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22/10/1997

Roma
22 ottobre 1997
Audizione Senato

Sono passate tre settimane dalla mia esposizione nell’aula del Senato sulla manovra economico-finanziaria per il 1998. È stato un periodo breve ma intenso, dal quale possiamo trarre alcune indicazioni per il cammino che ci resta da fare.

Una prima indicazione, che è una conferma, è lo stretto legame tra il risanamento del bilancio e i grandi obbiettivi che il nostro Paese si è dato. Non voglio qui parlare delle cause che hanno segnato le recenti gravi tensioni nella maggioranza. Voglio solo sottolineare che siamo riusciti a ricomporre quelle tensioni soprattutto perché l'obbiettivo della moneta unica, dell'ingresso nell’Unione economico-monetaria è fortemente radicato negli italiani. Si tratta di una maggioranza composita e trasversale, che attraversa tutte le classi sociali e non conosce differenze di censo, di residenza geografica o di convinzioni politiche.

È stata questa realtà a imporre la soluzione della crisi. Ed è questa realtà che ci sprona a percorrere quest'ultimo tratto di strada rappresentato dalla Finanziaria 1998. Presto e bene: presto, perché i tempi residui della sessione di bilancio non ammettono ritardi. Bene, perché la Finanziaria 1998 deve superare l’esame parlamentare con il rispetto formale e sostanziale dei grandi saldi dei conti pubblici. Non basta fare una manovra da 25 mila miliardi; bisogna che questa manovra dia il senso della sostenibilità dei conti pubblici, proietti le maggiori entrate e le minori spese al di là del 1998, e anzi, per quelle categorie di spesa che più generano preoccupazioni, produca risparmi crescenti nel tempo.

Queste considerazioni non sono certo nuove: fin dall’inizio costituivano le linee portanti della Finanziaria 1998. Ma sono tenuto a ribadirle perché conservano - forse, anzi, oggi accrescono - tutta la loro validità.

Una seconda indicazione è infatti quella della continuità, lungo la linea della Finanziaria dello scorso anno. Con quella Finanziaria gettammo un ponte a più arcate: tre furono costruite in modo definitivo, la quarta, aggiunta in un secondo tempo, fu provvisoria. Quanto allora deciso ci sta permettendo di raggiungere da subito l’obbiettivo della partecipazione all’Euro. Con la Finanziaria del 1998 dobbiamo sostituire la quarta arcata provvisoria con una definitiva.

Ho già esposto in aula al Senato l’ossatura della manovra. Faccio riferimento alla relazione depositata agli atti dell’Assemblea. Ma c’è un aspetto di questa costanza di strategia e di approccio che credo sia opportuno richiamare. Perché importante in sé e soprattutto perché la sua centralità è emersa con chiarezza dalle tensioni e dalle soluzioni portate dalle vicende recenti.

Mi riferisco alla riaffermazione della centralità del metodo della concertazione tra Governo e parti sociali. La legge annuale di bilancio è molto più di un fatto contabile o di un atto di politica economica. È il luogo dove si confrontano e si compensano le tensioni della società, dove si tirano ogni anno le somme del dare e dell'avere. La politica di bilancio non è mai politica di solo bilancio, e tanto meno lo è in Italia dove gli squilibri del bilancio dipendono in gran parte dal peso dei diversi interessi, dalla capacità di dar soluzione in modo ordinato alla contesa sulle quote di reddito da distribuire. Altrimenti si genera inflazione, si creano, non si eliminano gli squilibri.

Il risanamento dei conti pubblici non dipende solo dalla sovranità del Parlamento in materia di entrate e spese ma anche dai comportamenti delle parti sociali. Questa non è una affermazione di principio, ma una conclusione basata sull'esperienza. Il fatto che l'inflazione in Italia sia stata domata, malgrado la "prova del fuoco" di due pericolose crisi sfociate in due forti svalutazioni della lira, nel 1992 e nel 1995, è dipeso anche da una politica dei redditi cui le parti sociali hanno aderito con un senso di responsabilità che l'Europa ci invidia. E adesso che l’inflazione italiana si è saldamente collocata nella fascia bassa dell'inflazione europea, che l'attività economica dà netti segni di risveglio, che anche l'occupazione comincia a riprendersi, credo sia doveroso riaffermare che il ruolo delle parti sociali nel controllo del costo orario del lavoro - e quindi dell'inflazione e quindi dei tassi, delle spese per interessi - continua ad essere centrale.

Nei giorni più difficili delle scorse settimane ci ha senz’altro aiutato la reazione dei mercati. Sia la lira sia i titoli pubblici sono rimasti saldi: una reazione composta, che è dovuta a una valutazione di fondo che non può che rassicurarci. Sono stati apprezzati i nostri progressi in tema di controllo dell'inflazione, di riduzione dei tassi, di annullamento del debito estero, di ripresa della crescita, di calo del deficit pubblico e del rapporto debito pubblico/PIL. E’ un giudizio che ci incoraggia a percorrere l'"ultimo miglio" del risanamento.

Ma in quegli stessi giorni, dai mercati ci è venuto, a causa di eventi internazionali, un monito. L’aumento dei tassi in Germania e negli Stati Uniti ci dice che altre riduzioni dei tassi di interesse in Italia, che pure sono possibili e auspicabili, non trovano più un ambiente internazionale favorevole. Sono tutte da guadagnare con i nostri comportamenti, con la coerenza delle scelte, con il carattere strutturale delle misure di controllo della spesa. In altre parole, continuando ad operare come abbiamo fatto sinora, acquisendo ulteriore credibilità e con ciò erodendo i differenziali nei tassi.

