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Esame preliminare della Nota di aggiornamento del DEF 2017 - Audizione del ministro Padoan in Commissioni congiunte Bilancio di Senato e Camera

03/10/2017

1. Un bilancio dell’azione pluriennale di politica economica del Governo

L’esame della Nota di aggiornamento del Documento di Economia e finanza 2017 offre l’occasione per tracciare innanzitutto un bilancio degli interventi di politica economica e di riforma strutturale intrapresi a partire dal 2014 dal Governo, in termini di crescita, occupazione, stato delle finanze pubbliche.

Si tratta di risultati che incoraggiano a proseguire lungo il percorso intrapreso per rafforzare ulteriormente l’economia italiana, uscita finalmente dalla lunga e profonda crisi: ricordo che tra il 2008 e il 2013 il PIL in termini reali era sceso complessivamente dell’8,7 per cento.

A partire dal 2014 l’economia italiana è tornata a crescere; il ritmo della ripresa si è consolidato nel biennio 2015-2016, per acquistare vigore nell’anno in corso. Nel secondo trimestre del 2017 il PIL è cresciuto per il decimo trimestre consecutivo, al ritmo più elevato dall’inizio della crisi, sorprendendo al rialzo le previsioni degli analisti e delle istituzioni internazionali.

Tra gennaio e giugno le esportazioni sono aumentate dell’8,0 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, portando l’avanzo commerciale oltre i 19 miliardi – 36 al netto dei prodotti energetici; al recupero di quote del commercio mondiale si associa la crescente specializzazione dell’export italiano nelle produzioni a più elevato valore aggiunto, meno esposte alle oscillazioni del cambio. Il 2017 si è inoltre contraddistinto per i dati estremamente positivi relativi ai flussi turistici, favoriti dalle politiche di destagionalizzazione dell’offerta e dal significativo aumento degli arrivi dall’estero.

Riflettendo anche l’evoluzione del prodotto, persiste la fase di significativo miglioramento del mercato del lavoro: in base ai dati destagionalizzati dell’ISTAT, il numero degli occupati in agosto è di un milione più elevato rispetto al punto di minimo del settembre 2013 (1.005 migliaia), 978mila rispetto al febbraio 2014. Considerando l’usuale ritardo con il quale l’occupazione reagisce alla crescita del PIL possiamo prevedere un ulteriore e progressivo aumento dell’occupazione nei prossimi mesi e anni.

Il consolidamento della congiuntura ha favorito l’inversione di tendenza degli investimenti fissi. L’accumulazione di capitale, essenziale per accrescere la competitività e il potenziale di crescita dell’economia, aveva grandemente sofferto durante la lunga recessione. Alla luce degli ultimi dati dell’ISTAT, nel 2016 gli investimenti fissi lordi sono aumentati più che in Francia e in Germania; si stima che la crescita prosegua per l’anno in corso.

Le più recenti informazioni statistiche disponibili indicano un ulteriore irrobustimento della crescita italiana, che in base alle previsioni formulate dal Tesoro accelererà nella seconda metà dell’anno.

La ripresa e il rilancio dell’economia italiana sono stati conseguiti mentre la gestione delle finanze pubbliche si caratterizzava per i) la graduale riduzione del disavanzo; ii) l’inversione del processo di aumento del rapporto debito/PIL. [Su questi aspetti mi soffermerò in seguito nella mia relazione].

Ritorno e consolidamento della crescita; ripresa e irrobustimento di occupazione, export e investimenti; miglioramento dei saldi e della posizione patrimoniale sull’estero; persistenti elevati avanzi primari, disavanzo in riduzione e inversione della tendenza all’aumento del rapporto debito/PIL – sono risultati ai quali ha contribuito una strategia di politica economica di cui ricordo i pilastri:

  • la diminuzione della pressione fiscale (scesa di oltre un punto percentuale tra 2013 e 2016), conseguita principalmente mediante gli interventi di riduzione dell’IRES e del prelievo sui redditi medio-bassi da lavoro dipendente (80 euro), la cancellazione del costo del lavoro dipendente dalla base imponibile IRAP, l’esenzione dall’IMU per i beni strumentali imbullonati e i terreni agricoli e dalla TASI per le abitazioni di proprietà e residenza;
  • gli incentivi agli investimenti privati e il rilancio di quelli pubblici – oltre agli sforzi di messa in sicurezza del territorio a fronte dei rischi sismici e idrogeologici;
  • un ampio insieme di riforme strutturali;
  • il contrasto alla povertà e alla disuguaglianza;
  • la gestione equilibrata delle finanze pubbliche, la cui sostenibilità mira a contenere l’onere del debito e a preservare la stabilità finanziaria;
  • le misure di finanza per la crescita, che contribuiscono ad accrescere e diversificare i flussi finanziari a disposizione dell’economia reale e dei comparti più innovativi.

2. Il nuovo contesto di riferimento e le prospettive dell’economia italiana

La ripresa dell’economia italiana sta guadagnando robustezza in un quadro internazionale complessivamente positivo per le prospettive di crescita; per l’Europa i principali istituti di ricerca e organismi internazionali prevedono un moderato rallentamento della crescita per il 2018, sulla scorta dei rischi che gravano sul commercio internazionale – ovvero la ‘Brexit’, le tensioni geopolitiche, il terrorismo e le tendenze protezionistiche in alcuni paesi chiave.

L’evoluzione più recente dell’economia italiana. – D’altra parte, nel nuovo quadro macroeconomico la crescita attesa dei mercati di esportazione rilevanti per l’Italia risulta più elevata di quanto proiettato nel DEF di aprile, soprattutto nel 2017 e 2018. Dal punto di vista italiano dunque l’economia internazionale continuerà a fornire un impulso positivo al PIL del Paese.

Si tratta peraltro di una tendenza confermata dalle indicazioni più recenti: la ripresa dell’economia italiana – in termini di PIL, di occupazione, ore lavorate e consumi interni – si è infatti rafforzata a partire dall’ultimo trimestre del 2016. In base ai dati dell’Istat l’aumento della fiducia di consumatori e imprese è proseguito in settembre; per le aziende l’indicatore ha raggiunto il livello più elevato dall’agosto del 2007.

Le prospettive dell’economia beneficiano della rinnovata fiducia degli operatori e del miglioramento del settore del credito, favorito dagli interventi introdotti dal Governo per riattivare il regolare funzionamento del sistema bancario, che ha sofferto della durata e dell’intensità della crisi economica. Nel settore, che nel suo insieme resta sano, sono emersi alcuni isolati casi di crisi o di temporanea difficoltà; il Governo li ha fronteggiati e messi in sicurezza con soluzioni diversificate, efficaci e trasparenti, rispettando le complesse norme introdotte nell’ordinamento italiano dall’unione bancaria europea, al tempo stesso proteggendo gli interessi dei piccoli risparmiatori e del contribuente. Nel complesso, l‘ammontare di risorse pubbliche destinate alla tutela del risparmio in Italia è di gran lunga inferiore a quella resasi necessaria in altri Paesi.

Grazie alle riforme intraprese, è plausibile attendersi che il sistema bancario guadagnerà solidità ed efficienza. L’incidenza dei crediti deteriorati, ancora elevata nel confronto con la media europea, si sta riducendo grazie a un minor tasso di deterioramento del credito e alle dismissioni di sofferenze recentemente annunciate. Al netto delle svalutazioni, tale incidenza appare ampiamente gestibile. Gli ultimi dati sul settore bancario evidenziano un ritorno alla crescita dei prestiti alle famiglie e, sia pur in minor misura, alle imprese. Le indagini presso queste ultime suggeriscono che la disponibilità di credito è già gradualmente migliorata negli ultimi trimestri.

Il rialzo delle stime per il 2017 e il 2018. – Vi sono dunque le condizioni per un ulteriore rafforzamento della crescita già a partire dal terzo trimestre, in virtù del rinnovato dinamismo dell’industria e di alcuni comparti dei servizi, in particolare trasporti e turismo.

