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74^ Giornata Mondiale del Risparmio

31/10/1998

Roma, 31 ottobre 1998

74^ Giornata mondiale del Risparmio

Il primo gennaio del 1999 segnerà l'inizio di un cambiamento irreversibile nella storia italiana, europea. La caduta della barriera monetaria sancisce la stabilità, consolida e completa il mercato unico, getta le fondamenta per una nuova crescita.

Forse nulla più dell'adozione di un'unica moneta in Europa ha contribuito a rivelare quanto illusoria fosse la libertà di cambio: la tempesta finanziaria degli ultimi mesi non ha toccato i rapporti fra le monete dell'euro.

Il consolidarsi dell'euro dipende dal verificarsi in Europa di un quadro di crescita in un contesto non inflazionistico. È essenziale che la credibilità della Banca Centrale Europea si affermi quale bene comune che va tutelato da parte di tutti gli attori della politica economica europea. È altrettanto importante che il dialogo istituzionale tra questi attori è in particolare tra il Consiglio europeo dei Ministri economici e la Banca Centrale Europea è sia equilibrato. Se c'è una responsabilità delle singole istituzioni per le materie di competenza specifica, la responsabilità politica degli eventi economici in Europa è comune; ignorarlo sarebbe ricetta sicura di confusione, di conflitto, di danno al benessere collettivo.

Sulla stabilità, non più solo nazionale ma europea, potranno essere costruite le riforme strutturali, generata la crescita.

Tutta la politica economica del Governo italiano nel periodo che ci separa dal nostro ultimo incontro può essere letta sotto questi due profili: non c'è distinzione tra gli obiettivi della stabilità, della crescita, della competitività. È un tutt'uno. È il benessere, la libertà dei cittadini. La dimensione politica dei nostri programmi si ingrandisce con l'ampliarsi delle nostre frontiere economiche.

Di questo respiro innovativo è testimone l'ampia opera di riordino normativo in materia di intermediari, mercati finanziari e società quotate.

Il nuovo T.U. della finanza, approvato con il decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58, operativo dal 1° luglio, pone le fondamenta per un nuovo sviluppo dei mercati. È sul loro operare con efficienza e trasparenza che si basa la tutela del risparmio, non più sull'apparato dirigistico della legislazione precedente. È l'esito di un lungo cammino che intraprendemmo negli anni '80.

L'intensificazione delle privatizzazioni, l'attivazione di incentivi fiscali per agevolare il ricorso delle imprese alla quotazione, l'avvio del progetto per la Piazza finanziaria italiana, la prosecuzione della riforma del diritto societario, l'introduzione di normative atte a favorire lo sviluppo di nuovi strumenti finanziari, sono tutti interventi che, pur nelle loro finalità specifiche, sono sollecitati dall'affermarsi dell'integrazione finanziaria europea.

Il progetto "Piazza finanziaria italiana" è sorretto dalla convinzione che, pur nel mutato contesto di globalizzazione finanziaria e dell'unione monetaria europea, la persistenza di specificità nel sistema produttivo continui a rendere valida l'esistenza di mercati nazionali.

Speciale attenzione è rivolta alle aree di attività ancora al di fuori dello scrutinio del mercato, dalle quali potrebbero venire significativi contributi al sostegno della domanda di strumenti finanziari. In particolare, i settori del capitale di rischio (venture capital) e della valutazione del merito di credito degli emittenti, che in altre esperienze europee si sono rilevati essenziali per lo sviluppo dei mercati, sono in Italia ancora ai primi passi.

È in corso presso il Ministero di Grazia e Giustizia la predisposizione di un progetto di legge delega per una riforma organica del diritto societario.

L'obiettivo è la riorganizzazione del settore societario secondo modelli e meccanismi più rispondenti alle logiche evolutive del sistema economico e finanziario, nella realtà della piena integrazione europea. La riflessione principale dovrà riguardare il coordinamento normativo tra società quotate e società non quotate che hanno strumenti finanziari diffusi tra il pubblico. Occorrono incentivi normativi che favoriscano l'accesso diretto delle imprese, anche medie e piccole, al mercato dei capitali.

