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Discorso al Comitato interinale del Fondo Monetario Internazionale - Washington

28/04/1997

WASHINGTON

28 APRILE 1997

DISCORSO DEL MINISTRO CIAMPI

AL COMITATO INTERINALE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

 

Le prospettive economiche mondiali la posizione dell'Italia

L'incontro odierno del Comitato interinale ha luogo in un momento di grandi speranze di miglioramento delle condizioni economiche in Europa e di una continuazione della crescita non inflazionistica nei Paesi industrializzati e nella maggior parte di quelli non industrializzati. L'economia mondiale mostra continui segni di forza. I benefici della crescita economica vengono condivisi da un più largo numero di Paesi. L'inflazione è stata tenuta bassa nei Paesi industrializzati e sta diminuendo nei Paesi in via di sviluppo. Notiamo in particolare le migliorate prestazioni e prospettive dell'Africa e delle economie in transizione dell'Europa centro-orientale. Questi sono segni molto positivi.

Nell'Unione europea si intravedono incoraggianti segni di ripresa dopo un prolungato periodo di attività stagnante e di disoccupazione nettamente in aumento. I frutti dell'aggiustamento fiscale che tutti i Paesi hanno perseguito con estrema determinazione negli anni passati diverranno non soltanto più robusti e duraturi, ma anche più tangibili. Con una minore incidenza del deficit e del debito pubblico, un mercato interno più vasto e più efficiente, e presto una moneta unica, le nostre economie possono iniziare un periodo di crescita trainata dagli investimenti e sostenuta dalle esportazioni che genererà nuova occupazione e riaccenderà la speranza nelle nostre giovani generazioni, per troppo tempo e così largamente private di opportunità di lavoro. Sono pienamente consapevole che riduzioni significative e permanenti dei nostri livelli di disoccupazione richiederanno l'apporto anche di altre politiche, ma senza una ripresa economica duratura il perseguimento degli aggiustamenti ancora necessari nei mercati del lavoro, nei sistemi educativi e nella struttura dei trasferimenti sociali sarebbe molto più difficile da conseguire. Senza maggiori risorse destinate alle infrastrutture, all'istruzione, all'avanzamento tecnologico, le nostre economie perderebbero terreno anche nel mercato globale, una conseguenza che non ci possiamo permettere.

Si intravvedono buone prospettive a lungo termine per l'Europa e per il mantenimento della sua posizione nel mondo, basata su un'economia solida, una società aperta e flessibile e comportamenti moralmente orientati, un'Europa capace di offrire buone prospettive alle sue generazioni presenti e future di cittadini e un'Europa che gode del rispetto dei suoi vicini e partner mondiali. Quest'idea ha guidato i nostri sforzi, in primo luogo verso la realizzazione di un mercato unico europeo e il perseguimento degli obiettivi di unificazione monetaria stabiliti nel Trattato di Maastricht. Questi sforzi vanno inquadrati in un continuum motivato dal desiderio comune di costruire un'Europa migliore.

Il processo di disinflazione e aggiustamento fiscale che molte delle nostre economie hanno dovuto intraprendere negli anni recenti è stato difficile, ma necessario. Non abbiamo avuto mai alcun dubbio circa la sua necessità. Questo processo ha fatto progressi probabilmente al di là delle aspettative di molti. Siamo ora alla stretta finale. Deve essere completato; dobbiamo garantire che possa continuare. L'unificazione monetaria richiede convinzione e perseveranza. Noi crediamo che i membri dell'Unione europea dispongano di entrambe queste doti. Crediamo inoltre che essi abbiano la lungimiranza e il comune proposito di completare il cammino verso Maastricht e di andare anche oltre.

L'Italia ha perseguito dai primi anni 90 un difficile aggiustamento economico. Lo ha fatto con grande determinazione e considerevole successo. Siamo passati da una posizione di deficit primario di bilancio a una di ampio avanzo primario; abbiamo arrestato e rovesciato la dinamica dell'incidenza del debito rispetto al PIL, raggiunto una posizione di conto corrente solida in tutte le sue componenti e di fatto eliminato il debito netto verso l'estero. Abbiamo drasticamente abbassato l'inflazione, eliminando le sue cause principali, mediante la combinazione di una politica improntata alla stabilità, un aggiustamento fiscale e una severa politica monetaria attuata da una Banca centrale autonoma. Abbiamo così aiutato a ricostituire nel Paese una cultura della stabilità dei prezzi e di responsabilità fiscale che sta mettendo radici. Tutto questo viene attuato in un clima di stabilità sociale.

