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Esposizione Economico-Finanziaria - Camera dei Deputati

03/10/1996

Roma - Camera dei Deputati
3 ottobre 1996

Esposizione economica-finanziaria del ministro Ciampi

Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,
il Parlamento si appresta ad esaminare un insieme di provvedimenti finanziari nei quali le necessità del risanamento economico nazionale sono intrecciate strettamente - come sempre, ma questa volta più di sempre - con quelle della costituzione dell’Unione europea.

In realtà, negli ultimi tempi si è verificata una forte accelerazione nella omogeneizzazione delle politiche di bilancio dei principali Paesi membri. Un fenomeno importante per la comunanza degli obbiettivi promossa dagli indirizzi di Maastricht; ma fenomeno rilevante altresì sul piano istituzionale, in quanto si sta realizzando di fatto quel "governo economico europeo" che dovrà essere il risultato della unificazione monetaria. Ma qui sta la differenza: l’importanza di passare al più presto da una situazione di fatto ad una situazione istituzionalmente definita, che assicuri la parità dei diritti di ogni partecipante.
È in queste condizioni, e non certo per scoperte improvvise, che il Governo ha deciso di rimodulare nei tempi le proprie decisioni, nel quadro delle linee esposte nel Documento di Programmazione approvato a luglio dal Parlamento. In quella sede avevamo indicato chiaramente il percorso: ci eravamo riservati la possibilità di accelerare i tempi del rispetto dei criteri di convergenza, proprio in relazione all’andamento della congiuntura e dei mercati finanziari.

Di fronte alla realtà, per molti aspetti nuova e ricca di virtualità positive, di una vera e propria azione congiunta di governo economico europeo, di fronte al miglioramento della congiuntura economica, che vede dissolversi lo spettro di una recessione, non potevamo lasciare invariato il calendario che ci eravamo assegnati. Perciò il Governo ha deciso di procedere senza ulteriori indugi a realizzare quel secondo momento. Di conseguenza il Governo ha presentato alle Presidenze della Camera e del Senato una Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economica e finanziaria.

Abbiamo voluto che fosse a tutti chiara, senza ombra di dubbio, la volontà dell’Italia di essere dentro l’Europa unita, membro a pieno diritto di quell’Unione che ha visto il nostro Paese promotore attivo fin dal suo concepimento. L’annuncio fatto è l’espressione di una politica che è nell’interesse di tutti gli italiani, che trova nella pubblica opinione generale consenso.

Nel coro dei commenti, anche di quelli critici, che hanno accolto la Finanziaria non avverto voci di dissenso sulle sue dimensioni complessive. Non si contesta l’obbiettivo Europa. Il Governo ha preso atto con soddisfazione che il fronte europeista si è allargato.

Ma se questa ampia adesione è potuta avvenire, è anche perché la Finanziaria è stata preceduta da quell’"Accordo per il lavoro", che si innesta sul ceppo vitale costituito dall’accordo del luglio del 1993. L’"accordo per il lavoro", che dà nuove speranze alle popolazioni delle aree depresse, in primo luogo a quelle del Mezzogiorno, è espressione concreta, nel contesto della concertazione italiana, della cultura europea del lavoro, di creazione di occupazione, di flessibilità del mercato, di società dell’apprendimento. È questa Europa del lavoro e della competitività industriale che consente oggi alla intera maggioranza di sostenere questa articolata manovra. Vi è alla base la convinzione che la prima, fondamentale risposta al dramma della disoccupazione nel nostro continente sta nel realizzare un sistema europeo veramente unificato nel commercio, nella finanza, nella produzione, nelle istituzioni

Restano certo, e pesanti, al di là delle dimensioni e degli obiettivi della manovra, le critiche alla sua impostazione, i timori per i suoi effetti sull'economia reale, la preoccupazione per la persistente pressione fiscale sulle categorie dei contribuenti fedeli al dovere tributario e sulle imprese.

Ma la preparazione e la presentazione della Legge finanziaria sono state seguite con attenzione prima, con favore poi, dagli operatori, italiani ed esteri. La lira è già più forte. I nostri titoli di Stato sono divenuti più appetibili. L’inflazione continua nel suo movimento strutturalmente calante. Conseguentemente, i tassi di interesse stanno discendendo sui mercati. Si sta creando un ambiente più favorevole agli investimenti e all’occupazione. Se tutto questo avviene come semplice effetto di annuncio della manovra e delle sue dimensioni, ebbene questo vuol dire che il segnale è stato raccolto. Vuol dire che il costo che tutti ci apprestiamo a pagare vale il risultato che ci attendiamo.

