoro.
  • Contratti d'area: il CIPE ha stanziato 1.000 miliardi. Sono stati già avviati quelli di Torre Annunziata, Manfredonia, Crotone; con una previsione di 2.000 posti di lavoro. Sono in istruttoria altri otto (8) contratti relativi alle Regioni Basilicata, Campania, Sardegna, Sicilia, Umbria, Lazio.
  • Contratti di programma: dall'insediamento del Governo ad oggi sono stati stipulati nove contratti di programma, con un investimento di oltre 3.000 miliardi, dei quali 1.800 circa a carico dello Stato, con una previsione a regime di circa 3.000 nuovi posti di lavoro e il consolidamento di altri 11.000.
  • Incentivi all'industria: a cinque anni di distanza dall'approvazione della legge 488 del 1992 sono stati fatti i primi due bandi di gara per l'assegnazione delle risorse, nel dicembre del 1996 e nel giugno del 1997. Le agevolazioni concesse con il primo bando di gara ammontano a 6.653 miliardi (hanno attivato investimenti per 21.700 miliardi) dei quali 5.610 nel Mezzogiorno, con una previsione di incremento dell'occupazione di 83.700 posti di lavoro dei quali circa 46.000 nel Mezzogiorno. I finanziamenti del primo bando sono già stati erogati, in soli sei mesi. Con il secondo bando di gara sono stati approvati programmi di investimento per 15.140 miliardi, con agevolazioni per 4.703 miliardi, dei quali 3.921 nel Mezzogiorno. L'occupazione totale che sarà attivata da questi finanziamenti è stimata in 49.500 unità delle quali 31.000 nel Mezzogiorno. Molte Regioni, su suggerimento del Governo, hanno dirottato parte dei fondi comunitari dei loro programmi sulla legge 488, in modo da allargarne le disponibilità complessive. È stato questo un primo importante esempio di "riprogrammazione" realizzata con il consenso delle Regioni.
  • Fondi comunitari: il risultato più importante è l'accelerazione nell'utilizzo dei fondi comunitari. Dal marzo 1996 al giugno del 1997 la spesa effettiva dei fondi strutturali per l'obbiettivo 1 è triplicata, passando dal 7 al 24,44 per cento, con impegni di spesa pari al 48,5 per cento. In cifre assolute siamo passati (per quanto riguarda l'obbiettivo 1) dai 2.911 miliardi del 31 marzo 1996, a 5.357 nel giugno '96, a 9.668 a dicembre '96, fino agli oltre 14.000 miliardi nel giugno di quest'anno. Vi è evidenza di una ulteriore, sensibile, accelerazione dei pagamenti da giugno ad oggi. Alcune regioni che erano in forte ritardo hanno dimostrato una buona capacità di ripresa: la Campania è passata da una spesa del 2,5 per cento a fine '96 a una del 16,6 per cento del giugno 1997; la Sicilia dal 6,9 al 19,1 per cento, la Puglia dal 5,7 all'11,2.
  • Le iniziative in corso guardano al futuro mirando non più soltanto all'obiettivo di far ripartire le opere, al non perdere risorse comunitarie, ma alla qualità dell'investimento. Le priorità è quella di diffondere l'attività di formazione a tutti i livelli nel sistema economico. La formazione sarà nel futuro lo strumento principale di difesa del posto di lavoro. È in questo settore che dobbiamo concentrare i nostri sforzi. Già i 600 miliardi previsti dalla legge 196 del 1997 per le "borse di lavoro" consentono la formazione di giovani direttamente nei luoghi di lavoro. Vanno accelerati i programmi di formazione per le piccole e medie imprese. Formazione e diffusione dell'innovazione fanno parte di uno stesso processo: in questo spirito, il CIPE l'8 agosto 1996 e il 29 agosto 1997 ha assegnato 1.000 miliardi al Ministero dell'Università e della Ricerca scientifica per il rilancio dell'innovazione tecnologica nelle aree dell'obbiettivo 1. Circa 650 miliardi sono stati assegnati a programmi di formazione post-secondaria e post-laurea concordati con i Ministeri della Pubblica Istruzione, Lavoro, Funzione Pubblica. Oltre 1.000 miliardi sono andati alle infrastrutture scolastiche e universitarie.
  • Sempre dal punto di vista qualitativo, patti territoriali, contratti di area, contratti di programma, prestiti d'onore sono strumenti sui quali il Governo ha fondato una politica di sviluppo che deve mirare a suscitare le energie imprenditoriali che esistono nel Mezzogiorno. L'obbiettivo è quello di favorire la diffusione nelle aree del Mezzogiorno del "modello adriatico" di piccola e media impresa, adattandolo alle caratteristiche del Sud, e tenendo anche conto della sua vocazione turistica e artigianale.