Le prospettive future beneficiano inoltre dell’effetto cumulato delle riforme strutturali intraprese negli ultimi anni. Da ultimo con la recente approvazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza sono state introdotte significative novità in tema di servizi finanziari, assicurativi e professionali, mercato dell’energia, poste e telecomunicazioni, turismo e farmacie; ne deriveranno la modernizzazione dei comparti coinvolti, un nuovo stimolo alla produttività e alla crescita, consentendo ai consumatori di avere accesso a beni e servizi a costi inferiori.

La dinamica degli investimenti pubblici e privati. – Per rafforzare la crescita dell’economia italiana è essenziale la ripresa degli investimenti, una variabile chiave non solo per la domanda, ma anche e soprattutto ai fini dell’aumento della produttività e della competitività dell’economia.

Pur mostrando indicazioni confortanti, gli investimenti nel settore privato restano al di sotto dei livelli pre-crisi; quelli del settore pubblico – sui quali aveva inciso in misura significativa l’azione di consolidamento – necessitano di ulteriori risorse per il pieno rilancio, ma anche di una accelerazione e una semplificazione nelle procedure di progettazione e realizzazione.

Le scelte intraprese dal Governo hanno consentito di invertire la tendenza di riduzione degli investimenti totali: dopo essersi contratti del 2,3 per cento nel 2014, gli investimenti fissi lordi sono cresciuti dell’1,9 nel 2015 e del 2,8 nel 2016 in termini reali.

Per la prima metà dell’anno in corso i dati di contabilità nazionale trimestrale mostrano una crescita media tendenziale degli investimenti del 3,0 per cento; sulla base degli ordinativi domestici e delle importazioni di beni strumentali, le indicazioni rinvenienti dalle indagini della Banca d’Italia e dell’ISTAT suggeriscono tendenze ancor più positive per i piani di investimento complessivi delle imprese. È possibile dunque che la seconda metà dell’anno in corso venga caratterizzata da un andamento degli investimenti nettamente più dinamico rispetto al primo semestre.

La manovra introdotta in primavera ha aumentato le risorse a disposizione della Pubblica Amministrazione per ricostruzione, riqualificazione urbana, trasporti, opere pubbliche, difesa del suolo, ambiente ed edilizia pubblica (compresa quella scolastica). La proiezione di finanza pubblica pone la crescita nominale degli investimenti pubblici nel 2018 al 5,1 per cento.

Favoriranno inoltre l’accelerazione del processo di accumulazione di capitale fisso: i) la previsione di un fondo da ripartire per il rilancio degli investimenti infrastrutturali, che dispone di una dotazione complessiva di risorse pari a 47,5 miliardi da utilizzare in un orizzonte pluriennale compreso tra il 2017 e il 2032; ii) l’abolizione del patto di stabilità interno, che limitava le capacità di intervento degli enti locali, a partire dal 2016; iii) la riforma del codice degli appalti, revisionata nell’anno in corso, che aiuterà a gestire in modo più trasparente ed efficiente gli appalti pubblici.

3. Una finanza pubblica sostenibile e favorevole alla crescita

Il supporto alla crescita è stato uno degli obiettivi fondamentali della politica di bilancio condotta dal Governo negli ultimi anni, assieme alla prosecuzione del consolidamento delle finanze pubbliche, in un contesto caratterizzato da stringenti vincoli finanziari per via dell’elevato debito pubblico.

Procedendo all’interno di un sentiero stretto, ma tracciato in modo chiaro e coerente, il Governo è riuscito da un lato a ridurre gradualmente il disavanzo, dall’altro ad alimentare la ripresa mettendo definitivamente alle spalle del paese la recessione. Anche la velocità con cui abbiamo percorso questo sentiero è risultata essenziale per conseguire questi risultati difficili da conciliare.

L’inversione nella tendenza del rapporto debito/PIL si è accompagnata a una gestione delle finanze pubbliche in grado di mantenere elevati avanzi primari e di produrre un disavanzo nominale in graduale riduzione – dal 3,0 per cento nel 2014 al 2,1 previsto per l’anno in corso. Prendendo in considerazione il saldo primario corretto per gli effetti del ciclo economico, lo sforzo di consolidamento compiuto dall’Italia in questi dieci anni di crisi risulta tra i più significativi nel panorama dei paesi dell’area dell’euro.

