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Audizione Commissioni riunite Bilancio

29/10/1998

Indagine conoscitiva su documenti di bilancio per l’esercizio finanziario 1998

 

Il "patto sociale" e la "Nuova programmazione"

L’azione di risanamento attuata con le ultime due Finanziarie è stata condizione necessaria per una politica a favore dell’occupazione e del Mezzogiorno; oggi, con l’ingresso nell’euro e il raggiungimento di una maggiore stabilità economico-finanziaria, lo sviluppo ed il rilancio delle aree con maggiori problemi occupazionali sono al centro del programma economico di questo Governo. Delle sue linee direttrici ho dato conto il 1° ottobre scorso nel mio intervento in Aula.

La manovra finanziaria e la politica finanziaria sottesa sono costruite sulla base di due linee operative: la "Nuova programmazione" e il "Patto sociale". Di esse faccio breve premessa alla descrizione degli interventi presentati.

La "Nuova programmazione" costituisce un salto di qualità nella politica economica. Traendo lezione dall’esperienza del passato, intende valorizzare le nuove positive tendenze affioranti nella società meridionale: la spinta all’ammodernamento e alla responsabilizzazione dell’Amministrazione pubblica avvenuta con le modifiche istituzionali introdotte con l’elezione diretta dei responsabili degli Enti locali; gli sviluppi che apporteranno nelle Regioni l’introduzione di elementi di federalismo e l’affidamento di crescenti responsabilità; l’affermarsi di una più decisa propensione a intraprendere, attestato dalle statistiche sulla nati-mortalità delle imprese e dall’adesione a nuove forme di intervento programmato sul territorio.

La strada della "nuova programmazione" è fondata su un metodo di selezione delle priorità basato sul confronto fra idee-programma diverse, sulla valutazione ex ante della fattibilità di queste idee, sulla verifica in itinere della loro attuazione, sulla garanzia data ai cittadini di poterne verificare gli effetti. L’Amministrazione centrale assume un ruolo di promozione e di diffusione dei metodi, e insieme con i livelli decentrati di governo e con il vaglio dei mercati, attua il processo di selezione degli interventi sotto lo stimolo e il controllo dei cittadini informati sugli obiettivi e sui risultati.

Il "nuovo patto sociale" si fonda sul principio di responsabilità, nella linea dell’accordo del luglio del 1993, che consentì l’attuazione di una politica concertata tra le parti sociali avente come obiettivo l’abbattimento dell’inflazione e dei tassi di interesse.

Quell’accordo mosse dal convincimento nel Governo e nelle parti sociali che la stabilità dei prezzi è un bene collettivo da perseguire e tutelare, senza imposizioni di carattere "dirigista".

Quel patto rimane uno degli elementi più importanti della cultura della stabilità che ha consentito all’Italia di riconquistare credibilità e fiducia in Europa, nel mondo.

Il Governo sta operando per favorire un contesto macroeconomico favorevole allo sviluppo: accrescendo la competitività dei settori mediante una politica di liberalizzazione e la riduzione dei vincoli burocratici; intervenendo per concorrere a sviluppare la capacità produttiva delle zone più bisognose del Paese con la politica degli investimenti in infrastrutture pubbliche e di incentivi alle imprese; adottando specifiche misure sul versante del costo del lavoro e del costo del capitale; perseguendo obiettivi di equità sociale.

Così operando, e ponendo chiari obbiettivi, si intende sollecitare una altrettanto chiara assunzione di responsabilità. Il contenuto del "nuovo patto sociale" può derivare da una libera scelta, da parte dei sindacati, nella direzione di una riduzione di alcune rigidità nel mercato del lavoro e, da parte delle imprese, nell’impegno in un nuovo ciclo di investimenti che allarghi la base produttiva, puntando all’aumento delle vendite e quindi dei profitti globali, più che di quelli unitari.

Si tratta di adottare comportamenti costruttivi e decisioni concertate volti a fare crescere e rafforzare, nella dimensione e nella qualità, la struttura produttiva del Paese, e non di intervenire, a parità di valore aggiunto ed in una visione statica e di breve periodo dell’economia, sulle quote distributive tra salari, profitti e rendite.

Oggi, le imprese possono contare: su un credito bancario a costi storicamente bassi; sulla facilitata raccolta di capitale di rischio sul mercato dei capitali; sulla riforma fiscale, con l’introduzione dell’IRAP e la riduzione dei contributi sanitari; sui nuovi provvedimenti oggi proposti che riducono il costo del capitale di rischio e i costi unitari del lavoro.

Il nuovo patto sociale deve essere inteso come la premessa per accrescere le risorse disponibili, per sfruttare più ampiamente le potenzialità del Paese, per crescere stabilmente nei prossimi anni.

La situazione economica

La Finanziaria del 1999 si inscrive in una situazione mondiale profondamente mutata: una situazione che fa della crescita dell’economia italiana non solo una necessità interna ma un dovere internazionale.