La riluttanza delle imprese a quotarsi può essere superata modulando opportunamente i requisiti richiesti per l'ammissione alla quotazione, attenuando le forme di controllo e gli obblighi di informativa, realizzando un migliore equilibrio tra norme imperative e autoregolamentazione.

Regole flessibili, spazio all'autoregolamentazione, applicazione non oppressiva degli oneri informativi, rimozione degli ostacoli per le imprese al raggiungimento di livelli dimensionali ottimali sono i criteri seguiti dai lavori della Commissione.

Con il 1° gennaio del '99 l'armonizzazione al livello europeo nella tassazione del risparmio diventa condizione essenziale per l'efficienza della sua allocazione. È auspicabile che si compiano ulteriori progressi nel coordinamento della tassazione del risparmio, secondo le linee contenute nelle proposte presentate dalla Commissione europea nel dicembre scorso e già discusse costruttivamente dal gruppo ad alto livello convocato dalla presidenza austriaca.

In Italia dal 1° luglio di quest'anno è entrata in vigore la nuova fiscalità del risparmio: la riforma ha innovato l'imposizione dei proventi derivanti dalle attività finanziarie secondo il modello di tassazione dell'utile di gestione e i principi dell'onnicomprensività, della neutralità, della semplicità nelle procedure di prelievo.

Si è realizzato un trattamento fiscale uniforme per strumenti finanziari diversi, ma caratterizzati da un analogo contenuto economico, basato sul meccanismo dell'imposizione sostitutiva di tipo proporzionale. Sono stati notevolmente semplificati gli oneri di denuncia a carico degli investitori, i quali potranno optare per un sistema di prelievo demandato agli intermediari. La semplicità del sistema verrà rafforzata dalla dematerializzazione dei titoli pubblici e privati, che diverrà totale con l'avvento dell'euro.

È in corso avanzato la predisposizione di leggi, su iniziativa sia del Governo sia del Parlamento, perché si sviluppi la cartolarizzazione dei crediti, si introducano nuove forme di risparmio-casa che favoriscano l'acquisto di abitazioni da parte dei giovani, si proceda alla riforma dei Consorzi collettivi fidi.

Il Governo è solo uno degli attori. La sua attività in materia di intermediari, mercati, strumenti finanziari può costruire l'intelaiatura: sta agli intermediari finanziari e bancari decidere, con le loro iniziative imprenditoriali, se la nostra industria finanziaria sarà protagonista o meno nel riassetto dell'intero settore a livello europeo.

Limitato numero degli intermediari, modesta gamma dei prodotti offerti, scarsa presenza degli investitori istituzionali e quasi nulla quella dei fondi pensione, numerosi e di piccole dimensioni gli intermediari bancari: questo il quadro del settore creditizio-finanziario di cui, già negli scorsi anni, abbiamo ripetutamente sollecitato un radicale mutamento, non solo con sollecitazioni verbali ma con l'azione legislativa e regolamentare.

La risposta non è mancata, ma è stata lenta. Grazie soprattutto, ma non esclusivamente, alle privatizzazioni la capitalizzazione di borsa è passata dall'11,5 per cento del PIL nel 1992 al 40 per cento nel 1998, avvicinandosi alla media europea del 63,1 per cento. Il numero degli intermediari e degli investitori istituzionali è cresciuto. Imminente è il decollo dei fondi pensione: il loro respiro, la loro dimensione dipenderanno dalla fiducia che le parti sociali, sindacati e imprese, avranno nei mercati.

Il numero delle banche è diminuito, passando da 1.156 nel 1990 a 935 alla fine del 1997. Il risultato, tanto più significativo se si considera che nel medesimo periodo sono stati costituiti 118 nuovi intermediari, è stato ottenuto attraverso 350 operazioni di concentrazione (fusioni, incorporazioni e acquisizioni della maggioranza del capitale) che hanno interessato larga parte del sistema creditizio.

Nel 1998 l'attività di concentrazione si è intensificata; ha coinvolto alcune delle principali banche, che si accingono a costituire gruppi di dimensioni appropriate anche al confronto internazionale.

A fronte dei processi di concentrazione in atto non si è ridotta la capillarità dell'offerta che, traendo beneficio dalle stesse concentrazioni e dallo sviluppo tecnologico, ha potuto giovarsi, nel decennio in corso, di un aumento del numero delle dipendenze pari a circa 10.000, corrispondenti ad un incremento percentuale di oltre il 60 per cento.

