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Informativa al Senato del ministro Tria in merito all'eventuale avvio di una procedura Ue sul debito

11/06/2019

Pubblichiamo il testo dell’informativa al Senato della Repubblica del Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, in merito all'eventuale avvio di una procedura per disavanzi eccessivi nei confronti dell'Italia

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Il 5 giugno la Commissione europea ha pubblicato i documenti del cosiddetto pacchetto di primavera. Tale pacchetto comprende le proposte di raccomandazioni ai Paesi membri per le politiche da seguire nei prossimi dodici-diciotto mesi; comprende un documento orizzontale rivolto a tutte le istituzioni europee, compreso il Parlamento europeo, che riassume la filosofia e i temi comuni delle raccomandazioni ai Paesi membri e comprende anche i rapporti sull'osservanza delle regole di bilancio alla luce dell'articolo 126, comma 3 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, cui mi riferirò più avanti con il termine «Trattato». Quest'anno, tali rapporti hanno riguardato il Belgio, la Francia, l'Italia e Cipro. Sono stati inoltre redatti rapporti sulla Grecia (per sorveglianza rafforzata post programma di supporto) e Ungheria e Romania per deviazioni significative.

Il 29 maggio scorso, la Commissione ha invitato l'Italia a indicare i fattori che hanno determinato la dinamica del debito pubblico osservata nel 2018. L'Italia ha risposto due giorni dopo, inviando un documento con il quale venivano dettagliati i fattori ritenuti rilevanti al fine di valutare il rispetto delle regole. La Commissione, pur considerando i fattori da noi presentati, ha pubblicato il 5 giugno il rapporto, ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato nel quale conclude che l'apertura di una procedura per disavanzo eccessivo è motivata.

In termini procedurali, la questione passa al Comitato economico e finanziario dell'Unione (CEF) che si è riunito oggi. Ci aspettiamo che il Comitato, pur approvando le conclusioni della Commissione, inviti quest'ultima a continuare i negoziati con il Governo italiano per raggiungere un accordo. La decisione finale verrà in ogni caso rimessa al Consiglio dell'Unione europea.

Intendo qui riassumere le valutazioni della Commissione, il contenuto della lettera che ho inviato alla Commissione, unitamente al cosiddetto Documento sui fattori rilevanti e il comunicato rilasciato dal Governo lo scorso 5 giugno. Infine, esporrò le linee essenziali dell'approccio che intendiamo seguire nel dialogo con la Commissione e gli altri Paesi membri nei prossimi giorni.

L'iniziativa della Commissione di riesaminare la posizione italiana in merito al rispetto della regola del debito, avviata con la lettera del 29 maggio, fa parte delle normali procedure di sorveglianza previste dal Trattato e non è in contraddizione con l'accordo di fine 2018 con il Governo italiano.

La procedura per deficit eccessivi, definita dall'articolo 126 del Trattato, prevede infatti che la Commissione monitori il rispetto della disciplina di bilancio, verificando l'eventuale esistenza di un eccesso di deficit rispetto alla soglia del 3 per cento e di un eccesso di debito pubblico rispetto al valore di riferimento del 60 per cento. Durante la primavera di ogni anno la Commissione valuta il rispetto delle regole sulla base dei dati preliminari di consuntivo.

È bene ricordare che le interlocuzioni istituzionali, avviate nell'autunno del 2018, furono invece motivate dalle revisioni sostanziali agli obiettivi di finanza pubblica del Documento programmatico di bilancio 2019 rispetto a quelli indicati nel DEF dell'aprile 2018, a fronte delle quali il nostro progetto di bilancio fu valutato a serio rischio di mancato rispetto delle raccomandazioni del Consiglio, in particolare quella relativa alla variazione del saldo di bilancio strutturale.