Mi si consenta un breve consuntivo.

Un anno fa, formulavamo una previsione per il tasso d’inflazione nella media del 1997 pari al 2,5 per cento. A quel tempo, nel settembre del 1996 il tasso annuo di inflazione correva al 4 per cento. L’obbiettivo fu considerato da molti non raggiungibile. Già da alcuni mesi, il tasso di inflazione a distanza di dodici mesi si colloca intorno all’1,5 per cento; sta risalendo in questi mesi finali dell’anno per l’effetto tecnico dell’aumento dell’imposizione indiretta. Ad ogni modo, il risultato medio annuo per il 1997 sarà migliore dell’obbiettivo di circa mezzo punto percentuale.

Con un’inflazione inferiore al 2 per cento il nostro Paese si colloca tra i paesi a più bassa inflazione in Europa. Tale stabilità si basa sui comportamenti dei cittadini e sull’andamento dei costi, interni ed esterni. Per quanto riguarda i costi esterni, osserviamo che il dollaro è sceso a livelli compatibili con la stabilità dei prezzi. Il petrolio è stabilmente al di sotto dei 20 dollari al barile. Le materie prime non danno segni di aumenti.

All’interno, il costo del lavoro per unità di prodotto, aumentato nel 1996 e nel 1997 per la tornata contrattuale che ha risentito della ventata inflazionistica del 1995, è previsto che nel 1998 si aggiri intorno all’1 per cento.

Non si ravvisano quindi spinte inflazionistiche dal lato dei costi. Sollecitazioni all’aumento dei prezzi potranno provenire dalla maggiore vivacità della domanda interna; l’esistenza di ampi margini di capacità produttiva inutilizzata consente un loro ordinato assorbimento, che è nell’interesse degli stessi produttori e intermediari commerciali.

Un anno fa la lira era ancora al di fuori degli accordi di cambio del Sistema monetario europeo, esposta alla libera fluttuazione. Siamo rientrati negli accordi di cambio nel novembre scorso. Da allora ad oggi la lira è fermamente entro la banda stretta, sempre in prossimità della parità di 990 per marco tedesco, non di rado più forte.

  • Calo dell’inflazione, stabilità del cambio, forte ricupero di fiducia, hanno spinto al ribasso i tassi d’interesse, più di quanto non ci attendessimo dodici mesi or sono. Nel DPEF presentato nel 1996 ipotizzavamo per un BOT annuale un rendimento lordo del 7 per cento alla fine del 1997. Nelle ultime aste, il tasso d’interesse lordo ha oscillato tra il 5,50 e il 6 per cento. Nell’aprile del 1996 il differenziale tra i titoli di Stato tedeschi a dieci anni e i nostri BTP era ancora di 400 punti base; oggi è meno di 50 punti base. Anche il differenziale per i titoli a tre mesi - pur ancora intorno ai 300 punti base - è in riduzione; è da prevedere che i tassi a breve scenderanno rapidamente mano a mano che ci avvicineremo alla fissazione delle parità di ingresso nell’Euro nella primavera del 1998. Pur nell’ipotesi di una tendenza al rialzo dei tassi in Germania, lo spazio per una riduzione dei nostri tassi a breve resta ampio.
  • Un anno fa, il deficit pubblico viaggiava al di sopra del 7 per cento del PIL. Oggi i dati cumulati dei primi nove mesi del 1997 sono compatibili con il raggiungimento del 3 per cento previsto dal Trattato di Maastricht.
  • Un anno fa, l’Italia era "fuori linea" rispetto a tutti i parametri di Maastricht. Attualmente le condizioni relative a:
  • inflazione
  • tassi di interesse
  • tassi di cambio

sono pienamente rispettate.

Contiamo di chiudere l’anno con l’osservanza anche del quarto parametro: il rapporto indebitamento della P.A./PIL al 3 per cento. E’ qualcosa di più che un auspicio: ma è bene attendere il consuntivo a gennaio.

Ci troviamo, quindi, nelle condizioni di superare il vaglio per la partecipazione all’Euro sin dall’inizio. Abbiamo, sì, un elevato rapporto debito pubblico/PIL, ma il criterio di Maastricht si riferisce anche alla sua tendenza: e questa per l’Italia è in diminuzione.

Un anno fa il Governo Vi propose una sfida. Oggi possiamo stilare un primo bilancio, del tutto positivo, e interrogarci sulla sostenibilità di ciò che abbiamo conseguito. Il raddrizzamento dei conti pubblici, la riduzione del deficit di 4 punti percentuali del PIL suggeriscono due tipi di considerazioni, una rivolta al passato, un’altra rivolta al futuro.

