Benvenuto sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, conosciuto anche come Portale mef

Contenuto principale

Audizione alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato - Senato della Repubblica

16/01/1997

ROMA - SENATO DELLA REPUBBLICA

16 GENNAIO 1997

SEDUTA CONGIUNTA DELLE COMMISSIONI BILANCIO DI SENATO E CAMERA

AUDIZIONE DEL MINISTRO CIAMPI

1. Questa richiesta di audizione nasce dall’annuncio che il Tesoro ha dato il 2 gennaio scorso della stima del fabbisogno dello Stato nel 1996 indicata in 138.500 miliardi. Il dato supera di 15.500 miliardi la previsione contenuta nella nota di aggiornamento del DPEF del 2 ottobre scorso.

Desidero per prima cosa far presente che del peggioramento dei conti pubblici nel corso dell’autunno non si è mancato di dare notizia, principalmente con la pubblicazione all’inizio di ciascun mese del saldo dei conti dello Stato alla fine del mese precedente. Così, da ultimo, il 2 dicembre il Tesoro ha reso noto con un comunicato che il mese di novembre si era chiuso con un fabbisogno di 135.000 miliardi per i primi 11 mesi dell’anno. Sulla base di questi dati il 12 dicembre, in una conferenza stampa a Dublino affermai che per l’intero anno il fabbisogno sarebbe stato contenuto entro i 140.000 miliardi. La dichiarazione fu riportata con evidenza da tutti i mezzi di comunicazione: ad esempio il quotidiano più diffuso, il Corriere della Sera, non solo la riportò nella pagina economica della edizione del 13 dicembre, ma ne fece oggetto di commento nell’editoriale dello stesso giorno.

La realtà dei nostri conti pubblici per il 1996 era stata scontata dai mercati prima del comunicato del Ministero del Tesoro del 2 gennaio scorso. Ne è conferma il fatto che in questi primi giorni dell’anno titoli pubblici e lira stanno registrando quotazioni positive. Tutti i mercati finanziari del nostro paese hanno iniziato l’anno in modo decisamente favorevole. I tassi di interesse sui titoli di Stato hanno toccato nuovi minimi nelle prime emissioni di gennaio.

Resta il fatto che l’andamento dei conti pubblici è stato peggiore del previsto.

Il desiderio di approfondire compiutamente in questa audizione gli sviluppi più recenti dei conti pubblici trova un limite nella indisponibilità, al momento, di dati analitici: lo stesso dato globale è necessariamente una stima. L’informazione completa sarà, come noto, disponibile solo fra qualche tempo; farà oggetto, come di consueto, della relazione di cassa che viene presentata entro il marzo di ciascun anno.

Questa limitazione non ci impedisce di utilizzare l’odierna occasione di incontro per mettere a disposizione e commentare dati che permettono di meglio conoscere e valutare l’andamento dei nostri conti pubblici, in atto e in prospettiva.

In questo mio intervento di apertura, avendo la disponibilità analitica dei conti fino a tutto settembre, ritengo opportuno:

  • commentare alcuni aspetti dei nostri conti pubblici nei primi nove mesi del 1996, confrontandoli con quelli del corrispondente periodo del 1995;
  • fornire le indicazioni al momento disponibili per gli ultimi tre mesi del 1996.

Aggiungo che utili elementi conoscitivi possono essere tratti direttamente dalla Relazione di Cassa presentata alla Presidenza delle due Camere il 24 dicembre 1996. Essa ha riferito dettagliatamente sull’andamento dei conti pubblici nei primi nove mesi del 1996; conteneva altresì una stima del fabbisogno di cassa del settore statale per l’intero anno, indicato in 137.000 miliardi.

Debbo infine aggiungere che la provvisorietà dei dati di cui parliamo discende anche dal fatto che la serie dei nostri conti pubblici è oggetto di revisione in relazione alla riclassificazione di alcune voci che stiamo definendo con gli uffici competenti della Commissione europea. Questa opera di riclassificazione (che non è stato possibile concludere entro la fine del 1996 per affinamenti che gli uffici di Bruxelles stanno conducendo nella definizione dei criteri contabili validi per tutti i paesi comunitari) sarà verosimilmente conclusa ai primi di febbraio: la Relazione di cassa di marzo potrà quindi tenerne conto.

