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Audizione del 9 ottobre sulla Nota di Aggiornamento del DEF 2018 dinanzi alle Commissioni bilancio congiunte di Camera e Senato

10/10/2018

Premessa

Signor presidente Borghi, signor presidente Pesco, onorevoli deputati e senatori,

la Nota di Aggiornamento al DEF che mi accingo a illustrarvi riveste un’importanza particolare in quanto è il primo atto di programmazione economica che mette a sistema le priorità del Governo. La Nota di Aggiornamento ambisce a dare risposte alle richieste dei cittadini e delle imprese in termini di crescita e occupazione, di inclusione sociale e welfare, di minor tassazione e di maggior sicurezza.

È, altresì, essenziale inquadrare fin da subito questa mia illustrazione in un contesto, quello Europeo, che ci vede in ritardo rispetto alla crescita dell’economia e dell’occupazione. Un ritardo non più accettabile a dieci anni dall’inizio della crisi.

Il prodotto in termini reali dell’economia non ha ancora recuperato il livello pre-crisi: gli ultimi dati relativi al 2017 mostrano infatti un valore inferiore di circa 4 punti percentuali rispetto al 2008.

Nello stesso periodo, i divari territoriali fra Nord, Centro e Sud si sono ampliati. La quota di PIL generata nel Nord è aumentata di 1,2 punti percentuali, mentre quella del Sud e delle Isole è diminuita di 0,9 punti percentuali.

È anche aumentato il numero di persone che si trovano in condizioni di povertà, deprivate materialmente o appartenenti a famiglie a bassa intensità di lavoro, passato dai 15 milioni circa del 2008 agli oltre 17,4 milioni del 2017. Tale risultato ci allontana di quasi 4,5 milioni dall’obiettivo di Europa 2020, un obiettivo, vorrei ricordarlo, concordato e che dovremmo raggiungere nei prossimi due anni.

Questi risultati di crescita non hanno consentito nel passato decennio di ridurre il debito pubblico che al contrario è costantemente aumentato anche in rapporto al Pil.

A tal proposito, il Governo si è posto l’obiettivo di ridurre sensibilmente entro i primi due anni della legislatura il divario di crescita rispetto all’Eurozona e, in tal modo, conseguire una prima diminuzione significativa del rapporto debito/PIL nell’arco del prossimo triennio.

Quadro macroeconomico (internazionale e nazionale)

Prima di entrare nel vivo dell’analisi del contenuto programmatico della Nota di aggiornamento mi soffermo sul quadro macroeconomico sottostante, segnalando e sottolineando come questo sia profondamente mutato rispetto allo scenario che il Paese aveva di fronte solamente sei mesi fa. Questa differenza ha portato l’intero esecutivo a individuare un nuovo punto di equilibrio tra le priorità di politica economica e quelle settoriali.

Lo scorso aprile, la previsione di crescita del PIL reale pubblicata nel DEF era dell'1,5% per il 2018, dell’1,4% per il 2019, dell’1,3% per il 2020, per poi scendere all’1,2% negli anni successivi.

Il profilo di crescita tendenziale che abbiamo di fronte oggi è ampiamente mutato, collocandosi su di un livello più basso: 1,2% nel 2018, 0,9% nel 2019 e 1,1% nel biennio 2020-21.

Tale drastica revisione risente dell’indebolimento del commercio mondiale e della produzione industriale. La cosiddetta “guerra dei dazi” ha probabilmente influito su aspettative e decisioni di investimento in scorte e beni capitali da parte delle imprese, con complessi effetti tramite le catene del valore. Anche le prospettive non sono positive.

Le previsioni più aggiornate relative al 2019 registrano una decelerazione per i paesi avanzati, in particolare per le grandi economie europee. Per i prossimi anni, i rischi associati a un ulteriore deterioramento del quadro internazionale restano elevati. Le misure in tema di commercio estero annunciate e attuate dagli Stati Uniti a partire dai primi mesi di quest’anno e le contromisure adottate dai partner commerciali coinvolti, in particolare la Cina, hanno aumentato le probabilità di una escalation protezionistica, che potrebbe spiazzare la ripresa mondiale e deprimere le prospettive di crescita di medio lungo termine.