Per quanto riguarda il passato, un calo del disavanzo di dimensioni così imponenti, credo unico nell’ambito dei paesi industriali, non è il frutto del caso, né di misure occasionali, ma di una politica delineata con chiarezza e perseguita con determinazione. La strategia seguita si è basata sulle caratteristiche stesse del nostro disavanzo, che è la risultante di un forte disavanzo per il pagamento degli interessi sul debito pubblico, e di un considerevole avanzo primario, che testimonia il grado di tensione al quale la società italiana è stata sottoposta da alcuni anni nello sforzo del risanamento. La scelta strategica per il 1997 è stata quella di migliorare ulteriormente i conti pubblici al netto degli interessi, elevando in misura importante l’avanzo primario, nel convincimento che il conseguente accrescimento di fiducia e di credibilità avrebbe provocato un impatto importante sulla spesa per interessi. Questo è ciò che è accaduto. Un deficit pari al 6,8 per cento del PIL nel 1996 era la risultante di una spesa per interessi di oltre il 10,8 per cento e di un avanzo primario del 4 per cento. Un deficit al 3 per cento del PIL, come quello che stiamo conseguendo nel 1997, è la risultante di una spesa per interessi scesa al 9,6 per cento e di un avanzo primario salito al 6,6 per cento del PIL. Ciò è garanzia di sostenibilità (v. grafico).

Per quanto riguarda il futuro, nei prossimi due o tre anni la diffusione della riduzione dei tassi a tutta la platea dei titoli pubblici farà continuare la riduzione della spesa per interessi verso un onere complessivo di interessi sul PIL dell’8 per cento. Sarà così sufficiente mantenere un avanzo primario elevato, ma al di sotto di quello di quest’anno, per ridurre ulteriormente il deficit globale. Questa considerazione conferma che il momento del massimo sforzo per l’Italia, per gli italiani è stato il 1997. Consolidando il risanamento dei conti pubblici con la manovra per il 1998, nel 1999 e nel 2000 non saranno necessarie manovre di analoghe dimensioni.

Vi è chi osserva che la chiave stessa della nostra strategia di risanamento presenta in sé un elemento di debolezza. Avendo basato la nostra politica anche sulla riduzione della spesa per interessi, ciò ci esporrebbe alla vulnerabilità di un rialzo dei tassi d’interesse che, in futuro, potrebbe riportare in alto il disavanzo dei nostri conti pubblici. Per rispondere a tale critica si devono distinguere due componenti dei tassi d’interesse: una interna e una esterna.

Per quanto riguarda la prima, in passato l’Italia viveva una situazione patologica, di sfiducia, che i mercati riflettevano chiedendo tassi molto elevati per i titoli in lire. L’alto differenziale dei tassi di interesse rispetto agli altri paesi industriali era il segno di una situazione anomala dell’economia e della finanza pubblica italiana; questa situazione anomala è stata cancellata. Sta in noi continuare a suscitare fiducia nei mercati e dunque a non far riaprire il differenziale. E’ qualcosa che è nelle nostre mani.

Per quanto riguarda la componente esterna, il tasso d’interesse dell’Euro esprimerà la fiducia del mondo nei confronti dell’economia europea. Tutti i partecipanti all’Euro avranno interesse ad accrescere la competitività dell’Europa, a rafforzarne la stabilità e la crescita economica. Per noi italiani, cittadini di un Paese ad elevato indebitamento pubblico, sarà ancora più importante che per gli altri di fare dell’Euro una moneta forte, apprezzata, stabile. Una moneta forte e stabile è garanzia che il tasso d’interesse reale in Europa discenda a livelli compatibili con l’avvio di una nuova grande fase di sviluppo e di lotta alla disoccupazione. Lo sforzo dell’Italia nell’ambito dei Paesi Euro si svolgerà in questa direzione.

L’andamento della finanza pubblica nel 1997.
Come ho già detto le previsioni aggiornate per l’anno 1997 consentono di affermare che il rapporto indebitamento netto delle pubbliche Amministrazioni e Prodotto Interno Lordo si aggirerà sul 3 per cento. L’indebitamento netto dovrebbe, quindi, migliorare di 3,7 punti percentuali.

Il miglioramento dell’avanzo primario (+2,6% del PIL, pari a 53.300 miliardi in valore assoluto) non esprime l’ampiezza effettiva della manovra correttiva, la cui entità, in base alle più recenti stime, dovrebbe aggirarsi intorno ai 60.500 miliardi, al netto delle riclassificazioni contabili assentite in ambito EUROSTAT (in complesso pari a 12.200 miliardi).

La differenza di 7.200 miliardi tra miglioramento dell’avanzo primario e entità della manovra riflette il peggioramento tendenziale del saldo primario.

Un sensibile contributo al conseguimento dell’obbiettivo è venuto dalla spesa per interessi, il cui peso, rispetto al PIL, si è ridotto di 1,2 punti percentuali.

La dinamica dei tassi di interesse sottostante le stime della Relazione Previsionale e Programmatica per il 1997 prevedeva un tasso sui BOT annuali a fine 1996 del 7 per cento e a fine 1997 del 6,5 per cento. La maggiore fiducia acquisita sui mercati finanziari e la più rapida discesa dell’inflazione hanno consentito di raggiungere un tasso del 6,55 per cento a fine 1996 e del 5,5 per cento a fine settembre. All’ultima asta, avvenuta durante la crisi di Governo, il tasso è risalito al 6 per cento, registrando un rialzo di circa mezzo punto percentuale che potrebbe essere riassorbito nelle prossime emissioni.

La discesa dei tassi, insieme con una più attenta gestione del debito, ha prodotto una diminuzione della spesa per interessi nel 1997 di circa 15.600 miliardi.