Nei fatti abbiamo agito con la logica dell'imprenditore istituzionale che vede delinearsi il punto cruciale della sua impresa - ed è l'impresa storica della Repubblica italiana che è nata come Repubblica nell’Europa - e su questo punto cruciale deve impegnare le sue risorse, anche quelle più preziose e più nascoste. Sul suo scopo di impresa egli sa che non c'è una zona intermedia tra il successo e il fallimento. Tutte le sue speranze sono concentrate sul superamento di quel punto critico. Se ce la fa, c'è il rilancio, la ripresa. Con questa logica, il Governo guida il Paese in questo stretto passaggio.

In questi giorni così intensi sono emersi, a me pare, due flussi che si incrociano. Da un lato una larga massa di opinione, fin qui distratta ai temi europei, si è avvicinata, con ansia e preoccupazione, al grande problema della condizione italiana in Europa. Dall’altro vi è una massa ugualmente ampia di nostri concittadini che considera lo Stato sociale come patrimonio comune degli italiani e non come area assistenziale o protetta.

Ebbene, dalla confluenza di queste due correnti di opinione possono venire benefici risultati nella valutazione di questa Finanziaria e, soprattutto, dell’opera di ristrutturazione istituzionale che il Parlamento è impegnato a realizzare e della riorganizzazione della pubblica Amministrazione che il Governo ha già avviato. Tutto questo deve essere opera non solo degli organi centrali dello Stato, ma anche dei Governi delle autonomie in cui si riparte la nostra Repubblica.

I disegni collegati alla Finanziaria hanno la qualità di disegni di federalismo concreto: del federalismo possibile con le leggi ordinarie, di provvedimenti costruttivi e non di amputazioni referendarie.

La costituzione europea ci chiama anche a questo. Costituzione istituzionale e costituzione economica: perché alle regole e ai patti di stabilità che la Repubblica sta per contrarre in seno all'Unione europea deve corrispondere un nuovo patto di stabilità interno alla Repubblica, tra lo Stato e gli altri governi del territorio.

Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,
è un obbligo di legge che richiede al Ministro del Bilancio di illustrare oggi a questa Assemblea i lineamenti principali della Relazione Previsionale e Programmatica e della manovra di bilancio. Una disamina approfondita di entrambe è quest'anno essenziale per ragioni sostanziali ancora più significative dei, pur importantissimi, adempimenti formali.

La congiuntura nel 1996
Il quadro economico internazionale prospetta nel 1996 per i paesi industriali un tasso di espansione moderato, pari al 2 per cento circa. La crescita delle economie europee non supererà l'1,5 per cento.
Grazie alla contenuta evoluzione delle retribuzioni e a politiche monetarie rigorose, l'inflazione è sotto crescente controllo nella maggioranza dei paesi industriali. Il rallentamento della crescita dei prezzi ha avuto effetti positivi sulle aspettative, causando una sensibile diminuzione dei tassi nominali di interesse nella maggioranza dei paesi. I tassi di interesse reali sono, però, rimasti quasi ovunque a livelli alti. In particolare, i paesi europei continuano a mostrare tassi reali più elevati rispetto a quelli statunitensi e giapponesi.

Alti tassi reali penalizzano l'Europa nei suoi sforzi contro il persistere di una elevata disoccupazione che anche nel 1996 dovrebbe rimanere superiore all'11 per cento della forza lavoro. Una buona parte di questa disoccupazione viene definita "strutturale". Vi concorrono una pluralità di fattori: l’innovazione tecnologica, la globalizzazione dei mercati con spostamenti rapidi e rilevanti nella dislocazione della produzione, mutamenti profondi nei metodi di organizzazione dei processi produttivi. Tutto questo richiede innovazioni istituzionali e delle politiche del lavoro, in particolare per accrescere la flessibilità e per migliorare la formazione non solo iniziale delle risorse umane. Il successo dell’impresa si fonda sulla qualità dei prodotti, sulla organizzazione dei processi produttivi, non meno che sulla competitività dei prezzi.

Ma se tutto questo è necessario e implica una strategia di lungo periodo, nella quale le parti sociali e i Governi sono parimenti coinvolti, l’Europa deve intanto essere in grado di promuovere e sostenere una forte e prolungata espansione ciclica. E' ferma convinzione di questo Governo che la diminuzione dei tassi di interesse reali conseguente al miglioramento dei conti pubblici potrà costituire una delle leve fondamentali.

In Italia, il rallentamento della nostra economia nell'anno in corso sta risultando più accentuato rispetto a quanto previsto nel quadro macroeconomico di riferimento del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria. Di conseguenza, sono state corrette al ribasso le stime di crescita: nel 1996 il prodotto interno lordo dovrebbe aumentare dello 0,8 per cento, in netta decelerazione rispetto al 3 del 1995.

