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Audizione alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato

20/06/1996

Roma
20 giugno 1996
Commissioni Bilancio (riunite) di Camera e Senato

Intervento del ministro Ciampi

Onorevoli Senatori, Onorevoli Deputati,
il Governo con i provvedimenti di urgenza adottati ieri dal Consiglio dei ministri e con la prossima approvazione del Documento di Programmazione Economico-finanziaria per il triennio 1997-99 intende impostare e realizzare una complessa strategia che consenta di guidare l’economia italiana verso la ripresa della crescita, il contenimento dell’inflazione, l’entrata nell’Unione monetaria Europea.

Obiettivo fondamentale dell’azione di Governo è la lotta alla disoccupazione. Perché questo impegno abbia la credibilità che la sua dignità e importanza meritano occorre che sia sostenibile al di là del breve periodo. La ripresa della attività economica su cui esso si fonda dovrà avvenire in un contesto non inflazionistico. Un basso tasso di inflazione è essenziale per proteggere il potere di acquisto dei salari, per aumentare la competitività delle imprese, per rafforzare la credibilità del Paese, per rendere la crescita sostenibile nel lungo termine, per mantenere la coesione sociale.

Per realizzare un tasso di inflazione coerente con gli obiettivi di convergenza verso la moneta unica, il Governo intende svolgere un’azione incisiva ed articolata.

La politica dei redditi costituisce un pilastro fondamentale per la stabilità e lo sviluppo; va intesa come politica di tutti i redditi. Essa, pertanto, deve essere sviluppata sui diversi fronti. Il Governo si propone il suo rafforzamento mediante: a) una politica degli andamenti tariffari, per i quali sarà adottata la regola del "price-cap", che, coerente con l’equilibrio di impresa e la dinamica della produttività, lo sia anche con gli obiettivi inflazionistici; b) l’operare di in Osservatorio per il monitoraggio dei prezzi con il compito, tra gli altri, della pubblicizzazione dei comportamenti anomali in tema di variazioni dei prezzi, nonché attraverso segnalazioni all’Autorità Antitrust.

La ripresa dell’attività economica va accompagnata da una crescita dell’occupazione. È una caratteristica negativa comune a tutti i paesi dell’Unione europea nell’ultimo quindicennio la discontinuità fra crescita del prodotto interno lordo e aumento dell’occupazione. L’esperienza dei paesi industriali dove la creazione dei nuovi posti di lavoro ha raggiunto grandezze significative indica in un basso livello dei tassi di interesse reali e nella flessibilità del mercato del lavoro gli ingredienti fondamentali di tale successo.

Nel corso del 1995 la crescita dell’economia mondiale è stata inferiore al trend di lungo periodo e a quanto previsto dalle maggiori organizzazioni internazionali. In Europa l’elevato livello dei tassi di interesse reali a lungo termine (oltre il 5% nella media dei principali paesi europei nel 1995) ha costituito il maggior fattore limitativo della crescita. Sia nel comparto a breve termine, sia in quello del lungo, i tassi di interesse reali in Europa si sono attestati a livelli considerevolmente più elevati che negli Stati Uniti e in Giappone.

Secondo le previsioni prevalenti, diminuzioni nei tassi di interesse accompagnate da una decisa contrazione dei bilanci pubblici, permetteranno in Europa, all’inizio del 1997 una ripresa della crescita, sia pure a ritmi tali che difficilmente consentiranno un rapido riassorbimento degli attuali livelli di disoccupazione e dei margini di capacità inutilizzata.

In Italia, la fase recessiva esauritasi sul finire del 1993, è stata seguita nel 1994 da una ripresa che si è rafforzata nel 1995, con una crescita del Pil del 3%, in termini reali, grazie soprattutto all’espansione delle esportazioni fortemente favorita dalla svalutazione della lira. Purtroppo dalla fine del 1995 è subentrato in tutta l’Europa un rallentamento delle attività produttive.

Per quanto riguarda l’anno in corso si prevede che la crescita reale del Pil si attesti, anzichè al 3% previsto lo scorso anno, intorno all’1,2 %, per riprendere successivamente, con conseguenti anche se moderati effetti positivi sull’occupazione.

Il successo della politica dei redditi e il perseguimento di una politica monetaria rigorosa hanno impedito che il rialzo dei prezzi in lire dei prodotti importati, soprattutto materie prime e beni di investimento e intermedi, causato dal forte deprezzamento della lira della prima parte del 1995, si traducesse in un elevato aumento dei prezzi.

Dalla seconda metà del 1995, il ricupero della valuta nazionale e la discesa dei prezzi internazionali hanno permesso l’inizio di una decelerazione di prezzi, specialmente di quelli alla produzione.

È da prevedere che il tasso di aumento dell’indice generale dei prezzi sia intorno al 4% nella media del 1996 e al 3,5% a fine anno.