Grazie a tali andamenti è stata invertita la tendenza che tra il 2008 e il 2014 aveva visto un aumento di circa il 30 per cento del rapporto debito pubblico/PIL: dopo sette anni di aumenti ininterrotti si è registrata già nel 2015 la prima flessione, come ha recentemente certificato l’ISTAT. Pur tenendo conto dei recenti esborsi connessi al sostegno del sistema bancario, l’indicatore è previsto in riduzione anche nel 2017. Il processo di riduzione accelererà nel 2018 e negli anni successivi.

Il rafforzamento della crescita, l’aumento dell’avanzo primario e la struttura per durata del debito consentiranno di assorbire senza rilevanti problemi la fase di aumento dei tassi di interesse che si prospetta per i prossimi anni. Le previsioni incluse nella Nota di aggiornamento già includono l’evoluzione dei tassi prevista dai mercati finanziari per i prossimi anni.

La rimodulazione della politica di bilancio per il 2018. – Sebbene il ritardo dell’Italia rispetto alla media dell’UE si sia attenuato negli ultimi due anni, grazie anche alle riforme strutturali e alle misure di sostegno introdotte, il ritmo di crescita del Paese resta inferiore a quello dei principali partner europei. Il tasso di disoccupazione, pur riducendosi, resta elevato.

Le riforme non hanno, peraltro, ancora dispiegato appieno i propri effetti, mi riferisco ad esempio alla promozione di un ambiente più favorevole agli investimenti produttivi e alla capitalizzazione delle imprese, così come ai recenti interventi sul settore bancario.

La sana e prudente gestione delle finanze pubbliche, soprattutto in questa particolare fase congiunturale, dovrà risultare complementare all’adozione di politiche di sostegno alla ripresa economica in corso e nel medio termine alle prospettive di crescita del nostro Paese. Un sistema economico solido e competitivo è presupposto essenziale per finanze pubbliche sane e per un sentiero di riduzione del debito che sia sostenibile. Viceversa la sostenibilità finanziaria, riducendo il rischio effettivo e percepito, sostiene la crescita.

In tale ottica va interpretata la decisione del Governo di portare allo 0,3 per cento l’aggiustamento del saldo strutturale nel 2018 dallo 0,8 previsto dal DEF.

In linea con quanto illustrato nella comunicazione del Governo alla Commissione europea del maggio scorso, un’eccessiva restrizione fiscale metterebbe infatti a rischio la ripresa economica e la coesione sociale nel Paese; la prosecuzione dell’azione di graduale consolidamento, viceversa, – a patto di continuare ad attuare il programma di riforme strutturali – consentirà di proseguire nel percorso di riduzione del deficit di bilancio e del rapporto debito/PIL.

L’obiettivo di indebitamento per il 2018 si colloca così all’1,6 per cento, tale da far comunque segnare un’accelerazione del processo di riduzione del disavanzo. Le risorse rese disponibili dalla revisione dell’obiettivo di indebitamento netto contribuiranno a finanziare la disattivazione degli aumenti IVA previsti dalla legislazione vigente per il 2018, in parte già disattivati dalla manovra di aprile. Per il biennio successivo, si continua a puntare al sostanziale conseguimento del pareggio di bilancio nel 2020. Parallelamente, il processo di riduzione del rapporto debito/PIL accelera, consentendo di raggiungere il 123,9 per cento nel 2020.

La relazione al Parlamento. – L’ordinamento nazionale prevede che eventuali scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali e previa autorizzazione approvata dal Parlamento a maggioranza assoluta, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine. Tale piano, peraltro, può essere aggiornato al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali ovvero qualora, in relazione all'andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

A tal fine, sentita la Commissione europea, il Governo ha sottoposto all’autorizzazione parlamentare una relazione con cui modifica il piano di rientro e aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, la durata e la misura dello scostamento, le finalità alle quali destinare le risorse disponibili in conseguenza dello scostamento e il relativo nuovo piano di rientro verso l’obiettivo programmatico.

