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Il ministro Padoan interviene alla Giornata in memoria del Presidente Ciampi

Roma - 14/11/2016

Signor Presidente della Repubblica,
Gentile Signora Ciampi
Autorità,
Signore e signori,
Vi ringrazio per essere qui oggi, a rendere omaggio a Carlo Azeglio Ciampi.
E' assai difficile nei 10 minuti del mio intervento riproporre il ritratto di un Uomo dalla personalità cosi multiforme. Per questo, oltre agli oratori che seguiranno, abbiamo chiesto ad alcuni collaboratori e amici del Presidente Ciampi di offrire una loro testimonianza; ringrazio tutti per il contributo fornito; tutte le testimonianze, saranno inserite negli Atti. Voglio anche ringraziare l'Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, e in particolare l'incisore, Valerio de Seta, che ha realizzato il busto che abbiamo scoperto.
Dopo essere stato Governatore della Banca d'Italia, dal 1979 al 1993, e Presidente del Consiglio dei Ministri, dal 1993 al 1994, durante la XIIma legislatura Ciampi è stato Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica nel primo Governo Prodi (dall’aprile 96 all’ottobre 1998) e nel Governo D’Alema (dall’ottobre 98 al maggio 99). Il 13 maggio 99 è stato eletto alla prima votazione decimo Presidente della Repubblica.
Dal 1979 Ciampi aveva preso la guida della Banca d’Italia, che era stata oggetto di uno strumentale attacco politico-giudiziario nei confronti di Baffi e Sarcinelli. Da Governatore, Ciampi nel 1981 enunciò le tre condizioni per una moneta stabile, quella che chiamò una costituzione monetaria: politica monetaria indipendente dalla politica di bilancio, mirante al contenimento dell’inflazione; politica di bilancio rispettosa degli equilibri; politica dei redditi. Oltre che una politica del cambio non accomodante, - erano gli anni del Sistema Monetario Europeo - mirante a ridurre l’inflazione e a fungere da stimolo all’efficienza del sistema produttivo.
Ciampi riteneva che l'inflazione fosse nemica dell'equità, una tassa che colpisce i più deboli in maniera arbitraria, ma soprattutto nemica dello sviluppo. Le possibilità di sviluppo dell'economia sono frenate dall'inflazione, perché questa crea incertezza e blocca le decisioni di investimento. Sono concetti che possono sembrare estranei al contesto dei giorni nostri, ma non dimentichiamo che si veniva da decenni di inflazione, a volte galoppante.
Ciampi nelle sue varie responsabilità ha avuto la possibilità di realizzare una larga parte della costituzione monetaria: da Governatore con l'ampliamento dell'autonomia della Banca d'Italia, realizzato con l'attribuzione della manovra del tasso di sconto al Governatore, nonché con il divorzio del luglio 1981, che liberava la Banca d’Italia dall’obbligo di fungere da acquirente residuale dei titoli del Tesoro non sottoscritti in asta.
In tema di bilancio, Ciampi ripeteva spesso che man mano che procedeva l’azione di risanamento e aumentava la credibilità della politica, e otteneva fiducia e credibilità, i tassi di interesse si sarebbero ricondotti ai livelli prevalenti all'estero.
Nel 1993, Ciampi fu chiamato dal Presidente Scalfaro a formare un Governo "di traghetto". Dopo soli 9 giorni dall'insediamento, il governo Ciampi varò una manovra di riduzione del fabbisogno per il 1993 di 12 mila mld di lire. Il Governo Ciampi diede inoltre avvio alle privatizzazioni, segnatamente con la cessione da parte dell'IRI del pacchetto di maggioranza del Credito italiano.
Come Presidente del Consiglio, con l’accordo tra le parti sociali sul costo del lavoro del 23 luglio 1993, di cui il Governo Amato aveva posto le premesse nel 1992, Ciampi compì il disegno della costituzione monetaria, disinnescando la spirale prezzi salari, adottando nella politica dei redditi il riferimento al tasso di inflazione programmata, che Ezio Tarantelli aveva teorizzato.
Il concorso, la sinergia delle tre politiche della "costituzione monetaria", con l’aggiunta della politica estera, e in particolare la scelta verso l'Europa unita, sono parte integrante di un insieme di politiche volte a una moneta stabile.
Ciampi, si definiva un Europeo nato in terra d'Italia. La sua profonda fede europeista derivava dalle sue esperienze personali: nell’estate del 1939 si trovava a Bonn per frequentare un corso estivo di lingua tedesca; vi partecipavano giovani di nazionalità diverse, che scherzavano sull’eventualità di trovarsi, di li a pochi giorni, su fronti nemici. Questi ricordi erano per lui indelebili.