La manovra di finanza pubblica
La manovra di finanza pubblica 1998-2000 si sviluppa secondo le linee indicate nel Documento di programmazione economico-finanziaria presentato lo scorso maggio dal Governo e approvate dal Parlamento nelle risoluzioni di Camera e Senato. L'effetto complessivo degli interventi sul saldo della pubblica Amministrazione per il 1998 sarà dunque nell'ordine di 25 mila miliardi, suddivisi in 10 mila miliardi in aumenti di entrata e 15 mila miliardi in riduzioni di spesa. Con questa correzione l'indebitamento netto della pubblica Amministrazione (il deficit nella definizione del Trattato di Maastricht) scenderà dal 3 per cento del PIL di quest'anno al 2,8 nel 1998.

La manovra, grazie anche agli sforzi finanziari compiuti negli ultimi anni, sarà di entità più contenuta che nel passato e completerà il disegno di questo Governo nella logica impostata con la Legge finanziaria precedente: si tratta di interventi di natura strutturale con effetti permanenti nel tempo, legati ad un indirizzo di incremento dell'efficienza e di modernizzazione della pubblica Amministrazione. Si mira a ridurre sprechi e a razionalizzare le funzioni senza incidere sulle prestazioni fornite ai cittadini.

Gli interventi, in coerenza con le disposizioni di contabilità dello Stato, si articolano in tre strumenti: il provvedimento collegato alla Legge finanziaria; il disegno di Legge finanziaria; la consueta nota di variazione al bilancio a legislazione vigente, già presentato alle Camere nello scorso mese di luglio, nella nuova struttura espositiva introdotta con la riforma del bilancio. Sono stati altresì predisposti, sulla base dello schema approvato con le risoluzioni parlamentari, tre disegni di legge contenenti misure a carattere ordinamentale riguardanti la pubblica Amministrazione, le attività produttive e la sanità, per realizzare gli indirizzi settoriali considerati nel DPEF.

1) Disegno di legge collegato alla finanziaria
I principali interventi riguardano:

a) La sanità
Risparmi per 1.100 miliardi saranno realizzati mediante misure di razionalizzazione della spesa e del personale. Si prevede tra l'altro: la riduzione delle spese per beni e servizi, l'intervento in materia di inquadramento e revoca degli specialisti ambulatoriali, la limitazione del numero massimo delle prestazioni di fisioterapia prescrivibili per ricetta e l'aumento all'8,5 dell'aliquota contributiva che le compagnie di assicurazione devono versare per le prestazioni sanitarie connesse con gli infortuni coperti da polizze RC auto.

b) Il personale delle Amministrazioni pubbliche
Le assunzioni di personale da parte di Amministrazioni pubbliche seguiranno un nuovo criterio di programmazione annuale. Superato lo strumento del blocco del turn-over, insidiato dal fenomeno delle deroghe, si impone il rispetto di un vincolo numerico delle consistenze complessive. Per il 1998 il personale in servizio delle Amministrazioni dello Stato deve essere ridotto dell'1,5 per cento rispetto alle consistenze risultanti alla fine del 1997; la diminuzione è maggiore per la scuola, dato l'andamento demografico. La possibilità di nuove assunzioni sarà valutata trimestralmente dal Consiglio dei Ministri, riservando una quota non inferiore al 20 per cento ai contratti a tempo parziale. L'importo dei risparmi lordi andrà in parte ad incrementare fondi istituiti presso istituti scolastici per le retribuzioni accessorie del personale.

Viene consentito alle Amministrazioni pubbliche la stipula di contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati, a condizione che non si configuri conflitto di interesse.

L'insieme delle misure di razionalizzazione per il personale della pubblica Amministrazione dovrebbe produrre circa 930 miliardi di risparmio.

c) Il controllo del fabbisogno degli enti decentrati
Il sistema delle autonomie regionali e locali, le Università e i principali enti di ricerca concorreranno alla realizzazione degli obbiettivi di finanza pubblica per il triennio 1998-2000 garantendo un fabbisogno finanziario per il 1998 non superiore a quello rilevato a consuntivo per il 1997. Il miglioramento rispetto al saldo finanziario tendenziale per il 1998 sarà dell'ordine di 2.500 miliardi. Per gli anni successivi il fabbisogno verrà maggiorato in misura pari al tasso programmato d'inflazione.