Nessuno meglio di questa platea sa che le opportunità offerte dall'euro, dall'internazionalizzazione dell'attività e dalla concorrenza europea, sono al tempo stesso sfide.

Il forte calo dei tassi, che la recuperata credibilità del Paese ha prodotto, la riduzione dei margini di intermediazione, la prevedibile diminuzione della domanda di credito bancario, il confronto con istituti europei organizzati in modo più efficiente e in grado di offrire prodotti più innovativi, richiedono alle banche di continuare con ancor maggiore energia questo processo di aggregazione, di orientarsi sempre di più verso attività diverse dall'intermediazione, di offrire servizi che nei conti economici compensino il declino nel margine di intermediazione, di adeguare le proprie strutture informatiche e organizzative, di contenere i propri costi, portandoli a livelli europei.

Il Governo è impegnato per una rapida approvazione della legge delega sulle fondazioni bancarie, ora all'esame del Senato, dopo il vaglio positivo della Camera dei Deputati.

Le più recenti aggregazioni bancarie mostrano una tendenza ad uscire dalla categoria di appartenenza, dando origine a strutture nelle quali si integrano Casse di risparmio, banche tradizionalmente definite private, banche estere, altri soggetti.

Questi sviluppi dimostrano l'urgenza di un quadro giuridico definito per le fondazioni bancarie: il processo di riassetto è in movimento, il legislatore non può limitarsi a registrarne gli sviluppi, deve indirizzarli.

Il Governo ha ritenuto di confermare la scelta dell'inquadramento delle fondazioni nell'ambito del diritto privato, non solo per esigenze di funzionalità, ma perché la loro storia è indissolubilmente legata alle comunità locali che le hanno espresse. Contemporaneamente è stata ribadita la necessità di forme di controllo pubblico sulle fondazioni, trattandosi dell'amministrazione di patrimoni non propri. L'inquadramento privatistico non contrasta con la tutela degli interessi "incorporati" nei patrimoni delle fondazioni, frutto del risparmio di generazioni.

L'occasione è propizia per costituire un nucleo di disciplina, estensibile in futuro, con i necessari aggiustamenti, a tutto il sistema delle fondazioni dalla più diversa origine, rimediando così alle presenti insufficienze del quadro normativo.

Nel Documento di Programmazione Economico-finanziaria per il 1997 ebbi modo di richiamare la somiglianza tra il tempo presente e gli anni tra il '50 e il '65. Allora come oggi, il basso livello dei tassi di interesse testimoniava la stabilità su cui era stato costruito lo sviluppo. Ricordo che allora la giornata del risparmio era accompagnata da celebrazioni soprattutto nelle scuole. Era un risparmio sicuro, protetto, ma confinato all'interno delle ristrette frontiere nazionali. Nei venticinque anni successivi, gli shocks internazionali, le follie della finanza pubblica, i conflitti nelle relazioni industriali e sociali, l'inflazione hanno umiliato il risparmio e con esso la giornata che ne celebra la ricorrenza.

Oggi il risparmio è tornato a essere protetto dalla ritrovata cultura della stabilità, tutelato da leggi che disciplinano compiutamente il funzionamento dei mercati, non più ristretto nella limitata finanza nazionale, bensì in grado di attingere progetti e soddisfare desideri di investimento sulla grande piazza finanziaria europea, senza rischio di cambio.

Vi è un filo rosso che lega risparmio, investimenti e occupazione. Un filo rosso che lega realtà complesse dell'economia e della società europee.

Negli ultimi venti anni, in Italia e in Europa, al punto massimo di ogni periodo ciclico, il tasso di disoccupazione si è trovato più alto rispetto al periodo precedente.

E di decennio in decennio si è indebolito il processo di accumulazione, ridotta la quota di investimenti. Nell'Europa a 15 la formazione di capitale assorbiva, negli anni Settanta, il 23 per cento del PIL; era scesa al 20 per cento negli anni Ottanta; è in questi anni intorno al 18 per cento.

È una realtà che deve essere cambiata. Cambiarla significava in primo luogo ricuperare la stabilità, ricomporre gli equilibri economici fondamentali.