Alla luce di questi dati e scenari, riportando l’attenzione sul nostro Paese, si evidenzia come la crescita osservata nella prima metà del 2018 sia stata sostenuta principalmente dalla domanda interna e dalle scorte.

Il tasso di disoccupazione, sebbene continui a mostrare una tendenza alla riduzione, è stimato ancora su livelli non accettabili (10,6% nelle previsioni tendenziali per il 2018). Se allarghiamo l’analisi al periodo 2008-2017 si osserva che all’aumento degli occupati, tornati su livelli confrontabili a quelli pre-crisi, non è corrisposto un analogo incremento delle ore lavorate (inferiori di 5 punti percentuali al dato 2008). Il tasso di disoccupazione giovanile resta su livelli preoccupanti ed elevati (30,8%).

Per quanto riguarda i prossimi mesi, le informazioni quantitative e qualitative attualmente a disposizione segnalano l’indebolimento del clima di fiducia delle imprese manifatturiere, per il peggioramento dei giudizi sugli ordini e delle attese sulla produzione.

Nello stesso periodo, anche l’indice PMI del settore manifatturiero si è indebolito, superando di poco la soglia di espansione, per effetto sia di una minore produzione che di una flessione dei nuovi ordini. Questi ultimi risultano penalizzati soprattutto dalla componente domestica, mentre quelli dall’estero continuano ad aumentare, seppure a un ritmo più debole rispetto ai mesi precedenti.

Al fine di contrastare le tendenze in atto e soprattutto perseguire l’obiettivo di riduzione del gap di crescita con gli altri paesi dell’Area euro, rimasto pressochè costante per tutto l’arco del passato decennio, è stato definito un quadro programmatico, di cui dirò nel dettaglio più avanti, che incorpora gli effetti sull’economia e sulla finanza pubblica degli interventi che il Governo intende presentare al Parlamento con il disegno di legge di bilancio 2019.

Per quanto riguarda la finanza pubblica, la minore crescita del PIL è uno dei fattori che hanno comportato, già per l’anno in corso, una revisione automatica al rialzo dell’indebitamento netto, collocandola all’1,8 per cento del PIL a fronte dell’1,6 per cento dello scorso DEF.

Ma è fondamentale guardare alla dinamica del rapporto debito/PIL, tema collegato alla sostenibilità della finanza pubblica.

Ormai da trent’anni il peso del debito pubblico vincola le politiche economiche e sociali del Paese. Pertanto, a prescindere

dalle regole di bilancio europee, esso va affrontato al fine di liberare spazi di bilancio e ridurre la pressione fiscale.

Nonostante negli ultimi anni la politica di bilancio in Italia abbia avuto come obiettivo prioritario la riduzione del rapporto debito/PIL, i dati Istat mostrano che il rapporto è rimasto sostanzialmente stabile su valori di poco superiori al 131 per cento.

Più in dettaglio, la riduzione di 0,6 punti percentuali di PIL registrata tra il dato 2014 (131,8 per cento) e quello 2017 (131,2 per cento) è riconducibile unicamente alla revisione Istat dei conti nazionali (triennio 2015-2017).

È del tutto evidente che la strategia di contenimento attuata finora non è risultata efficace, nonostante i costi finanziari, economici e sociali elevati. Occorre quindi spostare l’obiettivo dal numeratore al denominatore del rapporto.

Solo attraverso una strategia che abbia al centro il tasso di crescita dell’economia è infatti possibile conseguire un significativo miglioramento degli indicatori di finanza pubblica.

L’esperienza degli anni passati ha dimostrato che una politica di stimoli graduali e limitati a un orizzonte annuale non è stata sufficiente a rilanciare appieno l’economia e ad avviare un percorso chiaro di riduzione del rapporto debito/PIL.

Per tale ragione il Governo, sentita la Commissione Europea, ha inteso ridefinire il percorso di convergenza verso l’Obiettivo di Medio Termine (OMT).

Combinando responsabilità fiscale e stimolo alla crescita, al fine di dedicare risorse appropriate al sostegno della crescita economica e della coesione sociale, il Governo ha fissato per il 2019 un obiettivo di indebitamento netto al 2,4 per cento, superiore di sei decimi di punto al valore stimato per il 2018. Tale valore

consentirà, tra l’altro, la disattivazione dell’aumento dell’IVA per il 2019 previsto dalla legislazione vigente.