Con l'accordo raggiunto il 18 dicembre 2018, le previsioni di crescita e gli obiettivi di indebitamento netto furono ridimensionati, il percorso del deficit strutturale fu rivisto e, secondo le stime del Governo, ricondotto all'interno del sentiero raccomandato. Il peggioramento strutturale atteso nel 2019 si riduceva a soli 0,2 punti percentuali. La variazione negativa del deficit strutturale nel 2019 era tuttavia da ritenersi totalmente azzerata, includendo i margini di flessibilità pari a 0,18 punti percentuali di PIL, richiesti dal nostro Paese per eventi eccezionali. Nel 2020 e nel 2021 si stimava un miglioramento strutturale rispettivamente di 0,1 punti percentuali e di 0,2 punti percentuali, conseguendo un obiettivo di deficit strutturale dell'1 per cento del PIL.

La Commissione concluse la propria valutazione affermando che la piena attuazione delle misure illustrate, inclusa la clausola sull'IVA, avrebbe scongiurato l'immediata raccomandazione per l'apertura di una procedura per deficit eccessivo. Ricordo che non si tratta di una clausola, perché per le norme di contabilità non sono permesse clausole nella legge di bilancio, ma si tratta di una legge approvata dal Parlamento e che quindi deve essere modificata attraverso una successiva legge.

La recente valutazione della Commissione ha ad oggetto, in primo luogo, il rispetto della regola del debito per l'anno 2018. Sulla base dei dati di consuntivo, pubblicati ad aprile 2019, il debito nello scorso anno si è attestato al 132,2 per cento del PIL, a fronte del 131,4 per cento del 2017. La Commissione ha inoltre evidenziato che l'Italia non ha conseguito l'obiettivo di riduzione del saldo strutturale per il 2018, di 0,3 punti percentuali del PIL, e rischia di deviare dal sentiero di convergenza verso l'obiettivo di medio termine anche nel 2019.

La Commissione era sostanzialmente tenuta a preparare un rapporto, verificando al contempo l'esistenza delle seguenti attenuanti: l'eccesso di deficit, dovuto agli investimenti pubblici, e tutti i fattori rilevanti, inclusa la posizione economica e di bilancio di medio periodo dello Stato membro.

In relazione al secondo punto, gioca un ruolo importante l'andamento del saldo strutturale di bilancio e il conseguimento di obiettivi numerici compatibili con l'avvicinamento all'obiettivo di medio termine di saldo strutturale in pareggio.

In risposta alla citata lettera della Commissione del 29 maggio, il Governo ha inviato il documento sui fattori rilevanti. Nel documento il Governo esplicita la propria posizione in merito all'andamento del disavanzo del debito nel 2018 e prefigura le prospettive per l'anno in corso e il successivo triennio. Per quanto riguarda il 2018, sebbene la crescita economica abbia sorpreso al ribasso, principalmente a causa di fattori esterni, l'anno si è chiuso con una significativa riduzione del disavanzo delle amministrazioni pubbliche, attestatosi al 2,1 per cento del PIL, in discesa dal 2,4 per cento del 2017. Il saldo primario era salito all'1,6 per cento del PIL dall'1,4 per cento dell'anno precedente. Ciò dimostra che il Governo ha seguito un approccio prudente e responsabile nella gestione della politica di bilancio per il 2018. Per ciò che riguarda il saldo strutturale, esso si è mantenuto stabile rispetto al 2017 (all'1,4 per cento).

Il mancato conseguimento del miglioramento in termini strutturali, pari allo 0,3 per cento del PIL, è stato principalmente legato a fattori imprevisti. A fronte di un rallentamento dell'economia, la correzione del saldo di bilancio nominale per la componente ciclica è peggiorata, anziché migliorare. Inoltre, si è verificato un imprevisto aumento di alcuni trasferimenti in conto capitale e alcune componenti temporanee sono state riviste al rialzo.

Per il 2019, la revisione al ribasso delle previsioni di crescita ha portato la previsione del deficit nominale al 2,4 per cento. Il deficit strutturale stimato nel Documento di economia e finanza è atteso peggiorare di solo 0,1 punti percentuali, portandosi quindi al -1,5 per cento del PIL.

Le nostre osservazioni si sono anche concentrate sul confronto tra le previsioni contenute nel DEF e quelle della Commissione. Soprattutto per il 2019, le differenze principali non riguardano il quadro macroeconomico e di finanza pubblica, ma le condizioni cicliche dell'economia italiana. Per il 2019, le stime della Commissione e del Governo circa il tasso di crescita del PIL e del disavanzo sono sostanzialmente allineate.