2. Nei primi nove mesi del 1996 il fabbisogno è risultato pari a 95.853 miliardi, in aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente quando era risultato pari a 92.918 miliardi. Le entrate complessive passano da 392.665 a 409.179 miliardi (+ 4,2 per cento), le spese da 485.583 a 505.032 miliardi (+ 4,0 per cento).

Sul fronte della spesa l’incremento di quella corrente, al netto degli interessi, è 4,8 per cento e quella in conto capitale, comprensiva delle poste classificate come partite finanziarie, pari al 6,7 per cento.

L'incremento della spesa corrente, calcolato come sopra, non rappresenta esattamente la variazione fra i due periodi, in quanto nel 1996 i trasferimenti alle Regioni sono stati ridotti in corrispondenza dell’attribuzione alle stesse del gettito dell'accisa sulla benzina e quelli all'INPDAP sono al netto dei contributi a carico dei dipendenti pubblici. Rendendo omogenei i dati a confronto, l'incremento della spesa corrente sale al 6 per cento, una crescita superiore di circa due punti al tasso d'inflazione. Aumentano, in particolare, le spese per acquisti per beni e servizi, per i trasferimenti agli enti locali, alla sanità e agli enti previdenziali.

Fra le varie componenti della spesa in conto capitale, merita di essere richiamato l'aumento dei mutui erogati dalla Cassa Depositi e Prestiti agli enti locali, passati, nei primi nove mesi dell'anno, da 3.100 miliardi nel 1995 a 5.000 miliardi circa nel 1996.

Sul fronte delle entrate, gli incassi tributari - includendovi, per omogeneità di confronto, il gettito dell'accisa trasferita nel 1996 alle Regioni - aumentano dell'8 per cento circa rispetto all'anno precedente. Rilevante è la crescita delle imposte dirette (+ 11,6 per cento), sostenuta dai buoni risultati dell'autotassazione di giugno che ha tratto vantaggio dall'andamento dei conti economici delle imprese nel 1995, sia in termini di saldo 1995, sia in termini di acconto 1996. Anche l'IRPEF si presenta in crescita (+ 6,7 per cento), in linea con l'evoluzione del reddito monetario. Meno positivo è stato l'andamento delle imposte indirette (+ 4,6 per cento), dell'IVA in particolare, che ha risentito dell'andamento congiunturale dei consumi nella parte centrale dell'anno e dell'apprezzamento del cambio. Le entrate extra-tributarie presentano una riduzione (- 5,7 per cento), in parte dovuta agli effetti di contabilizzazione prodotti dalla riforma pensionistica.

Un trattamento a parte merita l'analisi dei flussi di entrata-uscita con l'Unione Europea. Lo sbilancio netto nei primi nove mesi del 1996 aumenta in modo considerevole rispetto all'anno precedente. Le ragioni di questo aumento si ritrovano sia nel peggioramento del saldo tra le somme che l’Italia deve annualmente all'U.E. e le somme da questa accreditate all'Italia per il finanziamento dei programmi di spesa assistiti dal bilancio comunitario, sia nell'aumento dei prelievi dell'Unione Europea sui conti di tesoreria dove sono depositate le somme spettanti all'U.E. Per questi due motivi, nei primi nove mesi dell'anno i rapporti finanziari del nostro Paese con l’U.E. hanno registrato un effetto negativo dell'ordine di 6.000 miliardi di lire, a fronte di un saldo negativo di 900 miliardi nello stesso periodo del 1995.

La spesa per interessi presenta un aumento dell'1,3 per cento rispetto ai nove mesi del 1995, per effetto dell'aumento dello stock del debito pubblico, compensato in parte dalla riduzione dei tassi d'interesse.

Passo ora agli avvenimenti dell'ultimo trimestre del 1996, per la parte che è oggi conoscibile e che tratterò con riferimento agli scostamenti rispetto alle previsioni formulate con la Nota aggiuntiva al documento di programmazione economica e finanziaria presentata nel mese di ottobre. In quella occasione il fabbisogno per il 1996 era stato stimato in 123.000 miliardi, cioè 15.500 miliardi meno del valore che si è rilevato a fine anno.

Il maggior fabbisogno è imputabile per circa un terzo a minori entrate, soprattutto a quelle extra-tributarie. Per gli altri due terzi esso deriva da fattori di aumento legati:

  • ai maggiori prelievi da parte degli enti che detengono le loro disponibilità sui conti aperti presso la Tesoreria dello Stato;
  • a una lievitazione delle spese nel settore previdenziale e in quello degli altri enti pubblici;
  • a ulteriori maggiori utilizzi delle disponibilità da parte della Unione Europea.