Il risparmio è il "grano da semina" dell'economia è veniva risucchiato, disperso, da disavanzi pubblici eccessivi. Gli investimenti erano scoraggiati dalla difficoltà di unire capitale e lavoro in combinazioni flessibili, capaci di reggere la nuova concorrenza che emergeva sulla scena internazionale.

Oggi questi ostacoli all'attività di investimento sono stati in gran parte rimossi. I conti pubblici sono stati ricondotti verso situazioni di equilibrio. I tassi di interesse sono scesi. Privatizzazioni e deregolamentazioni sono nei fatti e nei programmi dei Governi. Il ruolo dello Stato è stato riportato alle sue funzioni proprie, che non sono certo quelle di presentarsi come imprenditore. Il carico fiscale sulle imprese è stato ridotto, specie per i nuovi investimenti. Ed è viva la consapevolezza che bisogna ancora ridurlo così come occorre contenere l'alto costo del lavoro, in Italia e in Europa, se si vuole essere competitivi nel mondo.

Dobbiamo questa svolta al grande progetto della moneta unica, e ai Governi che, in Italia e in Europa, hanno fortemente voluto l'avvento dell'euro e hanno saputo trasformare il sogno in realtà.

In continuità di intenti con l'esecutivo precedente, il Governo italiano sta operando per far sì che la nuova cornice, di grande favore per l'investimento, possa portare ad accelerare il passo per la formazione di nuovo capitale, che è anche creazione di nuovo lavoro.

In Italia, una nuova programmazione si incentra su un approccio di collaborazione fra pubblico e privato. Gli investimenti pubblici, già in accelerazione nel 1998, avranno nuovo impulso nel 1999; forme innovative di finanziamento di progetti chiameranno il capitale privato a concorrere alla realizzazione di infrastrutture. Gli incentivi all'investimento delle imprese, riordinati e semplificati in un quadro di certezze, conforteranno la propensione alla spesa in conto capitale.

Una primavera dell'investimento: di questo abbiamo bisogno.

Il patto sociale che abbiamo proposto si fonda sulla convinzione che è possibile creare un tessuto di opportunità e di convenienze per un incontro fruttuoso fra capitale e lavoro in modo da tradurre in atto le potenzialità di cui il Paese dispone.

In sede europea, la politica economica è ormai tutta incentrata sull'impegno all'occupazione. Si tratta di rilanciare un grande progetto di creazione di infrastrutture, presupposto di una maggiore competitività europea e di una più forte coesione economica e sociale.

Le risorse finanziare necessarie possono essere mobilitate, anche in forme innovative, senza gravare sugli equilibri di bilancio, senza mettere a repentaglio il bene riconquistato della stabilità.

Europa e lavoro. Già due anni fa espressi questo inscindibile binomio, da sempre stella polare della nostra azione di Governo. Il risanamento che abbiamo compiuto sarebbe sterile se lo spazio di domanda che abbiamo creato non fosse occupato da una nuova stagione di investimenti, se non fosse di stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro. Sta in questo augurio e in questo impegno il significato di questa giornata.

Signore e Signori,

fra sessanta giorni, il 1° gennaio 1999, nascerà l'euro.

Undici monete si fonderanno in una, con valori irrevocabilmente definiti.

Al pari di altre dieci Stati, la Repubblica italiana rinuncerà ad una parte fondamentale della propria sovranità, trasfondendola in una istituzione sovranazionale, il Sistema europeo delle banche centrali.

Avrà inizio il corso di una nuova moneta.

Avrà inizio un nuovo corso nella storia dell'Italia, dell'Europa.

L'unificazione del segno monetario produrrà un moto progressivo, inarrestabile verso altre istituzioni comuni, verso una crescente integrazione economica, sociale, politica dei popoli che quella comune moneta hanno voluto.

Il secolo XX si chiude così con una realtà ben diversa da quella drammatica che lo ha contraddistinto nella sua prima parte. Attraverso una lunga maturazione, giunge ad primo fondamentale epilogo la reazione alla frattura che allora si era prodotta.

Il nuovo secolo, inizio di un nuovo millennio, si apre con Europa che, forte del patrimonio della sua civiltà, si proietta nel mondo con una profonda unità politica e istituzionale, simboleggiata dalla sua nuova moneta.

L'Italia è saldamente in questa Europa.