Per quanto riguarda la finanza pubblica strutturale, la Commissione stima un peggioramento di 0,2 punti percentuali e colloca l'economia del Paese all'interno di uno scenario di congiuntura normale, secondo la griglia del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita. Si prefigurerebbe pertanto, per la Commissione, un rischio di deviazione significativa. Il Governo stima invece un peggioramento del saldo strutturale di soli 0,1 punti percentuali e colloca l'economia in una situazione di congiuntura sfavorevole, in ragione di un output gap di -1,6 per cento nel 2019 e di un tasso di crescita dell'economia inferiore al potenziale. L'aggiustamento richiesto sarebbe pertanto di soli 0,25 punti percentuali, che al netto del margine di flessibilità si ridurrebbero a circa 0,07 punti percentuali, portando quindi il Governo a giudicare non significativo il predetto scostamento.

Per il 2020, il fattore di divergenza principale riguarda le clausole di salvaguardia: pur in presenza di una risoluzione parlamentare, che impegna il Governo a evitare l'aumento delle imposte indirette, individuando fonti alternative di copertura, le previsioni della Commissione incorporano un aumento del deficit eguale all'intero importo delle clausole.

Infine, oltre alle considerazioni di natura prettamente fiscale, tra gli altri fattori rilevanti il Governo ha ricordato gli elementi di forza dell'economia italiana, tra cui il raggiunto equilibrio dei conti verso l'estero, una struttura produttiva diversificata, un elevato livello di risparmio privato e l'aver conseguito rilevanti miglioramenti nel settore bancario. In termini di politiche intraprese, il Governo ha ribadito l'importanza delle misure adottate per far ripartire la crescita, agendo sia tramite maggiori investimenti, che per via amministrativa, attraverso misure di semplificazione. Non ultimo fattore, in termini di importanza, è stato ricordare che gli importanti provvedimenti di sostegno ai redditi e di inclusione venivano incontro alle preoccupazioni, sul piano sociale, espresse proprio dalla Commissione.

Il 5 giugno, tuttavia, la Commissione ha pubblicato il suo rapporto sull'osservanza delle regole di bilancio, alla luce del citato articolo 126 del Trattato, nel quale rileva che l'Italia non ha conseguito l'obiettivo di riduzione del saldo strutturale per il 2018, pari allo 0,3 per cento del PIL, come ho appena ricordato. Inoltre, secondo la Commissione, l'Italia rischia di deviare dal sentiero di convergenza verso l'obiettivo di medio termine anche nel 2019 e il profilo di riduzione del debito programmato per il periodo 2020-2022 dal Governo italiano non aderisce al rapido percorso previsto dalla regola numerica della disciplina fiscale europea.

A parere della Commissione, l'aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, pur essendo immutata rispetto a dicembre la strategia di bilancio del Governo italiano, non assicura il rispetto della parte preventiva del Patto di stabilità e crescita, uno dei fattori mitiganti considerati dalla Commissione nella valutazione sul mancato rispetto della regola del debito per il nostro Paese. La Commissione ritiene pertanto che sia motivata l'apertura di una procedura per deficit eccessivo, in ragione del non rispetto della regola del debito. La valutazione della Commissione, come si è detto, è stata oggi portata all'attenzione del Comitato economico finanziario, che si è pronunciato.

L'atteggiamento che terrà il Governo italiano sarà costruttivo: ribadiremo le nostre ragioni agli altri Paesi europei, ai quali spetterà di trarre le conclusioni, e cercheremo un ragionevole punto d'incontro. In risposta alle posizioni della Commissione, la linea del Governo italiano è stata già accennata in un comunicato della Presidenza del Consiglio: il Governo ha preso atto dell'esito della valutazione della Commissione e conferma il suo impegno a rispettare i dettami del Patto di stabilità e crescita per l'anno in corso.