Il Governo si impegna a continuare il percorso di convergenza verso l’obiettivo di medio termine nel biennio 2019-2010, prevedendo una riduzione del deficit nominale allo 0,9 per cento del PIL nel 2019, allo 0,2 nel 2020. In termini strutturali, ciò corrisponderebbe ad una discesa dell’indebitamento netto allo 0,6 per cento nel 2019 e allo 0,2 nel 2020 – ovvero il sostanziale raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali.

Il Disegno di Legge di Bilancio per il triennio 2018-2020. – Dal punto di vista della composizione, il Disegno di Legge di Bilancio per il triennio 2018-2020 introdurrà misure selettive: i) di impulso alla crescita, attraverso l’incentivazione degli investimenti privati e il potenziamento di quelli pubblici; ii) di promozione dell’inclusione sociale e dell’occupazione, in particolare dei giovani. Le risorse disponibili, una volta sterilizzate le clausole di salvaguardia per il 2018 (15,7 miliardi), sono limitate, tenuto conto dell’esigenza di ridurre il disavanzo e accelerare il processo di riduzione del debito.

Le nuove politiche per lo sviluppo, la competitività e la coesione sociale, la disattivazione delle clausole 2018 e i costi delle cosiddette spese indifferibili comportano nel loro insieme maggiori oneri rispetto allo scenario tendenziale equivalenti a circa l’1,1 per cento del PIL nel 2018. Verranno finanziate per circa 0,5 punti da nuove coperture e per la restante parte dal maggiore indebitamento netto rispetto allo scenario tendenziale. Le coperture consisteranno per il 40 per cento circa di tagli strutturali alla spesa pubblica e per il 60 di maggiori entrate. La tavola allegata fornisce un quadro degli ambiti d’intervento in cui si collocano le diverse misure – si tratta di importi suscettibili di variazioni al margine – e i previsti impatti sul PIL.

L’impatto positivo sulla crescita 2018 e 2019 delle misure espansive (disattivazione delle clausole, politiche per lo sviluppo, la competitività e la coesione sociale) è significativo; quello delle coperture è relativamente modesto, per via della composizione delle misure allo studio. Alla riduzione dell’evasione fiscale si accompagnerà la prosecuzione del processo di revisione della spesa delle Amministrazioni centrali, ambiti d’intervento caratterizzati da bassi moltiplicatori in termini di effetti sulla crescita.

Rispetto alla previsione tendenziale, l’insieme degli interventi descritti produce un impatto netto positivo sulla crescita nel biennio 2018-19: sulla base di una valutazione prudenziale, si stima un incremento del tasso di crescita del PIL di 0,3 punti percentuali all’anno nel 2018-19. Nello scenario programmatico, la crescita del PIL reale è prevista pari all’1,5 per cento sia nel 2018, sia nel 2019. Nell’anno finale della previsione si stima una decelerazione all’1,3 per cento.

Conclusioni

L’azione di Governo in questi ultimi anni ha operato lungo un sentiero stretto, contemperando le esigenze di consolidamento delle finanze pubbliche con quelle di supporto alla crescita. I risultati raggiunti sono largamente positivi e disegnano un contesto solido e favorevole al lavoro da compiere nel finale di questa legislatura e nella prossima.

Si profilano nuovi scenari, quali la graduale azione di rientro degli stimoli monetari nelle diverse aree valutarie, l’accentuarsi delle tensioni geopolitiche, l’impatto di eventuali iniziative di protezione commerciale, l’incertezza delle politiche economiche internazionali e i rischi di stallo del processo di riforma dell’Unione monetaria.

In Italia il numero delle persone in cerca di occupazione, benché in riduzione, resta su livelli elevati. La disoccupazione giovanile, che si associa a un elevato rischio di esclusione sociale, sta diminuendo ma è ancora alta. Il milione di occupati in più rispetto al dato peggiore registrato nel 2013 è un risultato incoraggiante che tuttavia non ci soddisfa. Dobbiamo fare di più per il lavoro.

Non c’è dunque spazio per il compiacimento, c’è ancora tanto da fare. Non va allentato lo sforzo di riforma, in Italia come in Europa. Occorre progredire nella strategia a favore di occupazione, innovazione e contrasto all’esclusione sociale.