L'utilizzo delle disponibilità di tesoreria si è accentuato nella seconda metà del mese di dicembre. Voglio sottolineare che questi fattori di aumento sono stati in parte compensati da una minore spesa per interessi legata alla discesa dei tassi.

3. A mano a mano che disporremo di maggiori elementi sarà possibile precisare, quale effetto di trascinamento sui conti del 1997 dobbiamo attenderci dal peggioramento di 15.000 miliardi nei conti del 1996.

Ritengo che nella misura in cui il peggioramento è discendente da un utilizzo "anomalo" delle disponibilità di tesoreria, vuoi da parte degli intestatari nazionali delle contabilità speciali, vuoi della Commissione europea, esso non avrà riflessi negativi sui conti del 1997. È difficile al momento fare quantificazioni. Posso solo aggiungere che a fronte del trascinamento negativo dipendente da altre cause del peggioramento, possiamo prevedere per il 1997 un ulteriore apporto positivo nascente da minori oneri per interessi sul debito pubblico - quale effetto sia del buon andamento dei tassi di interesse sia di affinamenti della gestione del debito pubblico.

Le preoccupazioni, i dubbi sulla nostra capacità di raggiungere nel 1997 gli obbiettivi prefissati si devono tradurre in uno straordinario impegno operativo. È quanto il Governo, i Ministeri del Tesoro e del Bilancio e delle Finanze in particolare, stanno facendo. Sin da metà dicembre è stato costituito presso il Tesoro un gruppo per il monitoraggio dei conti pubblici, composto da rappresentanti della Presidenza del Consiglio, del Ministero del Tesoro e del Bilancio, delle Finanze, della Banca d’Italia e dell’ISTAT; esso ha lo scopo di tenere costantemente sotto controllo, e valutare, gli andamenti dei flussi di cassa che compongono il fabbisogno del settore statale e l’indebitamento netto della pubblica Amministrazione (attraverso affinamenti nella metodologia di rilevazione e classificazione, maggiore integrazione e scambi di flussi informativi tra gli organismi interessati).

L’obbiettivo non è solo di rendersi conto con prontezza di quanto sta accadendo nei conti pubblici, ma di poter operare tempestivamente affinché il grado di realizzazione della manovra complessiva di bilancio sia il più alto possibile. Questo è lo sforzo che tutti i dicasteri e le dipendenti amministrazioni debbono effettuare: realizzare quanto Parlamento e Governo hanno deciso approvando il bilancio 1997.

Questa azione, che deve essere anche inizio di attuazione della riforma della pubblica Amministrazione, deve costituire un momento nuovo nel modo d’essere, nei comportamenti degli uffici pubblici.

Altro punto essenziale per il raggiungimento degli obbiettivi del 1997 in termini di spesa è costituito dalla gestione di tesoreria.

Il Governo ha preso l’impegno, lo ha ripetutamente confermato, intende attuarlo, di dare maggiore autonomia, anche finanziaria, agli enti locali.

Oggi, nell’immediato, abbiamo da affrontare un problema che non interferisce con quell’obbiettivo di fondo, un problema contingente, che non possiamo eludere.

Nel tempo si sono accumulati sui conti intestati agli enti decentrati di spesa giacenze imponenti. Cito il totale delle contabilità speciali: oltre 150.000 miliardi di lire; l’utilizzo di queste giacenze è nella libera disponibilità degli intestatari dei conti. È una situazione diÈ fatto che mina la possibilità di governo dei conti pubblici nei limiti annualmente definiti dal Parlamento. Il prosciugamento delle giacenze eccessive avverrà nel corso dei prossimi mesi, secondo quanto Parlamento e Governo hanno deciso con l’approvazione dell’art. 3 comma 214 del "Collegato". Norme introdotte nel decreto di fine anno e intese di autodisciplina intercorse tra Governo e enti locali mirano a far sì che questo ridimensionamento necessario delle giacenze di tesoreria avvenga senza nocumento sui conti del 1997.