Il contributo fornito dal comparto delle entrate tributarie alla realizzazione dei saldi della finanza pubblica, così come prefissati dal Documento di programmazione economico-finanziaria, è stato parimenti rilevante e coerente con gli obbiettivi dichiarati.

Sulla base dei dati disponibili, dal fronte degli incassi tributari non giungono elementi di preoccupazione circa la possibilità di realizzare l’obbiettivo previsto per l’anno in corso. Informazioni del Ministero delle Finanze più aggiornate rispetto a quelle sottese alle indicazioni fornite in occasione della Relazione programmatica, segnalano un andamento delle entrate tributarie pressoché in linea con l’evoluzione prevista e lasciano presagire un risultato di consuntivo coerente con gli impegni assunti. Questa previsione è rafforzata da alcune misure legislative contenute nel D.L. 328 del 29 settembre scorso, i cui effetti, incrementativi di gettito, si manifesteranno già negli ultimi dell’esercizio in corso.

La manovra adottata per il 1997 é, in larga misura, costituita da interventi che impattano anche sui saldi del 1998 e degli anni seguenti; nel complesso, si tratta di circa 40.000 miliardi di lire. La parte, invece, non strutturale della manovra, dell’ordine dei 20.000 miliardi riguarda:

  • il tributo straordinario per l’Europa 11.500 mld.
  • il condono previdenziale 2.000
  • l’anticipo delle riscossioni 3.500
  • il differimento dell’indennità di buonuscita 3.000

Il conseguimento dell’obbiettivo previsto dal DPEF per l’anno 1998 richiede una manovra correttiva dell’ordine di 25.000 miliardi, di cui 20.000 destinati a recuperare il venir meno delle misure una-tantum adottate per il 1997.

L’avanzo primario 1998 dovrebbe ridurre la sua incidenza sul PIL di circa un punto (dal 6,6 al 5,6 per cento del PIL).

Gli interessi dovrebbero ridursi di circa 1,2 punti (dal 9,6 all’8,4 per cento del PIL). Se si considera che nel 1993 la spesa per interessi ammontava a oltre il 12 per cento del PIL, se ne deduce che l’onere per interessi si è ridotto in questi anni di circa un terzo: vi corrisponde un importo di circa 60 mila miliardi (che sale a oltre 70 mila aggiungendo le riclassificazioni), che è stato decurtato dai conti pubblici senza incidere sull’economia, anzi liberando, in tal modo, risorse per la stessa.

Il circolo virtuoso produrrà i suoi effetti anche per gli anni successivi al 1998; per l’anno 1999, l’aggiornamento delle stime consente di prevedere una ulteriore diminuzione della spesa per interessi (dall’8,4 al 7,9 per cento del PIL); mantenendo invariato l’avanzo primario, il disavanzo complessivo si porterà intorno al 2,5 per cento.

Le previsioni dell’economia italiana per il 1998 e per il medio termine.
Nella prospettiva della imminente adesione alla terza fase dell’Unione monetaria europea, nel 1998 e negli anni successivi l’Italia può tornare a ritmi più elevati di sviluppo. La maggior parte dello sforzo necessario al risanamento finanziario ed alla riduzione degli squilibri strutturali presenti nella nostra economia è stata compiuta.

A quest’ultimo proposito occorre ricordare tre importanti riforme: del fisco, del bilancio dello Stato e della pubblica Amministrazione.

Già oggi esse sono elemento centrale della manovra di bilancio per il 1998 e della politica di sviluppo: nel tempo, la loro attuazione renderà il sistema più efficiente, più spedito, più economico.

Il "circolo virtuoso" tra stabilità e sviluppo è in pieno svolgimento, mentre aumenta la credibilità esterna del paese. Il risanamento dell’economia ci conduce in Europa: partecipare all’Euro significa livellare ulteriormente i tassi d’interesse e liberare risorse a favore dell’attività produttiva e del lavoro.

È quindi indispensabile portare a termine il processo di aggiustamento e consentire di coglierne i frutti in termini di allargamento della base produttiva.

L’avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti testimonia la potenzialità della nostra economia; l’avvenuto azzeramento del debito estero netto consente di destinare maggiormente quell’avanzo al finanziamento degli investimenti.

Al contempo, il previsto raggiungimento di un avanzo corrente nei conti pubblici a partire dal 1998 permetterà di dedicare ulteriori risorse allo sviluppo.

È obbiettivo prioritario del Governo sostenere la crescita del medio periodo e riportare lo sviluppo a valori prossimi al potenziale produttivo del paese.

Il processo di disinflazione e di consolidamento dei conti pubblici e le riforme strutturali avviate consentono che ciò possa avvenire nella stabilità. La "finanziaria" a Voi presentata è stata costruita con l’intento, appunto, di promuovere sviluppo e lavoro nella stabilità. A tal fine è necessario coniugare il risanamento con la crescita attraverso un forte ciclo di investimenti.

La creazione della moneta unica europea esclude la possibilità di ricercare competitività attraverso variazioni del tasso di cambio. D’altro lato il rispetto del "patto di stabilità e sviluppo" concordato nei Vertici europei di Dublino e di Amsterdam limita il ricorso a politiche di bilancio a fini anticiclici. Pur in presenza dei numerosi vantaggi offerti dal passaggio alla moneta unica, sarà, quindi, necessario conseguire nuovi spazi di manovra atti a compensare questi mutamenti istituzionali. Occorre recuperare fattori di flessibilità che consentano di acquisire maggiore e nuova competitività.

