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Audizione del ministro Roberto Gualtieri sulla riforma della fiscalità immobiliare [Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria] – 30 gennaio 2020

30/01/2020

Signor presidente Parolo, onorevoli senatori e deputati, buongiorno.

Ho accolto l’invito a partecipare a questa audizione che chiude un ciclo di interventi utili a “fare il punto della situazione” e a discutere lo stato di avanzamento della fiscalità immobiliare.

Come emerso nel corso delle Audizioni delle associazioni e delle istituzioni tenutesi presso questa Commissione e come del resto recita lo stesso titolo dell’indagine conoscitiva gli obiettivi da perseguire quando si parla di fiscalità immobiliare sono: l’equità, la semplificazione e il rilancio del settore.

Partendo da questi temi, illustrerò il quadro della fiscalità immobiliare in Italia e le principali misure introdotte con la manovra di bilancio per il 2020. Riprenderò poi i temi contenuti nella legge delega del 2014 rileggendoli alla luce di tre profili che personalmente ritengo centrali, vale a dire, l’adozione di un orizzonte di medio periodo, la previsione di una fase più o meno lunga di sperimentazione e la necessità di un adeguato confronto pubblico.

IL SETTORE IMMOBILIARE, LA FISCALITÀ IMMOBILIARE E LE MISURE DELLA MANOVRA DI BILANCIO 2020
Il settore immobiliare riveste una posizione centrale nell’economia del Paese, centralità che è ancora più evidente quando si considera la composizione degli immobili di proprietà e la ricchezza degli italiani.

Dagli ultimi dati disponibili, risultano in Italia circa 64 milioni di unità immobiliari di cui 1,5 milioni sono fabbricati produttivi, quasi 2 milioni sono negozi e 600 mila sono uffici. Oltre il 50 per cento delle unità immobiliari (34,8 milioni) sono abitazioni e, in particolare, 19,5 milioni sono abitazioni principali.

Il 75,2% delle famiglie, tre su quattro, risiede in una casa di proprietà. Nel 2016 la superficie media di un’abitazione è pari a 117 m2 e il suo valore medio è di circa 162 mila euro (1.385 €/m2). In generale, le abitazioni possedute da persone fisiche hanno un valore complessivo, includendo anche le relative pertinenze, di 5.526 miliardi di euro, mentre il valore complessivo del patrimonio abitativo supera i 6.000 miliardi.

Gli immobili dati in locazione sono circa 6 milioni (10%), mentre 6,2 milioni (11%) sono quelli lasciati a disposizione. Infine, ammontano a circa 1,2 milioni, poco più del 2% del totale, gli immobili concessi in uso gratuito a familiari o ad altri comproprietari.

Le imposte sugli immobili (a carico sia dei soggetti privati sia di professionisti e imprese) ammontano oggi a circa 41 miliardi di euro su base annua (dati riferiti al 2018). La metà del gettito (oltre 20 miliardi di euro) deriva dalle imposte locali di natura patrimoniale (IMU e TASI). Dal 2016, a seguito della completa esenzione della prima casa (non di lusso), il gettito si è ridotto del 20% rispetto al 2015. In Italia, sulla base degli ultimi dati disponibili, le imposte di natura patrimoniale rappresentano l’1,4% del PIL e risultano in linea con la media europea.

Sugli immobili incidono anche imposte di natura reddituale per circa 8,6 miliardi di euro (5,4 miliardi derivano dall’IRPEF, 0,6 miliardi dall’IRES e 2,6 miliardi dalla cedolare secca).

Infine, sui trasferimenti immobiliari (compravendite, successioni e donazioni) sono dovute imposte indirette (IVA per circa 6 miliardi; imposta di registro per 3 miliardi; imposte ipotecaria e catastale per circa 1,7 miliardi).

In considerazione del ruolo centrale del settore immobiliare il Governo nell’ultima manovra di bilancio ha introdotto diverse misure volte a sostenere il settore, rilanciare l’edilizia, migliorare la qualità del patrimonio immobiliare esistente in termini di sicurezza antisismica, efficienza energetica, qualità e ammodernamento sia degli spazi interni alle unità abitative sia degli spazi e superfici esterne degli edifici.

La fiscalità immobiliare è stata infatti interessata da alcune importanti misure di semplificazione e di revisione già con la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) che recepiscono alcune indicazioni emerse nel corso dei lavori della Commissione.