La crescita - voglio ancora ripeterlo - non è alternativa al risanamento. Ne è, al contrario, lo sbocco. Lo si è visto in quel cruciale 1997 in cui maggiormente ha morso la sforzo di correzione del bilancio: all’affacciarsi dell’anno il PIL ristagnava; alla fine dell’anno, il tasso di crescita tendenziale si era portato al 2,8 per cento. Ma la crescita è un meccanismo delicato, che ha bisogno di essere continuamente oliato dal balsamo della fiducia. Le tensioni internazionali all’esterno e all’interno le difficoltà politiche congiunte con un malessere che ha serpeggiato nel tessuto sociale hanno rallentato quest’anno l’espansione dell’economia italiana. Le condizioni per tornare a crescere esistono. Con riguardo ai due terreni su cui saremo giudicati - l’occupazione e il Mezzogiorno - vi sono segni di una svolta. La crescita dell’occupazione è un indicatore ritardato del ciclo, e si nutre soprattutto della continuità del tasso di crescita. E della ripresa nell’espansione dei posti di lavoro l’ultima indagine dell’Istat ha dato alcuni confortanti segnali. Segnali tanto più incoraggianti in quanto anche nel Mezzogiorno il mercato del lavoro comincia a muoversi. Il tasso di crescita dell’occupazione è più elevato al Sud che al Nord, malgrado l’emorragia strutturale di posti di lavoro nell’agricoltura sia più intensa nell’economia meridionale. Sulla stessa composizione territoriale della crescita vi sono alcune indicazioni positive: l’espansione delle esportazioni è più forte nel Mezzogiorno rispetto al resto del Paese.

Anche dal lato della domanda vi sono segnali positivi. Il 1998 ha visto una ripresa della crescita delle retribuzioni reali, e i dati delle vendite al dettaglio indicano che, dopo un inizio deludente dell’anno, la propensione a spendere sta tornando a prevalere nelle famiglie italiane. Ottobre ha visto un livello di fiducia dei consumatori ancora alto. Per quel che riguarda più specificamente la politica di bilancio, il buon andamento dei saldi della finanza pubblica deve molto a una evoluzione delle entrate che va oltre le attese. Nell’assenza di particolari inasprimenti fiscali, e in presenza di un tasso di crescita più contenuto, la tenuta delle entrate indica che si sono andati restringendo gli spazi di evasione, elusione ed erosione fiscale; e questo ci conforta sull’equità complessiva delle misure.

Lungo questa via, la Finanziaria 1999 vede il fisco divenire allo stesso tempo più leggero e più giusto. La restituzione dell’eurotassa contribuirà a ridurre la pressione fiscale. Questa riduzione del carico fiscale è prevista anche per gli anni futuri. Inoltre, nella misura in cui il gettito beneficerà del ricupero dell’evasione, il Governo si impegna a utilizzare questi margini per accelerare il processo di riduzione del carico individuale.

L’attività di investimento delle imprese ha bisogno soprattutto di un quadro di certezze. A disegnarlo contribuiscono il riordino del sistema degli incentivi e l’applicazione delle nuove norme di semplificazione per gli insediamenti industriali. Ma per indurre ulteriormente fiducia, occorre che le misure di politica economica si inscrivano in una strategia di ampio respiro: strategia che ho cercato di delineare nelle proposte di una nuova programmazione e di un patto sociale. Queste proposte, lontane da dirigismi e illusioni, intendono creare le condizioni perché l’incontro fra capitale e lavoro si animi nella ricerca delle soluzioni più adatte all’economia di fine millennio.

In una economia in cui il mercato del lavoro si è andato frammentando in una grande varietà di posizioni lavorative, l’offerta di lavoro non è più solo quella del posto a pieno tempo e a durata indeterminata; bisogna permettere alla domanda di lavoro di incontrare l’offerta, moltiplicando le possibilità di occupazione.

Un’economia che richiede grandi spostamenti di risorse da settori in declino a settori in espansione: mobilità e flessibilità, dunque. E le risorse della spesa sociale devono allora essere redistribuite in modo da incentivare non l’inazione ma la ricomposizione del tessuto produttivo.

Crescita, occupazione, Mezzogiorno: dietro le aride cifre della Finanziaria sono questi i tre grandi obiettivi che animano l’azione del Governo. La crescita, naturalmente, non dipende solo da noi. E sulla questione della crescita si giocherà in Europa la prima grande occasione di coordinamento delle politiche economiche nella neonata area dell’euro. Alcuni sono preoccupati delle severe prescrizioni del Patto di stabilità, che ostacolerebbero ogni uso del bilancio pubblico a fini di sostegno della crescita. A queste preoccupazioni si sta rispondendo con una interpretazione dell’obiettivo del pareggio del bilancio che guarda al saldo corretto dagli effetti del ciclo. E con il richiamo alla "regola aurea", già accennata in nuce nel Trattato di Maastricht, che pone l’accento sull’equilibrio fra entrate e spese correnti, lasciando aperta la possibilità, che già vale per famiglie e imprese, di finanziare gli investimenti attraverso il capitale di debito.