Siamo fiduciosi che per la fine del 1997 avremo raggiunto tutti gli obbiettivi di Maastricht, tranne quello relativo al rapporto debito/PIL. Abbiamo riassunto gli obblighi d'intervento negli Accordi Europei di Cambio e la lira è rimasta stabile nel loro ambito. L'inflazione è già sotto il 2%. I tassi d'interesse sono scesi più che in altri Paesi europei. E ci aspettiamo che siano abbondantemente nella fascia di valori accettabili. Il deficit di bilancio sarà al 3% del PIL. Lasciatemi riaffermare qui il nostro forte convincimento circa il raggiungimento di questi obbiettivi.

Le misure prese insieme con il calo atteso nelle spese per interessi sono quantitativamente sufficienti per raggiungere l'obbiettivo di deficit per il 1997. Qualitativamente possono essere migliorate e lo saranno certamente con la legge finanziaria per il 1998. Abbiamo in programma di sostituire le misure una tantum prese nel 1997 con misure permanenti.

Il Parlamento ha già approvato importanti riforme che saranno operative il prossimo anno; vale a dire la riforma del sistema fiscale, quella della pubblica amministrazione e quella del bilancio. Il nostro sistema fiscale porterà nuovi incentivi per facilitare il riemergere di attività produttive e per ridurre l'evasione fiscale. La riforma della pubblica Amministrazione semplificherà drasticamente le procedure amministrative e standardizzerà la regolamentazione, rendendo l'attività di governo più responsabile e trasparente. Queste azioni alimentano il processo di deregolamentazione in atto. La riforma del bilancio dello Stato cambierà i criteri usati fino ad ora per redigere il bilancio riducendo gli incentivi a spendere e accentuando l'analisi costi-benefici di tutte le spese.

Il processo di privatizzazione ha raggiunto tutti i suoi principali obiettivi per il 1996 e continuerà con rinnovata forza nel 1997. L'accordo sul lavoro, ora divenuto legge, ha dato inizio a una nuova fase di politiche attive del lavoro e di relazioni sindacali che aiuteranno le imprese esistenti, specialmente quelle del Sud, a restare competitive e altre a insediarvisi. Allo stesso fine, abbiamo accelerato l'inizio di nuovi progetti infrastrutturali. L'accordo sul costo del lavoro, approvato dal governo e dalle parti sociali nel 1993, è effettivamente operante. Abbiamo intrapreso importanti riforme del sistema pensionistico nel 1992 e nel 1995 per risolvere il problema della sostenibilità del sistema di previdenza sociale. Il Governo riesaminerà il sistema vigente per verificare se l'andamento dell'aggiustamento introdotto dalle precedenti riforme ha bisogno di essere accelerato per garantire migliore sostenibilità a medio termine.

I mercati hanno capito e dato credito alla complessa strategia di aggiustamento che stiamo perseguendo. I differenziali dei tassi d'interesse sui titoli di Stato sono diminuiti notevolmente, non solo rispetto ai picchi che avevano raggiunto nel 1995, ma anche ai livelli già ridotti di 6-8 mesi fa. Questo dovrebbe facilitare il compito di ridurre il deficit di bilancio nell'anno in corso.

Le politiche seguite fino ad ora produrranno benefici sul sistema produttivo. I progressi nella lotta all'inflazione e nel consolidamento fiscale dovrebbero creare le condizioni per ulteriori riduzioni dei tassi d'interesse e spostare risorse dal settore pubblico a quello privato. L'investimento privato sarà così sostenuto e la crescita economica favorita. Il ciclo economico dovrebbe inoltre trarre beneficio dall'espansione economica in Europa. Conseguentemente, ci aspettiamo una considerevole ripresa della nostra economia nel corso del 1997, della quale sono già visibili alcuni segni, e un'ulteriore accelerazione della crescita nel 1998.

Il Fondo Monetario Internazionale, il suo ruolo e le sue risorse

Per adempiere le proprie funzioni in un contesto globale in rapido cambiamento, il FMI ha bisogno di chiarezza di obbiettivi, flessibilità di azione e risorse adeguate. Il Fondo ha notevolmente rafforzato le proprie funzioni di sorveglianza e notiamo con soddisfazione il progresso fatto in quest'area. I mercati finanziari globali stanno cambiando rapidamente e radicalmente l'ambiente economico internazionale. Molte delle conseguenze della globalizzazione finanziaria sono positive: migliore allocazione dei risparmi mondiali e maggiore disciplina dettata dal mercato sulle politiche interne. Ma alcune sono anche negative: più rapida propagazione degli shock, maggiori rischi di movimenti speculativi basati su aspettative autorealizzantesi. I mercati globali integrati offrono ora crescenti opportunità per un sempre crescente numero di Paesi in Asia e America latina ma pongono anche serie sfide. Ciò può essere raggiunto con successo attraverso politiche prudenti, maggiore cooperazione a livelli regionali e globali e attraverso l'esistenza di sistemi politici credibili. Il Fondo può aiutare in tutte queste aree.