In particolare, rappresentano un passo significativo verso la realizzazione di obiettivi di semplificazione per i contribuenti e riduzione dei costi di compliance, rilancio del settore immobiliare e riqualificazione del patrimonio immobiliare, alcune misure tra le quali ricordo:

  1. l’unificazione dell’IMU e della TASI;
  2. la stabilizzazione della cedolare secca al 10% per le locazioni a canone concordato;
  3. la proroga delle (maggiori) detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica.
  4. il “bonus facciate”;
  5. l’integrale deducibilità dell’IMU sui fabbricati strumentali all’attività di impresa.

Unificazione IMU e TASI e IMPi
Negli scorsi anni, gli interventi di revisione del prelievo sugli immobili non hanno perseguito un disegno coordinato e compiuto; al contrario, in certa misura, hanno amplificato i problemi di coordinamento fra finanza locale e finanza statale e hanno indebolito la correlazione tra il prelievo e i servizi resi dalle amministrazioni locali ai cittadini residenti.

Per assicurare una maggiore coerenza del sistema tributario e un riordino del prelievo, la legge di bilancio per il 2020 ha previsto una revisione della tassazione immobiliare (attraverso l’abolizione della TASI e una nuova disciplina dell’IMU). A seguito dell’esenzione dell’abitazione principale dalla TASI, i due tributi immobiliari gravavano di fatto su basi imponibili in larga parte sovrapponibili.

L’unificazione IMU e TASI in un unico tributo prevede l’invarianza di gettito ed esclude quindi un aumento della pressione fiscale.

L’aliquota di base per ciascuna categoria di immobili è data dalla somma delle previgenti aliquote di base IMU e TASI: ad esempio, per gli immobili diversi dall’abitazione principale che rappresentano la categoria di maggior rilievo ai fini del gettito, l’aliquota di base pari allo 0,86% è costituita dalla somma delle aliquote di base IMU (0,76%) e TASI (0,1%). In questo modo, non è stata modificata la capacità fiscale dei comuni (calcolata a partire dal gettito ad aliquota di base) e non sono state variate le risorse assegnate attraverso il fondo di solidarietà comunale (senza determinare quindi effetti redistributivi indesiderati sui comuni).

Per valutare l’effettivo carico fiscale sugli immobili segnalo che non rileva l’aliquota di base ma lo spazio di manovrabilità concesso ai comuni, ovvero l’aliquota massima applicabile. In tal senso, la legge di bilancio ha ampliato la possibilità di manovrare le aliquote al ribasso, consentendo ai comuni anche di azzerarle, e ha lasciato inalterata la manovrabilità al rialzo come accadeva in passato.

Il gettito dei tributi locali immobiliari è stato pari a 20,4 miliardi nel 2018.

Per perseguire obiettivi di semplificazione delle procedure, è stata inoltre prevista una sorta di cassetto fiscale dei tributi locali che garantisce al contribuente la disponibilità delle informazioni necessarie per determinare l’imposta e versarla (ad esempio quelle relative alle aliquote deliberate dai comuni e alle banche dati catastali).

Cedolare secca
La legge di Bilancio 2020 ha inoltre previsto la stabilizzazione a regime dell’aliquota agevolata del 10% (invece del 15%) per la cedolare secca sulle locazioni a canone concordato di immobili a uso abitativo nei comuni ad alta tensione abitativa.

L’obiettivo è favorire l’emersione delle basi imponibili e del gettito, stimolare il mercato delle locazioni e incentivare la mobilità del lavoro. Sin dalla sua introduzione il regime agevolativo della cedolare secca è stato ampiamente utilizzato.

Oltre alle misure, come la cedolare secca, che contribuiscono a creare migliori condizioni sul mercato delle locazioni, si è intervenuti anche con misure di sostegno diretto a tutti coloro che non hanno un immobile di proprietà. Il Governo ha infatti rifinanziato il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (50 milioni annui nel triennio 2020-2022).

Riqualificazione del patrimonio immobiliare
La Legge di Bilancio ha prorogato al 2020 la maggiorazione al 50% della detrazione IRPEF delle spese sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia.

È stata inoltre prevista per il 2020 la maggiore detrazione IRPEF nella misura del 65% per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica. Il bonus aumenta al 70% e al 75% per gli interventi in condominio.

Se gli interventi sono in zona sismica 1, 2 o 3 e finalizzati alla riduzione del rischio sismico determinando il passaggio a una classe di rischio inferiore, la detrazione è dell’80% fino all’85% in caso di riduzione di 2 o più classi di rischio sismico.

In assenza di questi interventi, i contribuenti avrebbero beneficiato di una detrazione del 36% della spesa sostenuta.