I vincoli del Patto di stabilità erano e sono volti a portare il bilancio pubblico in una zona di sicurezza: una situazione di pareggio, quanto meno del saldo strutturale, a partire dalla quale il bilancio pubblico possa finalmente, senza più l’affanno della restrizione, tornare alla sua funzione di regolatore del ciclo. Ma non dobbiamo dimenticare che il bilancio dello Stato è solo una parte dell’economia. Se guardiamo all’economia nel suo complesso dobbiamo constatare che già da anni l’economia italiana si è portata in zona di sicurezza. Negli ultimi cinque anni l’Italia ha accumulato avanzi per una operazione meritoria: l’azzeramento del debito estero. Questo obiettivo è stato raggiunto, e oggi l’Italia è già passata a una posizione creditoria netta sull’estero. Non c’è ragione di continuare a essere un Paese che consuma meno di quel che produce. Tanto più che adesso - ed è per questo che all’inizio della mia esposizione parlavo della crescita come dovere internazionale - i Paesi di antica industrializzazione sono chiamati a sostenere una crescita mondiale che rallenta fortemente sotto l’incalzare della crisi nei Paesi asiatici e in Russia. Non esistono allora solamente le condizioni per una ripresa della crescita in Italia e in Europa; esistono anche dei doveri di solidarietà internazionale. Solidarietà che ridonderà a nostro stesso beneficio, perché una ripresa del processo di espansione nel mondo è nell’interesse di tutti.

Oggi le condizioni monetarie si vanno allentando, come testimonia il processo di convergenza dei tassi di interesse in Europa, che ha avuto conferma lunedì con la riduzione del tasso di sconto in Italia. Ma i tassi di interesse reali per chi prende soldi a prestito sono ancora elevati, anche a causa di quell’avversione al rischio che ha spazzato i mercati finanziari mondiali allargando gli spreads fra titoli sicuri e costo degli impieghi bancari. A questi brividi di diffidenza, che possono incrinare le propensioni alla spesa di famiglie e imprese, possiamo solo opporre un’offensiva di fiducia e una serena strategia di politica economica: fondata sul risanamento di medio periodo dei bilanci statali, sull’allentamento monetario, sul rilancio dell’azione pubblica - in Italia e in Europa - nel campo degli investimenti, e sulla rimozione paziente degli ostacoli che impediscono l’incontro fra domanda e offerta di lavoro.

Gli indicatori del quadro macroeconomico

L’andamento della congiuntura riflette le incertezze nei mercati internazionali con la recessione giapponese, il rallentamento della crescita nelle economie del sud-est asiatico, l’ampiezza della crisi russa, le difficoltà nell’America latina, e l’alta velocità di trasmissione dei conseguenti shock finanziari. Le stime di crescita mondiale per il 1998 si abbassano rispetto alle previsioni di primavera da circa il 3 al 2 per cento.

Anche nel nostro Paese per il 1998 il ciclo economico manifesta una crescita inferiore a quella prevista. Il PIL ha registrato una lieve flessione congiunturale nel primo trimestre, mostrando nei mesi successivi un moderato ricupero che si stima possa accentuarsi sotto la spinta di maggiori investimenti, derivanti dalla riduzione degli oneri per interessi e dalla politica di bilancio orientata al sostegno dello sviluppo. La crescita annua del PIL dovrebbe assestarsi intorno all’1,8 per cento, contro il 2,5 previsto.

Rimane confermata la dinamica dei prezzi che, favorita dalla stabilità del cambio convergente verso le parità centrali stabilite dagli accordi europei, si assesterà sull’1,7-1,8 per cento. Il consolidamento delle attese di stabilità dei prezzi e di equilibrio dei conti pubblici favoriscono l’ulteriore discesa dei tassi di interesse a medio e a lungo termine. I rendimenti dei BTP ed il loro differenziale con i corrispondenti tassi tedeschi sono giunti ai minimi storici (vds. allegata tabella). I tassi a breve che, maggiormente legati al tasso ufficiale di sconto, si erano mantenuti su livelli più elevati, stanno rapidamente convergendo verso quello che con l’inizio del nuovo anno sarà l’unico tasso ufficiale dell’euro.

Per il 1999 si confermano le previsioni sull’andamento delle variabili macroeconomiche indicate nel DPEF.

Il mutamento del quadro macroeconomico nel 1998 non avrà ripercussioni rilevanti sul quadro tendenziale di finanza pubblica e, conclusivamente, sull’indebitamento netto della P. A., previsto nel 2,6 per cento del PIL. Le entrate tributarie, pur risentendo della minore crescita dell’economia, mantengono ancora un gettito compatibile con gli obiettivi programmati; i dati più recenti segnalano un aumento del gettito delle imposte indirette superiore alle aspettative, indicando il successo delle iniziative anti-evasione e anti-elusione adottate.