Lo sviluppo del settore industriale, in particolare del manifatturiero a più elevata intensità tecnologica, continuerà a beneficiare degli incentivi agli investimenti ma anche della graduale costruzione di un ambiente maggiormente favorevole all’iniziativa imprenditoriale e alla formazione del capitale umano – il Piano Nazionale Impresa 4.0. Parallelamente vanno proseguiti gli sforzi di semplificazione della pubblica amministrazione, così come quelli per la riduzione della tassazione che grava su famiglie e imprese.

È necessario e possibile trasformare la fase di uscita dalla crisi in una ripresa robusta e strutturale, che permetta all’Italia di superare definitivamente una prolungata stagione caratterizzata dal ristagno della produttività e della crescita; a tal fine è indispensabile continuare ad adottare misure strutturali che innalzino il potenziale di crescita dell’economia, l’occupazione e la capacità innovative e competitiva delle nostre imprese in un quadro macroeconomico e finanziario sostenibile. Alle misure riguardanti gli investimenti pubblici e privati, va associato uno sforzo crescente per promuovere quelli in capitale umano e ricerca.

Parallelamente, la finanza pubblica deve essere in grado di garantire che la crescita sia inclusiva, assorbire l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e delle politiche di sostegno all’occupazione giovanile e insistere sulle politiche di contrasto alla povertà.

Dentro la cornice di politica economica qui descritta è avviato un percorso con le forze di Governo – Partito Democratico, Movimento Democratico e Progressista, Alternativa Popolare e gli altri gruppi – volto a definire ipotesi di intervento in materia di investimenti, lavoro, lotta alla povertà e salute.

È necessario proseguire nel solco tracciato mantenendo il giusto equilibrio tra consolidamento di bilancio e politiche per il futuro, crescita, giovani e inclusione sociale. Continuare a sostenere gli investimenti nel capitale fisico e immateriale del Paese, oltre ad aumentare la crescita potenziale e la produttività, rafforzerà anche il clima di fiducia, una variabile fondamentale per la domanda, gli investimenti e il supporto della ripresa.

TAV.1 MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA 2018-2020 E IMPATTI SUL PIL REALE

  Manovra (indebitamento netto PA in percentuale del PIL) Scostamenti PIL reale da tendenziale (punti percentuali di crescita)
  2018 2019 2020 2018 2019 2020
Indebitamento netto tendenziale -0,98 -0,27 -0,06  
- in milioni -17.364 -4.869 -1.140  
Sterilizzazione clausole IVA (netto) -0,89 -0,63 0,00 0,30 0,33 -0,29
- in milioni -15.743 -11.438 0,00  
Indebitamento netto tendenziale + sterilizzazione clausole IVA -1,87 -0,90 -0,06  
- in milioni -33.107 -16.307 -1.140  
Sviluppo 0,02 0,07 0,10 0,02 0,06 0,06
- in milioni 300 1.300 1.900  
Competitività e innovazione 0,02 0,12 0,21 0,02 0,04 0,15
- in milioni 338 2.162 3.999  
Coesione sociale 0,03 0,05 0,06 0,03 0,02 0,04
- in milioni 600 900 1.200  
Politiche invariate (oneri) 0,15 0,16 0,16 0,11 0,02 0,02
- in milioni 2.600 3.000 3.000  
Coperture: entrate aggiuntive 0,29 0,32 0,32 -0,06 -0,10 -0,03
- in milioni 5.120 5.743 6.043  
Coperture: Tagli di spesa LdB 2018 0,20 0,08 0,08 -0,10 -0,03 0,00
- in milioni 3.500 1.450 1.450  
Indebitamento netto programmatico -1,60 -0,90 -0,20  
- in milioni -28.324 -16.476 -3.787  
Impatto cumulato della manovra sulla crescita del PIL reale   0,31 0,34 -0,04
PIL programmatico - in milioni 1.770.266 1.830.623 1.893.325  
PIL tendenziale - in milioni 1.768.679 1.821.689 1.876.584  
 

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