In questo contesto la posizione dell’Italia è, potenzialmente, favorita non solo dall’elevato tasso di risparmio privato, ma anche dalla presenza di un tessuto produttivo fondato su imprese di piccole e medie dimensioni, agili e dinamiche.

Nel medio periodo si prevede per l’Italia un aumento del prodotto lordo compreso tra il 2,5 ed il 3 per cento. Già le previsioni di crescita per il 1997 e per il 1998, indicate dal Governo un anno fa nell’1,2 e nel 2,0 per cento rispettivamente, e da molti allora ritenute ottimistiche, si stanno realizzando.

Gli occupati nel complesso, stimando tassi di incremento gradualmente crescenti nel triennio, si avvicineranno nel 2001 ai 23 milioni con un incremento rispetto al risultato atteso per il 1998 di circa 600 mila unità. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere dai livelli previsti per il 1998, pari al 12 per cento, al 10,5 per cento nel 2001, valore che, comunque, è ancora elevato.

Gli interventi a favore di una maggiore occupazione devono concentrarsi laddove essa ha dimensioni particolarmente elevate, cioè soprattutto nel Mezzogiorno. A questo proposito, colgo l’occasione per richiamare il lavoro a favore dello sviluppo svolto dagli uffici del Ministero del Bilancio e dal CIPE, lavoro che sarà irrobustito dalla riorganizzazione del dicastero che è in atto. Valga citare l’utilizzo dei fondi comunitari. Alla metà del maggio 1996, quando questo Governo cominciò ad operare, i pagamenti effettuati sui quei fondi erano circa 5 mila miliardi, meno dell’8 per cento del totale; oggi è stata superata la soglia dei 17 mila miliardi, pari al 30 per cento del totale. Risorse vitali per il Mezzogiorno come quelle stanziate dall’Unione europea per gli acquedotti (2 miliardi di Ecu pari a circa 4.000 miliardi di lire), nel maggio del 1996 erano del tutto inutilizzate. Al 15 settembre 1997 gli impegni di spesa su quelle risorse hanno raggiunto il 28 per cento e i pagamenti il 7 per cento.

Il Ministero del Bilancio ha operato soprattutto generando un nuovo rapporto con gli enti locali, trovando in loro positive risposte. Il modello di sviluppo può realizzarsi solo in uno spirito di decentramento, cioé responsabilizzando le amministrazioni e le forze imprenditoriali presenti nel Mezzogiorno. Infrastrutture, patti territoriali, contratti d’area, contratti di programma, si ispirano a questa impostazione.

Gli strumenti operativi a disposizione del CIPE sono oggi completi: il 29 settembre sono stati pubblicati i bandi di gara per l’assistenza tecnica per i patti territoriali e i contratti d’area; il 9 ottobre la Conferenza Stato-Regioni ha approvato lo schema generale di intesa istituzionale di programma.

Per quanto riguarda gli incentivi all’industria voglio solo ricordare che i primi due bandi di gara per l’attuazione della legge 488 del 1992 sono stati fatti da questo Governo. I finanziamenti relativi al primo bando sono stati interamente erogati. L’incremento occupazionale complessivo è previsto in 130.000 posti di lavoro, dei quali circa il 60 per cento nel Mezzogiorno.

La manovra di finanza pubblica.

La manovra di finanza pubblica 1998-2000 si sviluppa secondo le linee indicate nel Documento di programmazione economico-finanziaria presentato lo scorso maggio dal Governo e approvate dal Parlamento nelle risoluzioni di Camera e Senato. L’effetto complessivo degli interventi sul saldo della pubblica Amministrazione per il 1998 sarà dunque nell’ordine di 25 mila miliardi. Con questa correzione l’indebitamento netto della pubblica Amministrazione (il deficit nella definizione del Trattato di Maastricht) scenderà dal 3 per cento del PIL di quest’anno al 2,8 nel 1998.

La manovra, grazie anche agli sforzi finanziari compiuti negli ultimi anni, sarà di entità più contenuta che nel passato e completerà il disegno di questo Governo nella logica impostata con la Legge finanziaria precedente: si tratta di interventi di natura strutturale con effetti permanenti nel tempo, legati ad un indirizzo di accrescimento dell’efficienza e di modernizzazione della pubblica Amministrazione. Si mira a ridurre sprechi e a razionalizzare le funzioni senza incidere sulle prestazioni fornite ai cittadini.