Dal lato della spesa gli effetti della riduzione della espansione economica hanno riflessi trascurabili, data la modesta elasticità della spesa al reddito. L’andamento dei settori di spesa, seguito da una costante attività di monitoraggio dei flussi di cassa in atto da un paio d’anni presso il Ministero del Tesoro, nel complesso si mantiene coerente con gli obiettivi programmati; alcuni settori si mostrano più dinamici rispetto alle previsioni, ma vengono compensati da una minore espansione di altri.

Gli oneri della spesa per interessi, conseguentemente alla riduzione dei tassi, si stanno riducendo, realizzando un risparmio rispetto all’anno precedente che a fine 1998 raggiungerà la cifra di oltre 20 mila miliardi; sottolineo che l’entità di questa minore spesa è di gran lunga superiore alla manovra finanziaria che ci avviamo a discutere. A consuntivo, il calo dei tassi di interesse più rapido del previsto potrà costituire compenso di eventuali scostamenti di entrate o di spese dalle previsioni.

L’allineamento dei saldi di finanza pubblica con gli obiettivi del DPEF è confermato dai risultati relativi al fabbisogno mensile del settore statale: nei primi nove mesi ammonta a 58.700 miliardi, a fronte dei 51.500 dell’analogo periodo del 1997. La differenza con l’anno scorso è in corso di riassorbimento: essa è derivata principalmente dallo slittamento temporale del gettito, dovuto all’introduzione dell’IRAP, e dalla possibilità di rateizzazione.

Questi risultati dimostrano la validità dell’azione di riequilibrio dei conti pubblici intrapresa con le due precedenti Leggi finanziarie. Nell’unito grafico è indicato il concorso delle maggiori poste di bilancio all’abbattimento, nel 1997, del rapporto disavanzo/PIL, dal 7,4 per cento del 1996 al 2,7 dello scorso anno. Il successo che ci ha consentito l’ingresso nell’euro.

Quell’aggiustamento dei conti pubblici è stato effettivo, non fittizio, provvisorio. Se non lo fosse stato, ne pagheremmo le conseguenze già sui conti del 1998.

Resta l’eredità degli squilibri del passato: un debito pubblico doppio rispetto alla generalità dei paesi europei e quindi annualmente, a parità di tassi di interesse, un carico doppio per interessi. Fino a due anni fa quell’onere era più che triplo, per il rischio Italia sul costo del denaro. Oggi quella penale è venuta meno.

Nell’unita tabella è stato riportato l’onere della spesa per interessi negli ultimi anni, con le previsioni per il prossimo triennio.

L’impostazione del DPEF e la Finanziaria

La continuità e i risultati consolidati dell’opera di risanamento ci offrono spazi finanziari che in passato la politica di bilancio aveva perduto; restituiscono alle manovre di bilancio la funzione di programmazione e di sviluppo. È venuto meno quel senso di non controllabilità dei conti pubblici, alimentato dalla necessità di manovre aggiuntive in corso d’anno, divenute abituali fino al 1996 e ora cessate.

Mantenendo gli obiettivi di stabilizzazione e convergenza indicati nel percorso di riduzione del saldo della P.A. verso l’1 per cento del PIL nel 2001 e verso un rapporto debito/PIL al 107 per cento, il DPEF ha previsto interventi per lo sviluppo per 26.600 miliardi di lire nel triennio 1999-2001. Questi interventi permetteranno un aumento della spesa in conto capitale della P.A. a un tasso medio annuo del 10 per cento, e una progressiva riduzione della pressione tributaria.

Il contenuto della manovra di finanza pubblica 1999-2001 si sviluppa secondo le linee indicate nel DPEF. In termini quantitativi per il 1999 ammonta a 14.700 miliardi di lire, superiore ai 13.500 prospettati, per consentire la copertura di maggiori interventi per la politica di sviluppo (6.700 miliardi a fronte dei 5.500 previsti dal DPEF). La manovra finanziaria, costituita da provvedimenti i cui effetti opereranno anche negli anni successivi a quello di applicazione, è composta da interventi correttivi sulla spesa per 9.600 miliardi e sulle entrate per 5.100 miliardi di lire. Con questa correzione l’indebitamento netto della pubblica Amministrazione per l’anno 1999 scenderà, in rapporto al PIL, dal 2,6 per cento di quest’anno al 2,0, consentendo, insieme con i proventi delle privatizzazioni, una riduzione del rapporto dedito/PIL di circa 4 punti percentuali (da 118,2 a 114,6).

