Source : SOLE24ORE Page of Review : 38 Page of Document : 2 Page of NewsPaper : 13 Category :ECONOMIA E POL. INTERNA Author :GALIMBERTI FABRIZIO RASSEGNA FLASH Abstract: la lettera (utile) che il Governo non ha mai scritto Tfr, una stangata inevitabile d1 Fabrizio GaLimberti La vicenda tormentata delTfr è finita, con un trattato di pace - o una tregua armata - fra Governo e imprese. Se c'è una lezione da trarre da questa "guerra dei venti giorni" è chenellapolitica economica la forma -il marketing, la confezione, la pubblicità - conta quanto la sostanza. H nell'azione del Governo c'è stato certamente un cattivo marketing. Diventa interessante allora chiedersi, se non altro a futura memoria e a insegnamento per i posteri, come avrebbe dovuto procedere il Governo per spiegare meglio la misura. Proviamo a immaginare una lettera che l'Esecutivo avrebbe potuto mandare alle imprese, il 30 settembre, per spiegare la nuova norma. Gare imprese, speravamo anche noifos-se finito il tempo delle stangate. Alla fine del secolo scorso (beh, diciamo 607 anni fa) la finanza pubblica era tornata sotto controllo: la prima condizione per alleggerire il debito - un consistente avanzo primario - era soddisfatta e il deficit era schiacciato al2% del Pii o anche meno. E potevamo guardare con fiducia al futuro, grazie al dividendo dell'euro, cioè alla progressiva riduzione della spesa per interessi. Ma i conti del 2005 sono stati una doccia fredda: l'unica cosa buona era che l'euro aveva mantenuto le promesse, la spesa per interessi era scesa di due punti di Pii- Ma tutto il resto faceva acqua, la spesa primaria era salita, il saldo al netto degli interessi si era quasi azzerato, il deficit superava il 4% del Pii e il peso del debito era tornato a salire. Una manovra severa (va bene, chiamiamola pure stangata) era inevitabile se volevamo riportare la finanza pubblica sotto controllo. Per noi, per il nostro risanamento, prima ancora che per i richiami di Bruxelles. Ma allo stesso tempo non ci piace stangare. Vogliamo fare qualcosa di diverso da un semplice raddrizzamento dei conti. Per raddrizzare i conti basta, per cominciare, un punto di Pii, una quindicina di miliardi di euro. Ci direte: avete detto "per cominciare"; e per finire? Per finire, ci penserà la ripresa. Una ripresa che è già cominciata e che noi vogliamo custodire e rafforzare. Ma torniamo alla manovra. La manovra è di circa 35 miliardi di euro (o 40, se inseriamo le complicazioni della sentenza Iva-au-to). Perché facciamo una manovra da 35-40 se ce ne seivono solo 15? Perché, come abbiamo appena detto, non vogliamo stangare e basta. Stangare vuoi dire ridurre le spese e/o aumentare le entrate. Ma la finanza pubblica agisce sull'economia in tanti modi. Se vogliamo migliorare il Paese dobbiamo agire sulla composizione e non solo sulla quantità di entrate e spese. Ci sono entrate da aumentare e altre da diminuire, ci sono spese da diminuire e altre -da aumentare/La manovra -vogliamo mettere in chiaro - è sempre dii5; ma questi 15 sono l'effetto netto di 35 che togliamo e di 20 che restituiamo. Il 35 è la manovra lorda, il 15 è la manovra netta. Fare una manovra lorda che sia molto più grossa di quella netta è un "marchio di qualità" della Finanziaria, vuoldire checi si èpre-occupati di cambiare entrate e spese, non solo di strattomarie in ima dilezione o nell'altra. Ma anche questi 15 che togliamo di netto all'economìa non sono pochi. Sono un punto di Pii. Come reagiranno famiglie e imprese se togliamo questo punto di Pii? Altri Paesi hanno avuto esperienze che ci mettono in guardia. Nel 2000 in Giappone unarìpresa incipiente iu soffocata da una prematura stretta fiscale. Bisognava fare in modo che la nostra stretta avesse meno effetti negativi possibili sull'economia. Ed ecco la nostra idea: agire sul Tfr delle imprese. La teoria economica ci dice chela gente reagisce se viene toccata nelportafoglio, nella sua "roba", come la chiamava Giovanni Verga. Ma il Tfì' non è "roba" dell'impresa, è roba