Il contributo alla crescita proveniente dalla domanda estera dovrebbe risultare ancora positivo, seppure con ritmo rallentato. Grazie anche al miglioramento delle ragioni di scambio, l'avanzo commerciale continuerà ad aumentare. La persistente condizione di avanzo nei conti con l'estero rende concreta la possibilità di annullare entro breve tempo il debito estero del Paese.

La dinamica dei consumi rimane modesta. È prevista nel corso dell’anno una leggera crescita dell’occupazione: è un importante cambiamento di tendenza che nasconde peraltro realtà territoriali eterogenee.

Il rispetto dell'accordo del 23 luglio 1993 sulla politica dei redditi si è rivelato determinante per spezzare la spirale prezzi-salari in una fase di marcato deprezzamento della lira, quale quello verificatosi per motivi non economici nella primavera del 1995. Nell'anno in corso la dinamica retributiva si annuncia più elevata dell'inflazione, in un contesto di miglioramento delle ragioni di scambio.

I prezzi hanno manifestato un forte rallentamento. Nel mese di agosto e, secondo dati provvisori, anche in settembre, l'aumento dei prezzi al consumo si è portato su un nuovo minimo, il 3,4 per cento rispetto a un anno prima. Valori così bassi non si registravano dal 1969. Ancora più moderato è l'andamento dei prezzi alla produzione, che in luglio hanno mostrato la terza diminuzione mensile consecutiva, risultando del tutto stabili rispetto a 12 mesi prima. Questi dati confermano la stima contenuta nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria di un tasso d'inflazione annuo pari al 3,9 per cento; di non più del 3 per cento a fine anno. La dinamica delle tariffe e dei prezzi controllati sta contribuendo al contenimento della crescita dei prezzi.

Il calo dell'inflazione, accompagnato dalla riduzione in luglio del tasso ufficiale di sconto dal 9 all'8,25 per cento, ha favorito la discesa dei tassi di interesse. Il differenziale dei titoli a lungo termine tra Italia e Germania, che nei momenti più critici aveva superato i 6,5 punti percentuali si è ora ridotto a 2,3 punti. Questo andamento facilita l'azione di risanamento in un paese, come l'Italia, che è costretto a contrapporre crescenti avanzi primari alla massiccia spesa per il servizio del debito.

I tassi reali non scendono. Ciò significa che il risanamento dell'economia italiana è ancora sotto scrutinio da parte dei mercati finanziari; essi stanno apprezzando i nostri sforzi e i nostri propositi, ma sono pronti a penalizzare qualsivoglia cedimento. Quando risulterà chiaro che non vi saranno cedimenti, allora avremo vinto la nostra scommessa. La discesa dei tassi reali accompagnerà finalmente quella dei tassi nominali, fornendo alla nostra economia la spinta propulsiva che serve a stimolare investimenti e occupazione e a portare a livelli sopportabili l'onere degli interessi sul debito pubblico.

Le previsioni per il 1997; segnali di ripresa
Gli sviluppi in atto nell’economia internazionale proiettano più favorevoli indicazioni per il 1997.

Negli USA continua l’espansione economica iniziata da circa quattro anni, senza dar luogo a tensioni sia sul fronte dei prezzi sia su quello del mercato del lavoro, nonostante che il tasso di disoccupazione sia disceso dal 1993 ad oggi dal 7 al 5 per cento.

Dalla primavera del 1996 hanno iniziato a prendere corpo i primi segni di ripresa in Germania. Si aggiungono andamenti di moderata espansione già in atto nel Regno Unito, nei Paesi Scandinavi, in Spagna. Queste valutazioni sono alla base delle favorevoli previsioni espresse nei documenti predisposti dal Fondo monetario internazionale per le recenti riunioni di Washington e dalla Commissione europea alla riunione del Consiglio Ecofin di Dublino. Ambedue le istituzioni collocano l’inizio della ripresa in Europa nella seconda metà dell’anno in corso. In Italia, primi segnali positivi provengono dall’inchiesta mensile presso le industrie diffusa ieri dall’ISCO. In Italia, Spagna e Svezia il progresso compiuto nel riordino dei conti pubblici, oltre a dare un contributo fondamentale alla discesa dei tassi di interesse, ha provocato la correzione della sottovalutazione delle relative monete.

Il basso tasso di inflazione continua a essere una delle caratteristiche più positive nel quadro macroeconomico europeo: si prevede che si attesti nel 1997 a livelli inferiori al 2,5 per cento.