Il Bonus facciate
Altra misura importante per la riqualificazione del patrimonio immobiliare è l’introduzione del “bonus facciate” che prevede una detrazione del 90% (in 10 anni) delle spese sostenute nel 2020 per gli interventi di recupero o restauro delle facciate esterne degli edifici.

Sulla base dei dati indicati nella relazione tecnica al provvedimento, l’ammontare delle spese agevolate nel 2020 è stimato in circa 4 miliardi di euro.

Deducibilità dell’IMU immobili strumentali
Per quanto riguarda gli immobili strumentali alle attività produttive, ricordo quindi che in linea con quanto già previsto dal D.L. “crescita” la legge di bilancio ha stabilito un percorso che assicura la piena deducibilità dell’IMU dal reddito di impresa. In particolare, è stato previsto di anticipare al 2022 la deducibilità integrale dell’IMU sui fabbricati strumentali all’attività di impresa (le percentuali di deducibilità sono pari al 60% per il 2020 e 2021 e al 100% dal 2022).

La misura, peraltro fortemente auspicata dalle associazioni di categoria e dal mondo imprenditoriale, contribuisce a ridurre il carico fiscale sulle imprese e sulle attività produttive.

Il settore dell’edilizia verrà inoltre rilanciato attraverso molteplici e ulteriori misure e fondi inseriti nell’ultima legge di bilancio, mi soffermerò sulle principali.

Rispetto al passato le maggiori risorse messe a disposizione avranno un chiaro orientamento alla sostenibilità ambientale e al sociale, contribuendo a migliorare la qualità della spesa e degli interventi.

Il rilancio del settore dell’edilizia e la sostenibilità ambientale verranno perseguiti ad esempio attraverso la messa in sicurezza del territorio e degli edifici per i quali i comuni avranno a disposizione quasi 4 miliardi (2021-’34). Edilizia, qualità, innovazione e sostenibilità saranno poi le parole chiave del piano di rigenerazione urbana che con 8,5 mld finanzierà interventi tesi a combattere i fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, migliorando non solo il decoro urbano ma anche il tessuto sociale e ambientale, (2021-’34). Inoltre per sviluppare modelli di città intelligenti, inclusive e sostenibili, le smart city, è previsto un fondo con circa 800 mln di euro.

La manovra di bilancio sostiene dunque il finanziamento di progetti a carattere innovativo a elevata sostenibilità e che tengano conto degli impatti sociali.

Con riferimento a quest’ultimo profilo si realizzerà un grande piano di edilizia sanitaria, scolastica e dell’infanzia, e di asili nido che coinvolgerà gli enti territoriali in relazione alle loro competenze specifiche.

Le Regioni avranno 2 miliardi in più in favore della ristrutturazione e dell’ammodernamento tecnologico dell’edilizia sanitaria (le risorse complessive passano da 28 a 30 miliardi fino al 2032).

Nel periodo 2021-2034 i Comuni disporranno di 2,5 miliardi di euro aggiuntivi del fondo «Asili nido e scuole dell'infanzia» per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la costruzione di edifici di proprietà destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia.

Le province e le città metropolitane avranno a disposizione 3,5 mld (2020-‘34) per la manutenzione straordinaria e l’efficientamento energetico delle scuole e le opere pubbliche di messa in sicurezza delle strade.

Si tratta di una azione di stimolo che mira ad accompagnare i segnali di crescita di un settore, quale quello delle costruzioni, che è tra quelli che ha subito la crisi più acuta nell’ultimo decennio e negli ultimi anni è tornato in positivo, ma su livelli decisamente inferiori a quelli pre-crisi (secondo il CRESME).

Le politiche fiscali messe in campo in quest’ultima manovra economica tendono dunque a sostenere la domanda nell’ambito della manutenzione e ristrutturazione degli edifici; inoltre, i programmi di investimento sopra indicati aiuteranno il settore a rilanciare i livelli di attività.

Le transazioni immobiliari, in particolare, quelle delle abitazioni sono invece in sensibile crescita a partire dal 2014.

Con riferimento alla dinamica dei prezzi, in Italia si è assistito a una sostanziale stazionarietà dei prezzi fino al 2012 e poi ad una riduzione degli stessi (secondo l’ISTAT) del 15% rispetto al 2010 fino al II trimestre 2019), che perdura anche in presenza di una domanda vivace e in aumento. Mentre in altri paesi europei la riduzione dei prezzi è intervenuta subito e significativamente a ridosso degli anni della crisi (2009-2013) per poi rimuovere verso l’alto a tassi, in alcuni casi, anche preoccupanti.

