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#prideandprejudice

 

L'Italia viene spesso descritta, soprattutto nella comunità internazionale, sulla base di alcuni indicatori negativi: il debito pubblico, la bassa competitività, il deficit nominale di bilancio (che in passato ha determinato l'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea).
Tuttavia, accanto a questi dati ci sono grandezze economiche utili a rappresentare l'Italia per ciò che è: uno dei paesi principali del mondo sviluppato, il secondo paese per produzione manifatturiera in Europa, la terza economia dell'Eurozona.
Un paese che negli ultimi venti anni ha saputo tenere i propri conti sotto controllo collocandosi tra i più virtuosi in Europa e nel mondo.
Raccogliamo qui alcuni dati economici dell'Italia di cui non si parla mai, o non abbastanza, per combattere pregiudizi tanto diffusi quanto privi di basi oggettive e rappresentare adeguatamente un Paese che ha contribuito a fondare l'Unione Europea.

1/7 Avanzo primario

L'avanzo primario nei conti pubblici italiani è tra i più alti del mondo e il più stabile negli ultimi 23 anni tra gli Stati Membri dell'Unione Europea.
Nel 2014 l'avanzo primario in percentuale del Prodotto interno lordo è tra i più alti dei Paesi UE più virtuosi.

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2/7 Incremento della spesa pubblica

Il senso di responsabilità nella gestione oculata del bilancio pubblico, già evidente nel saldo primario, è confermato dall'andamento della spesa pubblica.
La spesa pubblica dell'Italia, al netto degli interessi, è rimasta pressoché costante negli anni della crisi, mentre altri paesi hanno fatto registrare incrementi consistenti, anche a due cifre.

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3/7 Deficit/PIL

L'Italia ha registrato un rapporto deficit/PIL al di sotto del 3% nel 2013, così come nel 2012.
Pertanto la Commissione Europea ha sancito la chiusura della procedura d'infrazione per deficit eccessivo aperta in passato.
Anche nel 2014 le finanze pubbliche italiane hanno rispettato tale requisito, previsto dai Trattati europei per i paesi che hanno aderito all'Unione Monetaria e quindi adottato l'euro come valuta e nel 2015 il deficit è sceso al 2,6% del PIL.
Nel confronto con l'Eurozona, è evidente che l'Italia è ancora uno dei pochi Paesi che rispetta questa regola.
È poi interessante osservare che tra i Paesi estranei all'euro, sono molti quelli che presentano un rapporto deficit/PIL superiore a tale soglia. Tra questi il Regno Unito, il Giappone, gli Stati Uniti.

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4/7 Debito pubblico

Molti paesi hanno reagito alla crisi che si è manifestata a partire dal 2008 con l'espansione del bilancio pubblico. Tra il 2008 e il 2014 l'ampliamento del deficit si è tradotto nella crescita del debito.
E' evidente che la dinamica del debito italiano è stata molto più contenuta di altri Paesi. Nonostante la crescita modesta che ha caratterizzato gli anni della crisi, l'Italia infatti registra un aumento ben al di sotto sia della media dei Paesi dell'Unione Europea, sia dei Paesi dell'Eurozona.
Grazie alla crescita e al piano di cessioni di proprietà dello Stato già in corso di attuazione, dal 2016 il rapporto debito/PIL comincerà a declinare.

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5/7 Andamento debito pubblico

Dopo otto anni di crescita ininterrotta il rapporto tra debito pubblico e PIL si è sostanzialmente stabilizzato nel 2015 e diminuirà a partire dal 2016. A partire dal 2019 scenderà al di sotto della soglia del 120 per cento.
L'inversione di rotta della dinamica del debito pubblico, centrale nella strategia del Governo, si deve alla gestione responsabile del bilancio statale, con il saldo primario positivo, e alla crescita del PIL.

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6/7 Rischio di sostenibilità

L'analisi della Commissione europea sulla sostenibilità(1) delle economie dei Paesi aderenti all’Unione Monetaria stima che nel breve, nel medio e nel lungo periodo il rischio dell’Italia è al di sotto della media dell’area euro(2) nonché dei 27 Paesi aderenti all'Unione Europea. Secondo l'analisi della Commissione il debito pubblico italiano è tra i più sostenibili nel lungo periodo in Europa. L'indice S2 (lungo periodo) è pari a -2,1 a fronte di una media UE di 1,7 e di una media dell'area euro di 0,8(3).

(1) Per rischio di sostenibilità viene inteso il divario tra la posizione strutturale di bilancio ed una posizione di bilancio sostenibile.
(2) L'analisi illustrata nel grafico riguarda 17 Paesi essendo precedente all'ingresso della Lettonia e della Lituania.
(3) Per leggere correttamente gli indici è bene ricordare che maggiore è il valore, maggiore è l'aggiustamento fiscale necessario a ridurre il rischio di sostenibilità. Un valore negativo dell'indice S2, come nel caso italiano, indica la sostenibilità delle finanze pubbliche negli scenari dati anche senza aggiustamenti ulteriori. Anche gli indicatori di sostenibilità di breve e medio periodo danno l’Italia tra i paesi con le finanze pubbliche più sostenibili.

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7/7 Aiuti di Stato alle banche

Nel periodo della crisi economica (2007-2014) i sistemi bancari e finanziari nazionali di 17 paesi dell'area euro hanno ricevuto aiuti dai Governi nazionali con importi molto differenti.
Durante gli anni della crisi, le banche italiane hanno ottenuto sostegni dal Governo per circa 4 miliardi di euro, a fronte dei quasi 262 miliardi di euro percepiti da quelle tedesche e dei 207 miliardi da quelle britanniche.
In un anno, l'ammontare complessivo degli aiuti nell'Unione Europea, calcolato da Eurostat, è passato da circa 681 miliardi a 656. Di questi, gli aiuti concessi nell’area euro sono calati da 511,7 miliardi a 492,4.
In particolare, l’Italia oggi registra un’esposizione ridotta da circa 4 miliardi a 1,1.

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Versioni precedenti

L'appuntamento numero uno con #PrideandPrejudice è datato novembre 2014, quando abbiamo pubblicato il primo documento dedicato agli indicatori positivi, ma poco conosciuti, della finanza pubblica italiana e della solidità complessiva del sistema finanziario nazionale.

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