In Italia, nel 1997, il PIL in termini reali dovrebbe ritrovare ritmi di crescita del 2 per cento. La ripresa della domanda estera contribuirà a migliorare le aspettative delle aziende, con positivi riflessi sugli investimenti; questi ultimi continueranno a trarre vigore dalla riattivazione degli interventi pubblici nelle aree depresse e dalla riduzione dei tassi di interesse nel cammino verso l'Unione monetaria.

Nel triennio 1998-2000 l’economia italiana dovrebbe tornare a crescere ai suoi ritmi tendenziali di lungo periodo. E' una ipotesi che non pochi considerano prudenziale: il processo di integrazione dei mercati favorirà non solo una espansione congiunturale, ma anche l'aumento della capacità produttiva e della forza lavoro utilizzata.

Gli obbiettivi di inflazione del Governo rimangono fermi al 2,5 per cento per il 1997, e al 2 per cento per il triennio successivo. L'obbiettivo per il 1997 colloca la crescita dei prezzi del nostro Paese in linea con quella media dell'Unione europea. E' un traguardo possibile, come mostrano i risultati nel corso del 1996. Il Governo crede fermamente nella politica dei redditi come veicolo fondamentale per rendere credibili le politiche economiche di sviluppo nella stabilità. E' nostra ferma intenzione, quindi, da una parte promuovere ogni iniziativa che aiuti nel proseguimento della concertazione fra le parti sociali, dall'altra governare le tariffe in linea con il tasso di inflazione programmato.

Finanza pubblica: preconsuntivo 1996 e obbiettivi 1997-99
Il processo di risanamento dei conti pubblici, iniziato nel 1992, continua a dare i suoi frutti, ma non è concluso. Tra il 1992 e il 1995, il rapporto tra fabbisogno del settore statale e prodotto interno lordo è sceso di tre punti percentuali. Questo risultato è stato conseguito grazie ad avanzi primari di ammontare crescente, che non trovano l'uguale tra i paesi europei. La prolungata tendenza espansiva del debito pubblico in rapporto al prodotto si è invertita lo scorso anno.

Questa evoluzione è proseguita nel 1996, nonostante il forte rallentamento produttivo, ma con un passo più lento del previsto. La politica di bilancio, impostata sulla base delle direttive indicate nel Documento di Programmazione Economica e Finanziaria del 1995, si è realizzata in due tappe. La prima, all'atto della presentazione della Legge finanziaria per il 1996, prevedeva una correzione di 32.500 miliardi che avrebbe dovuto far scendere il fabbisogno a 109.400 miliardi. Una revisione del quadro di finanza pubblica si rendeva però necessaria già nei primi mesi del 1996, in concomitanza con il moltiplicarsi dei segnali di decelerazione dell'attività economica, di un andamento dei tassi d'interesse meno favorevole del previsto, di decisioni straordinarie di spesa per esigenze sopravvenute. In giugno la stima di fabbisogno tendenziale per l'anno in corso mostrava un sostanziale divario rispetto all'obbiettivo. Si decideva quindi di intraprendere una azione correttiva per complessivi 16 mila miliardi, che avrebbe dovuto riportare il fabbisogno a 114.000 mila miliardi.

Tuttavia, la più recente evoluzione dei conti del settore statale fa prevedere uno scostamento dell’ordine di 10 mila miliardi di lire. La parte dello scostamento dovuta a motivi di carattere strutturale che si riflette sui conti del 1997, e dunque da ricuperare, è valutata in 4.500 miliardi. Per metà il ricupero è già avvenuto con interventi che hanno ridotto il disavanzo tendenziale. Vanno aggiunte le occorrenze di finanziamento del Patto per il Lavoro, affidate nel più lungo periodo ai proventi della vendita di beni demaniali e della più intensa lotta all’evasione fiscale. Ne consegue che il raggiungimento dell’obbiettivo di un fabbisogno di 88.000 miliardi, previsto nel DPEF originario, richiede una manovra di 37.500 miliardi.

In seguito agli ultimi sviluppi sia dell’atteggiamento europeo nei confronti della realizzazione dell’Unione economica e monetaria, sia delle migliorate prospettive di congiuntura economica, il Governo ha deciso di anticipare la realizzazione della manovra aggiuntiva necessaria per raggiungere già nel 1997 l’obbiettivo di un rapporto fabbisogno/PIL del 3 per cento.