4. Le ultime settimane hanno visto l’estendersi del positivo andamento del mercato obbligazionario a quello azionario. Fra i diversi motivi che possono essere addotti a spiegazione del miglioramento dei corsi azionari, vi è senza dubbio il forte calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Ciò induce il risparmiatore, sia in via diretta sia tramite i fondi di investimento, a cominciare a dirottare una quota dei mezzi sinora investiti in titoli di Stato verso le azioni. Le differenze di dimensione dei due mercati sono rilevanti: il volume di transazioni giornaliere di titoli di Stato si aggira sui 40.000 miliardi, con punte di 60.000; quello delle azioni sui 1.000 miliardi, con punte sino a 2.000. Lo spostamento, anche marginale, di acquisti, dal primo mercato al secondo, ha modesti effetti sul primo, rilevanti sul secondo.

Un breve aggiornamento sui tassi di interesse. Il loro calo si è incentrato sui titoli di Stato a medio e lungo termine: il movimento è stato di inusitata intensità; si è accompagnato, sopravanzandola, con la riduzione dell’inflazione. Nella media dei BTP (a 3, 5 e 10 anni) il tasso lordo di aggiudicazione alle aste, dall’aprile 1996 al gennaio 1997, cioè in 9 mesi, è disceso di oltre 3,5 punti percentuali, dal 10,40 al 6,47 per cento; per la media dei BOT il calo è stato dal 9,50 al 6,50 per cento. Ciò ha un forte effetto sulla spesa per interessi, con un beneficio che si avvertirà soprattutto sul bilancio del 1997 e su quello del 1998. Si sta così ridimensionando il rapporto tra spesa per interessi e PIL che ebbe il suo massimo nel 1993 con il 12 per cento; esso potrà ridursi nel 1998 verso l’8 per cento.

Il differenziale tra il tasso dei nostri titoli a 10 anni e quello degli analoghi titoli tedeschi si è portato su 160 punti base; era di 440 punti base all’inizio di aprile 1996; nel 1995 era giunto a superare i 600 punti base. Circa 2/3 del differenziale corrisponde al divario nei tassi di inflazione.

Dopo un così sensibile e rapido calo, il livello dei tassi è attualmente in corso di stabilizzazione sul medio-lungo termine; sta proseguendo nel breve, riportando la curva dei rendimenti dei titoli verso la struttura "normale", cioè ascendente dal breve verso il medio-lungo termine.

L’andamento dei tassi è importante per l’intero Paese: si tratta della cinghia di trasmissione dall’area dell’economia monetaria e finanziaria a quella reale. La riduzione si sta gradualmente estendendo al settore del credito. A cavallo dell’anno i tassi bancari attivi e passivi, prima gli uni, poi gli altri, sono diminuiti. Sempre dall’aprile scorso ad oggi i tassi attivi bancari sono passati, il "prime rate", dall’11,50 al 9,875; quello medio dal 12,50 al 10,75.

5. Abbiamo da pochi giorni iniziato il nuovo anno. Ci siamo proposti un obbiettivo ambizioso: la partecipazione dell’Italia all’Unione Monetaria Europea. Il 1997 è l’anno chiave: per l’Italia, per l’intera Europa comunitaria. L’impresa è per noi particolarmente ardua; ne siamo pienamente consapevoli.

Ci confortano nella scelta fatta alcune considerazioni e constatazioni:

  • perseguiamo un obbiettivo che, a un tempo, risponde agli interessi del Paese e interpreta l’aspirazione europea che nettamente prevale nella coscienza degli Italiani. La strada che la partecipazione all’Europa ci impone di percorrere è la stessa strada del risanamento della nostra economia che dovremmo in ogni caso percorrere;
  • l’accelerazione del "passo" decisa dal Governo a fine settembre non aumenta necessariamente i costi, al contrario può ridurli. Ne è prova l’acceleramento della discesa dei tassi di interesse dopo l’annuncio di settembre. A fine 1998, a conti fatti, spero a successo ottenuto, l’apporto al riequilibrio dei conti pubblici dato dalla riduzione dei tassi di interesse risulterà consistente e decisivo: è un apporto che non è un costo, ma un sollievo per l’intera economia. La sinergia, il reciproco sostegno fra politiche di risanamento, soprattutto nella quantità e nella qualità dei tagli della spesa, e calo dei tassi di interesse sono di tutta evidenza;
  • nei primi otto mesi di vita di questo Governo ci siamo messi in regola con tre dei parametri del Trattato di Maastricht, e precisamente:
  • l’inflazione: l’abbattimento dal 4,5 per cento di aprile 96 al 2,6 di dicembre ci ha già di fatto portato al 2,5 per cento medio per il 1997: dobbiamo ora consolidare il livello raggiunto, rafforzando il risultato statistico con miglioramenti negli equilibri strutturali di costi e di prezzi. Il Trattato di Maastricht richiede che nei Paesi che intendono partecipare all’U.E.M. l’inflazione non si discosti di più di un punto e mezzo rispetto alla media dei tre migliori risultati: per il 1996 il parametro era 2,6 per cento;