Il Governo è quindi in grado di ottemperare agli impegni presi, con una Finanziaria di entità modesta (è la manovra più esigua degli ultimi anni) e soprattutto, per la prima volta, con contenuti espliciti di sostegno alla politica di sviluppo degli investimenti e dell’occupazione. Si tratta di impegni volti in primo luogo a favore del Mezzogiorno. Non solo perché è in quest’area che si concentrano disoccupazione, inoccupazione, occupazione sommersa e disagio sociale. Ma perché è questa l’area dove più limitato è lo sfruttamento delle risorse e delle opportunità; e dove quindi è più alto il rendimento, per l’intero Paese, di una politica di sviluppo.

Gli strumenti normativi della manovra

La manovra di correzione si articola in vari strumenti normativi, che danno anche concretezza ad una serie di indicazioni, quantitative e qualitative, contenute nelle Risoluzioni parlamentari.

  1. Il primo documento è il "collegato principale" (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) che, secondo la tecnica delle procedure parlamentari vigenti, sarà esaminato nei termini della sessione di bilancio e prima del disegno di Legge finanziaria. Come accennato esso contiene, per la prima volta dopo molti anni, anche norme finalizzate allo sviluppo dell’economia e dell’occupazione; prevede norme ordinamentali a carattere strumentale, necessarie ad assicurare che gli interventi conseguano effettivamente gli obiettivi programmati in termini di saldi, nonché disposizioni che assestano e portano a regime interventi già previsti da precedenti interventi. Ad esempio, tutte le misure che sviluppano le tecniche di monitoraggio dei flussi di spesa nel settore della Pubblica Istruzione e della Sanità costituiscono il completamento e l’affinamento di un quadro di controllo già in essere. Questo, a sua volta, si collega con la nuova cornice del patto di stabilità interna che, come diremo dopo, rappresenta uno degli elementi qualitativi più rilevanti della nuova fase di finanza pubblica aperta con il nostro ingresso nell’Unione Monetaria Europea.
    Come ho avuto modo di sottolineare all’attenzione dei Presidenti delle due Camere, ritengo che il Governo e tutte le forze di maggioranza e di opposizione debbano farsi insieme carico del rispetto dei vincoli assunti con le Risoluzioni parlamentari: vincoli relativi non solo al saldo netto di competenza del bilancio dello Stato, ma anche al fabbisogno del settore statale e, ciò che ancor più conta, all’indebitamento netto delle pubbliche Amministrazioni. E questi due ultimi vincoli sono ricostruibili in termini di cassa. Da qui il rilievo che è opportuno attribuire alla valutazione di tutti gli effetti di cassa delle misure presentate e delle eventuali proposte emendative, siano esse di fonte parlamentare o governativa.
  2. Il secondo documento è un collegato a carattere ordinamentale ("Misure in materia di investimenti e occupazione e di politiche previdenziali e del lavoro"), presentato in Senato il 20 ottobre scorso. Esso contiene misure di grande importanza nel campo delle procedure di accelerazione e valutazione degli investimenti, dell’occupazione e della previdenza. Si mira a porre la progettazione, la capacità di valutazione da parte delle Amministrazioni locali, la identificazione degli obiettivi, il monitoraggio dei risultati al centro del processo di programmazione degli investimenti pubblici.
  3. Sono stati presentati altri due provvedimenti collegati a carattere ordinamentale: alla Camera, "Delega al governo per il riordino delle carriere diplomatica e prefettizia nonché disposizioni per il restante personale del Ministero degli Esteri e per il personale militare della Difesa" e, al Senato, "Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale". Quest’ultimo è specificamente rivolto alla perequazione del prelievo, alla semplificazione del sistema fiscale e ad introdurre elementi di federalismo fiscale. In particolare, i criteri di delega in materia di federalismo fiscale costituiscono il telaio normativo sul quale si realizzerà in concreto, sul lato dell’autonomia finanziaria, quell’ampio disegno di decentramento federale delle entrate e delle spese che ha costituito uno degli assi portanti dell’azione di governo. Tale disegno costituisce lo sfondo sul quale va a inserirsi il cosiddetto patto di stabilità interno; in questa cornice Stato, Regioni ed Enti locali cominceranno ad operare fin dal 1999, sulla base di criteri di consultazione e reciproca corresponsabilizzazione nei confronti degli impegni assunti in sede europea.
  4. Insieme a questi strumenti collegati è stato presentato un decreto legislativo, attualmente al parere della Commissione Bicamerale per l’attuazione della "delega Bassanini" (L. 59/’97), che dà corpo alla cosiddetta Agenzia per lo Sviluppo, nella forma di una società per azioni che realizzi il riordino di tutte le società ed enti di promozione e sviluppo esistenti, secondo un progetto strategico unitario, che elimini sovrapposizioni, in termini di settori di attività e modalità di intervento, e consegua ricuperi di efficienza nella gestione delle aziende e nell’utilizzo delle risorse disponibili.
  5. Unitamente a questi disegni di legge "collegati", il Governo ha presentato il disegno di Legge finanziaria e la consueta Nota di variazioni, con la quale si è provveduto a correggere alcune impostazioni del progetto di bilancio a legislazione vigente per il 1999, presentato a luglio.