Si attua cioè la possibilità prevista dal paragrafo 4.10 del DPEF. Di conseguenza, come ho detto all’inizio, è stata presentata alle Presidenze della Camera dei Deputati e del Senato una nota di aggiornamento al DPEF. Di tutto questo verrà data comunicazione ufficiale anche alla Commissione europea, alla quale verrà, inoltre, presentato al più presto un programma di convergenza coerente con il raggiungimento, per il dicembre del 1997, dei parametri previsti dal protocollo sulle procedure di deficit eccessivi di cui al paragrafo 104 c del Trattato di Maastricht.

La decisione del Governo si propone, a un tempo, di sgombrare i dubbi sulla volontà dell’Italia di adempiere il Trattato di Maastricht e di esercitare un forte impatto sugli operatori, economici e finanziari, nazionali ed esteri. Il miglioramento delle aspettative delle imprese costituirà incentivo all’investimento produttivo; il miglioramento delle aspettative delle famiglie, suscitato da una maggiore fiducia nella salvaguardia dei propri risparmi, incentiverà la ripresa dei consumi; l’aumento del merito di credito dell’Italia sui mercati finanziari accentuerà la tendenza già in atto alla discesa dei tassi d’interesse, abbassando l’onere del debito pubblico, dando ossigeno all’apparato produttivo.

L’entità della manovra aggiuntiva è stata indicata in 25.000 miliardi, dei quali più della metà rappresentati da una contribuzione straordinaria sui redditi "per l’ingresso in Europa". Da questa contribuzione verranno escluse le categorie a più basso reddito.

Il dibattito di questi giorni si è concentrato su questa parte aggiuntiva che il Governo è impegnato a definire entro il 31 dicembre. Ritengo più proficuo soffermarmi sulla Finanziaria "ordinaria", ossia sulla manovra da 37.500 miliardi, i cui provvedimenti sono stati tradotti in precise norme.

Il contenuto della Legge finanziaria e del provvedimento collegato
La composizione della manovra corrisponde alle indicazioni del DPEF originario: 25.000 miliardi circa di risparmi di spesa, 12.500 miliardi circa di maggiori entrate.

I 25.000 miliardi di riduzioni della spesa sono così composti: oltre 17.000 da un insieme di provvedimenti, in prevalenza innovativi e strutturali, contenuti nel "provvedimento collegato" alla Legge finanziaria. Ci si è concentrati sulla spesa corrente, al fine di ridurne la dinamica entro un aumento dell’1 per cento, come indicato dal DPEF. Altri tagli alla spesa, per circa 4.000 miliardi, derivano da riduzioni degli stanziamenti che bilancio e Legge finanziaria destinano ai singoli ministeri. Circa 3.000 miliardi di risparmi sono ottenuti con riduzioni delle autorizzazioni di spesa per Ferrovie ed ENAS. A seguito della riprogrammazione degli interventi cofinanziati dall’Unione europea, che si propone il fine di accelerare gli investimenti, è probabile che, almeno nel primo anno, si abbia la sostituzione di finanziamento comunitario a finanziamento con risorse nazionali: a fronte di un previsto maggior tiraggio di 2.500 miliardi di fondi comunitari prevediamo una riduzione del fabbisogno interno di circa 1.000 miliardi.

Il provvedimento collegato raccoglie altresì un insieme di risparmi, anche minori, non certo casuali, ma frutto di una meticolosa ricognizione critica delle voci di spesa e di scelte volte a concorrere alla realizzazione di una più moderna e più efficiente pubblica Amministrazione. Le riduzioni di spesa incidono prevalentemente sull’amministrazione e non sulle prestazioni per i cittadini. Si tratta di interventi finalizzati all’eliminazione di sprechi e di inefficienze e all’assunzione di comportamenti più razionali nell’utilizzo delle risorse. Questo è il risultato di un metodo di lavoro che abbiamo impostato fin dal giugno scorso. Ogni ministero "di spesa" ha convenuto lui stesso sulle misure di risparmio, in un lungo lavoro di collaborazione e di confronto con il ministero del Tesoro. In questo modo i "tagli" invece di deprimere l’amministrazione la spingono a fare scelte di efficienza.

Di particolare rilievo è un’innovazione introdotta nella valutazione dei risparmi di spesa. Si è tenuto conto, infatti, che le riduzioni degli stanziamenti (tagli "di competenza") non sempre e necessariamente si traducono in corrispondenti risparmi in termini di cassa, e dunque di fabbisogno, soprattutto in considerazione del fatto c’he molte categorie di beneficiari della spesa hanno ampie disponibilità sui conti di tesoreria.

Abbiamo introdotto misure che si collegano con la riforma della pubblica Amministrazione e del bilancio dello Stato, già oggetto di disegni di legge presentati al Parlamento. Ad esempio, all’articolo 28 del "collegato" vengono anticipati alcuni elementi della riforma del bilancio dello Stato, attribuendo alla dirigenza pubblica maggiore responsabilità e un ruolo attivo nella gestione del "budget".