Per queste ragioni crediamo fortemente che sia il mandato sia le risorse del Fondo debbano essere rivisti regolarmente e aggiornati quando necessario.

Di fronte a noi, oggi, vi è la domanda su quale ruolo il Fondo possa utilmente giocare per garantire la convertibilità del conto capitale per tutti i suoi membri. Questo è un obiettivo molto desiderabile e uno il cui tempo è venuto. La crescita molto veloce dei flussi finanziari oltre frontiera, la continuità delle innovazioni finanziarie, la crescente rapidità con cui i mercati finanziari progrediscono e reagiscono alle nuove informazioni e l'emergere di nuovi e importanti mercati finanziari, tutto questo milita in favore di appropriati e uniformi regimi di pagamento tra i membri. Le attività presenti e passate del Fondo e di altre istituzioni internazionali come l'OMC e l'OCSE hanno contribuito al raggiungimento dell'obiettivo della convertibilità del conto capitale. Ciò potrebbe essere ulteriormente agevolato affidando al Fondo una specifica responsabilità in quest'area.

Come tutti i cambiamenti importanti nei mandati delle istituzioni chiave, una modificazione degli articoli dell'Accordo del Fondo richiede un esame accurato da parte dei membri. La revisione non dovrebbe rappresentare uno scostamento dall'architettura esistente dell'articolato ma piuttosto un completamento della stessa. Il processo di liberalizzazione finanziaria è stato fino ad ora guidato dal mercato e basato sulle condizioni interne. Gli stessi Paesi hanno riconosciuto l'esigenza di rimuovere le restrizioni ai flussi di capitali allo scopo di raccogliere i benefici di un accesso più ampio e migliore ai risparmi dall'estero. Queste caratteristiche del processo dovrebbero essere preservate.

Con questo scopo, crediamo che sarebbe prudente e fattibile cominciare con emendamenti limitati agli articoli I e VI così da riconoscere esplicitamente che uno degli scopi generali del Fondo è di assistere i Paesi membri nel processo di liberalizzazione dei movimenti di capitale.

Il problema delle risorse ordinarie del Fondo ora si prospetta vasto, dal momento che la crescente dimensione dell'economia mondiale e la molto rapida espansione dei mercati finanziari hanno creato nuove esigenze e superato in velocità la crescita delle risorse a credito del Fondo. Il Fondo ha bisogno di adeguate risorse di capitale sue proprie se intende conservare il suo ruolo cruciale nell'economia mondiale.

Mentre l'esigenza di una più ampia e più forte linea di credito di sicurezza per affrontare le sfide del sistema alla stabilità finanziaria mondiale è stata soddisfatta con il Nuovo Accordo Generale di Prestito, l'adeguatezza delle risorse ordinarie del Fondo è ancora un problema che richiede soluzioni. Le risorse attualmente disponibili secondo tale Accordo non sono per la loro natura e scopi un sostituto per le risorse ordinarie del Fondo.

Il rapporto tra le quote del Fondo e gli indicatori standard della domanda potenziale è consistentemente ridotto nel tempo. A partire dalla quinta Revisione Generale delle Quote che risale al 1969 le risorse del Fondo sono state più che dimezzate rispetto alla produzione mondiale, allo stock di riserve internazionali e alle dimensioni dei pagamenti correnti. Da qui, l'adeguatezza delle risorse ordinarie a disposizione del Fondo è seriamente in dubbio.

Pertanto noi crediamo che un aumento nelle quote generali del Fondo di grandezza significativa è necessario e che il tempo di attuarlo è arrivato.

Un considerevole aumento nelle quote darà inoltre al Fondo l'opportunità di rimediare a un altro insostenibile disallineamento: quello tra le quote reali dei singoli membri e le loro relative posizioni nell'economia mondiale come rappresentate dalle loro rispettive quote calcolate. Un'istituzione cooperativa basata sulle quote come il FMI non può continuare a operare efficacemente senza una distribuzione dei poteri di voto commisurata alla relativa importanza dei membri nell'economia mondiale. Dati gli ultimi sviluppi nel corso del tempo, riallineamenti delle quote diventano inevitabili. Noi crediamo che abbiamo aspettato troppo a lungo per veder le nuove posizioni economiche di molti membri sviluppati e in via di sviluppo pienamente rispecchiate nelle loro quote del Fondo. Per queste ragioni noi riteniamo necessario procedere ora a un considerevole aumento delle quote complessive e alla distribuzione di una consistente porzione dell'aumento in un rapporto adeguato col gap tra le quote reali e quelle calcolate dei Paesi membri.

Crediamo inoltre che vi siano le basi per procedere ora a una speciale allocazione di diritti di prelievo, per soddisfare le esigenze di quei membri che non hanno preso parte a precedenti allocazioni poiché non erano membri della nostra istituzione e per ricostituire l'equilibrio dei Diritti Speciali di Prelievo (DSP) dei Paesi in via di sviluppo a basso reddito maggiormente dipendenti da essi. Per far ciò, dobbiamo avere un considerevole aumento dello stock attuale dei DSP emessi.