Tornando ai lavori di questa Commissione, mi soffermerò, nella parte conclusiva del mio intervento, sull’analisi di alcuni dei temi oggetto delle audizioni e degli approfondimenti svolti con le associazioni di categoria e gli operatori del settore nell’ambito dell’indagine conoscitiva per una riforma della fiscalità immobiliare.

La legge delega per la riforma del sistema catastale
Anche grazie al vostro lavoro credo si possa affermare che le criticità dell’attuale sistema estimativo catastale siano note. Al riguardo, come è noto, in passato fu tentata una revisione degli estimi catastali volta a disegnare un sistema fiscale orientato alla semplificazione e alla maggiore equità.

Il riferimento è all’articolo 2 della legge 11 marzo 2014, n. 23 che delegava il Governo ad attuare una revisione del sistema estimativo del catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale.

Una riflessione su questa tematica deve necessariamente partire dalle criticità riscontrate nella mancata attuazione di quel processo e che, secondo questa Commissione, riguardano principalmente:

  1. una riforma “calata dall’alto”, senza un diretto coinvolgimento dei cittadini e dei professionisti ma attraverso l’applicazione di algoritmi per la determinazione del “valore patrimoniale” connesso a una “rendita catastale”;
  2. l’incompletezza della banca dati;
  3. la mancata definizione del principio di invarianza di gettito e gli aspetti legati alla perequazione.

Proverò quindi a rispondere alle sollecitazioni che ho avuto modo di leggere dai resoconti della vostra attività conoscitiva.

In diversi passaggi parlate di una “riforma calata dall’alto”; al riguardo occorre distinguere tra la fase preparatoria della riforma e la bozza di progetto attuativo.

In caso di attuazione, una riforma del catasto che istituisca un nuovo sistema di determinazione delle rendite e dei valori dovrebbe avere quale perno, per le direttive e il coordinamento tecnico, le strutture competenti dell’Agenzia delle entrate, ma dovrebbe vedere ineludibilmente la più ampia collaborazione con i comuni, i contribuenti e gli ordini professionali.

Questa impostazione, peraltro, era già prevista nei documenti del progetto di riforma del 2014-2015 delineato dall’Agenzia delle entrate.

Sulla base della documentazione pervenuta alla Commissione, si può osservare che la determinazione del nuovo sistema estimativo del progetto di riforma della scorsa legislatura non si fondava su un “algoritmo” predefinito, ma sulla costruzione di un insieme di relazioni statistiche, basate sui dati di mercato relative a un periodo (tre/cinque anni) e sulle caratteristiche più rilevanti degli immobili che determinano i valori, elaborate per ambiti territoriali e segmenti tipologici. Ciò sia per la determinazione dei valori che dei redditi. Questo approccio è quello suggerito a livello internazionale proprio ai fini della definizione di valori fiscali.

Tuttavia, sarebbe auspicabile, che oltre agli aspetti tecnico-operativi, il coinvolgimento degli attori citati avvenisse a monte, nella fase preparatoria, con una discussione pubblica ampia, in particolare con i Comuni.

In quanto in una riforma del genere, le scelte tecnico-operative hanno comunque un riverbero politico. Deve essere una riforma fattibile operativamente, ma che sia anche condivisa dagli operatori del settore.

Un secondo profilo su cui questa Commissione ha posto l’attenzione è l’incompletezza dei dati. È certo che problemi esistevano e ancora non sono stati tutti risolti. Ma in questi anni importanti passi avanti mi sembra siano stati fatti.

Infatti, dal 2014 ad oggi l’Agenzia delle Entrate ha continuato a operare mediante azioni di recupero della qualità dei dati, riducendo in maniera apprezzabile la numerosità delle entità mancanti e, quindi, i rischi di insuccesso legati a questo fattore (l’indicatore di completezza e coerenza dei dati è passato dall’81% del 2014 al 93% attuale). Peraltro, nello stesso periodo l’Agenzia ha quasi concluso le due campagne di censimento al catasto urbano dei fabbricati non dichiarati in catasto e dei fabbricati rurali, che hanno elevato il grado di allineamento dei database catastali con la realtà del territorio, recuperando finora oltre 1,5 milioni di unità immobiliari urbane non dichiarate.

Inoltre, al fine di gestire con criteri moderni le informazioni sugli immobili, l’Agenzia delle Entrate si sta dotando di un nuovo sistema integrato dei dati catastali, il SIT (Sistema integrato del territorio), la cui completa implementazione è prevista per l’inizio del 2021, capace di gestire il catalogo nazionale degli immobili, geolocalizzando ciascun immobile e integrandone le informazioni identificative, con quelle tecniche, censuarie e reddituali ai fini fiscali.