Da Presidente del Consiglio dei Ministri, nel primo incontro con il Cancelliere Kohl, nel 1993, da lui ricordato diverse volte, i due convennero che spettava alla loro generazione, che aveva vivo il ricordo degli orrori della guerra, portare avanti il disegno di un’Europa più integrata, anche dal punto di vista politico. Per gli uomini della loro generazione, l'Europa era soprattutto un sistema di valori etici e politici, non solo un'area di libero scambio.
I successi raggiunti sul fronte del contenimento dell’inflazione, anche grazie alla politica della Banca d’Italia, e sul fronte del bilancio pubblico, consentirono a Prodi e Ciampi di avanzare nel 1996 la candidatura dell’Italia a far parte della moneta unica fin dal suo inizio, affermando che l’Italia aveva ormai maturato una “cultura della stabilità”, espressione che Ciampi di fronte ai partner pronunciava in tedesco.
Ciampi voleva l’Italia nell’euro perché riteneva che l’Europa e l’euro avessero bisogno dell’Italia, per evitare una predominanza della componente mitteleuropea, considerando l’Italia, immersa nel Mediterraneo, come ponte di anime e culture diverse. Riteneva che l’Europa fosse destinata ad integrarsi: una integrazione economica e monetaria, che sarebbe comunque avvenuta di fatto: ma che bisognava governare.
Con la decisione di accelerare il processo di adesione all'euro dopo il vertice bilaterale italo-spagnolo del settembre 1996, Prodi e Ciampi si posero con determinazione al raggiungimento dei parametri negoziati da Carli a Maastrich. Con la legge finanziaria dell'autunno 1996 posero le premesse per ridurre l'indebitamento dal 6,8 al 3%, giungendo a introdurre una "tassa per l'Europa". Una volta raggiunti i parametri riguardanti l'indebitamento, l'inflazione e i tassi di interesse, essi posero sul tavolo delle trattative tutta la loro credibilità, impegnandosi a mantenere un forte avanzo primario, in vista della riduzione del rapporto debito/Pil.
Temendo che l'integrazione coinvolgesse solo gli aspetti monetari, Prodi e Ciampi vollero che il Patto di Stabilita fosse chiamato anche di crescita. Ciampi ha sempre stigmatizzato come a fronte di una politica monetaria completamente federale permanessero politiche economiche e di bilancio non coordinate, la “zoppia” nella costruzione europea. Essi ritenevano che l’unificazione monetaria fosse un punto di partenza, non solo di arrivo: da quel momento il Paese, privato del periodico sollievo della svalutazione del cambio, avrebbe dovuto riacquistare competitività attraverso maggiore efficienza. Per il nostro Paese la stagione delle riforme avrebbe dovuto iniziare subito dopo l'adesione all'euro.
Con il riferimento continuo al suo maestro Guido Calogero, che fu alla base del suo trasferimento a Scanno, nell'autunno-inverno 1943/44, per seguire quello che sarà chiamato il "sentiero della libertà", Ciampi si costruì quella interiore 'scuola dell'uomo" cui ogni coscienza umana dovrebbe rivolgersi. A voler semplificare, il metodo Ciampi è un mix di richiamo costante all'etica della responsabilità, ai valori della memoria, un riferimento continuo ai valori di giustizia e libertà, oltre che un “metterci l'anima nelle cose che si fanno”.
Il senso delle istituzioni era maturato in lui dopo l'8 settembre, data che aveva rappresentato il disfacimento dello Stato. Quello che per altri rappresentava la morte della Patria, fu per lui la rinascita della Patria.
Ciampi aveva forte il senso di amor patrio. Già da Governatore depose, senza clamore mediatico, in occasione di una riunione internazionale, una corona sulla lapide dei caduti di Cefalonia. Gli risultò quindi del tutto naturale, come Presidente della Repubblica, valorizzare il senso di amor di Patria e di tutte le simbologie dell'unita, dall'inno nazionale, alla Festa della Repubblica, alle forze armate.
Questa Sala, che Quintino Sella volle ispirata ai valori di unità di patria, richiamando l’opera di quanti – politici, pensatori e uomini d'azione – contribuirono a creare il nostro paese unito, sarà chiamata Sala Ciampi, che questi valori seppe interpretare in sommo grado.
Ciampi non perse mai di vista lo “sta in noi” pronunciato da Menichella: sta a un Paese dalle forti potenzialità come il nostro uscire definitivamente dalla lunga crisi e creare prospettive di progresso per le nuove generazioni, fine ultimo di ogni politica economica. L'ottimismo della volontà di Ciampi ci è di sprone e di guida.

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