Progressi nella soluzione dei problemi del debito dei Paesi a basso reddito

Fin dal principio l'Italia ha sostenuto gli speciali sforzi fatti dal Fondo per aiutare i suoi Paesi membri più poveri nel risolvere i problemi strutturali della bilancia dei pagamenti. Abbiamo riconosciuto che questo obiettivo richiedeva nuovi strumenti e la disponibilità di credito a medio termine a condizioni particolarmente favorevoli. Per queste ragioni abbiamo sostenuto la creazione del SAF (Structural Adjustment Facility) e dell'ESAF (Enhanced Structural Adjustment Facility) e abbiamo contribuito a entrambi. Abbiamo inoltre favorito la proroga del finanziamento dell'ESAF nel periodo interinale, i.e. prima che divenga finanziariamente autosufficiente. Inoltre l'Italia ha coerentemente preso posizione in favore di quelle iniziative giustificabili economicamente e finanziariamente dirette ad alleviare l'onere del debito dei Paesi invia di sviluppo: abbiamo sostenuto il trattamento eccezionalmente favorevole dei Paesi poveri in via di sviluppo nel Club di Parigi e abbiamo annullato consistenti ammontari di debito su base bilaterale.

La più recente iniziativa in favore dei Paesi a basso reddito fortemente indebitati (la cosiddetta iniziativa HIPC) ci ha inoltre trovato di sostegno ai suoi scopi. Nondimeno dobbiamo riconoscere che i finanziamenti agevolati sono scarsi e che un ulteriore finanziamento agevolato è utile solo se apporta cambiamenti duraturi delle politiche e aumenta la produttività delle risorse nazionali ed estere che sono cruciali per garantire la crescita economica ai Paesi fortemente indebitati.

L'iniziativa HIPC è stata varata prima che il suo finanziamento fosse assicurato e che i Paesi beneficiari fossero concordati. Dobbiamo avere sia un budget sia il numero dei beneficiari. Senza di ciò l'iniziativa resterebbe aperta ai rischi di diventare finanziariamente insostenibile e di favorire in pratica i Paesi che possono avere accesso ad essa sin dal principio.

Io confido che i membri del Fondo faranno ogni sforzo per trovare un piano di finanziamento realistico e gestiranno l'iniziativa sulla base delle dimostrate esigenze e prestazioni dei beneficiari, per conseguire tutti gli importanti risultati insiti in essa.

Siamo pronti a contribuire all'iniziativa in una forma adeguata ai suoi scopi, purché queste condizioni siano rispettate.

In conclusione, il periodo che viene è chiaramente pieno di sfide ma porta con sé anche ampie opportunità. La produzione e il commercio mondiali stanno continuando a espandersi. La crescita economica è condivisa da sempre più regioni e popoli. L'integrazione dell'economia mondiale sta continuando e i suoi effetti benefici stanno diventando più visibili. La conservazione di queste tendenze favorevoli richiede buone politiche nazionali e la continua e rafforzata cooperazione a livelli sia regionali sia globali.

In Europa, stiamo completando un segmento cruciale del nostro processo d'integrazione: l'unificazione monetaria. Su di essa possiamo costruire un futuro economico migliore, vantaggioso per noi stessi e per i nostri partner. L'Italia sta partecipando a questo sforzo cruciale con lo stesso spirito, la stessa determinazione e lo stesso ideale con cui è stata presente alla creazione del progetto di integrazione europea. Gli sforzi di cooperazione regionale stanno inoltre fiorendo dovunque nel mondo: in Asia, America latina, Bacino del Mediterraneo.

La cooperazione internazionale si sta inoltre rafforzando nel commercio, nelle relazioni monetarie e nelle politiche economiche attraverso l'OMC, l'OCSE e il FMI. Abbiamo istituzioni capaci e ben consolidate il cui valore possiamo conservare e rafforzare.

Le sfide immediate consistono nel portare a conclusione con successo i molti importanti tentativi di cooperazione locale e globale attualmente in corso. L'obiettivo vero è di creare un mondo migliore dove le opportunità di crescita siano condivise da diversi Paesi e regioni e all'interno di essi dal maggior numero possibile di persone. Nelle nostre proprie nazioni dobbiamo garantire un'adeguata creazione di posti di lavoro per i giovani, sostenibili prestazioni sociali per le categorie svantaggiate e condizioni di serenità per gli anziani. Migliori speranze per il futuro dovrebbero essere realizzate e le possibilità di realizzare queste speranze dovrebbero essere colte. Queste sono le sfide fondamentali che abbiamo di fronte.