Per gli anni 2020 e 2021 l’obiettivo di deficit è pari, rispettivamente, al 2,1 e all’1,8 per cento del PIL. All’interno di tali obiettivi troverà spazio, anche qui, la riduzione degli aumenti dell’IVA previsti a legislazione vigente, rispettivamente per 5,5 e 4 miliardi di euro.

In termini strutturali, l’indebitamento netto si collocherà all’1,7% nel 2019, ciò corrisponde a un peggioramento del saldo di 0,8 punti percentuali nel 2019. Il saldo resterà stabile su questo livello sia nel 2020 che nel 2021. In questo scenario il sostanziale raggiungimento dell’MTO, ovvero il pareggio di bilancio in termini strutturali, sarà raggiunto gradualmente negli anni a seguire. Tuttavia, una volta raggiunti i livelli di PIL e di disoccupazione prossimi ai livelli precrisi del 2008, che ci aspettiamo nel corso del triennio di previsione, la ripresa del processo di aggiustamento strutturale potrà essere anticipato.

Per quanto riguarda la riduzione del debito pubblico, lo scenario programmatico prospettato dalla Nota di aggiornamento, pur con previsioni di crescita prudenziali e di rendimenti sui titoli di Stato elevati, traccia in ogni caso un percorso di significativa riduzione del rapporto debito/PIL, che dal 131,2% del 2017 scenderà al 126,7% nel 2021. Risultato che intendo sottolineare.

Una riduzione ancor più accentuata sarà possibile se si realizzerà la maggior crescita a cui il Governo punta come obiettivo prioritario.

In altri termini, non si intende far seguire una politica favorevole alla crescita nel 2019 da una brusca frenata negli anni seguenti: il sentiero di miglioramento del saldo strutturale

riprenderà, come già detto, quando il PIL e l’occupazione torneranno ai livelli antecedenti la crisi.

È noto che la Commissione Europea, prendendo atto delle intenzioni del Governo, ha espresso preoccupazione circa la modifica del percorso programmatico di finanza pubblica. Si apre adesso la fase di confronto costruttivo con la Commissione, che potrà valutare le fondate ragioni della strategia di crescita del Governo delineata dalla manovra.

Ricordo, anche, l’intenzione del Governo di chiedere alla Commissione Europea il riconoscimento della flessibilità di bilancio per un piano straordinario ed eccezionale di messa in sicurezza e manutenzione della rete infrastrutturale italiana che, come il crollo del ponte Morandi a Genova ha tragicamente dimostrato, deve essere affrontata con urgenza.

 

La strategia del Governo

La strategia globale del Governo per affrontare le questioni economiche e sociali ereditate dalla lunga recessione poggia su quattro pilastri: investimenti pubblici, fisco, rete di protezione sociale (povertà), pensioni.

 

Investimenti

Obiettivo del governo è riportare gli investimenti pubblici al livello pre-crisi del 3% del PIL, non solo attraverso un aumento delle risorse, ma mettendo in campo anche iniziative tese ad aumentare l'efficienza della spesa pubblica, nonché a promuovere le competenze tecniche della pubblica amministrazione.

L'aumento degli investimenti pubblici come leva endogena di crescita si sostanzierà nel dedicare più risorse agli investimenti pubblici: 15 miliardi di euro per i prossimi tre anni che si sommano

ai quasi 6 miliardi di maggiori stanziamenti previsti a legislazione vigente. Non solo: ci preoccuperemo che queste risorse siano spese efficacemente. Questa attività avrà anche un impatto positivo sugli investimenti privati, che beneficeranno anche di incentivi dedicati.

Come è noto gli investimenti pubblici, determinando il livello e la qualità delle infrstrutture materiali e immateriali del paese, sono un fattore cruciale del rendimento anche del capitale privato e quindi determinante per gli investimenti privati, il grado di competitività del sistema produttivo italiano e l’attrattività degli investimenti esteri.