Il Sistema integrato del territorio – insieme con l’Anagrafe dei titolari dei diritti reali sugli immobili – permetterà di rendere disponibile l’Anagrafe immobiliare integrata, cioè l’inventario centralizzato della proprietà immobiliare.

In altre parole, possiamo dire che se ad oggi è stato raggiunto un sufficiente grado di completezza dei dati e – grazie all’utilizzo del SIT – nei prossimi anni si potrà raggiungere una ottimale condizione.

Vi è un punto, tuttavia, che va comunque affrontato. Per determinare quelle relazioni statistiche cui ho accennato, occorrono informazioni su talune caratteristiche degli immobili che semplicemente non erano e non sono presenti all’interno dei data-base catastali. Ai fini di una eventuale riforma è quindi comunque necessario provvedere a una raccolta di informazioni aggiuntive e di conferma, rispetto allo stato reale, di alcune di quelle esistenti. È questa una problematica che impone, tempi non brevi e che richiede risorse adeguate per essere affrontata.

Infine, la terza criticità che questa Commissione ha evidenziato è quella relativa alla definizione dell’invarianza di gettito e ai correlati aspetti di finanziamento dei comuni.

Questa è una sfida da affrontare e risolvere: ovvero come sterilizzare gli effetti sulla pressione tributaria di una eventuale riforma che modifichi le basi imponibili eliminando le attuali distorsioni. Personalmente ritengo indispensabile mantenere l’invarianza di gettito per i tributi la cui base imponibile è collegata alle rendite catastali.

La differenza tra dimensione comunale o nazionale della invarianza di gettito è connessa a un tema politico risultato sensibile nel dibattito sulla riforma del catasto (poi inattuata). Se la correzione avviene su base comunale, la scelta implicita è quella di privilegiare l’invarianza del prelievo fiscale per ciascun comune, mantenendo inalterate le iniquità esistenti tra comuni diversi (o più esattamente tra i proprietari di immobili ubicati in comuni diversi). L’impatto equitativo, di fatto, a livello macro sarebbe percepibile soprattutto nei grandi centri. Al contrario, ipotizzare la correzione su base nazionale significa scegliere di privilegiare l’invarianza del prelievo fiscale complessivo a livello nazionale. In tal caso l’impatto equitativo avverrebbe tra tutti i proprietari ovunque siano ubicate le proprietà. Quest’ultimo approccio più equitativo enfatizza, tuttavia, l’entità della redistribuzione del prelievo tra i diversi contribuenti. Alcuni, quelli che finora hanno pagato meno della loro capacità contributiva espressa dai valori patrimoniali, saranno penalizzati ed altri, quelli che al contrario stanno pagando di più della propria capacità contributiva, saranno beneficiati.

Il tema va sicuramente approfondito e studiato con massima attenzione. Come va approfondita la questione delle modalità mediante cui si stemperano gli effetti sulle dotazioni delle risorse per ogni singolo comune.

CONCLUSIONI
Concludendo posso osservare che il lavoro che avete svolto fa emergere due elementi degni di rilievo.

Il primo riguarda le criticità del sistema delle rendite catastali che, rimanendo sostanzialmente immutato rispetto all’impianto originario (anno 1939), non riesce a seguire adeguatamente né l’evolversi nel tempo delle configurazioni urbanistiche degli abitati e delle costruzioni, né l’evoluzione della trama dei valori patrimoniali dei beni.

Il secondo elemento concerne gli impatti di una possibile riforma sui titolari degli immobili che, ancorché mitigati per effetto dell’esenzione IMU sulla prima casa (non di lusso), possono essere in ogni caso rilevanti. Al riguardo si deve tener conto del fatto che, come ho evidenziato, le imposte sulla proprietà immobiliare rappresentano l’1,4% del PIL e risultano sostanzialmente in linea con la media europea (1,6%) e con la media dei paesi dell’Euro zona (1,3%).

Il complesso di considerazioni ci induce, quindi, a continuare a riflettere sul tema della fiscalità immobiliare, come questa Commissione ha saggiamente fatto finora, procedendo con grande cautela per la delicatezza dei profili coinvolti, sia di natura produttiva, vista la centralità del settore per l’economia nazionale, sia di natura sociale.

Vi ringrazio per l’attenzione.

 Video: Audizione del ministro Roberto Gualtieri sulla riforma della fiscalità immobiliare

Video dell'audizione del ministro Roberto Gualtieri sulla riforma della fiscalità immobiliare
 

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