1) Disegno di legge collegato alla finanziaria

I principali interventi riguardano:
a) La sanità: risparmi per 1.100 miliardi saranno realizzati soprattutto mediante misure di razionalizzazione della spesa e del personale.
b) Il personale delle Amministrazioni pubbliche: le assunzioni di personale da parte di Amministrazioni pubbliche seguiranno un nuovo criterio di programmazione annuale. Nel 1998 è prevista una riduzione dell’1,5 per cento rispetto alla consistenza di fine 1997.
L’insieme delle misure di razionalizzazione per il personale della pubblica Amministrazione dovrebbe produrre circa 900 miliardi di risparmio.
c) Il controllo del fabbisogno degli enti decentrati: il sistema delle autonomie regionali e locali, le Università e i principali enti di ricerca concorreranno alla realizzazione degli obbiettivi di finanza pubblica assicurando un fabbisogno finanziario per il 1998 non superiore a quello rilevato a consuntivo per il 1997. Il miglioramento rispetto al saldo finanziario "tendenziale" per il 1998 sarà dell’ordine di 2.500 miliardi. Per gli anni successivi il fabbisogno verrà maggiorato in misura pari al tasso programmato d’inflazione.
d) Interventi vari: si tratta di una serie di norme di vario contenuto per un totale di 1.110 miliardi di risparmi. E’ previsto un ulteriore piano straordinario di verifica delle pensioni di invalidità civile. Per l’Ente Poste sono programmate disposizioni finalizzate a ridurre l’impatto sul fabbisogno e a migliorare i servizi forniti mediante l’aumento di ricavi e riduzione di costi dell’Ente.
e) Le entrate: per quanto riguarda la politica tributaria, gli interventi adottati si propongono di realizzare, rispetto al tendenziale per il 1998, un aumento del gettito dell’ordine di 0.5 punti percentuali di PIL e si articolano lungo le seguenti linee direttrici:

  • il riordino delle aliquote IVA, in adempimento dell’obbligo comunitario;
  • l’intensificazione degli interventi finalizzati all’emersione di base imponibile ed al recupero di gettito;
  • l’adozione di misure di riordino e di razionalizzazione del sistema tributario e l’introduzione di "Ecotasse";
  • la contestuale adozione di agevolazioni fiscali per l’occupazione ed il Mezzogiorno.

In particolare, oltre la metà del gettito aggiuntivo (5.725 miliardi) è assicurata dalla modifica delle aliquote IVA. Queste, a decorrere dal 1° ottobre 1997, sono ridotte a tre: una per i beni di prima necessità al 4 per cento, una ridotta al 10 per cento e una ordinaria al 20 per cento. Scompare l’aliquota del 16 per cento ed i beni ad essa riferiti vengono distribuiti in parte a quella del 10 per cento, in parte alla nuova aliquota ordinaria del 20 per cento.

Sul fronte della lotta all’evasione e all’elusione fiscale l’impegno del Governo si è tradotto nella elaborazione di un pacchetto di provvedimenti amministrativi. I più rilevanti riguardano la riorganizzazione degli uffici per la riscossione e l’adozione di nuove iniziative per i controlli, l’innovazione dell’ordinamento della Guardia di Finanza, una nuova regolamentazione dei concorsi a premi, l’abolizione dell’IVA sulla rottamazione ed altri interventi in tema di registrazione dei contratti d’affitto e di adempimenti fiscali degli amministratori di condominio. Si stima che l’insieme di tali misure finalizzate all’emersione di base imponibile e di recupero di gettito produca maggiori entrate per circa 3.700 miliardi.

All’interno della manovra finanziaria, nell’ambito di un articolato piano a favore dello sviluppo e dell’occupazione sono state predisposte agevolazioni fiscali volte: a) a favorire nuovi insediamenti produttivi e nuove assunzioni nel Mezzogiorno; b) a intensificare l’attività edilizia nella forma di opere di ristrutturazione e di manutenzione.

Circa il punto a), alle imprese che operano nel Sud in aree urbane svantaggiate con più di 120.000 abitanti o all’interno di patti territoriali o nelle isole minori, viene riconosciuto un credito di imposta di 10 milioni per ogni nuova assunzione aggiuntiva rispetto al personale già occupato. Viene inoltre assegnato ai nuovi insediamenti produttivi, nell’ambito dei "contratti d’area" e degli altri strumenti di programmazione negoziata, un credito di imposta commisurato al capitale investito, nel rispetto delle limitazioni stabilite dall’Unione europea.

Quanto al punto b), viene consentita una detrazione nella misura del 41 per cento delle spese sostenute per lavori di ristrutturazione edilizia, opportunamente documentate, da ricuperare nell’arco di cinque anni di imposta. Trattandosi di un settore a forte impiego di manodopera, il provvedimento è destinato a dar luogo alla creazione di una consistente quantità di posti di lavoro.

2) Il disegno di Legge finanziaria

L’obbiettivo di contenimento della spesa ha fatto sì che le esigenze di spesa contenute nei Fondi speciali venissero selezionate e quantificate in relazione ad obbiettivi e criteri di priorità settoriali.

In questo contesto un significato particolare riveste lo sforzo per assicurare risorse dirette al finanziamento delle politiche del lavoro e della famiglia ed al comparto sociale in generale.

Nel settore delle risorse destinate a spese di investimento, la priorità è stata data alle esigenze per le aree depresse e per gli incentivi alle imprese, assecondando il processo di ripresa economica già in atto e favorendo l’occupazione.

Si è tenuto conto, inoltre, delle esigenze che potranno scaturire dagli interventi di ricostruzione necessari nelle zone colpite dal sisma del 26 settembre scorso. A questo proposito, inoltre, è in atto un’azione presso la Commissione europea per indirizzare alla ricostruzione fondi comunitari per importi consistenti.

Ulteriori stanziamenti sono stati predisposti per gli incentivi per il rilancio economico delle Province di Gorizia e Trieste, l’innovazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese, l’economia delle zone montane, nonché la prosecuzione dei programmi edilizi degli Istituti di prevenzione e pena e degli Uffici finanziari in relazione al decentramento delle attività del Ministero delle finanze.