Voglio ricordare anche la prevista fusione tra il ministero del Tesoro e quello del Bilancio; fusione che intendiamo non come semplice giustapposizione delle attuali funzioni, ma come volontà di maggiore coordinamento nella politica economica, fra l’esigenza di un utilizzo razionale delle risorse e quella di una attuazione efficiente e rapida degli interventi per lo sviluppo economico, specie nel Mezzogiorno.

La parte del provvedimento collegato che raccoglie le misure di risparmio sulla spesa può essere suddivisa in sei gruppi di norme, riconducibili ad altrettante aree di intervento:

  1. Il primo gruppo (capo I articoli 1-3) incide sull’organizzazione e sul funzionamento del sistema sanitario, lungo tre linee: la riduzione dei posti letto in esubero, l’incremento delle forme di ospedalizzazione giornaliera, il concorso degli assistiti alle prestazioni erogate, in regime di libera professione, all’interno degli ospedali.
  2. Nel settore del personale statale (capo II, articoli 4-15), accanto a una più rigorosa attuazione del blocco delle assunzioni, le amministrazioni vengono incentivate a rideterminare le piante organiche, ove non l’abbiano già fatto, e ad avvalersi della facoltà di trasformare i rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti a tempo parziale: si regolarizzeranno così posizioni di doppio lavoro, creando spazi per migliorare la produttività e l’occupazione. Importanti razionalizzazioni vengono fatte per il personale militare, fra l’altro con la riduzione sia del servizio di leva, sia gradualmente del 25 per cento delle dotazioni organiche degli Ufficiali in servizio presso le Forze armate.
  3. Un contributo importante alla manovra di risparmio viene dalla finanza locale (capo III, articoli 16-19): vengono incrementate le aliquote di compartecipazione al sistema sanitario nazionale delle regioni a statuto speciale; vengono ridotti sia il fondo perequativo per le regioni a statuto ordinario sia il fondo comune per l’alimentazione della finanza dei comuni e delle province; inoltre vengono inseriti nel sistema di tesoreria unica i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti.
  4. Le misure di previdenza e assistenza (capo IV articoli 20-25) realizzano soprattutto interventi di armonizzazione e di equità tra diversi trattamenti previdenziali dei lavoratori dipendenti da enti pubblici. È stata inoltre prevista una procedura che consentirà un maggior ricupero dei crediti dell’INPS.
  5. Gli interventi che riguardano i servizi di pubblica utilità sono raccolti al capo V (articoli 26-31). Gli interventi in quest’ultimo settore dimostrano come il Governo sia impegnato fortemente nella direzione della liberalizzazione dei mercati e nella loro deregolamentazione.
  6. L’ultimo gruppo di provvedimenti raccoglie numerose altre misure, tutte collegate da un filo rosso: risparmiare, innovando. Vengono cancellate sacche di arretratezza che allignano in normative nate in altri tempi, per scopi ormai obsoleti. Va in questa direzione il provvedimento che riduce dal 10 al 5 per cento la misura dell’anticipo che le amministrazioni possono erogare ai loro fornitori di servizi e di opere pubbliche. Si modifica una norma nata nel 1972 in tempi di crisi valutaria e di fiammata inflazionistica per dare sollievo alle imprese oppresse da un costo del denaro divenuto di colpo elevatissimo.

Dal lato delle entrate la manovra si svolge lungo due direttrici: un aumento fino a 12.500 miliardi nel 1997 delle entrate tributarie; l’avvio di un’incisiva riforma del sistema tributario.

Con numerose e significative proposte di delega, che sono collegate alla complessiva riuscita della manovra di riequilibrio dei conti e da cui si prevede maggior gettito per 1.000 miliardi già nel 1997, verrà avviato un processo di ampia revisione del sistema. Possono individuarsi tre fondamentali aree d’intervento; il decentramento fiscale, in senso federalista e autonomista, la semplificazione e razionalizzazione del sistema, il rilancio della lotta all’evasione.