Esistono le condizioni sia esterne sia interne perchè l’abbattimento dell’inflazione si rafforzi ulteriormente. Il Governo intende favorire con la sua azione, diretta e indiretta, questa tendenza.

La dimensione del disavanzo pubblico e del debito rispetto al prodotto interno lordo, il differenziale di inflazione, le incertezze che hanno a lungo caratterizzato l’evoluzione politica italiana, con conseguenze sulla credibilità e sulla fiducia nei mercati finanziari, sono state fra le cause principali del livello dei tassi di interesse reali in Italia più elevati che negli altri paesi dell’Unione europea. Occorre operare su queste grandezze per contare su un abbattimento durevole del livello dei tassi reali e dare nuovo impulso alla crescita.

L’impostazione della politica di bilancio del Governo non può non prender atto realisticamente del mutamento del quadro macro-economico e del peggioramento ciclico avvenuto in Europa e in Italia, dell’aggravamento dell’andamento tendenziale dei nostri conti pubblici. Esso intende, però, confermare gli obiettivi per gli anni 1997-1998 proposti dal precedente DPEF come obiettivi ai fini anche della partecipazione all’Unione Monetaria Europea. Il Governo sta disegnando un complesso di interventi correttivi sulla finanza pubblica.

La prima tappa si è concretizzata nella manovra ieri approvata, che ha effetti sia sul 1996, sia sugli anni successivi.

La seconda tappa troverà collocazione nei provvedimenti legislativi che saranno adottati nei prossimi mesi sotto forma di provvedimenti collegati alla legge finanziaria, nella legge finanziaria e nella legge di bilancio per il 1997.

Perché le due tappe possano essere percorse con sufficiente celerità, fondamentale è il ruolo del Parlamento a cui fin da oggi il Governo chiede la massima collaborazione. Il Governo stesso fornirà la massima disponibilità al Parlamento per il sollecito esame dei provvedimenti da sottoporre alla sua approvazione.

Il Governo è mosso dalla relazione di cassa presentata dalla Ragioneria generale il 24 aprile scorso, che ha aggiornato la stima del fabbisogno del settore statale per il 1996 in 119.000 mld., 9.600 in più rispetto al programmato. Nelle ultime settimane, un’ulteriore revisione del quadro della finanza pubblica ha innalzato il fabbisogno del settore statale nel 1996 a 130.000 mld. Il maggior fabbisogno è dovuto essenzialmente alla minore crescita economica, al venire meno di eventi non ripetibili che hanno influenzato favorevolmente il bilancio del 1995, a più elevati interessi rispetto alla previsione fatta un anno fa.

Come già ho detto, il Governo è determinato a confermare gli obiettivi di fabbisogno programmatico previsti dal precedente DPEF, nella convinzione che non vi è alternativa alla prosecuzione della politica di risanamento del bilancio pubblico: perseguirla con determinazione, nonostante le difficoltà sopraggiunte, rafforza la credibilità del paese e può produrre effetti favorevoli sui mercati. Il calo dei tassi di interesse è essenziale per attenuare il grave peso che sul fabbisogno è costituito dagli oneri finanziari per il debito ; esso è non meno importante per dar sostegno alla produzione. Favorevoli effetti già sono visibili sui mercati. Ne è testimonianza la riduzione in atto del differenziale dei tassi di interesse con la Germania in questi ultimi giorni.

Il complesso degli interventi ieri approvati incide per oltre 16.000 mld. sul fabbisogno del 1996 e per circa 19.000 mld. sul fabbisogno del 1997.

La filosofia complessiva dell’intervento sulla spesa è stata quella di ridurre al minimo l’impatto diretto sui cittadini, come utenti della Pubblica amministrazione e come beneficiari di trasferimenti e di non aver alcun effetto negativo sui prezzi. Tutta la macchina dello Stato è chiamata a contribuire ai tagli di spesa. La riduzione della spesa corrente è molto maggiore di quella in conto capitale.

Gli interventi correttivi per il 1996 riguardano le spese per circa 11.000 mld. e le entrate per oltre 5.000 mld. Si attende anche una qualche riduzione della spesa per interessi passivi già in questo scorcio d’anno.

La seconda tappa che troverà collocazione nei provvedimenti collegati alla finanziaria, nella finanziaria stessa e nella legge di bilancio dovrà prevedere ulteriori interventi per raggiungere l’obiettivo prefissato. La caratteristica fondamentale di questa ulteriore manovra continuerà ad essere il peso prevalente che avrà in essa la riduzione delle spese: l’apporto delle entrate sarà contenuto nel rispetto dell’impegno di mantenere la pressione tributaria invariata sul livello raggiunto nel 1996.

Le principali azioni strutturali di politica economica sulle quali si concentrerà la strategia del Governo saranno:

  1. il rilancio della modernizzazione della Pubblica Amministrazione;
  2. la riforma del bilancio dello Stato;
  3. una riforma amministrativa e fiscale orientata alla semplificazione e al decentramento;
  4. il rilancio delle privatizzazioni e delle alienazioni patrimoniali;
  5. la modernizzazione dello Stato sociale basata sui principi di una maggiore efficienza e di una maggiore equità, anche intergenerazionale.