La positiva esperienza del monitoraggio dei flussi di tesoreria realizzata quest'anno dal Ministero del Tesoro viene ripetuta e istituzionalizzata, con alcune varianti dettate dall'esperienza fatta. Si introduce un criterio di corresponsabilità diretta delle Regioni e degli Enti locali nella realizzazione degli obbiettivi di finanza pubblica.

d) Interventi vari
Si tratta di una serie di norme di vario contenuto per un totale di 1.110 miliardi di risparmi. È previsto un ulteriore piano straordinario di verifica delle pensioni di invalidità civile. Per l'Ente Poste sono programmate disposizioni finalizzate a ridurre l'impatto sul fabbisogno e a migliorare i servizi forniti mediante l'aumento di ricavi e riduzione di costi dell'Ente. Analoghi interventi di razionalizzazione sono previsti per le Ferrovie dello Stato.

Un'altra serie di norme mira alla riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi da parte dello Stato. Tra queste si prevede: la razionalizzazione delle forniture da parte dell'Istituto Poligrafico dello Stato, la riduzione del numero delle sezioni elettorali, la riduzione dell'utilizzo di immobili in locazione da privati per le esigenze delle pubbliche Amministrazioni, l'accelerazione della liquidazione degli enti disciolti.

e) Le entrate
Per quanto riguarda la politica tributaria, gli interventi adottati si propongono di realizzare, rispetto al tendenziale per il 1998, un aumento del gettito dell'ordine di 0.5 punti percentuali di PIL e si articolano lungo le seguenti linee direttrici:

  • il riordino delle aliquote IVA, in adempimento dell'obbligo comunitario;
  • l'intensificazione degli interventi finalizzati all'emersione di base imponibile ed al recupero di gettito;
  • l'adozione di misure di riordino e di razionalizzazione del sistema tributario e l'introduzione di "Ecotasse";
  • la contestuale adozione di agevolazioni fiscali per l'occupazione ed il Mezzogiorno.

In particolare, oltre la metà del gettito aggiuntivo (5.725 miliardi) è assicurata dalla modifica delle aliquote IVA. Queste, a decorrere dal 1° ottobre 1997, sono ridotte a tre: una per i beni di prima necessità al 4 per cento, una ridotta al 10 per cento e una ordinaria al 20 per cento. Scompare l'aliquota del 16 per cento ed i beni ad essa riferiti vengono distribuiti in parte a quella del 10 per cento, in parte alla nuova aliquota ordinaria del 20 per cento.

Sul fronte della lotta all'evasione e all'elusione fiscale l'impegno del Governo si è tradotto nella elaborazione di un pacchetto di provvedimenti amministrativi. I più rilevanti riguardano la riorganizzazione degli uffici per la riscossione e l'adozione di nuove iniziative per i controlli, l'innovazione dell'ordinamento della Guardia di Finanza, una nuova regolamentazione dei concorsi a premi, l'abolizione dell'IVA sulla rottamazione ed altri interventi in tema di registrazione dei contratti d'affitto e di adempimenti fiscali degli amministratori di condominio. Si stima che l'insieme di tali misure finalizzate all'emersione di base imponibile e di recupero di gettito produca maggiori entrate per circa 3.200 miliardi.

In merito all'azione di riordino e di razionalizzazione, il cosiddetto "pacchetto auto" dispone l'abolizione del bollo della patente, della soprattassa autoradio e degli attuali superbolli, riordina la tassa di possesso dell'automezzo, collegandola alla potenza effettiva, e l'imposta erariale sulla trascrizione. Il gettito previsto è di 1.700 miliardi, cui si andranno ad aggiungere altri 110 miliardi con l'introduzione di una "ecotassa" sulle emissioni di anidride solforosa e di ossido di azoto da parte dei grandi impianti di combustione.

All'interno della manovra finanziaria, nell'ambito di un articolato piano a favore dello sviluppo e dell'occupazione sono state predisposte agevolazioni fiscali volte: a) a favorire nuovi insediamenti produttivi e nuove assunzioni nel Mezzogiorno; b) a intensificare l'attività edilizia nella forma di opere di ristrutturazione e di manutenzione.