Il processo di riforma è finalizzato a quattro obbiettivi principali: il sostegno al’le famiglie numerose, attraverso la revisione dell’IRPEF, in particolare delle detrazioni; la riduzione del costo del lavoro; l’incentivo alla patrimonializzazione delle imprese e al ricorso al capitale di rischio; il sostegno alle nuove attività produttive.

ll decentramento fiscale è promosso mediante l’introduzione di una nuova imposta regionale sulle attività produttive (IREP) che andrà a sostituire, semplificando il sistema, una serie di imposte vigenti (ILOR, imposta sul patrimonio netto delle imprese, ICIAP, tassa di concessione della partita IVA) e i contributi obbligatori finalizzati al finanziamento del sistema sanitario nazionale, compresa la cosiddetta tassa sulla salute. La riforma sarà completata dall’introduzione di un’addizionale regionale all’IRPEF e dalla revisione della stessa IRPEF (aliquote, scaglioni e detrazioni), che si rende necessaria per perequare gli effetti complessivi della riforma e, in particolare, per consentire alle famiglie numerose un trattamento più favorevole dell’attuale.

Questa riforma produrrà un calo del costo del lavoro, con positivi riflessi sull’occupazione; una riduzione del vantaggio fiscale a ricorrere all’indebitamento, anziché al capitale proprio; un incentivo alla patrimonializzazione delle imprese; una riduzione delle aliquote marginali sui nuovi investimenti.

Una specifica norma di delega predispone la riforma del trattamento fiscale delle attività finanziarie e dei redditi d’impresa. In concreto viene mantenuto l’attuale regime di tassazione sostitutiva sui redditi da attività finanziarie per le persone fisiche, con allargamento della base imponibile a nuove fattispecie e alle plusvalenze, con regimi semplificati gestiti dagli intermediari in forma anonima: in particolare, è previsto un regime di tassazione "in monte" sul risultato complessivo del risparmio affidato in gestione. Per quanto si riferisce alla tassazione delle imprese si introduce, per favorire la trasformazione del sistema produttivo, un regime agevolato di tassazione delle plusvalenze che emergano al momento della cessione delle aziende o della loro incorporazione o fusione. Per incoraggiare la patrimonializzazione e per ridurre lo svantaggio fiscale al finanziamento con capitale proprio rispetto al ricorso al debito, viene concesso un trattamento agevolato all’apporto di nuovo capitale di rischio, secondo lo schema della cosiddetta "Dual Income Tax", rafforzando così gli effetti conseguiti con l’introduzione dell’IREP.

Sono inoltre stabilite: l’abrogazione dell’imposta di conguaglio; forme di incentivazione per la ricerca e la tecnologia avanzata; la possibilità di trattamenti temporanei di favore per le società che vengono ammesse alla quotazione; l’abrogazione della tassa sui contratti di borsa conclusi nei mercati regolamentati.

Le norme di delega sull’accertamento e sulla riforma delle sanzioni, assieme con alcune norme sul personale, consentiranno, infine, di accelerare e potenziare l’attività di accertamento e di lotta all’evasione.

Completano la manovra strutturale sulle entrate norme di semplificazione degli adempimenti dichiarativi e documentali a carico dei contribuenti e la previsione di un regime di tassazione agevolata per le imprese di minori dimensioni e di nuova costituzione. Viene anche favorito il trasferimento intergenerazionale delle imprese.

Il previsto aumento di 12.500 miliardi delle entrate tributarie per il 1997 deriva per circa due terzi da provvedimenti inseriti nel disegno di legge collegato alla Finanziaria: la restante parte, pari a circa 4.300 miliardi, sarà realizzata con successive norme da emanare entro il 31 dicembre 1996.

Le disposizioni del provvedimento collegato sono finalizzate a contrastare i fenomeni di elusione e di erosione dell’imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’IVA. L’azione antielusiva si sviluppa soprattutto attraverso la ridefinizione delle cosiddette società non operative, cioè di quei soggetti che, per la permanenza nel tempo di ricavi molto limitati rispetto al valore delle immobilizzazioni, denotano lo svolgimento di attività di godimento di cespiti piuttosto che di effettiva intrapresa. A finalità analoghe rispondono i limiti posti alla detraibilità delle spese per autovetture acquistate dalle imprese e alla possibilità di ripartire l’imponibile tra i familiari dei lavoratori autonomi.

L’erosione degli imponibili viene contrastata con l’abolizione di talune agevolazioni per le cooperative, con la maggiorazione dei redditi catastali agrari e dominicali e con la previsione, per le imprese agricole di maggiori dimensioni (oltre 500 milioni di ricavi), della tassazione in base al conto economico, anziché in base al catasto; quest’ultima misura è volta a rendere il regime di tassazione più aderente alla variegata realtà economica e produttiva del settore agricolo.

Si tratta di rilevanti norme di razionalizzazione del sistema, che comportano un ampliamento dell’area soggetta a tassazione e sono finalizzate anche ad armonizzare l’imponibile fiscale e quello previdenziale, semplificando gli adempimenti dei sostituti d’imposta. Inoltre, viene modificato il trattamento fiscale dei cosiddetti "benefici marginali" e delle indennità di navigazione e volo. In un’ottica di semplificazione va anche inserita la revisione della detraibilità delle spese mediche, la cui franchigia, oggi differenziata tra le spese generiche e quelle specialistiche, viene unificata.

