Roma, 20 marzo 2015 – Nei mesi scorsi il dibattito pubblico sulle politiche economiche ha più volte toccato il tema dell’output gap. È un tema molto tecnico, ma l’esito della discussione condiziona le politiche economiche in tutti i paesi dell’Unione europea ed in particolare della zona euro.
L’output gap e il PIL potenziale
Il problema al centro del dibattito è legato alla natura dell’output gap, il quale non è un indicatore osservabile. Non viene cioè misurato o calcolato sulla base di misure, ma stimato sulla base di assunti che implicano diversi gradi di discrezionalità. Nell’ambito dell’Unione europea si usa un modello di stima nel quale sono incorporate valutazioni discrezionali concordate tra gli Stati membri. Sulla base di valutazioni diverse è possibile costruire modelli alternativi che conducono a conclusioni anche molto distanti. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo internazionale (OCSE), per esempio, usa un modello alternativo. L’uso dell’output gap stimato con il modello OCSE conduce a una stima del saldo strutturale di bilancio diversa da quella basata sull’output gap stimato con il modello europeo. E non si tratta di differenze irrilevanti: per alcuni paesi (Italia e Austria) il modello europeo conduce a stimare un saldo strutturale negativo, mentre il modello OCSE porta a un surplus. Più in generale il modello OCSE stima saldi di bilancio migliori per molti paesi della zona euro.
Saldo strutturale di alcuni paesi della Zona Euro nel 2015*
Che cosa implica il segno (negativo o positivo) del prodotto potenziale per le politiche economiche?
In presenza di un prodotto potenziale negativo in uno Stato membro, le regole europee impongono una correzione dei saldi strutturali di bilanci, cioè manovre “di aggiustamento” o “restrittive”. Un prodotto potenziale positivo non richiede questo tipo di intervento, ma potrebbe al contrario suggerire che la crisi è determinata da fattori ciclici, come una caduta della domanda, e quindi richiedere manovre anticicliche, espansive, a sostegno della domanda.
In altre parole, una stima piuttosto che un’altra possono portare a politiche di segno diametralmente opposto. Una politica restrittiva assunta in presenza di un ciclo sfavorevole risulterebbe molto probabilmente pro-ciclica con gravi effetti sulle prospettive dell’economia.