Come già lo scorso anno, anche nel 1998 l’importo di lire 650 miliardi per il recupero del fiscal-drag è stato destinato alla rivalutazione degli assegni familiari al fine di assicurare ai cittadini meno abbienti un miglioramento del proprio reddito.

Sul fronte della spesa sociale il Governo si propone di perseguire l’effetto di stabilizzazione introducendo una correzione di 4.500 miliardi nelle previsioni tendenziali del 1998. Questione complessa, com’è noto, è quella della sostenibilità dei sistemi pensionistici, problema comune ai paesi industrializzati. Al riguardo, anche attraverso il dialogo in corso con le parti sociali, saranno individuate nelle prossime settimane specifiche soluzioni che consentano di risparmiare risorse aggiuntive senza determinare arretramenti nella tutela effettiva dei prestatori d’opera dopo il ritiro dalle attività lavorative: non si intende incidere sui livelli ma operare sulla dinamica delle prestazioni, creando condizioni per una stabilizzazione del rapporto tra spesa pensionistica e PIL, secondo le determinazioni contenute nella riforma del 1995 e gli orientamenti contenuti nel DPEF.

Come è noto, in termini contabili, questa correzione viene inserita nel "collegato" utilizzando la tecnica del blocco degli accantonamenti dei fondi speciali ("fondi negativi").

Nel momento in cui le misure di correzione sugli andamenti tendenziali della spesa sociale saranno operative i fondi di copertura risulteranno disponibili, fermi rimanendo tutti i vincoli sui saldi di riferimento fissati nella risoluzione che ha approvato il DPEF. Aggiungo che le intese che hanno condotto alla ricomposizione della maggioranza che sostiene il Governo, oltre che per la riduzione da 5.000 a 4.500 mld degli effetti delle correzioni in materia di spesa sociale, si riflettono sulla manovra unicamente per il reperimento di idonee misure compensative destinate a fronteggiare ulteriori forme di esenzione dai ticket sanitari. Tutti gli altri punti delle intese si realizzeranno con strumenti distinti e separati dalla manovra di bilancio, senza effetti sui saldi.

Vorrei sottolineare come tutte le analisi sugli effetti delle misure di correzione organizzate nella manovra 1998-2000 siano state condotte con riferimento ai tre aggregati rilevanti per la valutazione degli effetti delle misure, secondo quanto stabilito nelle risoluzioni parlamentari: il bilancio dello Stato; il settore statale; le pubbliche Amministrazioni.

La decisione di entrare a far parte dell'Unione economica e monetaria sin dal suo avvio ha spostato, tuttavia, l'accento sull'indebitamento netto delle pubbliche Amministrazioni, in quanto esso costituisce il saldo di riferimento su cui si baserà l'esame della Commissione europea.

Il conto economico delle Amministrazioni pubbliche viene redatto in sede di consuntivo dall'ISTAT secondo i principi del SEC. In fase di previsione l'indebitamento netto viene stimato partendo dai dati sul fabbisogno del settore statale, per i quali vi è una ormai lunga e consolidata esperienza da parte del Tesoro e della Banca d'Italia.

Come ho già detto, le stime più recenti, condotte utilizzando il modello previsionale di finanza pubblica della Ragioneria Generale dello Stato, portano ad una previsione di indebitamento netto sul PIL del 3 per cento per il 1997 e del 2,8 per cento circa per il 1998, considerando integralmente tutti gli effetti di correzione associati alla manovra di finanza pubblica presentata alle Camere il 30 settembre 1997. Più favorevoli risultati per il 1998 sono previsti da altre istituzioni nazionali e comunitarie.

Le analisi condotte dal Gruppo di monitoraggio sui flussi di cassa che opera presso il Tesoro confermano che anche nel terzo trimestre, tuttora in via di definizione nella composizione settoriale, si è confermata la sensibile discesa del fabbisogno del settore statale, che per i primi nove mesi del 1997 è risultato essere dell'ordine di 51.500 miliardi, inferiore di circa 47.000 miliardi a quello conseguito nel corrispondente periodo del 1996. Si tratta, quindi, di un andamento che conferma le previsioni fin qui sottese ai dati del fabbisogno 1997 in ragione d'anno e che potranno essere poi oggetto di valutazioni analitiche da parte di questa Commissione, se lo riterrà opportuno.

Il Gruppo di monitoraggio, inoltre, ha già avviato le necessarie procedure per costruire, nel corso del 1998, uno schema trimestrale di conti relativi all'indebitamento delle pubbliche Amministrazioni.

In ogni caso ad inizio 1998 il Tesoro, anticipando le procedure e i tempi messi in atto negli anni passati, sarà in condizione di mettere a punto, anche ai fini europei, un quadro analitico dell'indebitamento netto delle P.A..

In questo contesto, il proponimento del Senato di recuperare le due settimane di interruzione dei termini della sessione provocata dalla crisi di Governo, rappresenta un fatto di grande rilievo in sé e quale messaggio dell’impegno al livello politico più alto di portare a termine il risanamento dei conti pubblici.