Alcuni provvedimenti toccano poi le entrate relative alla categoria del lotto e degli altri giochi, con effetti stimati in circa 1.000 miliardi di maggior gettito.

Onorevole Presidente, Onorevoli Deputati,
viviamo sotto il peso di un debito pubblico i cui oneri annui per interessi superano il 10 per cento del PIL, non solo perché abbiamo un debito molto grosso, ma anche per l’elevatezza dei tassi d’interesse che incorporano quello che è stato, e in parte persiste, il "rischio Italia". Un Paese come il Belgio, che ha un debito pubblico proporzionalmente superiore al nostro, paga un onere annuo per interessi inferiore al 7 per cento del proprio PIL. Abbiamo il dovere di generare credibilità. È la via per ridurre i tassi d’interesse, e dunque il disavanzo pubblico. Il premio che questo comporterà è sotto gli occhi di tutti: con un avanzo primario senza confronti in Europa, pari al 4,5 per cento del PIL e che l’anno prossimo salirà al 6 per cento, l’Italia è il Paese che potrà incassare il dividendo più alto dalla partecipazione alla moneta unica europea. Se noi saremo capaci di stare nell’Euro, sarà più elevato il calo degli interessi, sarà maggiore la liberazione di risorse per la produzione, per l’investimento, per l’occupazione.

Come ho già detto più volte un binomio: Europa, occupazione.

Un’Europa protesa a rafforzare la competitività della propria economia, sollecita della coesione sociale.

In questi ultimi giorni, sui mercati finanziari il rischio Italia si sta rapidamente ridimensionando al merito di credito che spetta al nostro Paese, un Paese dal forte potenziale produttivo, che ha saputo sradicare le cause principali dell’inflazione, che ha una bilancia dei pagamenti delle partite correnti con l’estero in forte attivo, che non ha debito estero.

Il Governo si affida ora all’esame e ai voti di questa Camera dei Deputati. Esso è pronto a valutare senza pregiudizi controproposte, emendamenti. Proprio perché è conscio che sono in gioco alti interessi nazionali, esso non vuole, con chiusure aprioristiche, fare di questa pur difficile e dura Finanziaria un documento di parte. Esso rivendica, com’è naturale, la responsabilità piena del testo che ha presentato.

Concludo ripetendo le parole con le quali, martedì scorso, ho terminato il mio intervento all’Assemblea del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale: "sono pienamente consapevole che il mio Paese sta compiendo uno sforzo straordinario, ma parimenti straordinarie ne sono le motivazioni. Le motivazioni economiche risiedono nella volontà di risanare la finanza pubblica e di aumentare l’occupazione. Quelle politiche sono le stesse che quasi quarant’anni fa hanno condotto l’Italia a essere uno dei paesi fondatori della Comunità economica europea. Intendiamo essere tra i fondatori dell’Unione monetaria nel 1999".

"Ma ancora più importanti sono le nostre motivazioni etiche. La nostra partecipazione alla moneta unica rappresenterà il punto di arrivo di un cammino lungo e faticoso, quasi catartico, che l’Italia ha intrapreso dal 1992; rappresenterà il coronamento di una rivoluzione pacifica che sta cambiando profondamente il Paese".

"L’Italia sarà allora pronta a essere parte attiva dell’Unione europea, un’area di stabilità e di sviluppo quale è stata disegnata a Maastricht e quale vogliamo che sia".

Con questo animo ci apprestiamo al confronto in questa Assemblea, con la serenità della consapevolezza di avere fatto quel che si doveva fare nell’interesse dell’Italia e anche dell’intera Europa, ignorando miopie e diffidenze. A tutti i paesi europei diciamo, in spirito di amicizia, che l’Italia è impegnata ad adempiere il Trattato che ci vincola alle stesse condizioni degli altri. Gli esami, le valutazioni ci saranno per tutti al momento prestabilito, secondo le regole comuni del Trattato. L’Italia non ammette, non tollera pregiudizi.

Il confronto parlamentare immediato sulla Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economica e finanziaria consente di chiarire subito, anche all’opinione pubblica europea, quanto forte e convergente sia la volontà politica italiana.

Il Governo è certo che la maggioranza che lo ha investito con la sua fiducia condivide questa impostazione: aperta al dialogo costruttivo, pronta al tempo stesso a far quadrato per difendere gli interessi indisponibili del Paese.