L’importanza dell’azione sugli investimenti è denunciata dal livello della spesa registrato nel 2017 e dal confronto con i valori di 10 anni fa. La spesa 2017 ha segnato un nuovo calo, attestandosi a circa 33,8 miliardi, inferiore di oltre 20 miliardi al dato 2009. Nel 2018 si stima una riduzione ulteriore degli investimenti pubblici, che scenderanno a circa 33 miliardi.

Nella consapevolezza che non è sufficiente stanziare i fondi, il Governo intende adottare una serie di azioni ad ampio raggio, che coinvolgono tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche e le società partecipate o titolari di concessioni pubbliche, attraverso un'attività diffusa di supporto alla gestione dei progetti e semplificazione amministrativa e giuridica. In particolare, è necessario favorire la collaborazione con i privati, semplificando l’interazione tra le amministrazioni e il Codice degli appalti. È, inoltre, strategico potenziare le autonomie locali affinché diventino il motore dello sviluppo territoriale.

A tal fine, riprendendo anche le esperienze di altri Paesi, che hanno affrontato con successo problematiche di investimenti pubblici e di gap infrastrutturali simili a quelli italiani, si creerà un centro di competenze operativo a livello nazionale dedicato a offrire, sia alle amministrazioni centrali che a quelle locali, servizi e assistenza tecnica, in modo da assicurare nell’immediato elevati standard di qualità per la preparazione e la valutazione di progetti e di programmi di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche.

Questa azione permetterà anche di creare nel tempo un insieme di capacità professionali interne alla PA, nell’intera gamma di competenze, tipologie e dimensioni della progettazione tecnica ed economica degli investimenti pubblici.

Lo sforzo di rilancio degli investimenti e di sviluppo delle infrastrutture dovrà coinvolgere non solo tutti i livelli delle amministrazioni pubbliche, ma anche le società partecipate o titolari di concessioni pubbliche che hanno, in numerosi casi, beneficiato di un regime di bassi canoni ed elevate tariffe.

Gli opportuni cambiamenti organizzativi e regolatori saranno prontamente introdotti per rimuovere gli ostacoli che hanno frenato le opere pubbliche assicurando, al contempo, congrui livelli di investimento da parte delle società concessionarie, nonché un riequilibrio del regime dei canoni.

Tutte queste azioni consentiranno di rendere operative le ingenti risorse che il governo destinerà nei prossimi tre anni agli investimenti pubblici.

Fisco

La riduzione del carico fiscale verrà realizzata fin dal 2019 evitando l’aumento delle imposte indirette per circa 12,5 miliardi di euro. Sul fronte delle imposte dirette si interverrà con una riduzione del prelievo a favore dei lavoratori autonomi e delle

piccole e medie imprese, oltreché delle società che re-investiranno gli utili in macchinari e occupazione.

Si opererà in direzione della semplificazione del sistema di tassazione diretta e indiretta, riducendo allo stesso tempo la pressione fiscale, come più volte raccomandato anche dalle istituzioni internazionali.

Reddito di Cittadinanza

Per ciò che rigurda il contrasto alla povertà, il rafforzamento della protezione sociale e le politiche attive del lavoro, nel 2019 verrà introdotto il Reddito di Cittadinanza e si ristruttureranno e potenzieranno i Centri per l’Impiego.

Uno strumento per sostenere le categorie vulnerabili che hanno sofferto la crisi e più in generale sono interessate dalla transizione tecnologica che tutte le economie stanno affrontando. Il disegno della misura deve partire dalle istanze sociali e tener conto degli effetti sul mercato del lavoro e il benessere sociale e personale dei cittadini.

In questo senso il "reddito di cittadinanza" è un "investimento di cittadinanza": un investimento della società sulle sue componenti più vulnerabili per far sì che queste tornino a partecipare in modo attivo nel mercato del lavoro e nella dimensione sociale.

Lo strumento del reddito di cittadinanza ha il duplice scopo di garantire la necessaria mobilità del lavoro e un reddito per coloro che nelle complicate fasi di transizione, determinate dai processi di innovazione, si trovano in difficoltà. Tale misura eliminerà al tempo stesso sacche di povertà non accettabili nel settimo paese più industrializzato del mondo.