    i tassi di interesse: il Trattato di Maastricht prevede che il tasso di interesse a lungo termine (per noi quello dei BTP a dieci anni) non si discosti di più di due punti rispetto alla media degli stessi tre Paesi che si prendono in considerazione per l’inflazione; per il 1996 il parametro era 8,7 per cento;

    la partecipazione della lira all’accordo di cambio: il Trattato prevede l’osservanza dei normali margini di fluttuazione previsti dall’accordo di cambio dello SME per almeno 2 anni, senza svalutazioni;

  • il dichiarato impegno a conseguire l’obbiettivo europeo ha accresciuto il nostro peso politico; ciò è particolarmente importante nelle trattative che quotidianamente si conducono nelle varie sedi comunitarie per costruire le strutture istituzionali ed operative dell’EMU.

Non altrettanto confortante - e ne ho già riferito - è il risultato finora raggiunto nei conti pubblici.

Il Governo ha ereditato nel maggio scorso la Legge Finanziaria per il 1996 approvata nell’autunno del 1995; la ha integrata, in giugno, sulla base degli elementi tecnici disponibili, con una manovra aggiuntiva. Ciò, anche per alcune delle cause che ho ricordato, non è stato sufficiente per raggiungere l’obbiettivo.

L’esperienza fatta nel 1996 impone un cambiamento nei modi e nei tempi con i quali affrontare l’evoluzione dei conti pubblici in corso d’anno. Di qui, in primo luogo, la necessità del massimo impegno da parte di tutti i Ministeri, di tutte le istituzioni centrali e locali nel realizzare, per gli aspetti di propria competenza, le misure deliberate con la manovra di bilancio e completate con il decreto legge di fine anno. Di qui l’importanza di un approfondito e continuo monitoraggio. Eventuali tendenze non coerenti con gli obbiettivi devono essere colte con prontezza, in modo da potere reagire tempestivamente sia con interventi amministrativi sia con correzioni legislative.

È intendimento del Governo di rendere periodicamente conto dell’andamento dei conti pubblici al Parlamento nello spirito di collaborazione e di informazione che trova proprio nelle sedi delle Commissioni Bilancio il momento più appropriato e responsabile del confronto fra Governo, maggioranza e opposizione. È questo un dovere istituzionale; lo è ancor più in un anno cruciale quale è il 1997.

6. Concludendo, i progressi fatti sono molti e ci vengono riconosciuti: valgano i recenti rapporti sull’Italia delle maggiori istituzioni internazionali, dal Fondo Monetario all’OCSE, alla Commissione europea.

Quei progressi non si limitano a quelli sopra ricordati che fanno riferimento ai parametri del Trattato di Maastricht. L’Italia che aspira a far parte dell’Europa ha un’economia che:

  • ha un avanzo ampio nella bilancia dei pagamenti correnti con l’estero;
  • non ha debito estero;
  • è in grado di finanziare il pur elevato debito interno con il proprio risparmio.

Tutto questo deve essere ricordato a chi vede nella partecipazione dell’Italia all’U.E.M. un apporto di debolezza, di instabilità. È questo un pregiudizio che riflette realtà ormai superate, come d’altra parte non pochi osservatori ci riconoscono.

La cultura della stabilità è ormai divenuta patrimonio del Paese: lo ha dimostrato la capacità, credo unica nelle esperienze europee degli ultimi decenni, di riassorbire, nel volgere di un anno, sia la svalutazione del 25 per cento che la lira subì nel 1995 sia la conseguente fiammata inflazionistica.

Nell’affrontare con determinazione la sfida che noi stessi ci siamo proposti dobbiamo dimostrare che il Paese sa trovare in se stesso la forza di operare, di reagire, non solo quando si trova di fronte a situazioni di emergenza, ma per scelte consapevolmente maturate.