Manovra correttiva

La manovra correttiva, seppure di entità contenuta, potrà avere un importante impatto di ordine qualitativo, proseguendo nella logica impostata con le recenti Leggi finanziarie. Gli interventi sono mirati a sostenere la politica di riforma e di riorganizzazione strutturale e di incremento dell’efficienza della pubblica Amministrazione. Viene posta particolare attenzione alla eliminazione di sprechi e alla razionalizzazione delle funzioni, senza incidere sulle prestazioni fornite ai cittadini.

Parte dei provvedimenti, con il "patto di stabilità interno", mirano ad incentivare la responsabilizzazione mediante la condivisione, anche con gli enti decentrati, degli obiettivi finanziari che il nostro Paese ha assunto in ambito Comunitario; il proseguimento dell’attività di monitoraggio degli andamenti finanziari per le varie amministrazioni consentirà di valutare l’attuazione dei provvedimenti e il raggiungimento effettivo degli obiettivi.

Dal lato delle entrate l’obiettivo del Governo è la riduzione della pressione fiscale: per la prima volta la Finanziaria non fa ricorso alla leva tributaria. L’incremento delle entrate deriverà dalle procedure di accelerazione delle riscossioni dei crediti dell’I.N.P.S., prevedendo la possibilità di una loro cessione e la loro cartolarizzazione. Una norma vincolerà la destinazione dell’incremento del gettito derivante dalla lotta all’evasione a una pari riduzione delle imposte sui redditi.

Gli interventi principali sul fronte della riduzione della spesa possono essere così classificati:

  1. il patto di stabilità interno, che coinvolge gli Enti di spesa decentrati nel perseguimento degli obiettivi di Maastricht (è previsto ne derivino risparmi per 2.200 miliardi per il 1999). La norma si incardina sulle linee delle azioni di controllo e monitoraggio finanziario degli enti decentrati e sullo sviluppo di elementi di federalismo nell’ambito di una politica di condivisione e concertazione degli obiettivi finanziari. Coerentemente con il "Patto di stabilità e crescita europeo", le Regioni, le Province e i Comuni dovranno concorrere agli obiettivi di riduzione progressiva sia dell’indebitamento sia del rapporto debito/PIL. Il Tesoro effettuerà il monitoraggio mensile dei pagamenti dei flussi finanziari delle Regioni e dei maggiori enti locali. Qualora il complesso delle P.A. dovesse registrare un disavanzo che portasse all’applicazione della sanzione prevista dalla normativa europea per i disavanzi eccessivi, la norma prevede che gli enti interessati concorrano al pagamento. La norma stabilisce anche il controllo dei livelli di assistenza e di spesa sanitaria, attraverso l’adozione di modelli stabili di cooperazione tra lo Stato e le Regioni, che evitino il formarsi di disavanzi.
  2. la razionalizzazione delle procedure di monitoraggio dei flussi di cassa nel settore scolastico (1.200 miliardi). I provvedimenti si collegano alla logica degli interventi, iniziati già dal 1997, sul controllo della tesoreria e sulla pianificazione finanziaria delle amministrazioni che ricevono trasferimenti statali. La finalità dell’intervento consiste nel garantire che la crescita della spesa per l’istruzione pubblica si mantenga nei limiti programmati: per il 1999 non dovrà superare i pagamenti del 1997 aumentati del 6 per cento per il biennio; per il 2000 e il 2001 i pagamenti non dovranno superare quelli del 1999 incrementati del tasso di inflazione programmato (+1%).
  3. le azioni di razionalizzazione nel comparto delle grandi aziende di servizio pubblico (1.200 miliardi); le norme mirano a sviluppare elementi di efficienza e di competitività nelle aziende pubbliche che si devono confrontare sul mercato. Per le Poste sono programmate disposizioni che, in linea con il piano d’impresa, riducano il contributo dello Stato mediante l’aumento dei ricavi e la riduzione dei costi. Analogamente si opera per le Ferrovie, che stanno definendo il loro nuovo piano di impresa; in aggiunta, per contribuire al riequilibrio della gestione, nel "collegato" è stata prevista la definizione del titolo di proprietà del relativo patrimonio immobiliare, che consentirà alla società di dismettere i beni non necessari all’esercizio ferroviario, anche attraverso operazioni di leasing finanziario.
  4. Gli interventi nel settore del pubblico impiego (450 miliardi) hanno l’obiettivo di razionalizzare, responsabilizzare l’opera del personale pubblico, di aumentarne la produttività. Le disposizioni sono finalizzate a rafforzare ed estendere la vigente normativa di contenimento delle assunzioni di personale nelle amministrazioni statali, a ridurre del 10 per cento gli stanziamenti degli straordinari, ad apportare correttivi ai criteri di adeguamento delle retribuzioni del personale non contrattualizzato.
  5. Altri risparmi proverranno dal contenimento della spesa pensionistica erogata all’estero, dagli ulteriori controlli sulla permanenza dei requisiti per le pensioni di invalidità, dalla introduzione della copertura assicurativa contro le calamità naturali e dalla riduzione del 5 per cento degli stanziamenti per l’acquisto di beni e servizi dello Stato.