dei lavoratori. L'impresa si limita a gestirlo, dato die ilavoratori ne fanno, forzosamente. un prestito all'impresa, che poi glielo paga quando cessano il lavoro. Il Tfr era già in via di smobilitazione, dato che un sofferto accordo aveva dato ai lavoratorila possibilità di destinarlo a fondi pensione, e questo passaggio del Tfr all'mps non faceva altro che procedere sulla strada di questa smobilitazione. Sì, lo sappiamo, anche se non era roba loro, le aziende erano abituate a considerarlo parte dell'autofinanziamento, e sappiamo anche che il finanziamento bancario - siamo sicuri che le banche non lo faranno mancare - costa un po' di più di quel 3% che le aziende devono pagare sul Tfr. Ma le agevolazioni che erano già previste per il Tfr che andava ai fondi pensione avrebbero coperto anche i costì - peraltro limita-tissimi - di questarinuncia. E i soldi che abbiamo così raccolto andranno a finanziare quelle infrastnitture che voi giustamente reclamate a gran voce. Siamo orgogliosi di questa trovata del Tfr. Non fa male a nessuno; non fa male alle imprese, per le ragioni appena dette (cìpotranno essere dei casi limite ia cui qualche impresa male in arnese non può ricorrere al finanziamento bancario, ma risolveremo anche questi); non fa male ai lavoratori (la "roba" rimane sempre loro, e l'Inps gliela pagherà quando cessano il lavoro, con le stesse regole di prima); e non fa male ai conti pubblici. In effetti, c'è una deliziosa asimmetria in questa misura: ha effetti positivi sul conto economico della pubblica amministrazione, mentre non ha effetti negativi sulconto economico delle imprese. E questo perché le regole europee assimilano questa entrata da "accantonamento Tfr" alle entrate da contributi sociali. Abbiamo cosìpotutoaddoi-: ciré il peso della manovra. '. Dal punto di vista economico, : l'effetto "stangata", cioè la ma- novra netta, non è di 15 ma dì i io, dato che i 5 del Tfr, per quanto riguarda gli effetti sull'economia, sono una transazione finanziaria e non una transazione economica. Speriamo, care imprese, che comprenderete le nostre ragioni. Abbiamo preso due piccioni con una fava: abbiamo trovato risorse per il nostro bilancio senza colpo ferire all'economia e, lasciatecelo dire, abbiamo anche rimosso un anomalo sussidio che non apparteneva alla logica di mercato, cioè a dire quell'autofinanziamento da Tfr a tassi privilegiati. E non abbiamo in nulla ostacolato la previdenza complementare, perché su quella saranno i lavoratori a decidere e noi, con nobile disinteresse, faremo una campagna d'informazione per spingerli in quella dirczione. Lasciateci dire anche un'altra cosa. Le Finanziarie sono importanti, ma ci sono altre cose più importanti ancora. E il risanamento dell'economia passa danoima anche passa da voi. Vorremmo chiudere questa lettera, allora, con due citazioni, una che viene dal passato e una che viene dal futuro. Quest'ultima sarà pronunciata fra qualche settimana da Cesare Romiti, e riguarda l'alleggerimento del cuneo fiscale: «Erame-glio ottenere questo cuneo fiscale, o non era forse meglio fare in Lombardia enei Veneto quelle infrastnitture che impediscono alle aziende di svolgere il loro lavoro?». Come vedete, destinando i soldi del Tfr alle infrastnitture abbiamo cercato di darvi l'una cosa e l'altra. L'altra citazione viene da Joseph Schumpeter, che ses-sant'anni fa scrisse: «Appena la concorrenza sulla qualità e il servizio ai clienti vengono ammessi neisacri recinti della teoria, la variabile prezzo viene spodestata dal suo piedestallo. Nella realtà del mercato, in quanto distinta dai libri di testo, non è la concorrenza sui costi che conta, ma il nuovo prodotto, il nuovo processo, una concorrenza che colpisce non tanto i margini quanto la vita stessa dell'azienda. Una concorrenza che è di tanto più efficace di quella sui prezzi e sui costi quanto unbombardamentoèpiù efficace del forzare una porta». uanto unbombardamentoèpiù efficace del forzare una porta». Reference date: 08/11/06 08/11/06 07.55