Intervenire con decisione su questo piano è la condizione necessaria per evitare il rafforzarsi di sentimenti contrari al libero commercio, al mantenimento dei mercati competitivi e l’insorgere di sentimenti contrari all’Europa.

Non si può stare nei mercati globali senza un rafforzamento delle reti di protezione per i perdenti e senza la capacità di governare le transizioni anche dal punto di vista sociale.

Il trade-off tra stabilità finanziaria e stabilità sociale è quindi mal posto, nella misura in cui mette in contrasto istanze legittime e che si autosostengono. È un trade-off negativo sia per l'Italia che per l'Unione europea nel suo insieme.

Pensioni

Anche il quarto pilastro della nostra strategia, le pensioni, va nella stessa direzione di governo delle transizioni. La temporanea ridefinizione delle condizioni di pensionamento, la creazione di finestre specifiche per consentire alle imprese di assumere nuove persone con nuovi profili professionali, deve essere intesa come un mezzo per affrontare le sfide dell'Economia di oggi e di domani, la cui dipendenza dalle evoluzioni tecnologiche è estremamente elevata. È infatti necessario un intervento sul sistema pensionistico allo scopo di promuovere il rinnovo delle competenze professionali utili a supportare il processo di innovazione. L’attuale regime, infatti, pur garantendo la stabilità finanziaria del sistema previdenziale nel lungo periodo, nel breve e medio periodo frena il fisiologico turnover delle risorse umane impiegate dalle imprese. Per consentire al mercato del lavoro di stare al passo con i progressi tecnologici è oggi necessario accelerare, invece che ritardare, questo processo e dare spazio alle nuove generazioni interrompendo il paradosso per il quale giovani, anche con elevata istruzione, rimangono fuori dal mondo produttivo, mentre le generazioni più anziane non possono uscirne.

Per concludere sul profilo di questa strategia, dobbiamo dire che scommettere sui suoi cittadini non è solo un modo nuovo, ma anche un modo coraggioso per affrontare la situazione attuale in Italia.

Coraggioso non significa impavido o, peggio, irresponsabile. Il nostro obiettivo è quello di avere stabilità finanziaria e sociale, e queste due forme di stabilità sono fortemente e inevitabilmente collegate.

Quello che il governo sta affermando con questa strategia è che la stabilità finanziaria non può essere raggiunta senza la stabilità sociale. È il momento di prendere decisioni coraggiose, superando gli errori precedenti.

Il cambiamento di strategia di politica economica a sostegno della crescita richiede infatti di creare le condizioni favorevoli a un rapido processo di ristrutturazione e ammodernamento della nostra struttura produttiva. Questo appare ancora più necessario a fronte dell’esigenza di porsi al passo con l’innovazione tecnologica e i mutamenti imposti dall’economia digitale e le nuove dimensioni della competizione globale.

Altre aree di azione

Il Governo si impegnerà inoltre a promuovere la liberalizzazione nei settori ancora caratterizzati da rendite monopolistiche e da ostacoli alla concorrenza, con risultati benefici sul fronte dei prezzi, dell’efficienza e degli incentivi all’innovazione.

Settori strategici per la crescita su cui il Governo punterà anche per realizzare opportune sinergie pubblico-privato sono quelli della ricerca scientifica e tecnologica, della formazione di capitale umano, dell’innovazione e delle infrastrutture, in quanto portatori di effetti rilevanti e duraturi sulla produzione e sulla capacità del Paese di creare valore.

Impatto sulla crescita

Mi accingo a concludere la mia illustrazione dimostrando come la composizione di questa manovra si traduca negli obiettivi di crescita del PIL indicati nel quadro programmatico: 1,5 per cento per il 2019, 1,6 per il 2020 e 1,4 per il 2021. Premetto che il quadro programmatico è stato costruito sulla base di simulazioni effettuate con i modelli econometrici del Tesoro. Partendo dallo scenario tendenziale, si sono calcolati gli impatti sul PIL delle misure contenute in ciascun ambito della manovra di finanza pubblica 2019-2021. Le relative stime sono riportate nella tabella allegata al testo della presente audizione.