Il sostegno allo sviluppo

Caratteristica distintiva della manovra dell’esercizio 1999 è la parte dedicata alle politiche di sviluppo e alla nuova programmazione. Per la prima si avvia il processo di graduale riduzione della pressione tributaria. Oltre alla restituzione del 60 per cento della tassa per l’Europa (per un importo di 3 mila miliardi di lire), si prevedono varie forme di riduzione della tassazione per i redditi di impresa e per la prima casa (la cui copertura è prevista nel fondo speciale rispettivamente in 3.000 e 1.000 miliardi nel triennio).

Sgravi fiscali e misure a favore del sistema delle imprese e dell’occupazione verranno integralmente finanziati con l’introduzione progressiva della tassazione delle emissioni da impiego degli olii minerali (carbon tax). Essi riguardano in particolare: il prolungamento, frutto di un’importante intesa con le autorità comunitarie, fino alla fine del 2001 e la rimodulazione degli aiuti capitari per gli occupati dipendenti nelle Regioni del Mezzogiorno che rientrano nell’obbiettivo 1. Si avrà così una deduzione di 1,4 milioni di lire per addetto nel 1999, di 1,15 nel 2000 e di 1,05 nel 2001, che assicura le condizioni a che, senza sbalzi nel costo del lavoro, abbiano piena efficacia gli interventi strutturali della "nuova programmazione", e si compensino i divari di produttività fra le due aree del Paese.

La carbon tax realizza uno dei principali obiettivi stabiliti dagli accordi ambientali sottoscritti a livello internazionale (Conferenza di Kyoto). Il sistema andrà a regime nel 2005, mediante un processo di avvicinamento graduale che correla le maggiori entrate all’ampliamento degli interventi di spesa. Nel contempo, si soddisfa l’esigenza di armonizzazione a livello dell’Unione Europea del sistema delle accise gravanti sui combustibili fossili. In sostanza, scopo della norma è la disincentivazione all’uso dei combustibili ad alto contenuto di carbonio, favorendo l’efficienza energetica e assecondando l’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili.

Oltre all’alleggerimento della pressione fiscale, l’intervento per lo sviluppo prevede il rifinanziamento di importanti impegni di spesa per gli investimenti e l’occupazione inseriti direttamente nel "collegato" (artt. 37-38-52). Tra questi, vanno ricordati, in particolare, i trasporti rapidi di massa, al fine di migliorare la qualità e l’ambiente delle aree metropolitane; gli interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna; il programma pluriennale in materia di edilizia sanitaria; l’ammodernamento delle strutture delle Forze di Polizia; l’edilizia giudiziaria e il sistema autostradale; il piano straordinario per la riqualificazione dell’assistenza sanitaria nei grandi centri urbani; il finanziamento dei programmi di tutela ambientale nazionale e regionale. Di rilievo è lo stanziamento per gli interventi di ricostruzione nelle zone terremotate delle Marche e dell’Umbria.

Il complesso degli interventi sopra individuati, che hanno la funzione di volano per l’accelerazione dello sviluppo e dell’occupazione, ammonta ad oltre 16.000 miliardi di lire di investimenti.

A questi interventi si aggiungono quelli che saranno attivabili con futura legislazione che utilizzerà gli accantonamenti previsti nelle Tabelle A e B della Legge finanziaria.

Nel fondo speciale di parte corrente (tabella A) sono previste le coperture finanziarie per numerose iniziative tra le quali: il contributo per Roma capitale, l’adeguamento dell’organico nella giustizia, i compensi incentivanti per l’istruzione, gli interventi nel settore trasporti. Nel fondo speciale di parte capitale (tabella B) si prevedono risorse per: il piano generale per il "restauro Italia", la rete unitaria per la pubblica Amministrazione, il completamento del programma per Bagnoli, le aree urbane, gli ulteriori interventi in campo ambientale e nel settore dei beni culturali.

Vengono anche attivati nuovi investimenti attraverso gli stanziamenti della tabella C: la viabilità con i finanziamenti all’ANAS (3.000 miliardi), il settore informatico, le aree urbane, il fondo per la montagna, l’edilizia scolastica, universitaria e penitenziaria, l’ammodernamento delle Forze Armate, l’imprenditorialità giovanile e femminile, la formazione e riqualificazione professionale, il settore ambientale e per il comparto della ricerca.