Per quanto attiene al 2018, non si è dato luogo ad alcun allentamento della politica fiscale. Le stime più aggiornate per il 2019 portano a ritenere che i saldi di finanza pubblica rispetteranno i dettami del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita. Si può ritenere che l'indebitamento netto nel 2019 sarà infatti sensibilmente inferiore alla previsione della Commissione.

Il monitoraggio più recente delle entrate evidenzia, per l'anno in corso, maggiori entrate tributarie e contributive e maggiori entrate non tributarie che, dedotte le maggiori spese e risorse necessarie per il bilancio di assestamento, portano a stimare un beneficio netto di circa 0,2 punti percentuali. Conseguentemente, il deficit si collocherà al 2,2 per cento del PIL, cioè a un livello inferiore di quanto previsto in aprile e secondo quanto abbiamo scritto nel Documento di economia e finanza.

Tenendo conto delle previsioni economiche e delle stime di output gap della Commissione, un deficit del 2,2 per cento del PIL produrrebbe un miglioramento di 0,1 punti del saldo strutturale nel 2019. Tale risultato configurerebbe quindi un sostanziale rispetto del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita. Il Governo potrà fornire stime più aggiornate a fine luglio, non appena saranno disponibili i dati sulle liquidazioni d'imposta.

Alle stime di indebitamento netto vanno aggiunti i possibili effetti del minor utilizzo delle risorse stanziate per le nuove politiche di welfare del Governo: sulla base delle informazioni ad oggi disponibili, la minore spesa potrebbe essere pari a un ulteriore 0,07 per cento del PIL, facendo attestare l'indebitamento netto per il 2019 al 2,1 per cento del PIL. Migliorerebbe in tal caso, in misura corrispondente, il saldo strutturale, con un effetto compensativo ancora più marcato rispetto al gap registrato nel 2018; questo, lo voglio sottolineare, senza incidere sul complesso dei servizi per il welfare e ovviamente a legislazione invariata. Ribadisco che il Governo monitora costantemente l'andamento dei conti pubblici ed è determinato a perseguire il fondamentale obiettivo di saldo strutturale e ad adottare tutte le cautele e le iniziative funzionali al raggiungimento di tale obiettivo.

Per il 2020, nel Documento di economia e finanza il Governo ha fissato un obiettivo di miglioramento del saldo strutturale di bilancio pari a 0,2 punti percentuali; in base alle ultime previsioni ufficiali, il disavanzo nominale scenderà di 0,3 punti percentuali in confronto al 2019. Il DEF approvato dal Parlamento traccia una discesa dell'indebitamento netto fino all'1,5 per cento del PIL nel 2022, con un miglioramento complessivo del saldo strutturale di quasi 0,8 punti percentuali. L'avanzo primario raggiungerebbe il 3,1 per cento su base strutturale nel 2022. Ricordo quanto ho richiamato anche prima, ossia che il Parlamento ha anche impegnato il Governo a cercare misure alternative all'aumento dell'IVA e di procedere a una riforma fiscale, pur nel rispetto dei saldi di finanza pubblica indicati nel DEF.

In conclusione, il Governo ha già fornito alla Commissione e agli altri Paesi membri notevoli rassicurazioni circa i propri programmi di politica economica e di bilancio. Tuttavia, ritengo che dovremmo renderci disponibili a un dialogo serrato e costruttivo con la Commissione, per arrivare a un accordo che consenta di evitare la procedura per disavanzo eccessivo. Ricordo infatti che, secondo l'approccio comunitario, le nostre politiche sono materia di comune interesse, così come le politiche degli altri Paesi membri riguardano anche noi. Siamo un Paese fondatore dell'Unione europea, siamo stati uno dei principali promotori e fondatori della moneta unica. Pur restando convinti che le regole di bilancio europee debbano essere profondamente migliorate, cambiate e semplificate, è nel nostro interesse arrivare a un compromesso e normalizzare definitivamente le condizioni del nostro mercato dei titoli di Stato, la cui solidità è fondamentale non solo per i risparmiatori e le istituzioni finanziarie del Paese, ma anche e soprattutto per una vera ripresa dell'economia.

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