La politica economica del Governo comprende linee direttive di interventi specifici o settoriali. Fra di esse ha netta priorità la politica per l’occupazione e per il Mezzogiorno.

I due temi vengono menzionati congiuntamente perché la disoccupazione, problema comune a tutti i paesi dell’Unione Europea ha una forte concentrazione nel Mezzogiorno. Ciò rende il problema ancora più doloroso e grave. Un tasso di disoccupazione che ha superato in quest’area il 22% non è accettabile.

La concentrazione territoriale della disoccupazione rende obbligatorie alcune scelte e priorità: ammodernamento dell’assetto istituzionale del mercato del lavoro, semplificazione delle normative, sostegno dell’imprenditorialità, promozione della ricerca e diffusione della sua applicazione, formazione delle risorse umane, dotazione di adeguate infrastrutture materiali e immateriali.

Nel Mezzogiorno il Governo si sente vincolato non solo ad accelerare il suo impegno nella realizzazione delle opere pubbliche, ma anche a favorire il sorgere di imprese locali, specie di quelle medie e piccole, attraverso la costituzione di nuovi distretti industriali, l’ampliamento di quelli esistenti, l’arricchimento di assistenza tecnica e finanziaria. Il Governo intende altresì promuovere le modifiche organizzative e operative atte ad accelerare l’utilizzo di fondi strutturali europei e quelle legislative che consentano la partecipazione di capitali privati alla realizzazione degli investimenti pubblici.

Elemento portante per affrontare in modo nuovo ed efficace questo problema è il rilancio e la completa attuazione dell’accordo del luglio del 1993. Mi riferisco alla seconda parte, rimasta praticamente irrealizzata.

Si intende condurre un intenso dialogo con le parti sociali, già avviato lunedì scorso con la sessione della politica dei redditi. Lo scopo primo è di definire intese sulle azioni da svolgere per ridurre la disoccupazione. Si mira a giungere ad un’Alleanza per il lavoro cui seguiranno, ove necessario, apposite coerenti iniziative legislative, azioni amministrative, e specifici accordi sindacali.

Per concludere un accenno al Consiglio Europeo che si svolge a Firenze domani e dopodomani. Il Consiglio Europeo di Madrid ha confermato che il terzo stadio dell’Unione Economica e Monetaria avrà inizio l’1.1.99; la decisione sui paesi che ne faranno parte sarà presa nel 1998. Il Consiglio di Firenze è centrato sulle politiche del lavoro e dell’occupazione, con l’intento di dare un segnale di concretezza su questo fronte; esso inoltre è destinato a sancire i progressi compiuti a far tempo dal Consiglio di Madrid sul fronte dell’U.E.M.

Il programma che verrà delineato nel DPEF intende costituire, nonostante le sopraggiunte difficoltà, un avanzamento verso il traguardo della partecipazione dell’Italia all’Unione Economica e Monetaria. L’aggancio dell’Italia all’Europa compendia il disegno operativo tracciato dal Governo: il rientro della lira nell’Accordo di cambio europeo; successivamente, la partecipazione alla moneta unica. La possibilità di accelerare i tempi nel rispetto dei criteri di convergenza sarà valutata dl Governo in autunno in relazione all’andamento della congiuntura e dei mercati finanziari.

Il Governo è convinto che gli italiani sapranno corrispondere con rinnovata fiducia se vedranno affrontati con chiarezza e con determinazione i principali mali di cui soffre il Paese: la disoccupazione, l’arretratezza di intere aree, le iniquità costituite dagli sprechi del pubblico denaro e dall’evasione fiscale; e se avvertiranno la validità e la concretezza dei traguardi che vengono loro proposti.

L’Italia in questi ultimi anni ha progredito molto verso il risanamento della sua economia; ha dato prova di una capacità non comune di coesione interna. L’entità dello sforzo compiuto e che si propone di compiere è data dall’avanzo primario di bilancio che raggiungerà nel 1996 il 4,5% del Pil, per salire oltre il 5% nel 1997. È una realtà che non può non ottenere il riconoscimento dei nostri partner europei, non può non avere una ricaduta adeguata sull’onere degli interessi, riducendo il differenziale dei tassi che penalizza la nostra economia, pubblica e privata.

Il rilancio delle privatizzazioni e delle dismissioni patrimoniali accrescerà la credibilità e la fiducia dell’Italia sui mercati interni ed internazionali.

Nell’affrontare i due prossimi anni non deve abbandonarci la consapevolezza che il tratto ancora da percorrere si è fatto breve, che rinunciare a percorrerlo vanificherebbe i costi sopportati, pregiudicherebbe l’avvenire di intere generazioni.