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Dall’insediamento del Governo tre sono state le linee di fondo lungo le quali è venuto svolgendosi l’indirizzo politico dei due Dicasteri posti sotto la mia responsabilità: a) definire le condizioni giuridico-organizzative per la creazione di un’unica compagine ministeriale al cui interno ricomporre le competenze del Tesoro e del Bilancio secondo criteri di maggior efficienza e compattezza; b) dare avvio a una gestione più coordinata e controllata dei flussi di spesa generati direttamente dalla gestione del bilancio e, complessivamente, dalla gestione di tesoreria; c) portare a conclusione il processo di revisione delle procedure di bilancio, iniziato nel 1978, rivedendo profondamente la struttura del bilancio e le responsabilità di gestione ad essa connesse, soprattutto sotto il profilo del ruolo della dirigenza amministrativa.

a) L’unificazione dei due dicasteri del Tesoro e del Bilancio, secondo una prospettiva che sta per giungere alla fase di attuazione organizzativa, si è ispirata al criterio fondamentale di specializzare ciascun Dipartimento su una linea di funzioni finali la più compatta e coerente possibile, evitando interferenze e sovrapposizioni.

In questa ottica, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato assumerà il pieno controllo di tutte le operazioni connesse alla gestione per cassa del bilancio, integrandole con le operazioni di tesoreria. Verranno così eliminate quelle segmentazioni e quelle separatezze che hanno talvolta caratterizzato la gestione dei flussi informativi tra bilancio e tesoreria, realizzando una piena integrazione di competenze gestionali e monitoraggio dei flussi informativi su tutta l’area della finanza statale, dall’impegno di competenza del bilancio alle operazioni finali di tesoreria.

Il Dipartimento della Direzione generale del Tesoro, alle sue consolidate competenze nel campo della gestione attiva del debito e delle operazioni connesse ai processi di privatizzazione, affiancherà un potenziamento dei compiti di analisi dei dati macroeconomici, nella specifica finalizzazione della preparazione dei documenti previsionali e programmatici del Governo.

Il Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione specializzerà il proprio campo d’intervento nel settore degli investimenti, nello sviluppo economico settoriale e territoriale e in quello dell’utilizzo dei fondi comunitari, con particolare riguardo alle aree depresse. In particolare, il Dipartimento dovrà esprimere una forte capacità di proposta e coordinamento delle iniziative di incentivo e sviluppo nelle aree territoriali caratterizzate dalla operatività dei nuovi strumenti della contrattazione programmata.

Il quarto Dipartimento, infine, competente per l’amministrazione generale, dovrà elaborare gli indirizzi relativi alla selezione e alla formazione del personale e dovrà curare tutte le altre competenze finali del Tesoro, con particolare riguardo alla consulenza e al monitoraggio sulla contrattualistica pubblica e sui prezzi nell’acquisto di beni e servizi.

b) Il controllo dei flussi di cassa, che come si è detto troverà un riflesso specifico nelle linee di unificazione dei Ministeri, ha prodotto nell’immediato l’attivazione del gruppo di monitoraggio che ha svolto in questi mesi un lavoro di analitica e approfondita rivisitazione di tutti i meccanismi attraverso i quali si forma il fabbisogno del settore statale: ciò al fine di consentire un governo dei flussi mensili. L’opera è volta anche a dare più analitico contenuto allo schema di passaggio dall’aggregato del settore statale a quello delle pubbliche Amministrazioni, secondo una metodologia coerente con i criteri di Eurostat. È in atto, infatti, al livello europeo una iniziativa di omogeneizzazione della costruzione dei conti delle pubbliche Amministrazioni, condizione essenziale per la comparabilità dei dati e quindi per l’applicazione delle regole stabilite nel "patto di stabilità e sviluppo". L’azione che gli uffici del Tesoro stanno conducendo per la prima volta attraverso il confronto e il coordinamento sistematico dei flussi informativi intermediati dai diversi settori dell’amministrazione del Tesoro, oltre a permettere, come già sta avvenendo, un controllo dei flussi, consentirà di produrre, nel 1998, su base trimestrale il conto della pubblica Amministrazione e il relativo saldo, riferito all’indebitamento netto.

c) La riforma della struttura del bilancio è ormai una realtà. Il progetto di bilancio per il triennio 1998-2000, all’esame di questa Commissione, è stato definito secondo le disposizioni contenute nella legge n. 94 del 1997 e del decreto legislativo n. 279 del 1997. E’ noto che la nuova struttura si articola nelle unità di base, che individuano precisi centri di responsabilità dirigenziale, e nelle funzioni obbiettivo che saranno via via costruite come espressione contabile delle politiche pubbliche. Si tratta di un’innovazione profonda, destinata ad essere attuata sia sul piano contabile sia su quello organizzativo e che si integra, dando luogo a importanti effetti di sinergia, con le più complessive linee di riforma amministrativa messe in atto dal Governo.

In conclusione, i punti elencati in precedenza costituiscono innovazioni di carattere strutturale destinate nel tempo a rendere più compatta ed efficiente l’azione amministrativa. L’obbiettivo è quello di realizzare un nuovo modello di compagine ministeriale conformata al senso delle sue missioni e delle sue motivazioni, nell’interesse dei cittadini e del buon funzionamento dell’economia.

Onorevoli Senatori,

è ragionevole immaginare che, liberate dall’assillo delle manovre di rientro, le future sessioni di bilancio potranno concentrarsi appieno su quella valutazione selettiva delle politiche pubbliche che costituisce il punto più alto e qualitativamente più significativo del confronto tra Governo e Parlamento in un sistema democratico. Il 1997 sarà stato l’anno della "svolta".