Circa il punto a), alle imprese che operano nel Sud in aree urbane svantaggiate con più di 120.000 abitanti o all'interno di patti territoriali o nelle isole minori, viene riconosciuto un credito di imposta di 10 milioni per ogni nuova assunzione aggiuntiva rispetto al personale già occupato. Viene inoltre assegnato ai nuovi insediamenti produttivi, nell'ambito dei "contratti d'area" e degli altri strumenti di programmazione negoziata, un credito di imposta commisurato al capitale investito, nel rispetto delle limitazioni stabilite dall'Unione Europea.

Quanto al punto b), viene consentita una detrazione nella misura del 41 per cento delle spese sostenute per lavori di ristrutturazione edilizia, opportunamente documentate, da ricuperare nell'arco di cinque anni di imposta. Trattandosi di un settore a forte impiego di manodopera, il provvedimento è destinato a dar luogo alla creazione di una consistente quantità di posti di lavoro.

2) Il disegno di Legge finanziaria
L'obbiettivo di contenimento della spesa ha fatto sì che le esigenze di spesa contenute nei Fondi speciali venissero selezionate e quantificate in relazione ad obbiettivi e criteri di priorità settoriali.

In questo contesto un significato particolare riveste lo sforzo per assicurare risorse dirette al finanziamento delle politiche del lavoro e della famiglia ed al comparto sociale in generale.

Nel settore delle risorse destinate a spese di investimento, la priorità è stata data alle esigenze per le aree depresse e per gli incentivi alle imprese, assecondando il processo di ripresa economica già in atto e favorendo l'occupazione.

Si è tenuto conto, inoltre, delle esigenze che potranno scaturire dagli interventi di ricostruzione necessari nelle zone colpite dal sisma del 26 settembre scorso.

Ulteriori stanziamenti sono stati predisposti per gli incentivi per il rilancio economico delle Province di Gorizia e Trieste, l'innovazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, gli interventi per l'economia delle zone montane, nonché la prosecuzione dei programmi edilizi degli Istituti di prevenzione e pena e degli Uffici finanziari in relazione al decentramento delle attività del Ministero delle finanze.

Con un'apposita disposizione nella Tabella F, innovando rispetto alla prassi consolidata, si sono trasformate in quote di spese pluriennali le autorizzazioni a contrarre mutui direttamente dal Tesoro, riducendo in tal modo l'indebitamento di quest'ultimo.

Come già lo scorso anno, gli importi di lire 650 miliardi nel 1998 e di lire 675 miliardi per ciascuno degli anni 1999-2000, per il recupero del del fiscal-drag, sono stati destinati alla rivalutazione degli assegni familiari al fine di garantire ai cittadini meno abbienti di beneficiare di un miglioramento del proprio reddito.

Sul fronte della spesa sociale il Governo ha ritenuto che l'effetto di stabilizzazione si ottiene introducendo una correzione di 5 mila miliardi nelle previsioni tendenziali del 1998. Questione complessa, com'è noto, è quella della sostenibilità dei sistemi pensionistici, problema comune ai paesi industrializzati. Al riguardo, anche attraverso il dialogo in corso con le parti sociali, saranno individuate nelle prossime settimane specifiche soluzioni che consentano di risparmiare risorse aggiuntive senza determinare arretramenti nella tutela effettiva dei prestatori d'opera dopo il ritiro dalle attività lavorative: non si intende incidere sui livelli ma operare sulla dinamica delle prestazioni, creando condizioni per una stabilizzazione effettiva del rapporto tra spesa pensionistica e PIL, secondo le determinazioni contenute nella riforma del 1995 e gli orientamenti contenuti nel DPEF.

In termini contabili, questa correzione di 5.000 miliardi annui viene inserita nel "collegato" utilizzando la tecnica del blocco degli accantonamenti dei fondi speciali ("fondi negativi").

Nel momento in cui le misure di correzione sugli andamenti tendenziali della spesa sociale saranno operative i fondi di copertura risulteranno disponibili, fermo rimanendo tutti i vincoli sui saldi di riferimento fissati nella risoluzione che ha approvato il DPEF.