Sono previsti altresì rifinanziamenti immediatamente operativi di interventi strategici per l’economia (tabella D). I settori interessati sono numerosi: fondo per la ricerca applicata, acquisto macchine utensili, rifinanziamento sviluppo proprietà coltivatrice, contributo speciale per la Calabria, fondo per l’innovazione tecnologica, fondo per la ristrutturazione e riconversione industriale, lo sviluppo della cooperazione, la politica mineraria, le piccole e medie imprese, la ricerca scientifica, ecc.

L’intervento a favore dello sviluppo è sostenuto inoltre dagli articoli del cosiddetto "collegato bis" che prevede altre misure strutturali a favore di investimenti ed occupazione. Al fine di dare attuazione al monitoraggio degli investimenti pubblici e per fornire sostegno tecnico alla programmazione e alle analisi di opportunità e fattibilità degli interventi, il Governo promuove e finanzia la costituzione di autonome unità di valutazione e di verifica degli investimenti pubblici presso le amministrazioni centrali e regionali responsabili di politiche di intervento nelle aree depresse.

Al fine di promuovere il concorso di capitali privati al finanziamento delle infrastrutture e di utilizzare il mercato come strumento di selezione delle opere, il Governo costituisce un’unità dedicata a questo scopo, composta di esperti esterni all’Amministrazione pubblica.

Per il finanziamento delle diverse fasi della progettazione, oltre alle risorse per gli studi di fattibilità attribuite alle intese istituzionali di programma, il Governo stanzia ulteriori fondi per la progettazione preliminare che la Cassa Depositi e Prestiti assegnerà alle Amministrazioni locali e individua negli studi di fattibilità lo strumento ordinario per l’avvio del processo di investimento.

Infine, sempre al fine di promuovere il concorso di capitali privati e accelerare la realizzazione di grandi opere infrastrutturali, il Governo adotterà, di volta in volta, provvedimenti legislativi che, integrandosi con la cosiddetta Merloni-ter, risolvano gli specifici problemi che ogni singola grande opera comporta. L’orientamento troverà prima attuazione con l’ampliamento e il rinnovo dell’autostrada Salerno - Reggio Calabria, per la cui ristrutturazione e gestione vengono disciplinate le modalità di affidamento in concessione.

L’insieme di queste e altre misure, saldandosi con le linee di azione già in atto, potrà concorrere a dare corpo al progetto di una "nuova programmazione", consentendo di accelerare e innalzare la qualità degli investimenti pubblici.

Sul piano finanziario un contributo in questa direzione viene dall’accelerazione impressa alle procedure per l’uso delle risorse destinate alle aree depresse a seguito dell’immediata iscrizione in bilancio, nei singoli capitoli destinatari, delle somme ripartite su base pluriennale con le delibere del CIPE. L’innovazione prevede l’immediata operatività delle Amministrazioni fin dall’inizio dell’esercizio, con conseguenze di rilievo sul piano dell’attuazione dei programmi. Trattasi di un complesso di interventi pari a circa 47 mila miliardi deliberati dalla precedente legislazione, dei quali oltre i 2/3 già operativi.

Con la Legge finanziaria si procede all’iscrizione di ulteriori 12.000 miliardi di interventi aggiuntivi nel triennio considerato, per la prima volta inseriti direttamente in tabella C, in attuazione della legge n. 208/98. Le risorse confluiranno alle singole Amministrazioni già dai primi giorni di gennaio, attraverso lo strumento ormai collaudato della ripartizione pluriennale da parte del CIPE.

Le politiche sociali

Un cenno particolare merita l’utilizzo della manovra a fini di carattere sociale.

Destinatari delle misure sono le categorie più svantaggiate della società: nuclei familiari con almeno tre figli minori a carico, per i quali è previsto un incremento dell’assegno economico; l’aumento delle pensioni sociali e la riduzione del carico tributario sulla maggiorazione sociale concessa ai titolari di pensioni "al minimo"; l’eliminazione della quota fissa dovuta per le ricette per la diagnostica per gli assistiti esenti; agevolazioni per le imprese senza fini di lucro nei settori dell’assistenza; disposizioni finalizzate ad una progressiva emersione del lavoro irregolare.

Nelle tabelle della Legge finanziaria sono inoltre previste coperture per provvedimenti inerenti: la riforma dell’assistenza sociale (per 850 miliardi nel triennio), le pari opportunità (120 miliardi), il sostegno alle famiglie per il diritto allo studio dei figli (150 miliardi), l’associazionismo sociale, i centri per l’immigrazione, il fondo per l’occupazione e le risorse per la formazione.

In materia di occupazione e di previdenza viene proposta un’ampia delega per la riforma degli incentivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali, ed in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali. Il testo reca poi le norme di delega idonee ad assecondare il processo di trasformazione in titoli del trattamento di fine rapporto, creando la cornice giuridica necessaria a promuovere, unitamente alle misure contenute nel collegato fiscale, lo sviluppo dei fondi di pensione integrativa, secondo le esperienze fin qui fatte dalle più evolute economie industrializzate