Nei giorni scorsi diversi commentatori hanno sostenuto come le previsioni programmatiche del Governo siano eccessivamente ottimistiche, sia in termini di crescita, sia di saldi di bilancio. Vorrei, a questo proposito, sottolineare che le stime di finanza pubblica programmatiche sono ispirate a un approccio prudenziale: infatti, esse non includono gli effetti di retroazione della maggior crescita del PIL programmatico sui saldi di finanza pubblica. Sono stati impiegati livelli di rendimenti sui titoli di stato calcolati sulla media di dati di mercato che comprendono giornate in cui si sono verificate tensioni sullo spread. La previsione si basa quindi su ipotesi caute, se non addirittura pessimistiche, circa i livelli dei rendimenti sui titoli di stato e dei tassi d’interesse sui prestiti bancari.

Ciò detto ritengo che le previsioni economiche programmatiche formulate nella Nota di Aggiornamento del DEF possano essere ampiamente oltrepassate, per almeno due motivi.

In primo luogo, le azioni che il Governo ha già intrapreso per rimuovere gli ostacoli agli investimenti cominceranno a dispiegare i loro effetti sul PIL già nel 2019. Ad esempio, sono state recentemente approvate le prime misure per consentire l’utilizzo degli avanzi da parte delle amministrazioni territoriali. Inoltre, una rilevazione interna su un campione rappresentativo di grandi aziende delle infrastrutture e dell’energia indica che l’attuazione delle misure di sostegno agli investimenti che abbiamo in programma porterebbe ad aumentare il loro livello di investimenti di oltre il 10 per cento.

In secondo luogo, i recenti livelli dei rendimenti sui titoli di Stato, su cui ci si è basati per formulare le previsioni programmatiche di crescita e di finanza pubblica, non riflettono i dati fondamentali del Paese (surplus di bilancio primario della PA, surplus di partite correnti della bilancia dei pagamenti, basso debito privato, solido sistema bancario).

Contiamo che, una volta che il programma di politica economica del Governo sarà approvato dal Parlamento, si dissolverà l’incertezza che ha gravato sul mercato dei titoli di Stato negli ultimi mesi. Con livelli dei rendimenti più allineati ai dati fondamentali, le proiezioni di crescita economica e di finanza pubblica miglioreranno significativamente.

Conclusioni

Concludo ribadendo che il programma descritto nella Nota di Aggiornamento del DEF mira a rilanciare l’economia italiana, a rispondere all’aumento della povertà registrato dalla crisi in poi, soprattutto fra i giovani e le famiglie numerose e nelle regioni meridionali del Paese, e a consentire, come sopra ricordato, una maggiore flessibilità nei pensionamenti anticipati, creando maggiore spazio per l’occupazione giovanile.

Il programma intende conseguire una significativa riduzione del rapporto debito/PIL nel prossimo triennio. Ciò consentirà di combinare in una strategia coerente le istanze di cambiamento e le aspettative degli italiani con i vincoli economici e finanziari.

Confido che la presente Nota di Aggiornamento ponga le basi per una proficua sessione di Bilancio e, cosa più importante, per una vera ripresa dell’Italia nei prossimi anni.

Appendice

  Manovra 2019-2021 (in % del PIL) Impatto macroeconomico delle misure programmatiche rispetto allo scenario tendenziale (differenze tra i tassi di variazione del pil
  2019 2020 2021 2019 2020 2021
Indebitamento netto tendenziale -1,2 -0,7 -0,5  
Manovra 2019    
Neutralizzazione aumento IVA -0,7 -0,3 -0,2 0,23 0,21 -0,19
Maggiori investimenti pubblici -0,2 -0,3 -0,3 0,20 0,18 0,22
Incentivi ad investimenti, innovazione e PMI 0,0 -0,1 -0,1 0,07 0,00 0,01
Pubblico impiego, politiche invariate e trasferimenti -0,2 -0,3 -0,2 0,17 0,06 0,05
Coperture - tagli di spesa 0,4 0,2 -0,2 -0,23 -0,01 -0,01
Coperture - entrate 0,4 0,2 0,3 -0,15 -0,13 -0,03
Indebitamento netto programmatico -2,4 -2,1 -1,8  
PIL programmatico 1.822.695 1.886.983 1.946.306  
 

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