Onorevole Presidente, Onorevoli Senatori,

pochi giorni fa ad Hong Kong, illustrando le condizioni economiche del nostro Paese a un pubblico di investitori internazionali, ho così concluso: "Il Governo italiano intende rispondere alle espressioni di fiducia perseverando nel sentiero del risanamento. L'Italia è stato uno dei membri fondatori della Comunità europea; l'Italia intende essere uno dei membri fondatori della Unione economica e monetaria europea".

Vi è in questo sentire l'Europa, in questo volere l'Europa, una costante, una forza ideale che travalica il vallo delle generazioni, che unisce i padri con i figli.

Il Paese ha fatto uno sforzo straordinario, ha conseguito un progresso straordinario.

Lo scenario europeo è profondamente mutato anche in virtù della determinazione con la quale l'Italia ha operato verso la convergenza e la stabilità. Ancora qualche mese fa prevaleva in Europa la prospettiva di un Euro piccolo, che nascesse arroccato nell'area del marco, con molti Paesi che restavano fuori, in lista di attesa. Oggi lo scenario che si profila è un Euro grande, con molti paesi aderenti fin dall'inizio, una moneta che ben rappresenti la forza economica dell'Europa, che contenga in sé sia la componente mitteleuropea sia la componente mediterranea del continente. Questo mutamento di scenario è anche merito dell'Italia.

Ma proprio per questo, occorre completare il cammino.

Non farlo, mostrare incertezze, incorrere in ritardi, non significherebbe restare fermi al punto raggiunto, ma precipitare all'indietro, compromettere anni di sacrifici duri, rimettere in discussione le basi della ripresa dell'economia e dell'occupazione che abbiamo faticosamente ricostruite.

Restare esclusi oggi dall'Euro "grande" che stiamo contribuendo a costruire sarebbe un danno ben più grave, politicamente non meno che economicamente, di quella che sarebbe stata l'esclusione da un Euro "piccolo".

Il nostro impegno per le riforme mira a costruire le basi di una stabilità destinata a durare. Pochi paesi in Europa hanno fatto tanto quanto l'Italia nel campo delle riforme: fisco, pubblica Amministrazione, bilancio dello Stato, sono riforme approvate e che stiamo realizzando. Manca il quarto tassello: una correzione dei sistemi dell'assistenza e della previdenza che dia garanzia di sostenibilità, nel tempo che tuteli le generazioni dei nostri figli, dei nostri nipoti.

Lo scorso anno, presentando alla camera dei Deputati i provvedimenti economici e finanziari per il 1997, commentai: "Viviamo sotto il peso di un debito pubblico i cui oneri per interessi superano il 10 per cento del PIL, non solo perché abbiamo un debito molto grosso, ma anche per l'elevatezza dei tassi d'interesse che incorporano il rischio Italia".

Vedemmo la via d'uscita non in operazioni forzose sui tassi di interesse, ma nell'abbattimento di quel rischio, causa degli alti tassi. Abbiamo percorso quella via con determinazione. Oggi possiamo dire di aver annullato quasi del tutto quel rischio.

Proponemmo un binomio: Europa, occupazione. È un binomio condiviso dall'intero Parlamento, dal popolo che Voi rappresentate.

Certo, nel richiamare il cammino compiuto verso il risanamento, verso l'Europa, avvertiamo forte in noi l'insoddisfazione per gli scarsi risultati raggiunti nella riduzione della disoccupazione, nell'avanzamento delle aree depresse, nella dotazione all'intero Paese delle infrastrutture materiali e immateriali essenziali per l'avanzamento del benessere e dello sviluppo. Ma siamo convinti che con quanto è stato fatto, con quanto è stato avviato, anche quei frutti non tarderanno a giungere a maturazione.

Il lavoro è alla base della Costituzione della Repubblica. Ora dobbiamo mirare a realizzare una vera "costituzione del lavoro", dobbiamo giungere a un assetto istituzionale organico volto ad assicurare processi di formazione "permanente" delle risorse umane, a stimolare l'investimento, a suscitare le forze produttive laddove non vi sono, a favorirne l'aggregazione.

È l'impegno che anima questo Governo, l'impegno che questo Governo, proprio per quanto sinora ha fatto, può assumere con pieno senso di responsabilità nel presentare la Legge finanziaria per il 1998. Di questa legge il Governo intende fare strumento di crescita e di lavoro nella stabilità. La condizione perché ciò avvenga sta nella fiducia, nella credibilità che abbiamo faticosamente riconquistato, che non dobbiamo disperdere.